DAVANTI ALLE PROVOCAZIONI

  • L’odio suscita litigi, l’amore ricopre ogni colpa (PR 10,12)
  • Chi chiude un occhio causa dolore, chi riprende a viso aperto procura pace (PR 10,10)
  • La persona avveduta prima di agire riflette, lo stolto mette in mostra la sua stupidità (PR 13,16)
  • Il saggio teme e sta lontano dal male, lo stolto invece è impulsivo e si sente sicuro. (PR 14,16)
  • È meglio la pazienza che la forza di un eroe, chi domina se stesso vale più di chi conquista una città (PR 16,32)
  • Lo stolto non ama la prudenza, ma vuole solo far mostra dei suoi sentimenti (PR 18,2)
  • È segno di intelligenza per l’uomo trattenere la collera, ed è sua gloria passare sopra alle offese (PR 19,11)

Il nostro parlare è l’espressione del nostro stato interiore, dei nostri sentimenti . Se non abbiamo la sapienza che viene da Dio non riusciremo a mantenerci in equilibrio; il risultato sarà la mancanza di controllo dai nostri sentimenti, invece che moderarli, ecco che ci facciamo prendere dall’ira. L’autocontrollo è un frutto dello spirito che tutti i credenti dovrebbero avere. Esso ti consente di evitare di fare sciocchezze o cose di cui dovrai chiedere scusa o che non stai veramente pensando. Quando e cosa serve l’autocontrollo? Serve quando riceviamo una provocazione da parte di qualcuno. Purtroppo nel mondo ci sono persone che coltivano odio verso il prossimo, possono compiere molte opere malvagie, come svelare segreti, diffondere calunnie o creare litigi attraverso provocazioni e battute che sanno ferire e dar fastidio. Nella propria vita tutti prima o poi capiterà di trovare una persona che ci provoca, in questo caso come dobbiamo reagire? Partiamo con il caso dell’empio, per capire prima di tutto cosa non fare. Le persone solitamente reagiranno a una provocazione secondo la propria personalità: in maniera aggressiva o passiva. Quando reagisce in maniera aggressiva la prima cosa che fa l’empio è accendersi d’ira senza pensarci troppo e da sfogo a tutta la sua stupidità. La logica sarà quella di cercare di fargliela pagare con la stessa moneta, reagendo quindi male per male sfociando quindi in un litigio. Non si sconfigge il male con un altro male, così non si fa altro che alimentare l’odio. Alcune volte queste persone, per rispondere a un provocazione arrivano anche a commettere veri e propri atti di violenza anche per futili motivi, e questo è un segno di stoltezza. L’ira che sfocia in violenza fisica, dando per esempio uno schiaffo o iniziando un vero e proprio pestaggio avviene quando qualcuno davanti a una provocazione o un atteggiamento irritante non sa cosa rispondere perché probabilmente in quella provocazione c’è anche qualcosa di vero, quindi l’ira non riesce a  sfogarsi tramite le parole. Quindi non potendo sfogare l’ira con il dialogo lo fanno attraverso la violenza. Lo scopo di tutto questo è di cercare di  ottenere rispetto. Magari riuscirà a fargli del male fisico in modo che non provochi più, ma il clima di odio rimane e appena si avrà un momento di debolezza quella persona colpirà più di prima perché intanto l’odio sarà cresciuto. Reagire in maniere passiva è decisamente meglio che in maniera aggressiva, ma non è nemmeno il modo migliore perché chi reagisce in maniera passiva non fa altro che non esternare la proprie emozioni, ma dentro di lui c’è il fuoco del rancore che brucia, anche se non si vede nulla dall’esterno. Questo fuoco si può trasformare in rancore se non ha spirito di perdono, inoltre se il provocatore vede la vittima non reagire attivamente, ma mostra palesemente che sta soffrendo allora sta comunicando che la sua provocazione lo sta toccando e tutto questo potrebbe prenderlo come un divertimento e continuare a provocare. Per questo motivo che in entrambi i casi, la passività e la aggressività non porta a fare la cosa giusta. Il Signore non ci insegna a reagire con la violenza, infatti l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio (Giacomo 1,20), ma nemmeno non fare niente e subire tutto, ma rispondere con il bene al il male ricevuto, in altre parole la politica del porgi l’altra guancia. Il giusto, colui che ha la sapienza e la pace