L’AVIDITÁ E LA GENEROSITÁ

  • Non negare un bene a chi ne ha il diritto, se hai la possibilità di farlo. Non dire al tuo prossimo: << Va, ripassa, te lo darò domani >>, se tu possiedi ciò che ti chiede (PR 3,27-28)
  • Chi ha pietà del povero fa un prestito al Signore, che gli darà la sua ricompensa (PR 19,17)

La persona credente è chiamata ad essere generosa con il prossimo, soprattutto con i più bisognosi. Il principio che spinge il giusto ad essere generoso è lo spirito di compassione che genera nel nostro cuore una sensibilità verso chi ha bisogno di qualcosa, dal cibo, ai vestiti o altro e questa sensibilità ci porta a immedesimarsi nell’altra persona immaginandoci come ci potremo sentire anche noi nelle stesse condizioni. Dato che il giusto applica la semplice regola pratica di fare agli altri quello che vorremo che gli altri facessero a noi; ci si comporta di conseguenza, aiutando di fatto chi è nel bisogno. Un modo in cui si può essere generosi è con la condivisione; la troviamo già nelle predicazioni di Giovanni Battista: Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto (Luca 3,10). I comandamenti del Signore non sono pesanti e gravosi, infatti condividere non è nient’altro che dare parte del nostro superfluo a chi non ha i beni primari, quindi non dobbiamo privarci di quello che abbiamo bisogno. La generosità non consiste unicamente nel donare beni materiali, ma anche il nostro tempo; se è vero il detto “il tempo è denaro” possiamo donare il nostro tempo per aiutare qualcuno, consolarlo o sostenerlo nei momenti difficili. Gesù nel Vangelo fa anche Lui diversi riferimenti alla generosità dicendo che quando tornerà nella sua gloria dirà ai giusti: Venite, Benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete data da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi (Matteo 25,34-36). Questi sono tutti esempi di atti di generosità mossi dalla carità e precisa anche che ogni opera buona che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (40), attenzione solo a non cadere nel peccato d’ipocrisia. Bisogna sempre ricordarci che il primo ad essere stato generoso è stato Gesù, proprio Lui che ha lasciato la dimora del padre ed è venuto in mezzo a noi peccatori patendo le sofferenze che noi tutti sperimentiamo nella vita oltre a quelle della passione. Grazie a Lui i giusti hanno la pace e un senso nella loro vita per questo il Signore vuole in risposta alla sua generosità che ci ha donato, la  generosità dell’uomo, amandoci gli uni e gli altri come Gesù ci ha amato, in questo si distinguono i veri credenti da i non credenti o da quelli che dicono di esserlo ma non lo sono. Non bisogna trovare delle scuse per non essere generosi perché se si ha il cuore di Dio verrà naturale esserlo. Se ci fosse un fratello che ha delle difficoltà, ad esempio non ha i soldi per il pranzo e un credente pensa: Quanto mi dispiace per questo fratello che non ha i soldi per mangiare, pregherò il Signore affinché soddisfi i suoi bisogni, perché è mio fratello e lo amo come tale. Invece no! Non lo ama affatto. Se si ha la possibilità di aiutarlo per pagarli il pranzo è bene farlo perché è vero che il Signore si occupa dei poveri bisognosi che chiedono il suo aiuto, ma questo aiuto arriva proprio dagli altri credenti che danno la loro parte, per spirito di compassione. A che cosa serve avere fede se non ci si comporta di conseguenza. Non puoi chiedere una cosa a Dio che potresti benissimo fare tu, ma non lo fai per pigrizia o mancanza di generosità. Il Signore farà solo quello che tu non puoi fare con le tue forze o possibilità. Di questo concetto ne parla anche Giacomo: Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice a loro: << Andate in pace, riscaldatevi e saziatevi >> a che cosa serve? Così anche la fede: Se non è seguita delle opere, in se stessa è morta (Giacomo 2,15-17). Qui si presenta un caso di un fratello e una sorella sprovvisti di ogni bene primario che si presentano a una comunità cristiana per ricevere aiuto e loro gli rispondono con belle parole ma senza dare alcun aiuto. Questo è un esempio di chi dice a parole di essere generoso, ma in pratica non lo è. Da ricordarsi anche che la generosità può essere usata come arma per sconfiggere il male con il bene: ogni opera buona che compi produrrai un seme buono che il Signore la potrà usare nei tuoi confronti; funziona come il perdono, il quale se perdoni il prossimo produrrai un seme affinché il Signore ti può perdonare, lo stesso vale anche per la generosità. Un riferimento a questo lo troviamo nel vecchio testamento dove Dio istruendo al suo popolo, dice che nei confronti di un bisognoso, dona generosamente e, mente doni, il tuo cuore non si rattristi. Proprio per questo, infatti, il Signore, tuo Dio, ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano (Deuteronomio 15,10).  Un altro esempio di generosità la troviamo nella parabola del buon samaritano, dove quest’ultimo nonostante sia considerata dagli ebrei una categoria di persone empie, prova compassione per un uomo per la strada malmenato dai briganti e fa di tutto per prendersi cura di lui, lo porta con se e lo mette in un albergo, pagandogli anche le spese. Gesù invita a imitare l’esempio di questo samaritano che è stato generoso con l’uomo vittima dei briganti. Prima che passasse lui però passarono anche un sacerdote e un levita, considerati da tutti come persone buone da ascoltare, ma loro guardano e passano rimanendo totalmente indifferenti da un persona in un momento di estremo bisogno. Questo ricorda anche la risposta di Caino a Dio che gli chiede conto del fratello Abele: Sono forse io il custode di mio fratello? È qui che invece abbiamo l’opposto delle generosità ovvero l’avidità; tipica di chi non crede in Dio ed è frutto dell’egoismo. La chiesa cattolica la identifica come vizio capitale perché non puoi chiudere il cuore agli altri che soffrono e allo stesso tempo amare il Signore, non possono coesistere la luce e le tenebre. Viene anche identificata come una cosa mondana e fa parte di quello che viene definito “la pianta di spine” che soffoca la pianta buona e non può portare frutto, come si vede nella parabola del seminatore raccontata nei vangeli (Matteo 13,1-23, Marco 4,1-20 e Luca 8,4-15). Una persona avida davanti a un bisognoso che chiede aiuto pensa: Perché devo dare parte dei miei beni a qualcun altro? Che vantaggio ne ho? Sono soltanto tempo e soldi buttati via, senza avere niente in cambio e visto che non si fa niente per niente non faccio nulla e non do nulla. Molto meglio tenere per me le mie ricchezze, che me le sono guadagnate io e servono solo per il mio piacere. Se si trova in queste condizioni è colpa sua ed è lui che si deve arrangiare. Cosa c’entro io con ciò che gli è capitato? Questo è il tipico ragionamento di chi non conosce Dio. Infatti l’avidità di conseguenza genera freddezza, insensibilità, cinismo, menefreghismo e incapacità di empatia. Bisogna  ricordarsi che come ho già scritto in Matteo 25,34-36, vale anche al contrario. Nei versetti 41-46 spiega che ogni volta che si avrà occasione di fare un opera di generosità e per avidità non si fa sarà considerata un omissione nei confronti del Signore perché quello che non avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. In questo caso si dovrà affrontare il giudizio di Dio.