IL PENTIMENTO E IL PERDONO

  • Un dono fatto in segreto calma la collera, un regalo di nascosto placa il furore violento (PR 21,14)
  • Un fratello offeso è più inespugnabile d’una roccaforte, le liti sono come sbarre in un castello (PR 18,19)

Quando la controversia non si risolve; si vedranno manifestarsi le conseguenze negative che la mancanza di pace tra due persone porta con sé. Quando una delle due persone in questione non ha uno spirito di perdono, nascerà in lui il rancore verso l’altra persona. Il rancore è una di quelle cose insieme all’invidia che ti distruggono anima e corpo. Dio ci tiene che tra noi abbiamo buoni rapporti, è una delle cose più importanti. Addirittura Gesù dice che prima di fare un’offerta, bisogna andare a far pace con chi si ha un rancore, e poi dopo si farà l’offerta (Matteo 5,23). Questo significa che avere un rancore o una invidia verso un’altra persona interrompe anche il rapporto con Dio, perché non puoi dire di amare Dio e poi odiare il prossimo, questo è quello che fanno i bugiardi e gli ipocriti. Fino a quando una persona avrà rancore, odio e invidia nei confronti di un’altra persona le offerte non saranno gradite e le preghiere non verranno ascoltate. Per eliminare il rancore ci vuole il perdono e il desiderio di rincontrare quella persona che ci ha fatto del male e perdonarla. Per raggiungere la pace anche l’altra persona deve collaborare e chiedere scusa, ma in ogni caso il perdono è come una piccola grazia che si fa all’altra persona. Perdonare non è sempre così facile, specie quando pensiamo che non si possa meritare il nostro perdono. Quando si rincontra la persona con cui abbiamo litigato, è triste pensare ai momenti in cui ci si salutava e si stava in bene insieme, e ora neanche ci si parla più. È come se ci fosse un muro invisibile che impedisce a loro di parlare in maniera serena. Il libro dei proverbi da come suggerimento fare un piccolo regalo per alleggerire il rancore che ha l’altra persona verso di noi, però chi è più vicino a Dio dovrebbe fare il primo passo a prescindere di chi ha ragione. È il perdono che porta al ravvedimento; finché noi nei confronti di una determinata persona continuiamo ad accusarla e attaccarla, questa si metterà sulla difensiva e cercherà di giustificarsi, ma se noi diciamo che la perdoniamo e preghiamo per lei, allora non c’è difesa davanti a questo; si pentirà di quello che ha fatto e sarà di nuovo disposto a tornare in pace con noi. C’è però da tener presente che i primi a beneficiare quando perdoniamo qualcuno, siamo proprio noi. Ci leviamo come da un grosso peso sulla  schiena. Nel Vangelo si parla di quest’argomento nella parabola del debitore in Matteo 18,23-35. Questa parabola inizia con un uomo che ha un enorme debito nei confronti di un re che non essendo in grado di pagarlo, il re ha il diritto di renderlo suo schiavo. Successivamente quell’uomo inizia a supplicare il re di avere pazienza e il debito verrà pagato. A questo punto il re ha compassione di lui che gli condona tutti i debiti. Quest’uomo però dopo aver incontrato una persona che gli doveva una cifra modesta, non è disposto condonargli il debito neanche sotto supplica e ordina che sia imprigionato finché non abbia pagato tutto il suo debito. Per questo sarà punito dal re perché a lui è stato condonato di tutti i suoi debiti, ma anche lui avrebbe dovuto fare lo stesso con il suo debitore. Per questo il re lo tratterà come lui ha trattato il suo debitore. Il perdono che Dio richiede deve essere fatto con il cuore, e le frasi del tipo: << Ti perdono ma non dimentico!>> oppure << se lo rifai chiudo con te >> sono lontani dal perdono che vuole Dio. Non è sempre facile perdonare e la si potrebbe paragonare ad una piccola grazia che si fa all’altra persona, bisogna ricordare che è il Signore che ci può dare la vera grazia, quella della salvezza, ma come potrà darla se noi non perdoniamo gli altri. Il male che gli altri ci possono fare nei nostri confronti è poca cosa rispetto ai peccati che facciamo contro Dio. Quindi più che altro siamo noi ad avere bisogno della grazia di Dio e se perdoniamo gli altri anche Dio ci perdonerà. Se sentiamo di non riuscir a perdonare, chiediamo a Dio la forza di farlo e il Signore ti darà la forza di perdonare ogni male che abbiamo ricevuto, perché se Dio ci comanda di fare qualcosa, ci da anche la forza di farlo. Il Signore ci tratterà nella stessa misura in cui noi trattiamo gli altri. È necessario dunque avere uno spirito di perdono e di misericordia. Soprattutto tra i credenti, perdonandosi a vicenda come Dio ha perdonato voi in Cristo (Efesini 4,32). Il Signore ci perdonerà allo stesso modo in cui noi perdoniamo gli altri. Nella preghiera del Padre Nostro c’è proprio questo principio. “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”; (Marco 6,12) Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. (15). C’è anche un altro riferimento nel Vangelo sul perdono; quando Pietro chiede a Gesù: Quante volte bisogna perdonare una persona? Sette volte? Probabilmente dicendo sette volte, Pietro era andato più in la di quando lui di solito perdonava. Magari pensava che Gesù gli avrebbe risposto: Si, giusto, sette volte, Bravo