I CARRI VOLANTI NELLE FONTI ROMANE

Quando Biglino commenta a modo suo l’episodio del rapimento di Elia, precedentemente analizzato; per avvalorare la correlazione tra carri volanti e astronavi aliene cita anche delle fonti romane ritenuti da tutti gli storici come attendibili, per esempio Tacito o Giuseppe Flavio. In queste fonti gli autori narrano a un certo punto di aver visto “cose straordinarie”, lampi nel cielo, carri nel cielo, di improvvise entità che si manifestano sulla terra. I sostenitori della teoria dell’antico astronauta fanno utilizzo di queste fonti dando per scontato che si trattano di avvistamenti di astronavi aliene alimentando la solita retorica che le civiltà antiche ci raccontano tutti la stessa storia, della presenza aliena sulla terra, come accadeva nell’antico Israele, così accadeva nell’antica Roma. In realtà queste fonti storiche sono completamente travisate e utilizzate arbitrariamente per sostenere le loro teorie. A smentire queste interpretazioni ci ha pensato il divulgatore storico Roberto Trizio con la consulenza di Lucio Troiani, Professore emerito all’Università di Pavia e Membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. C’è una spiegazione storica, circostanziata di questo aspetto delle fonti. In alcuni articoli degli appassionati della paleastronautica amano citare queste fonti facendoli passare come qualcosa di occultato dal pubblico per nascondere la antica presenza aliena sulla terra. Ma non è così. Non c’è niente di occultato e tutto si può spiegare in maniera storica e accademica. Vediamo due esempi:

  1. S’eran verificati dei prodigi; prodigi che quel popolo, schiavo della superstizione ma avverso alle pratiche religiose, non ha il potere di scongiurare, con sacrifici e preghiere. Si videro in cielo scontri di eserciti e sfolgorio di armi e, per improvviso ardere di nubi, illuminarsi il tempio. S’aprirono di colpo le porte del santuario e fu udita una voce sovrumana annunciare: “Gli dèi se ne vanno!” e intanto s’avvertì un gran movimento, come di esseri che partono. (Tacito, libro V delle storie paragrafo 13)
  • Non molti giorni dopo la festa, il ventuno del mese di Artemisio, apparve una visione miracolosa cui si stenterebbe a prestar fede; e in realtà, io credo che ciò che sto per raccontare potrebbe apparire una favola, se non avesse da una parte il sostegno dei testimoni oculari, dall’altra la conferma delle sventure che seguirono. Prima che il sole tramontasse, si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città. Inoltre, alla festa che si chiama la Pentecoste, i sacerdoti che erano entrati di notte nel tempio interno per celebrarvi i soliti riti riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo, e poi un insieme di voci che dicevano: “Da questo luogo noi ce ne andiamo”. (Giuseppe Flavio, Guerre Giudaiche Paragrafo 296-299)

