NEL GIARDINO DELL’EDEN

Oltre a tutta quella narrazione riguardante la creazione dell’uomo, Biglino dà anche la sua versione dei fatti sul famoso episodio di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden. Come tutti sapranno, Dio lascia libertà all’uomo di mangiare di tutti i frutti del giardino dell’eden a accezione dell’albero della conoscenza del bene e del male, che qualora lo mangiasse morirebbe. Entra in gioco il serpente che induce Eva in tentazione affinché mangiasse proprio da quel albero, dicendo che sarebbe stata come Dio, conoscendo il bene e il male. Eva quindi mangiò dall’albero proibito e così anche Adamo fece lo stesso. Il Risultato è la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden. Questo è il racconto in forma molto sintetica. Vediamo ora la versione dei fatti dal punto di vista dei “liberi pensatori”:

INTEPRETAZIONE DI BIGLINO:

Quello che conosciamo come “giardino dell’Eden”, era un laboratorio di ingegneria genetica dove venivano clonati gli uomini con lo scopo di occuparsi della manutenzione dell’area verde. Questi uomini non avrebbero dovuto procreare perché dovevano essere gli ELOHIM ad avere il completo controllo della specie. Entra in scena l’albero della conoscenza del bene e del male. Ci viene detto che Adamo ed Eva hanno mangiato la mela dall’albero della conoscenza del bene e del male e si dice che quando hanno consumato questo frutto, Adamo ed Eva, secondo la tradizione hanno iniziato di distinguere il bene dal male. In questo racconto simbolico, secondo i teologi, Dio ha inserito nel cuore dell’uomo il senso del giusto e dell’ingiusto, di ciò che è bene e ciò che è male, creando una netta distinzione. Ma non è così. Non c’è il concetto della distinzione tra bene e male. Quando gli antichi ebrei volevano introdurre il concetto della distinzione usavano una terminologia precisa: BEN UVEN, come ad esempio distinguere da una mela e una pera. Qui questa espressione non c’è. Inoltre vien usato il verbo IADA, conoscere, che nel linguaggio biblico è differente dal conoscere come lo intendiamo noi. Il conoscere biblico è quando un uomo conosce una donna tramite un rapporto sessuale, ovvero una sperimentazione fisica e diretta. Nel brano in questione si esprime un concetto ben preciso: Adamo ed Eva cominceranno ad sperimentale il bene e male intesi come concreti. Il termine RA tradotto come “male” non ha nulla a che vedere con il concetto astratto di male, ma indica la fisiopatologia del corpo umano. Questo brano ci dice che Adamo e Eva sperimentando la possibilità di procreare, si sono accorti di diventare autosufficienti rispetto agli ELOHIM, che fino a quel momento avevano il controllo della nascita degli uomini all’interno del laboratorio, da quel momento gli ELOHIM decidono di cacciare Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden e sperimenteranno, ovvero conosceranno in senso biblico, gli aspetti del positivi, il bene e gli aspetti negativi, ovvero il male della vostra nuova vita. Aspetti entrambi concreti e nulla a che vedere con concetti morali, come il giusto e l’ingiusto o il distinguere il bene dal male. Fu il NAHASH, il serpente a convincere Eva a mangiare il frutto ovvero ad avere un rapporto sessuale con lui, egli infatti era uno degli ELOHIM dedito alla gestione del laboratorio, ma di una faida interna dissidente rispetto ai capi. Egli infatti desiderava che l’uomo potesse provvedere a se stesso riguardo la sua riproduzione. Dopo di che, Eva avendo scoperto il sesso replicò la stessa esperienza con Adamo.

GIARDINO DELL’EDEN UN LABORATORIO?