Pietro, lui ha capito tutto. Invece rispose: Non sette, ma settanta volte sette. Pietro a questo punto sarà rimasto meravigliato della risposta, Quindi 490 volte? In realtà Gesù voleva far capire che non è una questione di numeri, ma una questione di spirito di perdono. Se una persona perdona e allo stesso tempo tenta di correggere le azioni sbagliate degli altri, alla luce della parola di Dio senza dare dei limiti numerici riguardo a quante volte perdonare, allora si riuscirà a dare una buona testimonianza di fede al prossimo. È giusto dare sempre una possibilità di rimediare in questo modo la gente si domanderà come ha fatto a perdonare questa persona? Questa sarà un occasione per testimoniare la propria fede. Chi non ha fede infatti, trova molto difficile perdonare, e spesso non lo fa. Se qualche amico ci ha offeso con parole o azioni, è giusto parlarne, ma senza dirlo in maniera aggressiva o con arroganza. A volte i litigi iniziano quando ci aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa in una determinata situazione e se questo non accade genera rabbia e risentimento, ma è possibile che se questo amico non ha fatto quello che ci si aspettava, c’è qualche motivo dietro di cui non siamo a conoscenza, per questo bisogna sempre dirlo in maniera diplomatica, e vedremo che la pace si ripristinerà presto altrimenti al posto della pace ci sarà un’ulteriore peggioramento della situazione. Il perdono inoltre essendo considerato da Dio un opera buona, come tale deve portare del frutto nella nostra vita. Giovanni battista iniziò il suo ministero battezzando ed esortando al ravvedimento per preparare le genti alla venuta di Gesù e vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: << Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione >> ( Matteo 3,7-8). I farisei avevano preso il battesimo di Giovanni come una semplice purificazione; ma lui li rimprovera dicendo che il perdono è una cosa seria e se qualcuno dichiara di essere ravveduto per qualcosa deve avere delle conseguenze nei confronti di chi ha offeso. Se viene qualcuno da noi dicendo che tempo fa aveva rubato qualcosa a noi e si dice pentito di averlo fatto; allora noi che cosa dovremo rispondergli? Sicuramente bisognerà perdonarlo, ma anche dire: << Bene sono contento che mi chiedi scusa! Fammi però vedere i frutti del tuo ravvedimento; quello che hai rubato restituiscilo >>. Se risponde: << Ah, ma lo rivuoi ancora? >>. Allora non è veramente pentito; almeno non è il tipo di pentimento che richiede la parola di Dio. Anche se quello che ci restituisce non serve più è comunque un modo per sapere se è veramente pentito o meno. Un altro esempio è se  qualcuno ci dice che una volta ci ha diffamato, dicendo in giro cose false su di noi e si dichiara pentito; la nostra risposta potrebbe essere che lo perdoniamo, ma se è veramente pentito dovrebbe smentire quello che ha detto a tutti. Quindi se ci dichiariamo pentiti dovremo di conseguenza cercare di rimediare agli eventuali danni che arrechiamo a qualcuno; per quanto sia possibile. Questo sarà il frutto del nostro ravvedimento, come fece Zaccheo, l’esattore delle tasse che estorceva alle persone molti soldi; dopo la sua conversione dichiarò di restituire ogni maltolto a tutti. Quando perdoniamo non siamo obbligati anche a dare fiducia. Il perdono è una cosa, la fiducia è un’altra. Se qualcuno di cui ci fidiamo ciecamente ha tradito la nostra fiducia, certamente lo perdoneremo, ma non siamo obbligati a dare di nuovo fiducia a questa persona. A meno che pensi che Dio ti chieda di dare di nuovo la fiducia a questa persona perché nel frattempo Dio stesso ha cambiato il suo cuore. Un esempio lo troviamo nel libro degli Atti dove Paolo nel primo viaggio missionario ha con se Bàrnaba e un certo Giovanni detto Marco. Quest’ultimo però a metà viaggio li abbandonò e smise di seguirli.  Più avanti tornarono a Gerusalemme e Paolo iniziò a pianificare il secondo viaggio. Quindi Paolo disse a Bàrnaba: <<Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunciato la parola del Signore, per vedere come stanno>>. Bàrnaba voleva prendere con loro anche Giovanni, detto Marco, ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro, in Panfìlia, e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro. Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s’imbarcò per Cipro. Paolo invece scelse Sila e partì, affidato dai fratelli alla grazia del Signore. (Atti 15,26-40). Paolo quindi anche se in cuor suo aveva sicuramente perdonato questo Marco che per qualche sua debolezza fu spinto ad abbandonarli, non ritenne il caso di avere fiducia in lui, quindi rifiutò di fare il secondo viaggio insieme a questo Marco. Più avanti però troviamo Paolo che parla di questo Marco a Timoteo: Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero (Timoteo 4,11). Marco col tempo crebbe nella fede così che Paolo che inizialmente lo rifiutò per il viaggio missionario ora lo vuole con lui al ministero. Questo ci insegna che noi non siamo obbligati a dare di nuovo fiducia a qualcuno che ci ha deluso, ma in alcuni casi può essere saggio dare una seconda possibilità per rimediare se dimostra di essere cambiato spiritualmente.