Come prima cosa dobbiamo introdurre la mentalità dell’epoca. Le religioni pagane si aspettavano quotidianamente dei segni particolari dove gli dèi esprimevano il loro volere. Potevano essere segni dal cielo, dalle stelle o dalle viscere degli animali. Il cristianesimo non ricerca in continuazione segnali misteriosi per interpretare la volontà di Dio, questa è un peculiarità delle religioni antiche. Detto questo, bisogna sapere che nell’antica Roma esisteva un genere letterario chiamato “paradossografia”. Si trattava di un genere che ai nostri giorni si potrebbe paragonare al genere fantasy. Consisteva nell’introduzione di “paradossi” cose straordinarie, elementi inventati, studiato per essere letti davanti a un pubblico poco colto che serviva a suggestionare, ad emozionare, a fare sognare, o addirittura spaventarsi, a dare maggiore pathos in certi momenti salienti dei racconti, come in questi casi, i momenti più decisi delle battaglie. Come potrebbe essere la presa della città di Gerusalemme nel 70 DC a opera di Tito. Un evento di proporzioni titaniche, si pensava che Gerusalemme fosse una città imprendibile a motivo delle sue imponenti fortificazioni. Proprio nel momento in cui durante la guerra finiscono gli animali per i sacrifici, lo storico Giuseppe Flavio mise un elemento paradossografico per dire che il Dio degli ebrei aveva lasciato il suo popolo. C’erano diversi autori che si fanno interpreti di questo genere, come Palefato, Callimaco o Antigono di Caristo che sistematicamente scrivevano solo in genere paradossografico. Troviamo ad esempio, all’interno di questi generi “la Manticora”, un animale con testa umana e altre parti del corpo di diversi animali, troviamo anche ambientazioni da sogno, segnali soprannaturali del cielo e altri elementi che sono evidentemente delle invenzioni fantasy. In un certo senso potrebbe anche essere simili alla nostra fantascienza, dove vengono presi elementi o concetti scientifici reali e ci si aggiunge anche molti elementi di fantasia anche se completamente irrealistici. Anche in questo caso non è rivolto agli scienziati, ma a un pubblico che vuole emozionarsi e sognare. Così anche la paradossografica funzionava all’epoca allo stesso modo. Un fan della paleastronautica potrebbe pensare che i romani non sapendo come descrivere un astronave l’hanno chiamato “carro di guerra”. Questa teoria non regge: Gli autori in altri scritti descrivono dei carri da guerra trainati da cavalli e guidati da uomini con spade sfolgoranti; tutte descrizioni molte dettagliate che non possono essere confuse con un astronave aliena. Se i romani avessero veramente visto una navicella volante l’avrebbe chiamata “CLIPEO” ovvero scudi, aggiungendo caratteristiche tipiche di un eventuale navicella spaziale. I carri da guerra nel cielo non sono assolutamente la prova di avvistamenti UFO, ma sono elementi usati nel mondo del genere letterario paradossografico.

LE VISIONI DI ZACCARIA

Di Zaccaria si parla nel libro della Bibbia che porta il suo nome. Fu profeta nell’epoca post esiliale (Circa 520 a.c.). Gli esuli, tornati fiduciosi da Babilonia, vivono un momento di scoraggiamento, dovuto ad alcune difficoltà di integrazione nella comunità giudaica e nel senso di delusione che ne consegue. In questo contesto difficile Zaccaria interviene per garantire che Dio realizzerà i desideri messianici, a condizione che tutti si diano da fare nel condurre una vita fondata sull’integrità morale, la ricostruzione del tempio per il ripristino delle liturgie religiose, segno della presenza di Dio e infine una giustizia sociale etica, nel prendersi cura dei poveri e gli indifesi. Zaccaria di cui il nome significa ”YHWH si è ricordato” svela queste intuizioni di Dio attraverso otto visioni. Saranno proprio alcune di queste visioni ad essere al centro delle nostre analisi. Le visioni di Zaccaria, differentemente dalle visioni di Ezechiele che descrivono la scena celeste, sono visioni profetiche molto più brevi, ricolmi di un linguaggio apocalittico denso di simboli e figure da interpretare. Non vanno mai intese come qualcosa di concreto che Zaccaria ha visto. Come potremo vedere in seguito, una chiave di lettura materialistica risulta insensata. Dio può servirsi anche di sogni o visioni per parlare con i suoi profeti. Il motivo per cui non usa sempre un linguaggio chiaro e preciso è quello di stimolarci a cercarlo maggiormente, meditando sulla visione e pregare per comprendere la giusta interpretazione. Nel caso di Zaccaria durante le visioni era anche presente un angelo del Signore come ausilio per comprendere la visione. Biglino prende tre di queste visioni e senza citarle per intero, costruisce una sua parafrasi dando ad esse una chiave di lettura ufologica. Ora, citando per intero le visioni, dimostreremo che queste interpretazioni sono completamente fuori luogo.

