L’AMICIZIA

  • Chi copre la colpa cerca l’amicizia, ma chi la divulga divide gli amici (PR 17,9)
  • Un amico vuol bene sempre è nato per essere fratello di sventura (PR 17,17)
  • Chi nasconde le proprie colpe non avrà successo, chi le confessa e le abbandona troverà misericordia (PR 28,13)
  • Leali sono le ferite di un amico, ingannevoli i baci del nemico (PR 27,6)
  • Meglio un rimprovero aperto che un amore nascosto (PR 27,5)
  • Meglio un amico vicino che un fratello lontano (PR 27,10)
  • Chi odia si nasconde con astuzia, ma la sua malizia apparirà pubblicamente (PR 26,26)
  • Chi corregge un altro troverà alla fine più favore di chi ha una lingua adulatrice (PR 28,23)
  • Ci sono compagni che si rovinano a vicenda, ma anche amici più affezionati di un fratello (PR 18,24)

Tutti quanti abbiamo sperimentato l’esperienza di avere degli amici; sappiamo che sono importanti per la vita sociale di ogni persona e più c’è ne sono e meglio è. Devono però essere dei veri amici che ti vogliano bene e rimangono sempre in contatto con te, anche se fisicamente si è lontani, ci si ama e aiuta a vicenda. Un amico gioisce per i tuoi successi e ti sta accanto nei momenti difficili. L’amico vero è sincero, leale e fedele. È colui che ama in ogni tempo. L’amicizia è sempre esaltata nella Bibbia, specialmente nei libri sapienziali come perfezione dell’amore disinteressato dove è anche presente il famoso detto: “chi trova un amico, trova un tesoro” (Siracide 6,14). L’amicizia a volte può essere talmente profonda da essere come fratelli. C’è una cosa però che bisogna evitare, e non è così raro nei gruppi di amici purtroppo. Se un amico fa qualcosa che non condividete, che ritenete sia un errore, allora se si è veri amici bisogna parlarne e dire il punto di vista giusto e spiegare che quell’atteggiamento è sbagliato. Quando si è davanti a un amico non bisogna mai avere paura di riprenderlo e criticarlo, se quest’amico ha preso una decisione non saggia il giusto deve mostrare la sua disapprovazione affinché cerchi di fargli cambiare idea o atteggiamento nei confronti di qualcosa o qualcuno. Questo è quello che deve fare un vero amico, essere sempre sinceri e dire la verità anche se questa è dura e aspra e ci porta a litigare con lui. Amore, sincerità e lealtà sono tre nobili sentimenti, che si rispecchiano solamente nel vero amico. Qualcuno potrebbe pensare che appoggiare un amico su qualunque cosa sia buono, così lui penserà bene di voi, invece è il contrario. Penso che confidarsi con un amico abbia anche lo scopo di capire se si sta sbagliando o meno e se l’amico dirà che sta sbagliando tutto, potrebbe ascoltare il consiglio oppure contrastare il suo pensiero. Se decide di non ascoltare e se il consiglio è detto da una persona saggia prima o poi a forza di fare di testa sua lo porterà ad affrontare dei problemi e delle sofferenze che lo farà arrivare a capire di aver fatto la scelta sbagliata e inizierà a pensare che forse avrebbe dovuto seguire il consiglio dell’amico più saggio. A questo punto l’amico saggio non deve abbandonarlo dicendo la solita frase fatta: “te lo avevo detto”. Perché in questo c’è arrivato da solo e diglielo si sentirà sotto giudizio. Invece  il buon amico dovrebbe dargli altri consigli per uscire dai problemi. S’instaurerà un rapporto ancora più profondo rispetto agli amici che inizialmente lo avevano appoggiato e da li in poi sarà più portato ad ascoltare i consigli o le correzioni. Questo è come si comporta un vero amico e se il consiglio è giusto e saggio, e se l’amico ha un po’ di senno, allora ti ascolterà e non commetterà più quell’errore. Questo se sei solo tu a saperla; tenete questo discorso tra di voi, non c’è bisogno che tutti sappiano che lui ha commesso una certa colpa, se si ha un amico non si vuole che gli altri pensino male di lui, se invece un amico divulga a tutti l’errore commesso allora non è corretto, perché se fa così è perché in fondo gli piace che gli altri pensino male di lui e che vedano come ha sbagliato. Questo dimostra di non essere un vero amico e può essere causa una fratture in un rapporto. Se però sta per commettere delle cose gravi e non si riesce a convincere a desistere, allora in quel caso è utile interpellare anche altri amici in modo da parlagli tutti insieme e farlo ragionare. Un vero amico però cerca sempre di coprire le colpe dell’altro. I rapporti soprattutto di amicizia devono essere fondati sulla sincerità e sulla fiducia. Se capita ad esempio che una persona che ha fatto del