IL BULLISMO

  • Come un pazzo che scaglia tizzoni e frecce di morte, così è colui che inganna il prossimo e poi dice: << Ma si, è stato uno scherzo! >> (PR 26,18-19).

Il bullismo è  un fenomeno che è stato poco analizzato dal punto di vista cristiano. Si può definire come una forma di violenza verbale, fisica e psicologica ripetuta e nel tempo e perpetuata in modo intenzionale da una o più persone (i “bulli”) nei confronti di un’altra (la “vittima”), al fine di prevaricare e arrecare danno. Il termine bullismo viene utilizzato principalmente in ambito scolastico, e viene in genere utilizzato per descrivere forme di violenza e prevaricazione tra soggetti giovani. Cercherò brevemente di analizzare le caratteristiche più importanti, le sue cause e possibili rimedi.

CARATTERISTICHE DEL BULLO:

Bulli non i nasce, si diventa, quindi capire come una persona può diventare un bullo è importante. Sono 2 le strade che portano una persona a diventare un bullo:

  1. LA SUPERBIA

Le persone con il cuore superbo mettono le basi per avere uno spirito di competizione di fronte al mondo, e questo si manifesta anche nell’infliggere sofferenze contro chi vede, a suo parere inferiore a lui. Pensa che il rispetto non è dovuto a tutti ma va meritato, quindi se una persona si ritiene non meritevole di rispetto potrebbe iniziare ad essere preso di mira.

  • SOFFERENZE/TRAUMI

In altri casi l’aggressività contro il prossimo potrebbe derivare da una profonda sofferenza interiore derivata da problemi famigliari, violenze subite o un mancato affetto che porta a un senso di abbandono. Anche fuori da contesti famigliari, ogni sofferenza subita a causa di uno o più persone tramite bullismo o emarginazione sociale. Quindi la malvagità subita, se non trattata porta anch’essi a comportarsi in maniera aggressiva davanti al prossimo.

Alcune ricerche hanno evidenziato come i bulli, una volta adulti, diventino persone autoritarie, con un forte bisogno di controllo o di dominio. Questo sempre se non si ravvede e cambia strada.

Ora, una cristiano che ha raggiunto una buona maturità spirituale può essere un bullo? La risposta è certamente no! Prima cosa un credente non può  essere superbo, ma al contrario è umile, e chi è umile mai si sognerebbe di mancare di rispetto a qualcuno. In secondo luogo se ha avuto trascorsi sofferti, il vangelo, la preghiera o la vicinanza di un altro credente danno tutti gli strumenti per contrastare le sofferenze affinché non alterino il carattere per farlo diventare arrogante e irascibile.

CARATTERISTICHE DELLE VITTIME:

Capiamo perché un bullo inizia a prendere di mira una determinata persona:

  1. CARATTERISTICHE FISICHE ANOMALI

Attraggono i bulli chi si presenta fisicamente fragile e debole, oppure in sovrappeso o con qualche deformità fisica.

  • CARATTERE TIMIDO E TACITURNO

I bulli di solito sono molto espansivi e amano molto parlare e scherzare con chi gli sta attorno.  Perciò le persone timide e taciturne sono mal viste e potrebbero essere soggetti a bullismo

  • COMPORTAMENTI GIUDICATI “STRANI”

Se una persona ha comportamenti giudicati “strani” agli occhi di un bullo che non riesce a capirle o a interpretarle, allora si può arrivare alla conclusione che quella persona è stupida e quindi non meritevole di rispetto.

  • EPISODI SPIACEVOLI

Un altro motivo ancora perché una persona prende di mira un’altra può essere dovuto a qualche episodio o battibecco che porta a provare antipatia nei confronti di quella persona.

LA LOGICA DEL BRANCO:

Qual è l’obbiettivo di un bullo? Semplicemente divertirsi cinicamente a umiliare una persona in particolare. Per questo è necessaria la complicità di altre persone che vedono la vittima allo stesso modo: Come uno “sfigato” da prendere in giro. Il divertimento deriva da quanto riesce a ridere e a far ridere il gruppo complice degli attacchi di bullismo e più gente riesce a convincere a infierire e più lui si sentirà autorizzato nel farlo. Infatti di solito sono pochi i componenti che veramente vessano la vittima, gli altri si limitano solo a ridere, ma anche una risata può ferire e umiliare una persona e nemmeno quella è da sottovalutare, anzi sono le risate di altre persone che assistono che alimenta il fenomeno e incrementa il senso di umiliazione che percepisce la vittima. Quando invece il bullo non riesce a trovare complici, ma anzi ci sono persone che difendono la vittima. il bullo prima o poi si stufa e le vessazioni spariscono.

