CONTRO UNA RELIGIOSITÁ FARISAICA

  • C’è gente che si crede pura, ma non si è lavata della sua lordura (PR 30,12)
  • Il sacrificio dei malvagi è un orrore per il Signore, la preghiera dei buoni gli è gradita( PR 15,8)
  • Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova? (PR 20,6)
  • Chi può dire: << Ho la coscienza pulita, sono puro dal mio peccato >> (PR 20,9)
  • Praticare la giustizia e l’equità per il Signore vale più di un sacrificio (PR 21,3)

Non tutti quelli che dicono di essere credenti e praticanti sono veramente giusti davanti al Signore. Facciamo un passo indietro a andiamo a vedere  nell’antico Israele come gli israeliti si rapportavano con Dio. Nell’antico patto c’erano due elementi fondamentali: La legge e i sacrifici animali. La legge erano tutte le norme che gli israeliti dovevano osservare per essere giusti davanti a Dio e i sacrifici servivano a coprire i peccati degli uomini. Erano stati pensati da Dio come modo per perdonare i peccati che le persone compivano per scarsa conoscenza della legge di Mosè, che era una legge con molti precetti e pochi la conoscevano tutta in maniera approfondita, quindi quando ci si rendeva conto di aver sbagliato si facevano dei sacrifici e i loro peccati rimanevano coperti, come per scaricare sull’animale la condanna che invece lui avrebbe meritato. In questo si basava il patto mosaico che Dio fece con il popolo di Israele.  Ora, la cosa più importante era l’obbedienza alla legge, non i sacrifici. I sacrifici erano per gli errori che si compivano pur rimanendo in un atteggiamento buono verso Dio e verso il prossimo, cercando di amare Dio e il prossimo ed evitare il più possibile di peccare. Invece molti davano maggiore enfasi sui sacrifici e abusavano della possibilità di sacrificare animali. Erano molto pignoli a rispettare la legge di Mosè nel suo aspetto rituale, esteriore, ma trascuravano completamente la cosa più importante, cioè amare il prossimo tuo come te stesso e amare Dio con tutto il cuore. Erano avidi di denaro, superbi e facevano di tutto farsi glorificare dagli altri per il loro culto esteriore, ogni cosa aveva come scopo il farli adulare dalle gente. Poi facevano molti sacrifici pensando che questo potesse coprire il loro atteggiamento malvagio nei confronti degli altri e per questo si sentivano superiori, guardavano tutti dall’alto verso il basso. Queste persone c’erano ai tempi dei profeti, infatti già nell’antico testamento si parla di questo tipo di persone: Poiché questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani (Isaia 29,13).Gesù ai farisei cita questo versetto dichiarando che come gli israeliti di qualche secolo prima avevano questo atteggiamento nei confronti di Dio, così anche per loro vale lo stesso. I farisei erano la setta più rigorosa dell’ebraismo. Ecco queste persone erano molto disprezzare da Gesù definendoli ipocriti perché si fingevano e si credevano buoni ma in realtà erano peggio degli altri, nessuno di loro si sentiva peccatore; i peccatori erano sempre solo gli altri per non parlare di chi non era neanche ebreo. Per loro i non ebrei erano inevitabilmente destinati all’inferno solamente per il fatto che non erano discendenti di Abramo. Contrariamente a come pensavano loro; per Gesù, come dice il Vangelo, essere discendenti di sangue di Abramo e del tutto irrilevante, quello che conta è la discendenza spirituale, ovvero chi ama Dio e lo teme come appunto Abramo fece. Le preghiere dei farisei erano disgustose agli occhi di Dio, non facevano altro che ringraziare di essere così buoni e non come gli altri che erano peccatori, quindi era solamente un vantarsi di se stessi, quando erano ben lontani ad essere giusti. Queste preghiere non venivano assolutamente ascoltate. Gesù riferendosi a loro diceva: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato… Se dunque diceste di essere peccatori e chiedeste perdono non avreste colpa; questo perché il sangue di Gesù purifica ogni peccato se ci si pente. … ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane (Giovanni 9,41). La preghiera di uno che dice abbi pietà di me peccatore, questa invece è ascoltata e la relazione con lui ha inizio. Lo scopo della legge di Mosè non era quella di far sentire giusto l’uomo, ma quello di farlo sentire peccatore e chiedere aiuto a Dio dicendo appunto “abbi pietà di me peccatore”. Ma i farisei per come interpretavano la legge, si sentivano giusti. Gesù però chiarisce il fatto che la legge non era solo un codice rituale, ma soprattutto attitudine spirituale. Il comandamento “non uccidere” non si limitava