male di nascosto a un amico e lui non lo sa, come si deve comportare? Da una parte c’è la paura di raccontare il misfatto perché c’è il rischio che quell’amico voglia rompere l’amicizia per sempre, ma dall’altra parte ci si tiene il peso sulla coscienza. Secondo il libro dei proverbi è sempre giusto raccontare tutto all’amico perché se questo misfatto lo venisse sapere per vie traverse allora lì si che chiuderebbe l’amicizia o si creerebbe uno strappo che sarà lungo da ricucire. Se invece si viene raccontato tutto direttamente dalla persona che lo ha commesso; inizialmente si arrabbierà molto ma riconoscerà che se lo ha raccontato è perché si è pentito, e se si è pentito significa che in fondo è una persona che merita ancora fiducia, per questo avrà la forza di perdonarla e ricucire il rapporto in fretta. In questo caso quel grosso peso sulla coscienza svanirà e ci sentiremo di parlare a quell’amico più liberamente. Questo non vale solo in amicizia ma in qualunque tipo di rapporto compreso quello tra marito e moglie.  Vale anche nel rapporto con Dio, se confessi il tuo peccato e ti penti chiedendo a Dio la forza di non commetterlo più, troverai misericordia e la forza di non commettere continuamente quel peccato. Può succedere di litigare con un amico per diversi motivi, spesso sono solo incomprensioni e non bisogna temere di perderlo, perché sicuramente anche lui ci terrà a te e una rappacificazione è sempre possibile. Ci sono dei casi dove se si fanno cose molto gravi si rischia di perdere l’amicizia definitivamente, che sono: il tradimento, gravi e ripetuti insulti o lo svelamento di delicati segreti. In quel caso recuperare non è impossibile ma non è per niente facile. Nel vecchio testamento abbiamo l’esempio dell’amicizia tra Davide e Giònata raccontato nei libri di Samuele. Giònata era il figlio del malvagio re Saul, nemico di Davide, che nonostante lo istigasse contro di lui, ebbero sempre una meravigliosa amicizia basata sulla fiducia e sulla lealtà. Bisogna fare attenzione invece ai falsi amici, in altre parole le persone che fingono di amarti ma al momento giusto ti pugnalano alle spalle e tramano di progetti malvagi nei confronti. Se nel vero amico c’è la lealtà, nel falso amico c’è la doppiezza. Fingersi amico in apparenza, ma nel proprio cuore coltivare disprezzo. Un falso amico di quel tipo può essere pericoloso, ad esempio può tentare di farti separare della tua ragazza per poterci provare lui, oppure nel posto di lavoro ambire a occupare il tuo posto nella gerarchia aziendale. Per poter fare tutto ciò dovrà fingersi amico per un certo periodo, in questo modo si avvincerà a te in modo da ottenere tutte le informazioni da attuare il suo piano malefico e al momento giusto agirà. Se la persona giusta e saggia, riesce con il suo discernimento ha capire che quella persona sta solo fingendo allora si potrà difendere in modo che non riesca a ottenere il suo obiettivo. Se invece si considera un amico allora, anche se il suo piano non dovesse riuscire, rimarrebbe l’amarezza di scoprire che una persona che volevi bene in realtà di nascosto ti odiava. In ogni caso quell’odio uscirà in maniera palese e non potrà più nascondersi nel ruolo di falso amico. Il giusto non deve mai portare rancore, ma invece pregare per lui affinché possa invece trasformarsi in un vero amico e lasciare che sia Dio ad agire. Ci sono due tipi di falsi amici, uno di questi è l’amico occasionale: è colui che offre la sua amicizia solitamente per interessi personali nel tempo della prosperità, e non tarda a lasciarci quando siamo noi ad avere bisogno di lui. Basti pensare agli amici del figliol prodigo il quale, finite le ricchezze, si ritrovò completamente solo e deluso. Un altro esempio è nel caso di amicizia tra ragazzo e ragazza; succede spesso che le belle ragazze si vedono circondati da tanti amici maschi, almeno quello che pensa lei, ma alcuni casi non sono vere amicizie; hanno invece altri interessi che girano attorno nella speranza di riuscire ad avere un flirt con lei. Una volta che lei troverà un ragazzo quel tipo di amicizie spariranno. L’altro tipo è l’amico ipocrita: Questo è senza ombra di dubbio l’amico che tradisce, perché è impostore, fariseo, simulatore, non è quindi più amico, ma traditore potremmo dire. L’esempio indimenticabile è Giuda, che si dimostrò quale era veramente al Getsemani. Egli salutò Gesù con un bacio: un falso bacio, il colmo dell’ipocrisia, della slealtà e della bassezza umana! Tuttavia Gesù lo chiama ancora “amico”.