IL CILINDRO VOLANTE:

Siamo al capitolo 5 di Zaccaria. Biglino spiega nel suo libro che a un certo punto Zaccaria vede arrivare un MEGHILLAH, che Biglino lo interpreta come cilindro. Zaccaria nota le sue grandi dimensioni: lungo 10 metri e largo 5. Che cosa era questo oggetto a forma cilindrica di quelle dimensioni, se non una relativamente piccola navicella aliena! Ora vediamo il testo Biblico per intero considerando il grassetto le parti citate da Biglino e in sottolineato le parole in cui ci soffermeremo per un commento.

TESTO BIBBLICO:

Poi alzai gli occhi e vidi un rotolo (MEGHILLAH) che volava. L’angelo mi domandò: “Che cosa vedi?”. E io: “Vedo un rotolo che vola: è lungo venti cubiti e largo dieci”. Egli soggiunse: “Questa è la maledizione che si diffonde su tutta la terra: ogni ladro sarà scacciato via di qui come quel rotolo; ogni spergiuro sarà scacciato via di qui come quel rotolo. Io scatenerò la maledizione, dice il Signore degli eserciti, in modo che essa penetri nella casa del ladro e nella casa di chi giura il falso nel mio nome; rimarrà in quella casa e la consumerà insieme con le sue travi e le sue pietre”. (Zaccaria 5,1-4).

COMMENTO:

Questa chiave di lettura è basata su fatto che il termine MEGHILLAH  מְגִלָּה, tra i suoi significati compare l’idea di oggetto a forma cilindrica. Consultiamo il dizionario e vediamo se è così.

Da come si può vedere il termine MEGHILLAH si riferisce al rotolo di un libro. La radice GLL richiama a un oggetto di  forma sferica, rotonda, che ruota, gira o si avvolge, come il caso di MEGHILLAH, un rotolo che si avvolge. Specificamente questo termine non indica affatto un oggetto generico di forma cilindrica. La parola ebraica più vicina a un oggetto di forma cilindrica è GALIL che è appunto il termine che è stato scelto nell’ebraico moderno per indicare un cilindro. Nella visione il rotolo indica il testo dell’alleanza scritto su un foglio arrotolato come era nell’usanza ebraica di circa 10×5 metri; misure non casuali, ma corrispondenti a quelle dell’atrio del tempio di Salomone (1Re 6,3). La seconda parte del testo, completamente ignorata da Biglino mostra il significato di questo rotolo. Le parole scritte sul rotolo eliminano coloro che, a causa delle trasgressioni verso Dio e gli uomini, non possono accedere al santuario.

L’EFAH VOLANTE:

Subito dopo la visione del cilindro, ecco comparire un efah volante. L’efah sarebbe un unità di misura corrispondente a 45 litri.  A un certo punto si apre il coperchio, o meglio la botola di questo efah e dentro c’è una donna. Poi altre due donne arrivano in volo e sollevano in aria questo “oggetto”. Zaccaria chiede dove lo stanno portando e gli viene risposto che questo oggetto viene portato nella terra di Scinar ovvero la Mesopotamia, proprio la terra dove secondo i primi studiosi di paleastronautica indicano come luogo dove sono atterrati per la prima volta gli Annunaki; termine usato per indicare gli ELOHIM per i sumeri. Una coincidenza davvero straordinaria tra macchine volanti, esseri che le guidano e la terra da cui provenivano!

TESTO BIBBLICO:

Poi l’angelo che parlava con me si avvicinò e mi disse: “Alza gli occhi e osserva ciò che appare”. E io: “Che cos’è quella?”. Mi rispose: “È un’ efa! che avanza“. Poi soggiunse: “Non hanno occhi che per essa in tutta la terra“. Fu quindi alzato un coperchio di piombo; ecco, dentro all’ efa! vi era una donna. Disse: “Questa è l’empietà!”. Poi la ricacciò dentro l’ efa! e ricoprì l’apertura con il coperchio di piombo. Alzai di nuovo gli occhi per osservare e vidi venire due donne: il vento agitava le loro ali, poiché avevano ali come quelle delle cicogne, e sollevarono l’ efa! fra la terra e il cielo. Domandai all’angelo che parlava con me: “Dove portano l’ efa! costoro?“. Mi rispose: “Vanno nella terra di Sinar, per costruirle una casa. Appena costruita, l’ efa! sarà posta sopra il suo piedistallo”. (Zaccaria 5,5-11).