L’ATTACCO PROGRESSIVO:

Il bullo inizia a vessare la vittima con qualcosa di apparentemente innocente, come piccole provocazioni, battutine pungenti, ma col passare del tempo tendono a intensificarsi maggiormente se il bullo ritiene che la vittima non risponda in modo da farsi valere.  Se la vittima lamenta questo disagio, l’altra persona risponde che sta solo scherzando e che non c’è bisogno che si arrabbi. Chi è portato a provocare verbalmente qualcuno prende di mira sempre le stesse persone e non si può più parlare di “scherzo” altrimenti lo farebbe con tutti. Da come suggerisce il versetto dei proverbi, dire di scherzare è sempre un modo per nascondere un disprezzo nei confronti di una determinata persona e col passare del tempo la cosa diventa sempre più palese, per il fatto che le battute sono sempre più pesanti e vessatorie. Abbiamo di fronte un fenomeno che tende ad progredire con il tempo se non si prendono provvedimenti per fermare il bullo. Un credente davanti a un fenomeno di bullismo non dovrebbe mettersi a ridere o stare a guardare, dovremo invece cercare di difenderlo. La vittima ne sarà riconoscente e questa potrà essere un’occasione per dare a lui la propria testimonianza.

ESSERE VITTIMA DI BULLISMO:

Secondo studi di settore l’essere, o l’essere stati vittime di bullismo ha una varie serie di conseguenze psicologiche negative. Possono presentarsi disturbi dell’umore, tendenza all’isolamento, calo dell’autostima, disturbi nel sonno o addirittura la comparsa di una serie di disturbi psicosomatici (ad es. mal di testa etc.) L’essere stati oggetto di bullismo è inoltre un fattore di rischio per lo sviluppo di una serie di disturbi psichiatrici tra cui disturbi alimentari, disturbi d’ansia, disturbi dell’umore e dismorfofobia (malattia mentale caratterizzata da un’attenzione ossessiva su un difetto percepito nell’aspetto). Da ciò che può provocare questo fenomeno si può affermare che si tratta di un male dei nostri tempi che purtroppo viene sottovalutato dalla società che non mette in campo misure sufficienti da arginare il fenomeno, specialmente se questi fenomeni accadono in ambito scolastico. Questi studi sono sempre svolti da un punto di vista laico e non distingue se la vittima è un non credente in Cristo  o non lo è, come se fosse del tutto indifferente. Vedremo che invece le differenze ci sono eccome: Per “credente”, lo ribadisco, si intende una persona che ha raggiunto una piena maturità spirituale e continua a proseguire un percorso verso la santità che durerà tutta la vita. Anche vero che è difficile che un giovane possa essere già a un livello spirituale ben progredito, ma non è nemmeno impossibile. Vediamo ora quali attitudini spirituali ha un credente che è sotto attacco da bullismo:

  • I NEMICI

Il vangelo parla anche dei “nemici” (Matteo 6,46). Non bisogna odiarli e desiderare vendetta o la loro rovina. Il vangelo parla di amare i nemici e pregare per loro. Vedi art: https://teofilo.cw.center/i-nemici/

  • IL PERDONO

Una vita di rancori non fa altro che rovinare se stessi. Il vangelo Gesù insiste più volte nel valore del perdono nel caso cadiamo nella trappola di rimanere offesi. Vedi art: https://teofilo.cw.center/il-pentimento-e-il-perdono/

  • IL MALE RODE SESTESSO

Il credente, che vede il mondo dal punto di vista del vangelo, guarda chi commette bullismo non solo persone che fanno del male ad altre, ma soprattutto persone che fanno dal male a se stessi, distruggendosi da soli perché il peccato prima di tutto rovina chi lo commette infatti il salario del peccato è la morte (Romani 6,23). Questo permette di provare compassione verso i bulli e non rancore, evitando di offendersi di fronte alle prese in giro.

  • L’AUTOSTIMA

Per il cristiano l’autostima non deriva da quello che gli altri pensano o dicono di noi, specialmente se “gli altri” sono persone non credenti, privi di valori etici, ma deriva dalla consapevolezza di essere figli di Dio e appartenere alla chiesa di Cristo, quello che conta è quello che Dio pensa di noi, in base  al rapporto con Lui e alla nostra attitudine verso il mondo. Vedi art: AVERE SCARSA AUTOSTIMA – Amico di Dio e contro le fortezze del nemico (cw.center)

  • LA SAGGIA DIFESA

Se non ci si può difendere alla stessa maniera in cui il nemico ci attacca non significa che non ci si può difendere. Il cristiano dovrà rispondere con la sapienza che avrà imparato dalla scrittura o da ciò che ci suggerisce lo spirito santo nel nostro cuore. Prendendo Gesù come esempio: Davanti alle accuse dei farisei, rispose sempre a tono, in maniera chiara e decisa svergognando e zittendo i suoi avversarti.