L’AVIDITÁ E LA GENEROSITÁ

  • Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: << Va, ripassa, te lo darò domani >>, se tu possiedi ciò che ti chiede (PR 3,27-28)
  • Chi ha pietà del povero fa un prestito al Signore, che gli darà la sua ricompensa (PR 19,17)

La persona credente è chiamata ad essere generosa con il prossimo, soprattutto con i più bisognosi. Il principio che spinge il giusto ad essere generoso è lo spirito di compassione che genera nel nostro cuore una sensibilità verso chi ha bisogno di qualcosa, dal cibo, ai vestiti o altro e questa sensibilità ci porta a immedesimarsi nell’altra persona immaginandoci come ci potremo sentire anche noi nelle stesse condizioni. Dato che il giusto applica la semplice regola pratica di fare agli altri quello che vorremo che gli altri facessero a noi; ci si comporta di conseguenza, aiutando di fatto chi è nel bisogno. Un modo in cui si può essere generosi è con la condivisione; la troviamo già nelle predicazioni di Giovanni Battista: Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto (Luca 3,10). I comandamenti del Signore non sono pesanti e gravosi, infatti condividere non è nient’altro che dare parte del nostro superfluo a chi non ha i beni primari, quindi non dobbiamo privarci di quello che abbiamo bisogno. La generosità non consiste unicamente nel donare beni materiali, ma anche il nostro tempo; se è vero il detto “il tempo è denaro” possiamo donare il nostro tempo per aiutare qualcuno, consolarlo o sostenerlo nei momenti difficili. Gesù nel Vangelo fa anche Lui diversi riferimenti alla generosità dicendo che quando tornerà nella sua gloria dirà ai giusti: Venite, Benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete data da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi (Matteo 25,34-36). Questi sono tutti esempi di atti di generosità mossi dalla carità e precisa anche che ogni opera buona che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (40), attenzione solo a non cadere nel peccato d’ipocrisia. Bisogna sempre ricordarci che il primo ad essere stato generoso è stato Gesù, proprio Lui che ha lasciato la dimora del padre ed è venuto in mezzo a noi peccatori patendo le sofferenze che noi tutti sperimentiamo nella vita oltre a quelle della passione. Grazie a Lui i giusti hanno la pace e un senso nella loro vita per questo il Signore vuole in risposta alla sua generosità che ci ha donato, la  generosità dell’uomo, amandoci gli uni e gli altri come Gesù ci ha amato, in questo si distinguono i veri credenti da i non credenti o da quelli che dicono di esserlo ma non lo sono. Non bisogna trovare delle scuse per non essere generosi perché se si ha il cuore di Dio verrà naturale esserlo. Se ci fosse un fratello che ha delle difficoltà, ad esempio non ha i soldi per il pranzo e un credente pensa: Quanto mi dispiace per questo fratello che non ha i soldi per mangiare, pregherò il Signore affinché soddisfi i suoi bisogni, perché è mio fratello e lo amo come tale. Invece no! Non lo ama affatto. Se si ha la possibilità di aiutarlo per pagarli il pranzo è bene farlo perché è vero che il Signore si occupa dei poveri bisognosi che chiedono il suo aiuto, ma questo aiuto arriva proprio dagli altri credenti che danno la loro parte, per spirito di compassione. A che cosa serve avere fede se non ci si comporta di conseguenza. Non puoi chiedere una cosa a Dio che potresti benissimo fare tu, ma non lo fai per pigrizia o mancanza di generosità. Il Signore farà solo quello che tu non puoi fare con le tue forze o possibilità. Di questo concetto ne parla anche Giacomo: Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice a loro: << Andate in pace, riscaldatevi e saziatevi >> a che cosa serve? Così anche la fede: Se non è seguita delle opere, in se stessa è morta (Giacomo 2,15-17). Qui si presenta un caso di un fratello e una sorella sprovvisti di ogni bene primario che si presentano a una comunità cristiana per ricevere aiuto e loro gli rispondono con belle parole ma senza dare alcun aiuto. Questo è un esempio di chi dice a parole di essere generoso, ma in pratica non lo è. Da ricordarsi anche che la generosità può essere usata come arma per sconfiggere il male con il bene: ogni opera buona che compi produrrai un seme buono che il Signore la potrà usare nei tuoi confronti; funziona come il perdono, il quale se perdoni il prossimo produrrai un seme affinché il Signore ti può perdonare, lo stesso vale anche per la generosità. Un riferimento a questo lo troviamo nel vecchio testamento dove Dio istruendo al suo popolo, dice che nei confronti di un bisognoso, dona generosamente e, mente doni, il tuo cuore non si rattristi. Proprio per questo, infatti, il Signore, tuo Dio, ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano (Deuteronomio 15,10).  Un altro esempio di generosità la troviamo nella parabola del buon samaritano, dove quest’ultimo nonostante sia considerata dagli ebrei una categoria di persone empie, prova compassione per un uomo per la strada malmenato dai briganti e fa di tutto per prendersi cura di lui, lo porta con se e lo mette in un albergo, pagandogli anche le spese. Gesù invita a imitare l’esempio di questo samaritano che è stato generoso con l’uomo vittima dei briganti. Prima che passasse lui però passarono anche un sacerdote e un levita, considerati da tutti come persone buone da ascoltare, ma loro guardano e passano rimanendo totalmente indifferenti da un persona in un momento di estremo bisogno. Questo ricorda anche la risposta di Caino a Dio che gli chiede conto del fratello Abele: Sono forse io il custode di mio fratello? È qui che invece abbiamo l’opposto delle generosità ovvero l’avidità; tipica di chi non crede in Dio ed è frutto dell’egoismo. La chiesa cattolica la identifica come vizio capitale perché non puoi chiudere il cuore agli altri che soffrono e allo stesso tempo amare il Signore, non possono coesistere la luce e le tenebre. Viene anche identificata come una cosa mondana e fa parte di quello che viene definito “la pianta di spine” che soffoca la pianta buona e non può portare frutto, come si vede nella parabola del seminatore raccontata nei vangeli (Matteo 13,1-23, Marco 4,1-20 e Luca 8,4-15). Una persona avida davanti a un bisognoso che chiede aiuto pensa: Perché devo dare parte dei miei beni a qualcun altro? Che vantaggio ne ho? Sono soltanto tempo e soldi buttati via, senza avere niente in cambio e visto che non si fa niente per niente non faccio nulla e non do nulla. Molto meglio tenere per me le mie ricchezze, che me le sono guadagnate io e servono solo per il mio piacere. Se si trova in queste condizioni è colpa sua ed è lui che si deve arrangiare. Cosa c’entro io con ciò che gli è capitato? Questo è il tipico ragionamento di chi non conosce Dio. Infatti l’avidità di conseguenza genera freddezza, insensibilità, cinismo, menefreghismo e incapacità di empatia. Bisogna  ricordarsi che come ho già scritto in Matteo 25,34-36, vale anche al contrario. Nei versetti 41-46 spiega che ogni volta che si avrà occasione di fare un opera di generosità e per avidità non si fa sarà considerata un omissione nei confronti del Signore perché quello che non avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. In questo caso si dovrà affrontare il giudizio di Dio.

GIUDICARE LE PERSONE

  • Chi risponde prima di aver ascoltato mostra stoltezza e ne avrà vergogna (PR 18,13)
  • Il primo a parlare in una lite sembra aver ragione, ma viene il suo avversario e lo confuta (PR 18,17)