Il fatto di identificare il giardino dell’Eden un laboratorio dipende dalle convinzioni smontate in precedenza, ovvero che l’uomo è stato “fabbricato” mediante ingegneria genetica. Ma nella descrizione dell’Eden non c’è niente che può far pensare a un laboratorio, oltre alla vegetazione e i quattro fiumi non ci sono descritti degli edifici artificiali e questo è un problema per chi vuol pensare che sia una laboratorio. Il giardino era inoltre recintato e la sua estensione era enorme; Qualche traccia archeologica sarebbe dovuta rimanere di questo recinto che di fatto non c’è. Il NACHASH נָּחָשׁ inoltre non poteva essere uno dei tanti ELOHIM. Vediamo cosa dice la scrittura riguardo questo soggetto: [1]


Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto (Genesi 3,1).

Dalla traduzione interlineare vediamo che il NACHASH è il più astuto dei “CHAYATH”. Questo è un vocabolo già analizzato in precedenza, ma in questo versetto lo troviamo nella forma costrutta in quanto è collegato alla parola MICOL, da tutto. La forma base è CHAYACH con il significato di “vivente”. Questo comprende non solo gli animali, ma anche le entità celesti. Infatti, da come sappiamo dalla teologia il NACHASH non è un serpente parlante, ma è satana. Viene chiamato “serpente” come pseudonimo dispregiativo. La parola SADEH indica un territorio limitato, in questo caso si potrebbe tradurre con l’espressione “in questo luogo”. In alcune traduzioni questa parola non figura nella traduzione italiana. Ma la parte del versetto che ci balza più all’occhio è quando dice che questo NACHASH dunque è una creatura, scritto espressamente fatta (ASAH) ovvero creata da YHWH, e non può dunque essere uno dei tanti ELOHIM al pari di YHWH, che di fatto è una pura invenzione. Ma una sua creatura, in quanto, Lui è il creatore di tutto. Se poi gli ELOHIM non avessero voluto che gli uomini procreassero autonomamente sarebbe stato sufficiente renderli sterili. È anche piuttosto ridicolo pensare che è stato necessario qualcuno per insegnare loro l’esistenza di compiere rapporti sessuali. Agli animali nessuno gli insegna questo, eppure lo fanno lo stesso. L’uomo che è molto più intelligente non avrebbe avuto sicuramente bisogno di insegnarli questo. A parte ogni possibile ragionamento che vada in contraddizione con la versione dei “liberi pensatori”, va anche in contrasto con la stessa scrittura. In Genesi 1 troviamo:

Dio li benedisse e Dio disse loro: <<Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela>> (Genesi 1,28)

Quindi la procreazione era qualcosa di scontata e incentivata da Dio per riempire la terra e non un tabù celato e proibito.

LE PAROLE:   RA  רַע  –  IADA  יָדַע

Quindi secondo l’interpretazione di Biglino, la cacciata di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden implica che da quel momento dovranno sperimentare, vivere, una vita diversa dalla vita all’interno del giardino e avranno degli svantaggi, gli aspetti negativi e dei vantaggi, gli aspetti positivi. Quali sono gli aspetti negativi? Per Adamo la fatica di approvvigionare del cibo per se stesso e Eva. Per lei il dover partorire e di conseguenza soffrire dei dolori del parto. Gli aspetti positivi invece? Non c’è ne sono. La scrittura parla solo di aspetti negativi. Allora perché secondo questa interpretazione alternativa ci sarebbero dovuti essere anche degli aspetti positivi? Nella conclusione narrata vediamo che qualcosa non torna. Uno dei punti più importanti del ragionamento di Biglino è che la parola tradotta con “male” ovvero RA, non indica un concetto morale ma un dolore o fatica fisica. Non ci resta che consultare il dizionario per verificare se è effettivamente così. Alla parola RA troviamo questo:

Vediamo che è presente una lunga lista di possibili significati tra cui anche dolore e infermità che rientra nella sfera fisica, ma troviamo anche significati come malvagità, perversione, perfidia, malignità che invece esprimono concetti morali. La parola RA è spesso accompagnata a TOV ovvero bene di cui Biglino non fa menzione e ha valore polare e in antitesi con RA, nel dizionario una lunga serie di esempi in cui è presente questi due vocaboli insieme. Citerò un esempio:

Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso? (1Re 3,9)

In questo versetto il re Salomone chiede a Dio la sapienza per distinguere il bene e il male con lo scopo di governare il regno con giustizia e saggezza. Vediamo come le parole bene (TOV) e male (RA) non indicano qualcosa di fisico, ma bensì un concetto morale di bene e male.