COMMENTO:

Leggendo il testo completo notiamo che la chiave di lettura che da Biglino presenta delle falle: Fin dall’inizio del testo biblico si parla di efah, un contenitore che veniva usato per il grano, ma dal momento che non può volare autonomamente, Biglino lo chiama semplicemente “oggetto” facendo intendere che Zaccaria anche se parla di efah in realtà vede qualcos’altro. In questo modo però va contro lo stesso testo biblico e suppone qualcosa che non può minimamente provare. Il volume di 45 litri è troppo piccolo per farci passare una donna adulta, quindi non può materialmente avere visto una donna li dentro. Nelle due donne che volano, Biglino omette di dire che hanno ali come quelle delle cicogne, cose che in natura non possono esistere e non può avere visto materialmente. Tenendo conto del testo integrale, comprese tutte le parti che vengono omesse da Biglino si può ricostruire l’interpretazione profetica. La terra di Sinar, ovvero la bassa Mesopotamia, è la terra simbolo dei grandi imperi e della potenza del paganesimo (Genesi 10,10), tra cui spiccava il centro del culto della dea pagana Ishtar. Precedentemente abbiamo analizzato la correlazione tra paganesimo e satanismo, il culto di questa dea, che gran parte del mondo pagano adorava, era basato sull’empietà. La donna dentro l’efah nella visione rappresenta questa dea pagana. Le altre due donne con le ali da cicogna rappresentano entità demoniache gerarchicamente inferiori rispetto al demone scambiato per dio pagano che collaborano con esso. Questa visione è un monito per il popolo d’Israele di allontanarsi dai culti pagani e adorare solo il Signore, Dio d’Israele.

I CARRI VOLANTI:

In Ezechiele 6 troviamo una visione di 4 carri volanti che escono da uno spazio che si trova tra 2 montagne di bronzo, presumibilmente delle torri o rampe di lancio. Escono in direzione dei quattro punti cardinali e fanno un giro di ricognizione per il paese circostante. È curioso che i quattro “oggetti” vengono definiti  “rossastri”, un particolare che ha colpito Zaccaria, forse in riferimento ai riflessi metallici delle astronavi oppure al sistema di propulsione. Per questo punto purtroppo non abbiamo certezze.

TESTO BIBBLICO:

Alzai ancora gli occhi per osservare, ed ecco quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo. Il primo carro aveva cavalli rossi, il secondo cavalli neri, il terzo cavalli bianchi e il quarto cavalli pezzati, screziati. Domandai all’angelo che parlava con me: “Che cosa significano quelli, mio signore?”. E l’angelo: “Sono i quattro venti del cielo che partono dopo essersi presentati al Signore di tutta la terra. I cavalli neri vanno verso la terra del settentrione, seguiti da quelli bianchi; i pezzati invece si dirigono verso la terra del mezzogiorno, quelli screziati escono e fremono di percorrere la terra”. Egli disse loro: “Andate, percorrete la terra”. Essi partirono per percorrere la terra.  Poi mi chiamò e mi disse: “Ecco, quelli che vanno verso la terra del settentrione calmano il mio spirito  quella terra”.(Zaccaria 6,1-8).