Gesù nel Vangelo, mette in guardia dal giudicare il prossimo, sta scritto, infatti: Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con la quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi ( Matteo 7,1-2). Quello che vuole dire è di evitare di avere uno spirito critico nei confronti del prossimo: Giudicare e criticare ogni cosa che pensiamo che gli altri sbaglino. Questo atteggiamento ci porta a essere mal visti dagli altri e a forza di criticare c’è il rischio che ci possiamo sentire superiori e questo apre le porte alla superbia o a una religiosità senza amore. Infatti, penso che uno dei motivi che porta molte persone lontani dalla chiesa è il fatto che si sentono giudicati da essa. Sentono come se qualcuno gli punta il dito contro dicendo che sono dei peccatori. Se una persona si sente giudicata e messa sotto accusa da un rappresentante della chiesa o da qualcuno che si dichiara credente genera disprezzo e repulsione nei confronti del Vangelo, crescendo lontano dalla parola di Dio e cercando talvolta di far allontanare altri dalla chiesa. Quindi chi ha una posizione di autorità ecclesiale, deve far attenzione come spiega la parola di Dio, e che le loro prediche non siano come quelle dei farisei al tempo di Gesù.  Davanti a un peccatore non bisogna puntare il dito del giudizio, ma spiegare quanto Dio ci ami e vuole avere un rapporto personale con ognuno di noi in modo che possa rilasciare le sue benedizioni. Gesù, davanti ai peccatori, non ha mai avuto un atteggiamento di giudizio del tipo: << Sei un peccatore, andrai all’inferno >>; lo si può vedere ad esempio nell’episodio della donna samaritana o quello di Zaccheo il pubblicano. In particolare in un episodio del Vangelo di Giovanni, i farisei portarono a Gesù una donna presa in fragrante adulterio e gli chiesero se è giusto lapidarla dal momento che la legge di Mosè punisce cosi le adultere. Questo è un tipico caso dove tentano di ingannare Gesù, se avesse detto di non condannarla i farisei avrebbero avuto un motivo per dire che Gesù era contro Mosè, ma se l‘avesse condannata avrebbero avuto motivo di denunciarlo alle autorità romane; non si poteva infatti mettere a morte qualcuno senza il loro consenso. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra e in seguito disse: Chi è senza peccato scagli la prima pietra (Giovanni 8,7). Non si sa che cosa abbia scritto per terra, ma si può dedurre che scrisse i peccati di coloro che erano li a giudicare quell’adultera, per ricordagli che anche loro avevano peccato e non avevano diritto di giudicare questa donna peccatrice. Infatti se ne andarono tutti partendo dai più anziani. Solo Gesù che era senza peccato avrebbe avuto il diritto di giudicarla; ma lui non la condannò perché Gesù non venne sulla terra per giudicare l’uomo, ma per salvarlo per mezzo del suo sangue. Infatti la perdonò e la invitò a non peccare più.  Così questo che sia anche un monito per noi: Non guardare i difetti degli altri, ma tendere invece a guardare i nostri. Di certo tutti sbagliano ma anche noi non siamo perfetti quindi tutti, noi compresi abbiamo bisogno della misericordia di Dio. È necessario avere sempre un atteggiamento umile senza criticare e vedere solo gli sbagli degli altri.

DI FRONTE A CHI HA SBAGLIATO:

A volte ci permettiamo di giudicare qualcuno che ha sbagliato quando anche noi facciamo gli stessi sbagli, ma giudicando ci condanniamo da soli perché sappiamo che è sbagliato e lo facciamo lo stesso, in questo caso la responsabilità è più grande. In altri casi dove qualcuno sbaglia in maniera grave, facendo ad esempio un atto di violenza è facile giudicare quella persona e guardarla male, quando più di tutti gli altri queste persone hanno bisogno dell’amore di Dio per salvarsi dalle tenebre che offuscano la loro vita ed è sbagliato pensare che sono irrecuperabili perché Dio può prendere una persona che è un completo disastro, cambiare il suo cuore attraverso la sua potenza e farne un figlio di Dio. Non possiamo sapere la loro storia e come mai sono arrivati a commettere cose gravi e se un giorno si convertiranno per questo non possiamo giudicare nessuno, solo Dio a suo tempo e a suo modo giudicherà tutti. Uno solo è il legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina; ma chi sei ti, che giudichi il prossimo? (Giacomo 4,12). Se volessimo aiutare una di queste persone che ha sbagliato dovremo cercare in modo di scoprire qual è l’origine del suo male e pregare intercedendo per quella persona. È importante però fare le preghiere dirette alla radice del problema, nel caso che si prega per qualcuno. Questo è un errore che fanno in molti, ovvero pregare per il sintomo e non a quello che causa il problema. Vi piacerebbe avere un medico che al posto di curare la malattia, cura solo i sintomi? Del tipo: <<Dottore, ho sempre dolore qua, in questo punto>>. <<Allora ti prescrivo un antidolorifico>>. Poi ritorni dicendo: <<Questo antidolorifico non fa più niente>>. <<Allora te ne  prescrivo un altro più potente>>. Magari c’è un tumore che cresce e va in metastasi, e il medico si preoccupa solo di non farti sentire dolore. Così anche noi, se ad esempio un amico inizia a drogarsi pesantemente, e preghiamo il Signore che la smetta di drogarsi. Anche se ci esaudisse sarebbe comunque un peccatore sobrio, ma pur sempre un peccatore e lontano da Dio. Come anche quando una persona è violenta e arrogante e preghiamo il Signore che la smetta di comportarsi così. Bisogna sapere che ogni manifestazione negativa di una persona è solo un sintomo della malattia spirituale che ha nel cuore; potrebbe essere un trauma, o delle violenze in famiglia che ha subito, può essere che soffre di depressione, frustrato da qualcosa o il senso di colpa che sfocia in vergogna di se stessi.  Tutti i dolori nascosti che una persona porta con se non è possibile coprirli, in qualche modo vengono a galla, nel comportamento possono manifestarsi con azioni violente o squilibri comportamentali. I sensi di colpa  in particolare possono generare dei modelli di comportamento nevrotico derivati dal desiderio del subconscio di essere puniti. So di avere sbagliato, ho questo senso di colpa e desidero essere punito. Ma sono troppo cresciuto ormai e nessuno è qui vicino pronto a liberarmi dal mio complesso di colpa. E così avvio un qualche strano modello comportamentale, un tipo di modello comportamentale antisociale che fa sì che la gente inizi a chiedersi: “Qual è il suo problema? Com’è antipatico”. E io la sento dire queste cose e penso: “Ah, certo. Ora sarò punito”. E questo mi dà la sensazione di sollievo dalla colpa. In un modo o nell’altro, la colpa riemerge. La colpa verrà fuori. Bisogna quindi capire prima qual è l’origine del problema e appena  scovato dobbiamo fare il possibile per risolverlo alla radice. Potrebbero anche bastare poche parole ispirate dallo Spirito Santo da parte di una persona saggia e ricca di sapienza che accompagnerà la persona bisognosa ad edificare la fede in Gesù Cristo dicendo che solo lui può distruggere ogni senso di colpa e ogni dolore nascosto nel proprio cuore se lo si cerca spiritualmente ottenendo la salvezza e il perdono dei peccati. Alcune persone testimoniano con la propria vita che è così. Gesù cura le ferire morali e ti guarisce dalla depressione o da ogni cosa che ti opprime il cuore. Se qualcuno ha commesso delle malvagità e si è pentito, ma sente il peso del senso di colpa, allora può chiedere perdono a Dio, perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe (Salmo 102,11-12). Questo è quello che un credente deve puntare nei confronti delle persone problematiche, e questo che porta a cambiare in positivo ed a eliminare la radice del male di chi ha un vuoto interiore, o è depresso e frustrato da qualcosa. Con la conversione infatti si prenderà la strada giusta per eliminare la radice di ogni male, di conseguenza anche gli atteggiamenti negativi spariranno. È importante anche pregare contro quello che genera il comportamento negativo; come Gesù maledisse il fico, ed egli seccò immediatamente; anche noi se preghiamo contro la radice del male, questa dovrà essere distrutta. Non giudicare mai nessuno, piuttosto cerca di aiutare quella persona a mettersi nella retta via.