  • LA GIUSTIZIA DI DIO

Il cristiano sa che se i bulli non dovessero pentirsi, il loro peccato rimane e dovranno rendere conto delle loro opere, quindi la giustizia di Dio prima o poi si abbatterà verso quelle persone perché chi tocca un figlio di Dio, tocca il suo occhio. Il cristiano quindi vive tranquillo perché ha fiducia nella giustizia divina. Il massimo auspicio rimane il pentimento dei bulli e non il desiderio di vederli puniti a meno che non possa essere un mezzo per farli arrivare al ravvedimento.

In base a questi punti è possibile affermare che essere credenti elimina tutti gli effetti psicologici negativi che normalmente una persona contrae per effetto degli atti di violenza da bullismo.

CONTRO UNA RELIGIOSITÁ FARISAICA

  • C’è gente che si crede pura, ma non si è lavata della sua lordura (PR 30,12)
  • Il sacrificio dei malvagi è un orrore per il Signore, la preghiera dei buoni gli è gradita( PR 15,8)
  • Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova? (PR 20,6)
  • Chi può dire: << Ho la coscienza pulita, sono puro dal mio peccato >> (PR 20,9)
  • Praticare la giustizia e l’equità per il Signore vale più di un sacrificio (PR 21,3)

Non tutti quelli che dicono di essere credenti e praticanti sono veramente giusti davanti al Signore. Facciamo un passo indietro a andiamo a vedere  nell’antico Israele come gli israeliti si rapportavano con Dio. Nell’antico patto c’erano due elementi fondamentali: La legge e i sacrifici animali. La legge erano tutte le norme che gli israeliti dovevano osservare per essere giusti davanti a Dio e i sacrifici servivano a coprire i peccati degli uomini. Erano stati pensati da Dio come modo per perdonare i peccati che le persone compivano per scarsa conoscenza della legge di Mosè, che era una legge con molti precetti e pochi la conoscevano tutta in maniera approfondita, quindi quando ci si rendeva conto di aver sbagliato si facevano dei sacrifici e i loro peccati rimanevano coperti, come per scaricare sull’animale la condanna che invece lui avrebbe meritato. In questo si basava il patto mosaico che Dio fece con il popolo di Israele.  Ora, la cosa più importante era l’obbedienza alla legge, non i sacrifici. I sacrifici erano per gli errori che si compivano pur rimanendo in un atteggiamento buono verso Dio e verso il prossimo, cercando di amare Dio e il prossimo ed evitare il più possibile di peccare. Invece molti davano maggiore enfasi sui sacrifici e abusavano della possibilità di sacrificare animali. Erano molto pignoli a rispettare la legge di Mosè nel suo aspetto rituale, esteriore, ma trascuravano completamente la cosa più importante, cioè amare il prossimo tuo come te stesso e amare Dio con tutto il cuore. Erano avidi di denaro, superbi e facevano di tutto farsi glorificare dagli altri per il loro culto esteriore, ogni cosa aveva come scopo il farli adulare dalle gente. Poi facevano molti sacrifici pensando che questo potesse coprire il loro atteggiamento malvagio nei confronti degli altri e per questo si sentivano superiori, guardavano tutti dall’alto verso il basso. Queste persone c’erano ai tempi dei profeti, infatti già nell’antico testamento si parla di questo tipo di persone: Poiché questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani (Isaia 29,13).Gesù ai farisei cita questo versetto dichiarando che come gli israeliti di qualche secolo prima avevano questo atteggiamento nei confronti di Dio, così anche per loro vale lo stesso. I farisei erano la setta più rigorosa dell’ebraismo. Ecco queste persone erano molto disprezzare da Gesù definendoli ipocriti perché si fingevano e si credevano buoni ma in realtà erano peggio degli altri, nessuno di loro si sentiva peccatore; i peccatori erano sempre solo gli altri per non parlare di chi non era neanche ebreo. Per loro i non ebrei erano inevitabilmente destinati all’inferno solamente per il fatto che non erano discendenti di Abramo. Contrariamente a come pensavano loro; per Gesù, come dice il Vangelo, essere discendenti di sangue di Abramo e del tutto irrilevante, quello che conta è la discendenza spirituale, ovvero chi ama Dio e lo teme come appunto Abramo fece. Le preghiere dei farisei erano disgustose agli occhi di Dio, non facevano altro che ringraziare di essere così buoni e non come gli altri che erano peccatori, quindi era solamente un vantarsi di se stessi, quando erano ben lontani ad essere giusti. Queste preghiere non venivano assolutamente ascoltate. Gesù riferendosi a loro diceva: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato… Se dunque diceste di essere peccatori e chiedeste perdono non avreste colpa; questo perché il sangue di Gesù purifica ogni peccato se ci si pente. … ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane (Giovanni 9,41). La preghiera di uno che dice abbi pietà di me peccatore, questa invece è ascoltata e la relazione con lui ha inizio. Lo scopo della legge di Mosè non era quella di