COMMENTO:

Da come si può leggere dal testo completo si evince che il significato della visione dei quatto carri sono i quattro venti del cielo che si sono presentati al Signore di tutta la terra (YHWH); Tornando al Salmo 104, un versetto dice: fai dei venti i tuoi messaggeri. Quindi secondo la corrente sapienziale, i venti possono essere usati da Dio come messaggeri e possono presentarsi davanti a Lui. Nonostante questo dettaglio chiarissimo, Biglino continua imperterrito a sostenere che si trattano di quattro navicelle aliene. Non è vero che fanno una  “ricognizione per il paese “, uno va nella terra di settentrione che nel linguaggio biblico corrisponde a Babilonia, e un altro nella terra di mezzogiorno che corrisponde alla terra d’Egitto. Rappresentano le due potenze geopolitiche dell’epoca che spesso hanno incrociato i destini della nazione di Israele. Il fatto che quelli che vanno verso la terra di settentrione “calmano il mio spirito” significa che Babilonia sta per essere distrutta diventando così lo strumento di un’azione duratura dello Spirito di Dio per il rientro degli esuli. L’immagine delle montagne di bronzo si rifà alla cultura mesopotamica, dove i popoli di quella terra immaginavano queste montagne, l’accesso al luogo dove dimoravano i loro dei pagani. Tutte le varie supposizioni che da Biglino sono completamente fantasiose e non hanno nulla che vedere con ciò che compare nel testo biblico, basti pensare il fatto che i cavalli non sono tutti rossi come invece vuole far intendere Biglino nel suo libro.

IL RAPIMENTO DI ELIA

Siamo nel capitolo 2 del secondo libro dei re e troviamo un brano che viene intitolato “il rapimento di Elia”, vedremo che in realtà non si tratta proprio di un rapimento in quanto Elia sapeva bene quello che stava per accadere da lì a poco. Per Biglino gli altri “liberi pensatori” questa scena parla di un rapimento alieno da parte degli ELOHIM nei confronti di Elia, o come amano dire gli ufologi, un episodio di “abdution”. Elia in quel momento si trova in compagnia di Eliseo ed altri 50 discepoli quando all’improvviso mentre parlarono accade qualcosa:

ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. (2re 2,11)

A questo punto chi cerca in tutti i modi di applicare alla Bibbia una lettura in chiave ufologica, in questo versetto trova pane per i suoi denti. Che cosa è questo “carro” se non un astronave aliena che con la sua tecnologia avanzata fa salire Elia tramite un “turbine”. L’autore del testo essendo un uomo proveniente da una cultura arcaica e dunque avendo a disposizione un numero limitato di vocaboli, descrive questa scena come meglio può. Ora con una attenta analisi vedremo di comprendere cosa sia questo carro con i suoi cavalli di fuoco e vedremo che non hanno nulla a che vedere con una fantomatica astronave aliena. Chi applica una lettura della Bibbia in chiave ufologica legge in maniera meccanica le parole e le interpreta secondo il suo modo di vedere, senza tener conto della cultura che ha generato questi versetti. Un filone importante del pensiero sapienziale biblico è costituito dalla riflessione sulla natura e sull’ordine del creato. Alcune composizioni poetiche vedono Dio che usa i grandi elementi della natura a suo piacimento. Un esempio emblematico lo troviamo nel salmo 104, intitolato Inno a Dio Creatore:

Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto, tu che distendi i cieli come una tenda, costruisci sulle acque le tue alte dimore, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri e dei fulmini i tuoi ministri.(V1-V5)

In questo salmo si può notare come l’autore identifichi il carro con le nubi. Per l’autore del salmo Dio usa le nubi come cocchio. Troviamo questo concetto nel primo versetto di Isaia 19, sempre stando in un genere letterario poetico vede il Signore cavalcare una nube.

Ecco, il Signore cavalca una nube leggera ed entra in Egitto.( Isaia19,1)


analogamente le troviamo anche in Salmo 68,34


a colui che cavalca nei cieli, nei cieli eterni.
Ecco, fa sentire la sua voce, una voce potente!

Se si tiene conto del genere letterale sapienziale si può constatare come sia inefficace una traduzione puramente letterale e meccanica. Espongo qui sotto le traduzione interlineare di (2re 2,11).