DIO CORREGGE CHI GIUDICA:

 Anche i credenti non sono immuni nel giudicare il prossimo. Se qualcuno ha sbagliato c’è chi dice: << Io non avrei fatto quell’errore, è stato uno sciocco a commettere quell’azione, io non avrei mai ceduto >>; si può anche arrivare a dire: << Se fossi Dio certamente lo punirei, gli farei questo e quest’altro >> in questo modo si giudica il prossimo dimostrando così di essere orgogliosi e presuntuosi. Quando giudichi qualcuno in questo modo e gli punti il dico contro, il Signore nello stesso istante sta puntando anche lui il dito contro di te. Se un credente riesce ad astenersi dal peccato non è per la sua propria bravura, infatti non per potenza né con la forza, ma è con il mio spirito, dice il Signore  ( Zaccaria 4,6) che da la grazia di riuscire a non peccare, per questo che qualunque credente non si può vantare della sua bontà, ma deve dire solo grazie a Dio se riesce a non cadere in tentazione, perché è il Signore che da la forza per farlo. Ma se il Signore ritirasse anche solo un po’ di quella grazia, inizierebbe a peccare come qualunque peccatore. Così può capitare a volte che un credente inizia ad avere un atteggiamento di giudizio verso qualcuno,  e in questi casi che il Signore per correggerlo ritira un po’ della sua grazia in lui con il risultato che peccherà anche di più della persona che ha giudicato. Tutto questo è solo per correggere il credente affinché si avvicini sempre più alla santità ed eviti di essere presuntuoso. Per questo motivo permette che cadiamo nel peccato per insegnarci a non giudicare e che la grazia arriva solo da Dio. Un giorno però ci potrà essere qualcuno che ci chiederà un parere su un suo comportamento, allora in quel caso è giusto poter esprimere la propria opinione in base alla parola di Dio e se quel modo di fare è giusto o no, in quel caso è stato chiesto un parere quindi non è giudicare ma è consigliare o confrontarsi. Il giusto deve far capire che solo con un atteggiamento secondo la parola di Dio, il problema si risolve.

NON GIUDICARE SECONDO ALLE APPARENZE

Un’altra situazione può essere quella di trovarsi davanti a una persona che parla in maniera negativa nei confronti di qualcuno in particolare. Nella maggior parte dei casi quando una persona parla a lungo male di un’altra, è perché queste due persone hanno spesso litigi o tensioni molto accesi o semplicemente la prende in giro per comportamenti che quella persona ritiene stupide. L’obiettivo di parlare con te è quello di farti pensare male di quella persona e quindi cercando degli alleati, si sente più forte e sicuro delle sue ragioni e al momento giusto cerchi la solidarietà nei tuoi confronti. Quello che ha in mente è di condurre una sorte di piccola guerra personale contro quella persona e se si trovano degli alleati, ha più probabilità di vincerla. Qui chi è empio e poco saggio tende a credere subito e fa nascere nel suo cuore un disprezzo verso quella persona che aumenterà in proporzione a quanto si sentirà parlare male di lui; anche se non gli abbia mai fatto nessun male direttamente. Se si lascia influenzare negativamente insieme possono progettare di fare qualcosa di malvagio, questo cambia sempre secondo la situazione. E invece un giusto come si comporta? Prima di tutto bisogna tenere presente che è sempre sbagliato parlare male alle spalle degli altri, se si hanno delle antipatie, se la devono vedere tra di loro, si può parlare agli altri solo con lo scopo di far cessare le tensioni e non di aumentarle. Un giusto non sta in questo gioco perverso. Un’altra cosa da tenere in considerazione è quella che non è detto che sia tutto vero e completo quello che dice, se obiettivo è di metterti dalla tua parte allora tenderà a togliere dei dettagli e magari inventarne di altri in modo che chi lo ascolta li dia subito ragione. Un proverbio biblico recita: Il primo a parlare in una lite sembra aver ragione, ma viene il suo avversario e lo confuta (PR 18,17). Quindi prima di dare un parere negativo, bisogna sempre parlare anche con l’altra persona e in quel modo si scoprono cose che non erano state dette e può dire cose da far rigirare la frittata da risultare che è invece l’altra persona ad aver ragione. La scrittura dice: Non giudicare secondo le apparenze; giudicate con giusto giudizio! (Giovanni 7,24). Far mettere pace tra le persone è un opera buona, anche se non è per nulla semplice. Di solito in questi casi c’è la persona che provoca e l’altra che risponde alla provocazione; ed entrambi si danno la colpa a vicenda: Uno dice. << Se non mi avesse provocato, io non avrei reagito>> mentre l’altro: <<Il suo comportamento e i suoi atteggiamenti mi portano a provocare>>. Non c’è un unico modo di intervenire, può cambiare a seconda del caso, ma si può partire cercando di capire l’origine che sta dietro al rancore; può essere spirito di superbia, invidia, ecc.. Se si riesce a trovare chi dei due ha torto, In ogni caso non infierire mai, spiega invece con calma dove è stato l’errore e come fare per non commetterlo più. Questo sempre secondo quello che è stato insegnato leggendo la scrittura, non dire ancora niente se non si hanno tutte e due le versioni e tutti gli elementi per farlo. Pregate che Dio vi faccia strumenti di pace. Dove ci sono tensioni, ci sia amicizia e dove c’è odio ci sia amore. Se invece siamo noi ad essere giudicati sappi che Dio è dalla tua parte e ti giustificherà.  La persona che ti giudica pecca.