che viene da Dio sarà un uomo prudente e reagirà a sangue freddo nelle situazioni in cui l’empio collerico si lascerebbe trascinare dall’impeto. Egli inoltre è intelligente e sa moderare le proprie parole. È giusto essere mansueti e tolleranti, passare sopra le piccole offese, o piccoli rimproveri se sono fatti a fin di bene, e sarà l’amore verso il prossimo che ci darà la facoltà di farlo, ma davanti a una provocazione fatta da una persona che è palese che prova disprezzo nei nostri confronti non bisogna ignorarlo, ma neanche cedere alla tentazione di fare del male a quella persona, non devi cadere al suo livello e rispondere in maniera aggressiva perché facendo così il bullo inizierà a prenderla come un gioco e continuerà a vessarti. Chi si fa dominare dalla carne agisce così.  Inoltre il tuo cuore si riempirà di rancore e rabbia e ti rovinerà la giornata. Non è facile tirare fuori il meglio di te, quando qualcuno sta facendo di tutto per tirare fuori il peggio. Arriverà il momento in cui dovrai affrontarlo, ma prima bisogna lasciare scivolare fuori la negatività e ricordarti che sei una persona di valore, che sei un figlio di Dio. Sorridi e gioisci in questo. Prega che il Signore ti possa preparare spiritualmente che ogni rancore sia distrutto. Il giusto dovrebbe mettere in disparte quella persona che ha ricevuto l’offesa e con il dialogo si farà capire il motivo del suo disprezzo e digli che tu non provi odio nei suoi confronti, ma gli vorresti bene e saresti disposto ad aiutarlo come puoi, in questo modo capisce che non ti deve considerare un nemico ma un alleato. Quindi davanti a un attacco verbale provocatorio bisogna sempre rispondere con il dialogo e chi è saggio ed è con Dio sa sempre come rispondere per far capire all’altra persona che è lui nel torto e le sue provocazioni non hanno senso, in modo che provi vergogna per quello che ha fatto. Bisogna affrontarlo non con timore e nemmeno con disprezzo, perché non si scaccia il male con il male, ma con la pace di Dio.  In questo modo capirà che le sue parole non ci hanno scalfito e se l’obbiettivo era farci arrabbiare o rattristire allora ha fallito nel suo intento. La pace di Dio è superiore a tutto questo. Il giusto dovrà cercare di discutere sul fatto che tutti si devono rispettare l’uno con l’altro perché tutti siamo come fratelli e dobbiamo avere un buon rapporto con tutti. Il diavolo cercherà di eccitarti all’ira dicendoti che se ti ha mancato di rispetto ti devi vendicare, ma non dobbiamo ascoltare questa voce perché se ci ha mancato di rispetto dovrà vedersela con la giustizia di Dio. Usare anche le armi spirituali, quindi pregare su quella persona che possa capire il messaggio e metterlo in pratica. Anche la persona empia è una vittima perché è uno schiavo di satana e non bisogna odiarla perché Dio anche lo ama lo stesso e lo vorrebbe salvare dalla schiavitù di satana. È fondamentale sempre pregare per quella persona e dagli sempre il perdono. Pregare anche per la sua salvezza e la sua benedizione. Bisogna affrontare ogni questione e capire dove nasce l’odio o il disprezzo e con il dialogo ci si può confrontare e mettersi in pace. Ricordarsi anche che non bisogna lasciare che l’odio ti conquisti perché il mandante è sempre il diavolo ed è con lui che bisogna combattere ed è solo con la parola di Dio che può sconfiggerlo come fece Gesù durante le tentazioni. Il nostro nemico è il diavolo e il suo esercito di demoni che domina quella persona, quindi il nostro combattimento non è contro le persone, ma contro i demoni, per questo fare male alla persona non serve, può servire una punizione con lo scopo di disciplinarla ma bisogna farlo con amore e per volontà che quella persona si salvi e non con spirito di vendetta. È questo che sta il segreto di amare i nemici, perché le persone non sono nemiche, i demoni sono nemici e se proprio vogliamo odiare qualcuno, è satana che bisogna odiare e non prendersela con le vittime. Bisogna riuscire a vedere i peccatori come delle vittime in mano al demonio che le strutta a suo piacimento. Il modo di colpire il diavolo è proprio rispondere con il bene e pregare per quella persona.