Quello che si presentò davanti ad Elia ed Eliseo, che poeticamente viene definito “carro”, era una tempesta a forma di uragano, infatti il termine S’ARAH סְעָרָה che troviamo in 2re 2,11 tradotto come “turbine” (Elia salì nel turbine verso il cielo) deriva da una radice che indica “vento di tempesta” o “vento che spazza via”. Nel dizionario alla parola S’ARAH troviamo:

Alla luce dei vari significati di questa parola possiamo affermare che Elia ha avuto a che fare fisicamente con una sorta di tempesta. I cavalli di fuoco corrispondono ai fulmini, infatti in ebraico fuoco e fulmini sono la stessa parola (ESC), i cavalli non si riferiscono alla forma equina, infatti non troviamo un’associazione con il termine DEMUT che indica la forma o l’aspetto, ma si riferisce alla sua velocità, una caratteristica simboleggiata dal cavallo. Non si trattava però di una tempesta naturale passata da lì per caso, ma di una teofania, una manifestazione della presenza di Dio nella forma degli elementi naturali poiché nessuno può vedere la gloria di Dio. Il Dio creatore ha il totale controllo della sua creazione e se vuole può generale un uragano, come viene ribadito in Ezechiele 13,13.

Perciò dice il Signore Dio: Con ira scatenerò un uragano, per la mia collera cadrà una pioggia torrenziale

Il termine tradotto come uragano è: RUACH-S’ARUT רוּחַ-סְעָרוֹת ovvero “vento di tempesta”. È la medesima parola che in 2re 2,11 viene tradotta come turbine, la differenza è che si trova in una struttura grammaticale costrutta insieme alla parola vento (RUACH) e perciò cambia leggermente di sintassi, ma la parola è la stessa. Parola che compare anche a inizio capitolo per indicare quale fine avrebbe fatto Elia:

Quando il Signore stava per far salire  al cielo in un turbine Elia

Il termine tradotto come “far salire” בְּהַעֲלוֹת  più precisamente significa “trascinare su” proprio come farebbe una forte tempesta. Nella teofania sotto forma di tempesta c’era la presenza di Dio, quindi le nubi sono simbolicamente una sorta di mezzo di trasporto, per questo motivo viene definito carro nei generi letterali poetici. Quindi il carro di fuoco (REKEV-ESC ) e il turbine (S’ARAH) sono la stessa cosa, la differenza è che il carro è in forma simbolica poetica e il turbine è più letterale. Questo parallelismo tra letterale e poetico lo ritroviamo nel libro del Siracide capitolo 48 dove in 12 versetti riassume la vita di Elia; nel versetto 9 troviamo:

Tu sei stato assunto in un turbine, su un carro di cavalli di fuoco

Un’altro versetto interessante lo troviamo in Isaia 66, 15


Poiché, ecco, il Signore viene con il fuoco,
i suoi carri sono come un turbine
(SUFAH)

In questo caso troviamo “turbine” tradotto con SUFAH סּוּפָה che significa uragano. Il fatto che Isaia dice che il carro di Dio sia come un uragano sta a significare che non si tratta di un uragano naturale, ma a una manifestazione di Dio nelle sembianze di un uragano, ma era ben distinguibile da un uragano naturale. Con il brano del rapimento di Elia avviene la sua uscita dalla scena terrena; verrà citato ancora nel libro di Malachìa per profetizzare il suo ritorno in chiave figurativa che si realizzerà nel nuovo testamento con Giovanni Battista. La morte nell’immaginario collettivo è visto sempre con una connotazione negativa, ma questo vale per una persona che ha vissuto una vita di peccato senza pentimento, ma per chi come Elia ha fatto la volontà di Dio, ha compiuto la sua missione sulla terra, ha corso la sua corsa, la morte non è nient’altro che un ritorno a casa e non è per nulla negativo. Elia in questa scena muore e torna alla casa del padre. Biglino per rafforzare la sua tesi mette in evidenza la scena successiva al carro di fuoco, che è il tentativo dei 50 discepoli di Elia di andare a cercare il suo corpo e il fatto che non lo trovino è per l’ovvio motivo che è stato rapito dagli ELOHIM. In realtà, da questa scena si conclude tutt’altro. Se avessero tutti assistito a un rapimento di un uomo in un astronave, nessuno avrebbe pensato di avviare le ricerche del suo corpo, se invece vediamo il carro come forte tempesta è comprensibile che abbiano pensato di cercare il suo corpo sbattuto da qualche parte dalla forza del vento (V16-V17).