far sentire giusto l’uomo, ma quello di farlo sentire peccatore e chiedere aiuto a Dio dicendo appunto “abbi pietà di me peccatore”. Ma i farisei per come interpretavano la legge, si sentivano giusti. Gesù però chiarisce il fatto che la legge non era solo un codice rituale, ma soprattutto attitudine spirituale. Il comandamento “non uccidere” non si limitava solo a non uccidere una persona fisicamente, ma chi odia il proprio fratello ha già violato la legge, perché è l’odio l’origine degli omicidi. Se qualcuno dice: quella persona non conta, non vale niente, è una nullità; Egli l’ha già uccisa nel proprio cuore, e questo costituisce peccato. Oppure il comandamento “non commettere adulterio” non era solo tradire la propria moglie tramite un rapporto sessuale con un’altra; ma se guardi un’altra donna e la desideri in cuor tuo, hai già commesso adulterio e quindi violato la legge. Ma i farisei pensavano che non avendo mai ucciso o tradito erano giusti davanti a Dio, quando però odiavano il prossimo e desideravano in cuor loro un’altra donna; questo generava orgoglio, superbia e spirito di giudizio nei confronti del prossimo. Tutto questo perché i farisei avevano stabilito una giustizia fatta di opere rituali e non di principi fondamentali. Paolo era stato un fariseo e per ciò li comprendeva bene. Ha sempre pregato per la loro salvezza. Paolo rende  testimonianza del fatto che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede (Romani 10,2-4). Per questo Gesù disse: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 5,20). Il concetto di giustizia che avevano i farisei era basata unicamente nel praticare la legge in maniera puramente esteriore senza amore e compassione nei confronti del prossimo ed era questo ciò che importa di più a Dio. Ora, la setta dei farisei non esiste più ai giorni nostri, i sacrifici animali non si fanno più,  non sono stati ereditati dai cristiani, perché il sacrificio di Gesù copre già ogni peccato, ora non siamo più sotto il patto mosaico, ma sotto il nuovo patto che si basa sulla grazia mediante la fede in Cristo e il servire Dio secondo lo Spirito Santo. Se abbiamo questa fede Dio fisserà la legge nei nostri cuori come è stato profetizzato nel vecchio testamento: Questa è l’alleanza che io stipulerò dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente e non mi ricorderò più dei loro peccati (Geremia 31,33-34). Però ci sono ancora persone che possono avere atteggiamenti che ricordano un po’ i farisei: avere un culto puramente esteriore senza amare il prossimo, tipico delle persone che vanno anche a messa tutte la domeniche, si confessano, recitano il rosario e fanno ogni pratica rituale e per questo si sentono giusti e perciò hanno un atteggiamento di giudizio nei confronti degli altri, non hanno un minimo senso di umiltà, disprezzano e trattano duramente gli altri chiamandoli peccatori, si vantano per ogni opera buona perché lo scopo non è quello di servire Dio, ma solamente di cercare i complimenti degli altri. È il cosiddetto spirito religioso che colpisce anche molte persone che hanno responsabilità nella chiesa, che predicano bene e razzolano male sfruttando la loro posizione di potere per vantaggi personali e non per glorificare Dio. Pensiamo a una noce che ha un bel guscio, ma quando la rompiamo dentro è marcia; questa noce non vale niente perché conta il contenuto e non il guscio, così vede Dio queste tipo di persone che pur dichiarandosi credenti, e pur sembrando devoti non sono gradite a Dio, anzi, subiranno una condanna più severa (Marco 12,40) rispetto ad un ateo che ha vissuto la sua vita nel peccato. Perché se un ateo che non conosce la parola di Dio pecca, in parte c’è l’attenuante del fatto che non ha mai conosciuto Dio, ma se una persona pur conoscendo la parola di Dio,  fa il contrario di essa, la responsabilità davanti a Dio è maggiore. Dio invece vuole che ci amiamo tutti a vicenda, anche i peccatori vanno amati e perdonati. praticare anche un culto esteriore va bene, ma viene dopo rispetto a seguire il comandamento dell’amore. Bisogna prima cambiare interiormente, nel proprio cuore e dopo dimostrarlo esteriormente. Quindi evitate di sentirvi giusti facendo ogni tanto delle buone opere o frequentando spesso la chiesa. Perché se si fanno tutte queste cose ma non si ha amore per Dio e per il prossimo non serve assolutamente a nulla. Dio guarderà il tuo cuore, la tua purezza d’anima, il rapporto personale che hai con Gesù Cristo. Lasciati dunque trasformare dalla sua parola tramite la sua potenza, Gesù cambierà progressivamente il tuo cuore facendoti diventare sempre più simile a lui. A questo punto le opere si faranno di conseguenza in maniera spontanea e non in maniera forzata. Le opere della carne non  sono accettate davanti a Dio. Se il tuo concetto di giustizia è basato su questo allora sarai nettamente superiore a quello degli scribi e dei farisei e Dio ti accoglierà nel suo regno.