IL PENTIMENTO E IL PERDONO

  • Un dono fatto in segreto calma la collera, un regalo di nascosto placa il furore violento (PR 21,14)
  • Un fratello offeso è più inespugnabile d’una roccaforte, le liti sono come sbarre in un castello (PR 18,19)

Quando la controversia non si risolve; si vedranno manifestarsi le conseguenze negative che la mancanza di pace tra due persone porta con sé. Quando una delle due persone in questione non ha uno spirito di perdono, nascerà in lui il rancore verso l’altra persona. Il rancore è una di quelle cose insieme all’invidia che ti distruggono anima e corpo. Dio ci tiene che tra noi abbiamo buoni rapporti, è una delle cose più importanti. Addirittura Gesù dice che prima di fare un’offerta, bisogna andare a far pace con chi si ha un rancore, e poi dopo si farà l’offerta (Matteo 5,23). Questo significa che avere un rancore o una invidia verso un’altra persona interrompe anche il rapporto con Dio, perché non puoi dire di amare Dio e poi odiare il prossimo, questo è quello che fanno i bugiardi e gli ipocriti. Fino a quando una persona avrà rancore, odio e invidia nei confronti di un’altra persona le offerte non saranno gradite e le preghiere non verranno ascoltate. Per eliminare il rancore ci vuole il perdono e il desiderio di rincontrare quella persona che ci ha fatto del male e perdonarla. Per raggiungere la pace anche l’altra persona deve collaborare e chiedere scusa, ma in ogni caso il perdono è come una piccola grazia che si fa all’altra persona. Perdonare non è sempre così facile, specie quando pensiamo che non si possa meritare il nostro perdono. Quando si rincontra la persona con cui abbiamo litigato, è triste pensare ai momenti in cui ci si salutava e si stava in bene insieme, e ora neanche ci si parla più. È come se ci fosse un muro invisibile che impedisce a loro di parlare in maniera serena. Il libro dei proverbi da come suggerimento fare un piccolo regalo per alleggerire il rancore che ha l’altra persona verso di noi, però chi è più vicino a Dio dovrebbe fare il primo passo a prescindere di chi ha ragione. È il perdono che porta al ravvedimento; finché noi nei confronti di una determinata persona continuiamo ad accusarla e attaccarla, questa si metterà sulla difensiva e cercherà di giustificarsi, ma se noi diciamo che la perdoniamo e preghiamo per lei, allora non c’è difesa davanti a questo; si pentirà di quello che ha fatto e sarà di nuovo disposto a tornare in pace con noi. C’è però da tener presente che i primi a beneficiare quando perdoniamo qualcuno, siamo proprio noi. Ci leviamo come da un grosso peso sulla  schiena. Nel Vangelo si parla di quest’argomento nella parabola del debitore in Matteo 18,23-35. Questa parabola inizia con un uomo che ha un enorme debito nei confronti di un re che non essendo in grado di pagarlo, il re ha il diritto di renderlo suo schiavo. Successivamente quell’uomo inizia a supplicare il re di avere pazienza e il debito verrà pagato. A questo punto il re ha compassione di lui che gli condona tutti i debiti. Quest’uomo però dopo aver incontrato una persona che gli doveva una cifra modesta, non è disposto condonargli il debito neanche sotto supplica e ordina che sia imprigionato finché non abbia pagato tutto il suo debito. Per questo sarà punito dal re perché a lui è stato condonato di tutti i suoi debiti, ma anche lui avrebbe dovuto fare lo stesso con il suo debitore. Per questo il re lo tratterà come lui ha trattato il suo debitore. Il perdono che Dio richiede deve essere fatto con il cuore, e le frasi del tipo: << Ti perdono ma non dimentico!>> oppure << se lo rifai chiudo con te >> sono lontani dal perdono che vuole Dio. Non è sempre facile perdonare e la si potrebbe paragonare ad una piccola grazia che si fa all’altra persona, bisogna ricordare che è il Signore che ci può dare la vera grazia, quella della salvezza, ma come potrà darla se noi non perdoniamo gli altri. Il male che gli altri ci possono fare nei nostri confronti è poca cosa rispetto ai peccati che facciamo contro Dio. Quindi più che altro siamo noi ad avere bisogno della grazia di Dio e se perdoniamo gli altri anche Dio ci perdonerà. Se sentiamo di non riuscir a perdonare, chiediamo a Dio la forza di farlo e il Signore ti darà la forza di perdonare ogni male che abbiamo ricevuto, perché se Dio ci comanda di fare qualcosa, ci da anche la forza di farlo. Il Signore ci tratterà nella stessa misura in cui noi trattiamo gli altri. È necessario dunque avere uno spirito di perdono e di misericordia. Soprattutto tra i credenti, perdonandosi a vicenda come Dio ha perdonato voi in Cristo (Efesini 4,32). Il Signore ci perdonerà allo stesso modo in cui noi perdoniamo gli altri. Nella preghiera del Padre Nostro c’è proprio questo principio. “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”; (Marco 6,12) Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. (15). C’è anche un altro riferimento nel Vangelo sul perdono; quando Pietro chiede a Gesù: Quante volte bisogna perdonare una persona? Sette volte? Probabilmente dicendo sette volte, Pietro era andato più in la di quando lui di solito perdonava. Magari pensava che Gesù gli avrebbe risposto: Si, giusto, sette volte, Bravo