ELISEO E I CARRI DI FUOCO

I carri di fuoco compaiono una seconda volta sempre nel secondo libro dei re 6,8-23  in un episodio che non compare nei libri di Biglino e vedremo più avanti il perché. In questo avvincente brano il re di Aram, una piccola nazione situata nell’attuale Siria, nei pressi di Damasco cerca in tutti i modi di battere militarmente Israele per impadronirsi dei suoi beni, ma Israele riesce sempre ad anticipare le sue mosse in modo da eludere le sue tattiche militari. A questo punto il re di Aram inizia a pensare che tra i suoi ufficiali dell’esercito si nasconda una spia che fa io doppiogioco con Israele. Convocò quindi tutti i suoi ufficiali ed espose la sua preoccupazione. Uno degli ufficiali rispose: “No, mio signore, nessuno di noi sta facendo la spia, ma Eliseo, profeta d’Israele, riferisce al re d’Israele le parole che tu dici nella tua camera da letto”. Quegli disse: “Andate a scoprire dov’è costui; lo manderò a prendere”. Eliseo ricordo che è l’erede spirituale di Elia. Quante persone ci vogliono per andare a catturale una sola persona, mansueta e disarmata? Basterebbe anche solo una persona, ma il re di Aram vuole andare sul sicuro e manda una moltitudine di uomini. Circonda la cittadina di Doran, dove abitava Eliseo. Il servo di Eliseo è molto turbato dalla vista di questo esercito perché è venuto apposta per catturare Eliseo. Ma Egli rimane tranquillo e dice al suo servo:

Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro”. Eliseo pregò così: “Signore, apri i suoi occhi perché veda”. Il Signore aprì gli occhi del servo, che vide. Ecco, il monte era pieno di cavalli di carri di fuoco intorno a Eliseo.

In questo brano possiamo notare che in questo caso i carri e i cavalli di fuoco, sono sempre delle manifestazioni divine, ma in questo caso a differenza dell’episodio del rapimento di Elia, sono in forma mistica e invisibile agli uomini eccetto Eliseo che ha i doni mistici per vedere anche nello spirito. Il servo di Eliseo riesce a vederli solo dopo che Eliseo aveva pregato Dio affinché gli aprisse gli occhi spirituali. Ma per tutto l’esercito di Aram, rimane invisibile. A questo punto si può comprende il motivo per cui questo brano non compare nei libri di Biglino, i carri di fuoco in questo brano non possono essere ricondotti a un entità concreta e materialistica. Se fosse un astronave non ha senso che solo Eliseo può vederla e il suo servo dopo una preghiera. Chi vuole sapere come va a finire la vicenda può leggersi 2Re,18 in poi.

IL RAZZO EGIZIO:

Biglino nel suo libro “Il libro che cambierà per sempre le vostre idee sulla Bibbia edizione 2012, riporta addirittura un’immagine, a suo dire ritrovata in Sudan, che rappresenterebbe un’astronave aliena 


A tal proposito, scrive un commentatore del forum:

– Biglino scrive: «2150 a.C. Nel Medio Regno egizio (2160-1785 a.C.) viene edificato in Nubia (Sudan) il tempio minerario di Kush, che contiene una raffigurazione di una probabile navicella in volo e quella di un missile a terra con due individui rappresentati di fronte e non vestiti come gli Egizi (paiono avere un abito composto da un solo elemento che ricopre tutto il corpo).

In realtà questo tempio non è situato in Sudan ma in Egitto a Saqqara nella tomba di Nefer. Si tratta di una foto modificata con Photoshop, quindi una vera e propria bufala. Osservando l’immagine originale e quella alterata si può notare come il contorno è identico, ma dove avrebbe dovuto esserci il razzo in realtà è presente tutt’altro.