Si può concludere che la parola RA indica il male in senso generale e può cambiare a seconda del contesto, ma nella maggior parte dei casi indica concetti della sfera morale. Nel caso dell’albero della conoscenza del bene e del male non c’è nulla che possa essere ricondotto a un male di tipo fisico, basterebbe solo questo per far crollare la narrazione alternativa dei liberi pensatori.

La seconda più importante parola che Biglino mette in discussione è il verbo IADA. Secondo Biglino non significa conoscere come lo intendiamo noi, ma vivere un’esperienza. Si usa anche per indicare un rapporto sessuale in una coppia quando appunto le due persone “si conoscono”. Questa è una chiave che sostiene la narrazione alternativa di Biglino. Infine, nel passo della genesi dove si parla dell’albero della conoscenza del bene e del male, è completamente assente il concetto di distinzione tra il bene e il male, in quanto mancherebbe la struttura grammaticale che viene sempre usata per indicare una distinzione tra due parti. Che cosa significa questo? La struttura grammaticale è BEN UVEN. Per capirci se in italiano diciamo la frase: << distinguere tra una mela e una pera>>, vediamo che come struttura ci sono le parole “tra” e “e una”. La stessa cosa vale anche per l’ebraico con BEN al posto di “tra” e UBEN al posto di “e una”. Se andiamo a consultare il dizionario alla voce IADA troviamo che questo verbo è assai più complicato di quanto si pensi. Ci sono infatti ben tre pagine di definizione, spiegando tutte le mille sfaccettature di questo vocabolo. Biglino ne fa una spiegazione semplicistica orientata a sostenere la sua tesi. La parola IADA da dizionario ha molteplici varianti e sfumature, distinguibili di solito in base al contesto. L’acquisizione della conoscenza può essere differenziata a seconda del processo, può essere tramite un esperienza, una apprendistato; ma anche un’informazione. Nella sottovoce dell’acquisizione della conoscenza troviamo: Percepire, osservare, notare, accorgersi, fare attenzione a, rendersi conto di, venire a sapere, accorgersi, sentire. Può anche avere il significato di distinguere, discernere; con complemento polare talvolta reso con la struttura BEN UVEN וּבֵן בֵּין; ripeto: talvolta e non sempre. Quindi viene usata spesso, ma non è una regola fondamentale, infatti ci sono diversi versetti dove la parola IADA è tradotta con “distinguere” e la struttura BEN UVEN è assente. Ne vediamo qui sotto tre esempi, in questi casi i termini IADA si trovano sotto forma di tre coniugazioni diverse (IADU, NEDA, HAEDA): Tra parentesi la versione ebraica della parte sottolineata.

Deuteronomio 1,39

… i vostri bambini, dei quali avevate detto che sarebbero divenuti oggetto di preda, e i vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, essi vi entreranno (LO IADU HAOM TOV VARA   לֹא-יָדְעוּ הַיּוֹם טוֹב וָרָע).

 Deuteronomio 18,21

Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo (o distingueremo) la parola che il Signore non ha detto?”. (NEDA  נֵדַע).

 2Samuele 19,36

Io ora ho ottant’anni; posso forse ancora distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo? (HAEDA BEN TOV LERA    הַאֵדַע בֵּין-טוֹב לְרָע).