Pietro, lui ha capito tutto. Invece rispose: Non sette, ma settanta volte sette. Pietro a questo punto sarà rimasto meravigliato della risposta, Quindi 490 volte? In realtà Gesù voleva far capire che non è una questione di numeri, ma una questione di spirito di perdono. Se una persona perdona e allo stesso tempo tenta di correggere le azioni sbagliate degli altri, alla luce della parola di Dio senza dare dei limiti numerici riguardo a quante volte perdonare, allora si riuscirà a dare una buona testimonianza di fede al prossimo. È giusto dare sempre una possibilità di rimediare in questo modo la gente si domanderà come ha fatto a perdonare questa persona? Questa sarà un occasione per testimoniare la propria fede. Chi non ha fede infatti, trova molto difficile perdonare, e spesso non lo fa. Se qualche amico ci ha offeso con parole o azioni, è giusto parlarne, ma senza dirlo in maniera aggressiva o con arroganza. A volte i litigi iniziano quando ci aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa in una determinata situazione e se questo non accade genera rabbia e risentimento, ma è possibile che se questo amico non ha fatto quello che ci si aspettava, c’è qualche motivo dietro di cui non siamo a conoscenza, per questo bisogna sempre dirlo in maniera diplomatica, e vedremo che la pace si ripristinerà presto altrimenti al posto della pace ci sarà un’ulteriore peggioramento della situazione. Il perdono inoltre essendo considerato da Dio un opera buona, come tale deve portare del frutto nella nostra vita. Giovanni battista iniziò il suo ministero battezzando ed esortando al ravvedimento per preparare le genti alla venuta di Gesù e vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: << Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione >> ( Matteo 3,7-8). I farisei avevano preso il battesimo di Giovanni come una semplice purificazione; ma lui li rimprovera dicendo che il perdono è una cosa seria e se qualcuno dichiara di essere ravveduto per qualcosa deve avere delle conseguenze nei confronti di chi ha offeso. Se viene qualcuno da noi dicendo che tempo fa aveva rubato qualcosa a noi e si dice pentito di averlo fatto; allora noi che cosa dovremo rispondergli? Sicuramente bisognerà perdonarlo, ma anche dire: << Bene sono contento che mi chiedi scusa! Fammi però vedere i frutti del tuo ravvedimento; quello che hai rubato restituiscilo >>. Se risponde: << Ah, ma lo rivuoi ancora? >>. Allora non è veramente pentito; almeno non è il tipo di pentimento che richiede la parola di Dio. Anche se quello che ci restituisce non serve più è comunque un modo per sapere se è veramente pentito o meno. Un altro esempio è se  qualcuno ci dice che una volta ci ha diffamato, dicendo in giro cose false su di noi e si dichiara pentito; la nostra risposta potrebbe essere che lo perdoniamo, ma se è veramente pentito dovrebbe smentire quello che ha detto a tutti. Quindi se ci dichiariamo pentiti dovremo di conseguenza cercare di rimediare agli eventuali danni che arrechiamo a qualcuno; per quanto sia possibile. Questo sarà il frutto del nostro ravvedimento, come fece Zaccheo, l’esattore delle tasse che estorceva alle persone molti soldi; dopo la sua conversione dichiarò di restituire ogni maltolto a tutti. Quando perdoniamo non siamo obbligati anche a dare fiducia. Il perdono è una cosa, la fiducia è un’altra. Se qualcuno di cui ci fidiamo ciecamente ha tradito la nostra fiducia, certamente lo perdoneremo, ma non siamo obbligati a dare di nuovo fiducia a questa persona. A meno che pensi che Dio ti chieda di dare di nuovo la fiducia a questa persona perché nel frattempo Dio stesso ha cambiato il suo cuore. Un esempio lo troviamo nel libro degli Atti dove Paolo nel primo viaggio missionario ha con se Bàrnaba e un certo Giovanni detto Marco. Quest’ultimo però a metà viaggio li abbandonò e smise di seguirli.  Più avanti tornarono a Gerusalemme e Paolo iniziò a pianificare il secondo viaggio. Quindi Paolo disse a Bàrnaba: <<Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunciato la parola del Signore, per vedere come stanno>>. Bàrnaba voleva prendere con loro anche Giovanni, detto Marco, ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro, in Panfìlia, e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro. Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s’imbarcò per Cipro. Paolo invece scelse Sila e partì, affidato dai fratelli alla grazia del Signore. (Atti 15,26-40). Paolo quindi anche se in cuor suo aveva sicuramente perdonato questo Marco che per qualche sua debolezza fu spinto ad abbandonarli, non ritenne il caso di avere fiducia in lui, quindi rifiutò di fare il secondo viaggio insieme a questo Marco. Più avanti però troviamo Paolo che parla di questo Marco a Timoteo: Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero (Timoteo 4,11). Marco col tempo crebbe nella fede così che Paolo che inizialmente lo rifiutò per il viaggio missionario ora lo vuole con lui al ministero. Questo ci insegna che noi non siamo obbligati a dare di nuovo fiducia a qualcuno che ci ha deluso, ma in alcuni casi può essere saggio dare una seconda possibilità per rimediare se dimostra di essere cambiato spiritualmente.