L’INVIDIA

  • Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mente la sua amicizia è per i giusti (PR 3,31-32)
  • Un cuore tranquillo è vita del corpo, l’invidia è la carie delle ossa (PR 14,30)
  • Non invidiare in cuor tuo i peccatori, ma resta sempre nel timore del Signore (PR 23,17)

L’invidia è identificata come uno dei frutti della carne. Il credente deve rifiutarla nel suo cuore affinché non pecchi davanti a Dio. Ora, vediamo i motivi e le conseguenze che provoca l’invidia. Le persone non credenti possono essere più predisposte a questo “vizio capitale”, che ha origine dal desiderio di possedere qualcosa che un’altra persona ha, essendo consapevoli di avere poche o nessuna possibilità di ottenerla. Per questo già in esodo Dio disse a Mosè: Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo (Esodo 20,17). Il desiderio dunque sta all’origine dell’invidia insieme anche alla superbia che rende l’uomo competitivo nei confronti del prossimo. Un esempio potrebbe essere una persona ha un amico o conoscente che ha sempre reputato più brutto e meno simpatico di lui, si fidanza con una ragazza bellissima, questo provoca certamente l’invidia. Da qui i commenti del tipo << che spreco, una ragazza così bella con uno così >>; tipica espressione generata dall’invidia. Oppure un’altra persona che ha un compagno di banco che ha sempre reputato meno intelligente, trova un lavoro più remunerativo del suo, anche in questo caso può scattare l’invidia con commenti del tipo << Ecco, chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane >> , per dire che era lui che si sarebbe meritato quel posto. Sono i successi degli altri che portano le persone ad essere invidiose e questo ne parla anche Qoèlet: Ho osservato anche che ogni fatica e ogni successo ottenuto non sono che invidia dell’uno verso l’altro. Anche questo è vanità, un correre dietro al vento. (Qoèlet 4,4). Quando una persona prova invidia verso un’altra, quest’ultima si trasforma in odio che sfocia in liti, contese e maldicenze e in casi estremi può portare ad azioni deplorevoli. Nell’antico testamento abbiamo l’esempio di Giuseppe, figlio più piccolo e più amato di Giacobbe e per questo era privilegiato rispetto agli altri 11 fratelli. Essi iniziarono a provare una grande invidia nei suoi confronti tanto da sbarazzarsene. Lo vendettero come schiavo a una carovana di ismaeliti che stava andando in Egitto e al padre Giacobbe dissero che era rimasto sbranato da un bestia. Nel nuovo testamento abbiamo invece Gesù invidiato dai farisei. Molte persone ascoltavano i suoi insegnamenti attirati anche dai miracoli che compiva e per questo i farisei avevano paura di perdere quel potere e quella reputazione che godevano tra il popolo approfittandosene di questo per fare i propri comodi; e come se non bastasse con i farisei ci andava giù pesante, alla folla ribadiva spesso il fatto erano degli ipocriti perché facevano di tutto per mostrarsi buoni in apparenza, ma dietro divoravano le case delle vedove. Persino Ponzio Pilato se ne accorse essendo un governatore di una certa esperienza, si può leggere in Matteo 27,18. A causa di questa invidia i farisei arrestarono Gesù per farlo morire. L’invidia oltre ad essere portatrice di odio è un sentimento che ti lacera l’anima e il corpo, non ti fa vivere in pace e in armonia e a lungo andare può portare a qualche disturbo della personalità. Chi è credente e ricco di sapienza sa che non c’è motivo di invidiare qualcuno, chiunque esso sia. Se si tratta di una persona empia che ha avuto un certo successo nella vita, diventando ricco e famoso, magari servendosi di affari loschi, il giusto non ha nessun motivo di invidiarlo perché sa che tutto