solo a non uccidere una persona fisicamente, ma chi odia il proprio fratello ha già violato la legge, perché è l’odio l’origine degli omicidi. Se qualcuno dice: quella persona non conta, non vale niente, è una nullità; Egli l’ha già uccisa nel proprio cuore, e questo costituisce peccato. Oppure il comandamento “non commettere adulterio” non era solo tradire la propria moglie tramite un rapporto sessuale con un’altra; ma se guardi un’altra donna e la desideri in cuor tuo, hai già commesso adulterio e quindi violato la legge. Ma i farisei pensavano che non avendo mai ucciso o tradito erano giusti davanti a Dio, quando però odiavano il prossimo e desideravano in cuor loro un’altra donna; questo generava orgoglio, superbia e spirito di giudizio nei confronti del prossimo. Tutto questo perché i farisei avevano stabilito una giustizia fatta di opere rituali e non di principi fondamentali. Paolo era stato un fariseo e per ciò li comprendeva bene. Ha sempre pregato per la loro salvezza. Paolo rende  testimonianza del fatto che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede (Romani 10,2-4). Per questo Gesù disse: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 5,20). Il concetto di giustizia che avevano i farisei era basata unicamente nel praticare la legge in maniera puramente esteriore senza amore e compassione nei confronti del prossimo ed era questo ciò che importa di più a Dio. Ora, la setta dei farisei non esiste più ai giorni nostri, i sacrifici animali non si fanno più,  non sono stati ereditati dai cristiani, perché il sacrificio di Gesù copre già ogni peccato, ora non siamo più sotto il patto mosaico, ma sotto il nuovo patto che si basa sulla grazia mediante la fede in Cristo e il servire Dio secondo lo Spirito Santo. Se abbiamo questa fede Dio fisserà la legge nei nostri cuori come è stato profetizzato nel vecchio testamento: Questa è l’alleanza che io stipulerò dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente e non mi ricorderò più dei loro peccati (Geremia 31,33-34). Però ci sono ancora persone che possono avere atteggiamenti che ricordano un po’ i farisei: avere un culto puramente esteriore senza amare il prossimo, tipico delle persone che vanno anche a messa tutte la domeniche, si confessano, recitano il rosario e fanno ogni pratica rituale e per questo si sentono giusti e perciò hanno un atteggiamento di giudizio nei confronti degli altri, non hanno un minimo senso di umiltà, disprezzano e trattano duramente gli altri chiamandoli peccatori, si vantano per ogni opera buona perché lo scopo non è quello di servire Dio, ma solamente di cercare i complimenti degli altri. È il cosiddetto spirito religioso che colpisce anche molte persone che hanno responsabilità nella chiesa, che predicano bene e razzolano male sfruttando la loro posizione di potere per vantaggi personali e non per glorificare Dio. Pensiamo a una noce che ha un bel guscio, ma quando la rompiamo dentro è marcia; questa noce non vale niente perché conta il contenuto e non il guscio, così vede Dio queste tipo di persone che pur dichiarandosi credenti, e pur sembrando devoti non sono gradite a Dio, anzi, subiranno una condanna più severa (Marco 12,40) rispetto ad un ateo che ha vissuto la sua vita nel peccato. Perché se un ateo che non conosce la parola di Dio pecca, in parte c’è l’attenuante del fatto che non ha mai conosciuto Dio, ma se una persona pur conoscendo la parola di Dio,  fa il contrario di essa, la responsabilità davanti a Dio è maggiore. Dio invece vuole che ci amiamo tutti a vicenda, anche i peccatori vanno amati e perdonati. praticare anche un culto esteriore va bene, ma viene dopo rispetto a seguire il comandamento dell’amore. Bisogna prima cambiare interiormente, nel proprio cuore e dopo dimostrarlo esteriormente. Quindi evitate di sentirvi giusti facendo ogni tanto delle buone opere o frequentando spesso la chiesa. Perché se si fanno tutte queste cose ma non si ha amore per Dio e per il prossimo non serve assolutamente a nulla. Dio guarderà il tuo cuore, la tua purezza d’anima, il rapporto personale che hai con Gesù Cristo. Lasciati dunque trasformare dalla sua parola tramite la sua potenza, Gesù cambierà progressivamente il tuo cuore facendoti diventare sempre più simile a lui. A questo punto le opere si faranno di conseguenza in maniera spontanea e non in maniera forzata. Le opere della carne non  sono accettate davanti a Dio. Se il tuo concetto di giustizia è basato su questo allora sarai nettamente superiore a quello degli scribi e dei farisei e Dio ti accoglierà nel suo regno.