GESTIRE LE CONTROVERSIE

  • Nel suo cuore il malvagio trama cose perverse, in ogni tempo suscita liti, per questo improvvisa verrà la sua rovina, ed egli, in un attimo, crollerà senza rimedio ( PR 6,14-15)
  • L’inganno è nel cuore di chi trama il male, la gioia invece è di chi promuove al pace (PR 2,20)
  • Una risposta gentile calma la collera, una parola pungente eccita l’ira (PR 15,1)
  • Iniziare un litigio è come aprire una diga; prima che la lite si esasperi, troncala (PR 17,14)
  • Chi ama la rissa ama il delitto, chi ingrandisce la sua porta cerca la rovina  (PR 17,19)
  • Scaccia lo spavaldo e la discordia se ne andrà: cesseranno i litigi e gli insulti (PR 22,10)
  • Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza, per non divenire anche tu simile a lui (PR 26,4)
  • È simile a chi prende un cane per le orecchie un passante che si intromette nella lite di un altro (PR 26,17)
  • Per mancanza di legna il fuoco si spegne; se non c’è il calunniatore il litigio si calma (PR 26,20)
  • Lo stolto dà sfogo a tutto il suo malanimo, il saggio alla fine lo sa calmare (PR 29,11)

Da come si può vedere sono veramente molti i versetti che parlano di questo argomento, come cercare di gestire un litigio, sia se si è protagonisti e sia se si è una componete esterno neutrale. Vediamo di sintetizzare queste due sfumature:

QUANDO SI È PROTAGONISTI DI UN LITIGIO:

Uno degli atteggiamenti più sbagliati che una persona può assumere è una dedizione ad avere facilmente manifestazioni d’ira. Essa è considerate uno dei sette vizi capitali. In tutta la Bibbia viene spesso citata come un attitudine che porta alla rovina, nel rapporto con il prossimo è un impedimento alla pace e all’amore e spiritualmente porta l’anima iraconda in uno stato di dannazione. Se una persona è abituata ad arrabbiarsi impulsivamente sarà difficile cambiare, anche dopo una conversione, una persona può ancora arrabbiarsi impulsivamente e dire tante cose cattive che in realtà non pensa ma in quel momento di rabbia è portato a dire. Il Signore è più grande di ogni peccato e chi ha timor di Dio, prega e confida in Lui anche il peggiore dei peccatori può cambiare. La pace di Dio trasforma le persone. Il giusto evita di arrabbiarsi per futili motivi e di fronte un litigio con una persona dedita all’ira deve cercare di calmare gli animi per permettere un clima di maggiore serenità per esprimere le proprie posizioni senza dovere gridare e in modo che l’altra persona possa ascoltare. Quando una persona è accesa d’ira in quel momento, è talmente convita di aver ragione che non ti ascolterà, soprattutto se parlerai con lo stesso suo tono, dovrai ripetere anche più volte la stessa cosa, perché sarà come se non fosse mai detta. È importante quindi non alimentare un clima di rabbia, perché essa alimenta altra rabbia nello stesso modo in cui la legna alimenta il fuoco. La persona saggia non deve rispondere con impulsività e non dirà cose di cui si pentirà; è importante avere sempre autocontrollo; dirà le sue ragioni senza usare frasi o parole pungenti che non faranno altro che peggiorare le cose. È saggio invece, usare parole che possono portare la persona a calmarsi. Nel caso si ha torto non rimbalzare la colpa a qualcun altro, ma è giusto assumersi le proprie responsabilità e chiedere scusa per l’eventuale misfatto.

IL MEDIATORE CRISTIANO

Quando invece ci imbattiamo in due persone non credenti che litigano tra di loro, l’obiettivo è sempre quello di mettere pace tra i due e non quello di intromettersi per alimentare ancora di più il litigio. Se il litigio è piuttosto acceso è utile dividere momentaneamente i due litiganti e parlare con ognuno di loro in separata sede. Capire chi può aver ragione e spingere chi ha torto a chiedere scusa. Spesso, entrambi hanno delle colpe; in quel caso dovranno chiedersi scusa a vicenda. È difficile farlo quando si è troppo orgogliosi, e anche se nel profondo si sa di aver torto la persona empia non è disposta a umiliarsi per chiedere scusa. La persona saggia dovrà fare il ruolo del mediatore e capire cosa ha scatenato l’ira di entrambi, cercando così una soluzione. Se la pace tornerà allora, entrambi ne saranno riconoscenti e questo sarà occasione di testimoniare la propria fede in Cristo.

LA CORREZIONE FRATERNA

Le dispute tra credenti è sempre meglio evitarle, è spesso indice di una maturità spirituale non ancora raggiunta. Se la disputa deriva da uno sbaglio commesso unicamente da uno dei due nel vangelo abbiamo dei versetti che parlano della correzione fraterna: Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. (Matteo 18, 15-17). La comunità cristiana deve prendere le distanze dal peccato, perché questo la ferisce profondamente, ma non abbandona il peccatore. Piuttosto continuerà a guardarlo con l’attenzione con cui Gesù guardava i pubblicani e i lontani. Il Vangelo dice che se nonostante i tentativi di rappacificamento e una delle due parti che ha palesemente torto non si pente, allora è utile uno o più mediatori che siano saggi ed esperti. Se anche in quel caso non si pente allora in quella persona che si dichiara cristiano si rivelerà d’esserlo solo nominalmente, si sarà smascherato un falso credente.

ALL’INTERNO DI UN GRUPPO:

Per quanto riguarda invece un contesto dove si è in una compagnia di persone e si arriva a capire che una persona in particolare istiga al litigio e mette zizzania tra le persone; e va in giro dicendo: <<lui ha detto questo, lui invece quello>>, e si diffondono menzogne che creano tensioni tra i vari componenti del gruppo; allora se quella persona se non si pente e ha intenzione di continuare, è necessario escluderla nel gruppo in modo che si possa ripristinare la pace. Questo potrebbe anche sembrare duro, ma è anche un modo di educarlo e a portarlo al ravvedimento. Se poi torna pentito, allora si potrà riammettere nel gruppo trattandolo come gli altri senza rinfacciagli nulla, perché se Dio lo ha perdonato non c’è motivo di riservare del rancore nei nostri cuori.