quello che ha ottenuto passando dal male e non da Dio, gli sarà tolto prima o poi e la rovina sarà grande; dovrà pagare a caro prezzo il male che ha commesso perché il salario del peccato è la morte (Romani 6,23). Se il Signore permette che i malvagi prosperino è solo perché lui è lento all’ira e grande in amore (Giona 4,2); ma alla fine anche il malvagio avrà quello che merita se non avviene un ravvedimento. Non importa quante cose materiali possiede o quanto successo ha tra gli uomini, se non è in comunione con Dio tutte queste cose prima o poi spariranno. Un altro caso in cui si può provare invidia è quando abbiamo una certa passione, come il canto o lo sport e ci reputiamo bravi nel nostro campo, ma un giorno incontriamo qualcuno che è più bravo di noi. Se siamo abituati a ricevere sempre la gloria degli uomini e la passione è alimentata da quello allora l’invidia sarà inevitabile. Se noi invece facciamo tutto alla gloria di Dio, anche se incontriamo qualcuno più bravo di  noi non sarà motivo di gelosia o contesa perché è solamente qualcuno che ha ricevuto un dono maggiore del nostro, tutto qui, nulla impedisce nemmeno di essere amico con quella persona. Esiste anche la gelosia possessiva: una cosa che la reputiamo nostra, non siamo disposti a prestarla agli altri. Non è saggio essere gelosi dei propri oggetti; è giusto poter prestare o condividere quando è possibile. Tutto quello che possediamo in realtà è di Dio, spetta noi amministrare quel bene che ci ha affidato secondo la sua parola. Purtroppo anche tra i credenti ci possono essere dei casi di invidia. Questi sono i casi dove i credenti non hanno ancora rinnovato la propria mente per renderla conforme a Cristo. Se un nostro amico sempre credente riceve una grande benedizione ed è la stessa benedizione di cui continuiamo a pregare da tempo e non la otteniamo, questo potrebbe essere un motivo d’invidia. In questo caso essendo credenti l’invidia non si trasforma in odio, ma può diventare risentimento verso Dio per il fatto ha benedetto lui invece che me, oppure si potrebbe rifiutare di pregare per lui, del tipo: << A me sembra che è già stato abbastanza benedetto! >>. Non bisogna essere invidiosi di un altro credente perché tutti i credenti fanno parte del corpo di Cristo, la Chiesa. Infatti noi tutti siamo battezzati mediante un solo spirito in un solo corpo (1Corinzi 12,13) Il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra (14). Ogni credente è un membro di un corpo. La si potrebbe paragonare a una grande famiglia dove tutti si amano e tutti solo fratelli e se un membro soffre, soffrono tutti, così anche se un membro viene benedetto, tutti gioiscono per lui. Quindi se un credente riceve quella benedizione che tanto desideravi tu, come potrebbe essere trovare una fidanzata o un buon lavoro non bisogna invidiarlo, ma gioire insieme a lui e pregare affinché come questo fratello è stato benedetto possa arrivare il giorno che anche tu possa essere benedetto allo stesso modo.

I NEMICI

  • Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, se ha sete, dagli da bere, perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo e il Signore ti ricompenserà (PR 25,21-22)
  • Non dire: << Come ha fatto a me così io farò a lui, renderò a ciascuno come si merita >>. (PR 24,29)
  • Non ti rallegrare per la caduta del tuo nemico e non gioisca il tuo cuore, quando egli soccombe (PR 24,17)
  • Non ci sarà un avvenire per il cattivo e la lampada dei malvagi si spegnerà (PR 24,20)
  • Se il Signore si compiace della condotta di un uomo, lo riconcilia anche con i suoi nemici (PR 16,7)
  • Non dire: <<Renderò male per male>>; confida nel Signore ed egli ti libererà. (PR 20,22)

