Negli articoli precedenti abbiamo analizzato il termine RUACH dal punto di vista grammaticale tramite un dizionario, analizzando tutti i possibili significati in base al contesto e in base a molti esempi dove compare la parola RUACH, abbiamo constatato che la traduzione è spirito, certamente non un oggetto metallico volante. In questo articolo vedremo una prova archeologica che viene manipolata per farla passare per la prova che sostiene la tesi ufologia del termine RUACH e viene fatta ricollegare a Genesi 1,2.
Lo spirito di Dio aleggiava sulle superficie delle acque.
Biglino fa subito notare che la parola tradotta con “aleggiava” significa rimanere fermo in un punto, proprio come un elicottero rimane sospeso nell’aria. Ma questo è ancora troppo poco per dire che l’oggetto sopra le acque possa essere un disco volante alieno. Allora per convincere i lettori tira in ballo l’archeologia. In diversi suoi libri compare questa immagine e relativo commento indicandola come prova a sostegno della sua tesi:
Questa parola (RUACH) ha infatti origini molto più antiche della rappresentazione ebraica che abbiamo riportato; affonda le sue radici nella lingua sumera nella quale il suono RU-A veniva reso con un pittogramma molto esplicativo: Il disegno contiene due elementi: un oggetto superiore (suono RU) che si trova al di sopra di una massa d’acqua (suono A). (M. Biglino, Il dio alieno nella Bibbia).
Secondo Biglino la parola RUACH è di origine sumera, la civiltà che secondo la paleastronautica ha avuto i primi contatti con questi alieni chiamati ELOHIM. Nella raffigurazione si vede in alto un oggetto che sicuramente rappresenta che un disco volante alieno che i sumeri pronunciavano con il suono RU, mentre appena sotto 2 linee curve che stanno a indicare le acque e questo coincide perfettamente con il secondo versetto della Bibbia dove quello che viene tradotto come “spirito” aleggiava sulle superficie delle acque. A primo impatto un lettore sarebbe propenso a dare ragione a Biglino o comunque porsi delle domande, se effettivamente, di quello che sostiene c’è qualcosa di vero. Ma osservando attentamente si può notare subito che nel suo ragionamento qualcosa non quadra: Nell’immagine vediamo che “RU” sta sopra ad “A”, mentre invece la Bibbia dice un’altra cosa; che RUACH sta sopra alle acquee e già li si può vedere come il ragionamento di Biglino non calza con il secondo versetto della genesi. Biglino non è la prima volta che si fa aiutare da una certa “archeologia per convincere la gente che la RUACH è una navicella aliena, e molte persone che non conoscono l’archeologia o la lingua ebraica e non svolgono ricerche per capire se quello che dice Biglino è giusto o meno e prendono ogni sua parola come oro colato si lasciano ingannare. La raffigurazione riportata nel libro di Biglino è solamente un disegno stilizzato, sarebbe interessante vedere la foto del reperto originale.
Eccolo qua sopra la foto dove deriva la rappresentazione che compare nel libro di Biglino: Nella parte in basso vediamo le curve ondulate che rappresentano le acquee esattamente come è rappresentato nel disegno. Guardando però il simbolo in alto troviamo una mezzaluna in orizzontale con un cerchio e questo non corrisponde più all’immagine precedente ed ogni sembianza di disco volante svanisce. Il simbolo nella foto e quello nel disegno, sono simboli esistenti ma dal punto di vista archeologico sono completamente diversi. Gli esperti del settore scoprendo che questi simboli vengono scambiati per astronavi aliene si fanno una grossa risata. Il simbolo nel disegno stilizzato che compare nei libri di Biglino, non ha nulla a che vedere a un disco volante, l’attribuzione del suono “RU” al quel presunto oggetto volante deriva da un altro ricercatore “indipendente”, tal Christian O’Brien, che semplicemente si rifà a fonti molto datate. O’Brien, infatti, per formulare la sua ipotesi sull’esistenza del termine RU-A in sumero, sembra rifarsi alla vecchia opera di George Barton, The Origin and development of Babylonian writing, risalente addirittura al 1913, attualmente obsoleta. Per intenderci, tale opera era stata pubblicata prima che fossero studiati e tradotti la maggior parte dei testi sumeri (la scoperta e l’inizio degli scavi di Uruk, ad esempio, è del 1912). Quando nel 1936, l’archeologo e filologo Adam Falkenstein pubblica Archaische Texte aus Uruk (ATU 1), il geroglifico che Biglino e O’Brien identificano con il suono RU- viene invece identificato col suono Šagan il cui significato è semplicemente fiaschetta, un anfora contenente olio. Questa è l’immagine degli appunti di Adam Falkenstein.
Il simbolo nella seconda immagine fotografica non è per nulla di origine sumerica ma di origine cartiginea risalte al III secondo A.C. quindi ben che vada si tratta di civiltà distante almeno 1800 anni nel tempo e 3000 km di distanza e non hanno nulla che fare tra di loro. Secondo gli archeologi si tratta in realtà del simbolo della dea della luna e della fertilità cartaginese Tanit, ben conosciuta dagli archeologi e molto diffusa. Quello che viene scambiato per un disco volante rappresenta il sole e la luna crescente.
Riassumendo:
I due simboli: , il disegno stilizzato che Biglino mostra nei sui libri e l’immagine nella fotografia vengono spacciati come se fossero identici, sono in realtà profondamente diversi. un simbolo corrisponde alla dea della fertilità Tanit e l’altro una fiaschetta dell’olio. Entrambi spacciati per lo stesso simbolo e identificato come una navicella aliena. Non è stato Biglino ad elaborare tutto questo, ha attinto da studi di autori della paleastronautica precedenti; in ogni caso chiunque abbia elaborato questi studi non possono essere ricondotti a semplici errori, ma ha vere e proprie frodi ben elaborate con lo scopo di dare delle prove per sostenere la tesi aliena nella Bibbia.