L’ARROGANZA DÌ CREDERE DÌ ESSERE SUPERIORI

  • Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta c’è l’arroganza (PR 16,18)
  • L’orgoglio dell’uomo ne provoca l’umiliazione, l’umile di cuore ottiene onori. (PR 29,23)

Dopo aver in chiaro cosa sia la superbia, facciamo un’ulteriore approfondimento su un frutto della superbia che è l’arroganza. Essa è figlia di una cultura che non vive secondo la parola di Dio, sono le persone che pensano di essere superiori e di saper gestire determinate situazioni meglio di altre, come può essere gestire un negozio o qualsiasi attività commerciale, queste persone si fanno beffe degli altri, si vantano e pensano che se decidessero tutto loro allora le cose andrebbero bene. Un giorno però è possibile che abbiano veramente la possibilità di gestire una situazione autonomamente e senza vincoli e qui che saranno messi alla prova le loro presunte qualità, ma aimè non sempre sono così bravi come pensavano e un volta che prendono il controllo, la situazione precipita e arriva il fallimento. Avranno quindi una vergogna che peserà come un macinio perché tutti si ricorderanno del loro orgoglio e del loro tono di superiorità, la loro totale mancanza di umiltà e il non confidare in Dio ma soltanto in se stesse, la rovina per loro sarà grande. Chi trova una persona di quel tipo non vale neanche la pena arrabbiarsi, bisogna solo compatirlo perché c’è la possibilità che un giorno dovrà smentire tutto quello che dirà, magari avrà talmente orgoglio da scaricare la colpa su altri e non assumersi le proprie responsabilità. Gesù disse: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Matteo 5,3). I poveri in spirito sono le persone umili che sanno di non essere superiori agli altri e che valgono per il fatto che sono figli di Dio e non perché pensano di avere qualità straordinarie che gli altri non hanno. Già agli arbori del cristianesimo in alcune persone c’era questa tentazione di credersi superiori agli altri, per questo donde evitarlo Paolo in una sua epistola suggerisce questo: Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. (Filippesi 2,3-4). Abbiate quindi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù. Quello di essere pronti a mettere da parte quello che siete, per diventare servi degli altri. Non stimando te stesso più di quanto dovresti, ma considerandoti  privilegiato ad essere un servo di Gesù Cristo. Umiliatevi davanti al Signore, ed Egli vi innalzerà (Giacomo 4,10). La persona che teme il Signore e si trova ad affrontare una certa situazione, non deve avere paura, anche se pensa di non riuscire ad affrontarla, con Dio nel cuore, se ti trovi in certe situazioni è possibile che è stato Dio a metterti in quella situazione per compiere una missione e se preghi, e confidi in Lui, tutto quello che farai andrà bene. Tenere sempre in mente la parola di Dio e continuare a cercare la sapienza, solo così si potrà affrontare ogni situazione.