Il nemico è colui che per un motivo o l’altro prova odio nei tuoi confronti e lo manifesta con l’attacco verbale o la diffamazione, nei casi più estremi anche con la violenza fisica. Esso non è da confondere con il semplice provocatore, perché non è detto che chi ti provoca provi veramente odio nei tuoi confronti. Ora, chi compie opere malvagie può essere naturale creare attorno a lui delle persone che lo odiano, ma chi crede nel Signore e compie opere buone perché dovrebbe avere dei nemici? Purtroppo ci sono dei casi dove nonostante non fai del male a nessuno ci può essere qualcuno che prova odio nei tuoi confronti, forse è proprio per il fatto che sei cristiano che qualcuno ti può odiare oppure può essere per invidia o per un contenzioso. Nel Vangelo Gesù è chiaro riguardo il comportamento che deve avere un credente davanti ai nemici: Bisogna amare il proprio nemico, pregare per lui, e non negargli dei favori, poi aggiunge dicendo: se amate solo chi vi ama che merito ne avrete, infatti anche chi non conosce Dio fa lo stesso (Matteo 6,46), quindi non farete niente di più di quanto fa una persona atea. Infatti, anche gli atei amano chi gli ama, questo non è difficile, c’è anche da dire che qualcuno non riesce nemmeno fare questo, ma normalmente finché c’è da amare una persona che ti è simpatica non c’è nessun problema, è quando ci è antipatica che siamo portati a odiare la persona, con tutti i comportamenti che ne derivano. La parola di Dio dice invece che anche i nemici bisogna amare. Ma come si fa? È troppo difficile? Quando qualcuno ci fa del male, odiare è la cosa più naturale, fargliela pagare con la stessa moneta e vendicarsi, quello è il comportamento che siamo portati a fare. Odiarlo però non porta mai benefici, s’inizia solo una guerra di odio e litigi dove ognuno fa a gara a chi infigge più del male all’altro, finché uno da un colpo così secco all’altra persona che non oserà più far niente per un certo tempo, ma il clima di odio rimarrà sempre. Quindi odiare anche se è la cosa più istintiva, non porta a nessun beneficio, anzi, l’odio porta altro odio, ma non lasciarti vincere dal male; vinci il male con il bene (Romani 12,21). Valutare prima qual è l’origine di quel odio che porta con se il tuo nemico, pregare per lui affinché ci sia pace. Prima di tutto come ho già detto se qualcuno ti ha fatto del male, è stato satana in realtà ad averlo fatto, usando quella persona come schiavetto per compierla, quindi bisogna combattere satana non la persona che ha commesso il male, perché anche lui è una vittima dal punto di vista biblico. Infatti per il credente il nemico è il diavolo che è come un leone ruggente va in giro cercando di divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo (Pietro 5,8-9). Quindi agire con metodi carnali non serve per sconfiggere satana, quello che bisogna fare prima di tutto è perdonare quella persona, poi pregare per essa e benedirla, parlare sempre con dolcezza e mansuetudine e se ha bisogno di qualche aiuto non rifiutarlo. Questo è l’atteggiamento giusto da fare; non è un segno di debolezza, anzi è un segno di fortezza in realtà, in questo modo non ti fai piegare dalle provocazioni, e non ti fai manipolare delle sue azioni; è un segno di forte autocontrollo. È vero che può sembrare molto difficile farlo, è molto più istintivo attaccarlo con fa lui; bisogna però fidarsi di Dio e non sempre del nostro discernimento e scoprirai che facendo queste cose si creerà un’atmosfera spirituale, dove Dio può agire su quella persona e avrà modo di portarlo al ravvedimento. Non può fare nulla però senza la nostra collaborazione perché finché si rimane in territorio di satana, spiritualmente parlando, può agire solo satana, ma se crei il contesto giusto allora sarà Dio ad agire e il diavolo non potrà fare nulla. Inizierà quindi a pensare: Beh; io sto facendo del male a quella persona ma lui mi fa del bene, forse non se lo meritava il male che gli ho fatto. Inizierà ad avere un ripensamento e cambiare atteggiamento nei tuoi confronti, e da nemico avrai in realtà guadagnato un amico, è qui che il diavolo sarà sconfitto, e se diventando amici si converte sarà stato sconfitto doppiamente, e ogni volta che lo sconfiggerai, sarai sempre più forte nei suoi confronti. Ogni bene che farai, soprattutto a un nemico riceverai sempre una ricompensa in cielo; nei momenti opportuni non bisogna neanche mancare di rimproverarlo con decisione e fargli capire che a compiere il male non ci guadagnerà niente  e gli obiettivi che insegue non gli porterà alla felicità, anzi odiare contribuirà solo a rovinare se stesso. Bisogna amare i nemici, ma anche l’amore ha un lato duro, potrebbe anche essere opportuno dire: <<Non ti permetto più di trattarmi in questo modo>>; perché quella persona facendo male a te, sta facendo anche male a se stessa e impedire che si faccia male da sola è segno di amore. È sempre opportuno suggerire la via alternativa a quella sbagliata, ovvero una relazione con Dio che porta di conseguenza avere un buon rapporto con il prossimo. Se nonostante tutto non si pentirà e continuerà nella sua condotta sbagliata, allora avrà fatto la sua scelta e ne pagherà le conseguenze; ma in ogni caso non fargli alcun male, non farti giustizia da solo, ma lascia che sia Dio a giudicare quella persona nel momento opportuno. Infatti sta scritto: Spetta a me fare giustizia, darò a ciascuno il suo (Deuteronomio 32,35). Non lasciare che il tuo cuore nutri dei sentimenti di vendetta; segui l’esempio di Cristo che durante la passione ha subito ogni sorta di sofferenza e derisione, ma Lui anche se era Insultato, non rispondeva agli insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. (1Pietro 2,23).  Se poi cade in disgrazia non rallegrarti, anzi prega per lui perché da questa esperienza negativa il Signore ne tragga qualcosa di buono, e arrivi al ravvedimento; come nella parabola del figliol prodigo (Luca 15,11-32) che deve arrivare a toccare il fondo prima di capire che la vita che stava conducendo era sbagliata e addirittura i servi di suo padre stavano meglio di lui. Per chi ci si ravvede la porta di Dio, è sempre aperta e lo accoglierà con gioia, così anche per i credenti che in passato hanno fatto del male, ma si sono convertiti è importante non portare rancori e andare avanti. Chi invece muore nel peccato senza essersi mai ravveduto e accettato Cristo nel suo cuore è un’anima che va all’inferno e anche in questo caso non c’è nulla da rallegrarsi. Infatti come Dio piange per il fallimento dell’uomo, così anche noi non dobbiamo rallegrarci se il nostro nemico va all’inferno.