ATTEGGIAMENTO NEL LUOGO DI LAVORO

  • La mano pigra rende poveri, la mano operosa arricchisce (PR 10,4)
  • La mano operosa ottiene il comando, quella pigra invece è destinata a servire (PR 12,24)
  • Chi custodisce un fico ne mangia i frutti, chi ha cura del suo padrone ne riceverà onori (PR 27,18)

Molte persone passano gran parte della giornata nel luogo di lavoro e chi è credente e saggio lo è anche in questo contesto. Allo stesso modo anche l’empio continua ad essere malvagio nel luogo di lavoro. Analizzando il comportamento dell’empio nel luogo di lavoro noteremo l’attitudine a vedere gli altri non come compagni, ma come subordinati; si concentrerà più sui difetti degli altri che sulle loro virtù. Sarà arrogante e altezzoso senza fiducia nel confronti dei colleghi; questo lo porterà a rifiutare ogni loro consiglio, anche se è giusto; ed a controllare il lavoro svolto da loro, mentre il proprio è immune ad ogni controllo. L’empio è un ingrato quando viene aiutato; in genere si rifiuta di svolgere compiti “inferiori” rispetto a quelle che pensa che siano le sue competenze.. Gli piace chiedere non per imparare, ma per mettere in difficoltà l’altro; ama obiettare non per aiutare, ma per far valere la propria opinione. In genere tende ad essere precipitoso nelle decisioni, a perdere tempo in questioni insignificanti e a disobbedire ai superiori, e quando è lui il superiore tende a valicare i limiti comandando qualcosa che supera ciò che è dovuto e a sentirsi “intoccabile”. È molto difficile aver a che fare con questo tipo di persone nel luogo di lavoro, ma chi è in Cristo e ha sapienza deve poter dare anche a lui la sua testimonianza. Il cristiano cerca di dare il meglio di se per contribuire al buon funzionamento dell’azienda in cui lavora. Il credente lavora bene, non per farsi vedere bravo davanti ai colleghi e dal datore di lavoro per poi potersi vantare di fronte a tutti, ma lavora come se fosse il Signore il suo datore di lavoro, ogni cosa che fa; lo fa di buon animo come per il Signore. È sbagliato avere delle invidie o uno spirito di competizione con i colleghi e cercare i modi per poterli scavalcare e fare carriera a loro danno. La cosa giusta da fare invece è lavorare con impegno e giustizia. Questo atteggiamento nel lungo termine vedrà i benefici, e la tua ricompensa non mancherà. Farai carriera perché ti sarà riconosciuto il merito del tuo lavoro. Una persona che in un’azienda ci mette d’impegno per ogni cosa che fa, sarà quella che imparerà più degli altri, così che le altre persone verranno sempre a chiedere consigli e la persona saggia aiuta volentieri i colleghi meno esperti a migliorarsi. Questo porterà quella persona a essere scelta per ricoprire a un ruolo di responsabilità e comanderà sugli altri grazie alla conoscenza accumulata, invece chi è pigro sul lavoro e destinato a non fare molta carriera ma rimanere a un livello basso come dipendente in azienda e avere una pessima considerazione rispetto agli altri. Queste persone saranno le prime a essere licenziate nel caso che l’azienda abbia bisogno di diminuire i dipendenti per tagliare le spese. Se si ha commesso un errore, anche in buona fede, è importante assumersi le proprie responsabilità e non scaricare le colpe su altri, anche se nessuno viene sapere della tua colpa, il Signore che tutto vede te ne renderà conto. Un credente dovrebbe anche essere sempre di buon umore, gentile e disponibile e non stressato e con il musone. Questo porta ad avere delle occasioni di testimoniare il Vangelo e parlare di come Dio fa vivere in pace e in serenità. Così bisognerà rispondere quando ti chiederanno il perché nonostante tutti i problemi che si possono verificare sul lavoro si ha sempre un buon atteggiamento con tutti. Non dimenticarsi mai di pregare per il luogo di lavoro e per i colleghi, perché diventi un posto dove tutto funziona e ci si comporti tutti come tra fratelli. È necessario avere sempre un buon rapporto con i colleghi basato sulla collaborazione e la fiducia e mai cedere alle provocazioni, pettegolezzi e maldicenze perché questo rovina l’atmosfera generando tensioni, disprezzo e mancanza di fiducia tra i colleghi e tutto questo rende il luogo di lavoro molto pesante e stressante. Se un giusto incontra nel luogo di lavoro una persona che parla male di tutti o di qualcuno non lo appoggerà, anzi dovrà rimproverarlo dicendo che tutti abbiamo difetti, ma non sta lui giudicare gli altri. Spesso succede che se qualcuno parla male degli altri davanti a te, scoprirai che parlerà anche male di te agli altri. Il fatto di astenersi nel dire maldicenze vale non solo nel rapporto tra colleghi, ma anche nel rapporto tra dipendente e datore di lavoro. Spesso succede che il padrone non sia molto rispettoso con i dipendenti e si accende d’ira per futili motivi, ma non bisogna lasciarsi tentare a parlar male di lui. A volte è possibile che Dio permetta che un credente abbia un padrone con un pessimo carattere perché vuole che impari una lezione, ad esempio quella di essere sempre umili e mai arroganti. Anche i credenti infatti hanno bisogno che Dio li corregga, nessuno è perfetto. Il giusto onora il suo datore di lavoro e se ha un brutto carattere bisogna cercare l’origine di quel comportamento, parlargli e pregare per lui; vedrai che con il tempo cambierà l’atteggiamento che avrà nei confronti dei dipendenti. Il credente che è imprenditore invece è chiamato a rispettare i dipendenti e a dare il giusto compenso; in questo modo anche loro saranno più gratificati nel lavorare in quell’azienda. Infatti anche il giusto imprenditore è consapevole che anche lui ha un padrone nell’altro dei cieli da dover rendere conto. L’imprenditore empio invece cercherà in ogni modo possibile per sfruttare i dipendenti dando uno stipendio basso e tenendoli sempre sotto il ricatto del licenziamento. Trattare le persone in questo modo è considerato un peccato molto grave, come sta scritto: Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra. (Deuteronomio 24,14). Per questo che vien detto: accende l’ira di Dio: Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente (Giacomo 5,4).