LA SUPERBIA

  • Occhi alteri e cuore superbo, lucerna dei malvagi è il peccato (PR 21,4)
  • Il superbo arrogante si chiama spavaldo, egli agisce nell’eccesso di insolenza (PR 21,24)
  • Non vantarti del domani, perché non sai neppure cosa genera l’oggi (PR 27,1)

La superbia è una delle peggiori condizioni spirituali che un non credente possa avere. Secondo Tommaso d’Aquino il superbo è colui che nutre un amore disordinato per il proprio bene al di sopra di altri beni superiori. Questo amore disordinato provoca un desiderio di voler essere superiore al prossimo e basa la sua propria felicità nel voler pensare che gli altri sono un gradino sotto di lui, perciò ha una visione di se stesso distorta: Invece di vedersi come egli è, si vede come vorrebbe che fosse. Ora analizzeremo quali sono i “frutti” della superbia. Per frutti si intende le conseguenze che porta una persona con un cuore superbo a comportarsi in relazione con il prossimo. I “frutti” della superbia nel linguaggio biblico fanno parte della categoria dei “frutti acerbi” che Dio non gradisce e sono la conseguenza di un cuore malvagio. L’atteggiamento superbo porta ad essere molto competitivo di fronte al prossimo, ad esempio, chi pensa: io devo possedere la macchina più bella, la ragazza più bella, devo avere più degli altri specialmente i beni materiali, ma anche in abilità o capacità intellettive; e quando il superbo vede chi ha meno di lui si sente come una sensazione di forte autostima che si manifesta con l’arroganza e la spavalderia. Se invece incontra qualcuno che ha più qualità o beni materiali rispetto a lui, incomincia a provare un invidia che si può sfociare in violenza o maldicenze e rancore perché pensa che se uno ha più qualità o beni materiali allora è più felice, e questo rode pensare che qualcuno può essere più felice di lui. Il superbo ama vantarsi e ricevere gloria dal mondo, in alcuni casi tende ad attribuirsi qualità che non possiede o le esalta in maniera esagerata, in concreto si manifesta con il pavoneggiare risultati positivi nel rendimento scolastico o lavorativo ben superiori alla realtà oppure inventarsi un presunto successo con il rapporto dell’altro sesso per provocare le invidie o farsi stimare davanti al prossimo.  La superbia porta a un senso di ribellione e trasgressione, avranno dei problemi a prendere gli ordini da qualcuno, specie nel mondo del lavoro (Ved. Pag. 109), porta a un tale egoismo che mette solo lui al centro del mondo e gli altri al suo servizio; per questo sono anche permalosi anche per cose di poco conto, che sono contrarie la sua volontà. La superbia  è anche commettere chiare ingiustizie nei confronti del prossimo senza porvi rimedio o chiedere perdono. Quando è il superbo ad essere danneggiato, serba un rancore permanente nei confronti dell’aggressore. Un’altra caratteristica è il disprezzo nei confronti del prossimo: Considerandosi superiore e gli altri, non rispetta le opinioni altrui e le denigra, così anche per i consigli anche se saggi. Promuove l’ingiuria, perché tende a dare etichette agli altri in base ai propri pregiudizi. Ci sono comunque diversi livelli di superbia, ai livelli massimi avviene quanto appena descritto. La superbia è il peccato che ha commesso satana, il pretendere di essere superiore o come Dio anche se era solo una sua creatura e vediamo le tragiche conseguenze. Ora proviamo ad analizzare come si rapporta una persona superba davanti a Dio. Generalmente la superbia porta all’ateismo per il fatto che la sua vita è basata sull’egoismo e l’egocentrismo e questo non da nessuno spazio a Dio e sceglie di sua volontà di non credere. Per Sant’Agostino, la superbia non è altro che una perversa imitazione di Dio, l’unico al quale si devono la gloria e la riconoscenza per tutto. La superbia infatti porta le persone molto lontane da Dio. Se ad esempio una persona è lontana da Dio perché ha molti vizi ma non è superba, ha comunque più possibilità di pentirsi dei propri peccati e andare