L’ARROGANZA DÌ CREDERE DÌ ESSERE SUPERIORI

  • Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta c’è l’arroganza (PR 16,18)
  • L’orgoglio dell’uomo ne provoca l’umiliazione, l’umile di cuore ottiene onori. (PR 29,23)

Dopo aver in chiaro cosa sia la superbia, facciamo un’ulteriore approfondimento su un frutto della superbia che è l’arroganza. Essa è figlia di una cultura che non vive secondo la parola di Dio, sono le persone che pensano di essere superiori e di saper gestire determinate situazioni meglio di altre, come può essere gestire un negozio o qualsiasi attività commerciale, queste persone si fanno beffe degli altri, si vantano e pensano che se decidessero tutto loro allora le cose andrebbero bene. Un giorno però è possibile che abbiano veramente la possibilità di gestire una situazione autonomamente e senza vincoli e qui che saranno messi alla prova le loro presunte qualità, ma aimè non sempre sono così bravi come pensavano e un volta che prendono il controllo, la situazione precipita e arriva il fallimento. Avranno quindi una vergogna che peserà come un macinio perché tutti si ricorderanno del loro orgoglio e del loro tono di superiorità, la loro totale mancanza di umiltà e il non confidare in Dio ma soltanto in se stesse, la rovina per loro sarà grande. Chi trova una persona di quel tipo non vale neanche la pena arrabbiarsi, bisogna solo compatirlo perché c’è la possibilità che un giorno dovrà smentire tutto quello che dirà, magari avrà talmente orgoglio da scaricare la colpa su altri e non assumersi le proprie responsabilità. Gesù disse: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Matteo 5,3). I poveri in spirito sono le persone umili che sanno di non essere superiori agli altri e che valgono per il fatto che sono figli di Dio e non perché pensano di avere qualità straordinarie che gli altri non hanno. Già agli arbori del cristianesimo in alcune persone c’era questa tentazione di credersi superiori agli altri, per questo donde evitarlo Paolo in una sua epistola suggerisce questo: Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. (Filippesi 2,3-4). Abbiate quindi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù. Quello di essere pronti a mettere da parte quello che siete, per diventare servi degli altri. Non stimando te stesso più di quanto dovresti, ma considerandoti  privilegiato ad essere un servo di Gesù Cristo. Umiliatevi davanti al Signore, ed Egli vi innalzerà (Giacomo 4,10). La persona che teme il Signore e si trova ad affrontare una certa situazione, non deve avere paura, anche se pensa di non riuscire ad affrontarla, con Dio nel cuore, se ti trovi in certe situazioni è possibile che è stato Dio a metterti in quella situazione per compiere una missione e se preghi, e confidi in Lui, tutto quello che farai andrà bene. Tenere sempre in mente la parola di Dio e continuare a cercare la sapienza, solo così si potrà affrontare ogni situazione.