IMMAGINE MODIFICATA:

IMMAGINE ORIGINALE:

È stato chiesto a Biglino come mai avesse deciso di pubblicare quell’immagine visto che è evidente che era una bufala, egli rispose:

«L’illustrazione da lei citata è riportata in varie pubblicazione e da molti ritenuta vera: in ogni caso nel libro non la accredito, la pubblico citando una delle fonti.

Ma perché citare una fonte per poi non accreditarla? E’ ovvio che a Biglino non interessa l’affidabilità delle fonti, l’importante è che esse tirano acqua al suo mulino. Se si tratta di convincere la gente che i KERUVIM sono astronavi e non esseri celesti anche una immagine modificata al computer può andare bene, sempre confidando che il suoi lettori non andranno mai a fare ricerche per capire se una prova può essere vera o falsa.

L’ASTRONAUTA DI PALENQUE:

Palenque fu una delle città Maya più importanti della storia della civiltà mesoamericana, situato nello stato del Chiapas a sud del Messico, a 3000 metri d’altezza, fu abitata tra il 100 ed il 900 d.C. Al centro di Palenque sorge il Tempio delle Iscrizioni. Sulle pareti esterne del palazzo troviamo grosse lastre di pietra bianca, con decorazioni e geroglifici. All’interno del Tempio delle Iscrizioni è stata rinvenuta dall’archeologo Alberto Ruz Lhuillier, una camera nella quale è conservata la tomba del re. Il coperchio del sarcofago è una lastra funebre spessa 25 centimetri decorata con incisioni raffiguranti del re Pacal. Questa reperto indubbiamente autentico è entrata nella narrazione paleastonautica secondo cui questa immagine rappresenta un uomo che sta guidando un astronave monoposto. Secondo questa narrazione data dai “liberi pensatori” (malgrado non abbiano competenze di archeologia) la struttura a croce sarebbe la fusoliera di un velivolo spaziale, dietro vi sarebbero le fiamme di un reattore acceso e l’ala di deviazione dei gas di propulsione. Pacal avrebbe nelle narici un respiratore, la sua mano destra sarebbe sull’asse di comando e il piede sinistro sull’acceleratore. In realtà i sostenitori di questa tesi osservano la lastra funebre del re Pacal nel verso sbagliato: quello orizzontale. Basta orientare la lastra nel corretto senso verticale per fare chiarezza. Come ha spiegato anche il bravo e preparato archeologo e scrittore italiano Valerio Massimo Manfredi, re Pacal, è a metà strada tra la vita e la morte, in quanto sta cadendo dall’albero della vita verso il mondo dei morti. Sta per essere fagocitato dalle fauci di un serpente, e sotto (e non dietro) di lui c’è la raffigurazione del dio della terra e della morte. La terra che dà la vita e che la toglie è, quindi, una metafora per raffigurare l’ingresso di Pacal al mondo dei morti. In cima all’albero della vita c’è il serpente piumato che rappresenta Itzamnà, il dio creatore, e vicino una pianta di mais, ancora oggi alimento base della cucina centroamericana e Pacal è raffigurato proprio con indosso il gonnellino tipico del dio maya del mais. Sul bordo della lastra funebre è narrata la storia personale di Pacal e del suo regno e non è presente nessun riferimento a mezzi di trasporto volanti. Tutto questo lo trovate nel libro “I Maya”, di Peter Schmidt, Mercedes de la Garza e Enrique Nalda, edito da Bompiani col patrocinio dell’ Instituto Nacional de Antropología e Historia (I.N.A.H.). L’I.N.A.H. è la più qualificata istituzione che si occupa del recupero e conservazione del patrimonio archeologico del Messico e del Mesoamerica in generale. A Palenque non è assolutamente raffigurato alcun astronauta. E’ solo una questione di fonti, che sono quelle a far la differenza fra una pseudoscienza e la scienza autentica.