Il concetto del distinguere non è dato solo dalla grammatica, ma si può supporre di conseguenza. Se una persona conosce i numeri pari e dispari di conseguenza è in grado di distinguere che il 6 è pari e il 9 è dispari. Quando conosci due elementi opposti di conseguenza sei in grado di distinguerli, senza l’ausilio di strutture grammaticali. Quindi la conoscenza del bene e dal male non è solo una questione di esperienza, ma può essere intesa come informazione immediata e se le conosci di conseguenza le sai distinguere. Per quanto riguarda il riferimento al quale Biglino indica la parola IADA come rapporto sessuale è da applicare solo quando è presente un soggetto maschile, IADA e un soggetto femminile, solo in quel contesto, la conoscenza si intende vivere una esperienza di coppia e il sesso è una conseguenza. Un esempio lo troviamo in Genesi 4,1:

Adamo conobbe (IADA) Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino

Il fatto che compare solo nel capitolo 4 e quindi dopo tutto l’episodio del giardino dell’eden, indica che solo dopo la cacciata dal giardino che Adamo ed Eva hanno avuto un rapporto carnale. Questo sconfessa il fatto che nel giardino abbiano avuti rapporti sessuali, perché se fossero avvenuti si sarebbe scritto chiaramente. Anche tutta storia dei due alberi non ci sarebbero dovuti essere se la narrazione ufologica fosse vera. Gli autori avrebbero impostato la vicenda in maniera completamente diversa senza bisogno di alberi della conoscenza del bene e dal male; ma avrebbero chiaramente descritto ogni azione con molta più chiarezza.

L’ALBERO DELLA CONOSCENZA DEL BENE E DEL MALE

Per comprendere questo testo bisogna entrare nella mentalità dell’autore biblico, una persona che sicuramente frequentatore di circoli sapienziali, una sorta di filosofo ebraico che scrive questi capitoli imprimendoli di tematiche sapienziali. Leggere questi capitoli in maniera meccanica senza tener conto della cultura dell’autore risulterà una lettura completamente fuorviante. Per comprendere cosa significa l’albero della conoscenza del bene e del male bisogna considerare anzitutto l’altro albero presente nel giardino, l’albero della Vita: quest’albero è in rapporto col dilemma “vita o morte”; poterne usufruire significa per Adamo ed Eva vivere, altrimenti morire. In altre parole, la vita dell’uomo dipende anche da un suo atteggiamento consapevole e responsabile, dall’impiego della sua libertà. L’Albero della Conoscenza a fianco dell’Albero della Vita è un riferimento all’uso della libertà umana, è l’ago della bilancia della riuscita del destino dell’uomo. Come bisogna comportarsi in modo da realizzare pienamente la propria vita evitando le insidie della morte? Questa è la tematica sapienziale che sta dietro a tutta la vicenda. L’autore del racconto sa, con tutta la tradizione biblica, che la vita è un dono di Dio. Essa allora può dirsi riuscita se condotta alla diretta dipendenza di Dio, avendo ben chiaro e presente ciò che la sua sapienza creatrice ha stabilito come costitutivo del bene e del male dell’uomo. L’albero della conoscenza del bene e del male ha il significato di insegnare come si vive alle dipendenze di Dio per ottenere e raggiungere la piena realizzazione della propria esistenza. L’uomo che sceglie di vivere una vita lontana da Dio è simile ad Adamo e Eva che scegliendo l’albero del bene e del male scelgono di voler loro distinguere il bene e il male. Quando l’uomo fa questa scelta combina disastri perché è Dio che con la sua sapienza a stabilire quel che è il giusto e quel che è sbagliato. I profeti rinfacciano a Israele proprio questo: l’aver agito male cambiando il bene in male e il male in bene (Amos 5,14-15; Isaia 5,20-21). In questa maniera il popolo di Dio non ha fatto altro che rigettare la legge di YHWH. Israele non si è lasciato guidare da YHWH, e questa è la radice del suo male. Ha pervertito la nozione del bene, così come glielo indicava la parola del Signore. Ha cercato un suo bene. S’è reso autonomo da Dio.

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