a Dio rispetto ad una persona con pochi vizi ma superba. Perché nel primo caso si è lontani da Dio per debolezza carnale e per ignoranza, ma se venisse a conoscenza della verità non è escluso che accetti di seguire il Signore. Mentre nel secondo caso il rifiuto si verifica per il fatto che non si vogliono accettare né Lui né i suoi comandamenti, quindi anche davanti a una predicazione è molto difficile che ne rimane toccato e voglia interessarsi a Dio. Ci sono poi altri casi più rari dove un superbo non si dichiara ateo, ma ammette di credere in Dio. Contrariamente a un vero credente dove concepisce Dio come un padre amorevole, il superbo lo vede come una nonna cieca nei confronti degli errori del nipote; in fondo è un abusatore della misericordia divina che non ha intenzione di sottomettersi a Dio e pretende quindi di fare la sua propria volontà invece della volontà di Dio. Le sue preghiere dunque saranno incentrate nel chiedere qualcosa per soddisfare il suo egoismo, invece di chiedere di avere la forza per fare opere buone per dare gloria a lui. Anche dalla superbia si può guarire, nessun peccato è più grande dell’amore di Dio, dove c’è molto peccato anche la grazia di Dio abbonda; il Signore infatti può perdonare ogni peccato, anche quelli gravi. Solo la bestemmia contro lo Spirito Santo non è possibile perdonare, ovvero il non accettare Gesù come salvatore e non voler ascoltare la sua parola. Solo in quel caso il Signore non può fare nulla, perché Dio ha previsto che c’è una sola via per il quale noi possiamo essere salvati e questa passa per il sacrificio di Gesù in croce. Una persona per guarire dal male spirituale della superbia dovrà passare attraverso una forte esperienza dove lo porterà ad essere costretto a dover abbassare la cresta tramite  qualche episodio che lo porti a sentirsi umiliato in tale maniera da arrivare a capire che lui non è superiore agli altri, e che non è al centro del mondo e gli altri non devono essere sempre al suo sevizio, anzi scoprirà che è lui che ha bisogno del prossimo. Dovrà però anche trovare persone credenti gioiose e felici, con una gran pace nel cuore e una loro testimonianza di fede. Se lui riuscirà a percepire quella gioia che non deriva dall’avere cose materiali, ma da qualcosa che lui non conosce e anche lui vorrebbe, allora c’è la possibilità che si possa avvicinare alla fede. Anche i credenti purtroppo non sono immuni alla superbia; ci sono dei casi dove una persona che ama molto il Signore e ha iniziato a compiere opere grandiose per lui, sia tentato dalla superbia da satana. Il diavolo è sempre dietro l’angolo pronto ad attaccarci, e può avvenire che questa persona inizi a montarsi un po’ la testa e si insuperbisca, vantandosi e glorificandosi di fronte agli altri dicendo: << Guardate cosa riesco a fare, quante opere buone compio, e voi invece siete una nullità e non siete di grado di fare nulla >>. Avendo questo atteggiamento perde il cuore che il Signore vuole che abbiamo, riducendosi solo più a un religioso e non potrà più essere usato dal Signore per il regno di Dio. Anche in quei casi è possibile che torni sulla retta via, ma dovrà passare per delle sofferenze e fallimenti prima di tornare ad essere un credente giusto. Nel Vangelo abbiamo l’esempio di Paolo che il Signore lo ha usato in maniera molto potente per evangelizzare al mondo, riusciva a compiere gli stessi miracoli di guarigione di Gesù, ma con tutta quella potenza che il Signore gli aveva concesso iniziò a nutrire sentimenti di superbia, così il Signore permise che satana gli infliggesse, quello che lui stesso chiama, “una spina nella carne” per far in modo che mantenesse sempre un cuore umile davanti a Dio e che potesse sempre essere usato da lui per glorificarlo. Alcuni studiosi credono che la spina nella carne fosse stata una parziale cecità, ma in ogni caso Paolo pregò più volte di guarire, il Signore però gli mostrò quale scopo aveva questo e gli diede la grazia di sopportare questo male.