CORREZIONE PER I CREDENTI E TESTIMONIANZA PER GLI EMPI

  • Chi corregge lo spavaldo ne riceve disprezzo e chi riprende il malvagio ne riceve oltraggio. Non rimproverare lo spavaldo per non farti odiare; rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato.(PR 9,6-8)
  • Cammina verso la vita chi accetta la correzione, chi trascura il rimprovero si smarrisce(PR 10,17)
  • Povertà e ignominia a chi rifiuta la correzione, chi tiene conto del rimprovero sarà onorato (PR 13,18)
  • In un cuore intelligente risiede la sapienza, ma in mezzo agli stolti verrà riconosciuta? (PR 14,33)
  • Lo spavaldo non vuole essere corretto, egli non va in compagnia dei saggi (PR 15,12)
  • Fa più effetto un rimprovero all’assennato che cento percosse allo stolto (PR 17,10)

Se una persona credente vede un ateo che proferisce parole malvagie o agisce in modo sbagliato e viene ripreso dal credente; reagirà sicuramente in maniera scontrosa e inizierà a prenderlo in antipatia, dunque fa sempre attenzione a come riprendi un peccatore, sarà molto difficile che verrai ascoltato, il libro dei proverbi infatti lo sconsiglia. Anche nel Vangelo c’è un riferimento a proposito: Non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi (Matteo 7,6). Non date mai le vostre perle di saggezza a un peccatore, perché sarete soltanto criticati e giudicati, perché chi è contro Dio, odia anche la Sua parola e ogni saggio consiglio sarà respinto con forza, e sarete metaforicamente calpestati da queste persone. Questo non vale se la persona in questione è rispettosa e vi chiede consiglio, allora in quel caso è meglio consigliare riferendosi alla parola di Dio. È cosa buona e giusta riprendere una persona che teme Dio, per quanto possa essere buona, non è mai perfetta, quindi ci sarà sempre qualcuno che può rimproverarla con lo scopo di correggerla. Se la correzione è saggia, allora il giusto è tenuto a considerarla per potersi migliorare restando sempre in una posizione di umiltà. A volte ci può essere timore nel correggere qualche credente. Si ha paura che possa reagire male e che possa infondere amarezza nel suo cuore o danneggiare la sua autostima. Il libro dell’apocalisse ci da un suggerimento quando si corregge un credente. Il Signore parla alle sette chiese e in una di esse dice: Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le ultime opere sono migliori delle prime. Ma ho da rimproverarti che … (Apocalisse 2,19-20). Il Signore prima parla dei lati positivi e dopo lo rimprovera. Così anche noi prima di riprendere un credente sarebbe meglio fargli presente che lo stimate, dicendo cose buone che lo riguardano e solo dopo lo rimproverai. In questo modo sarà più propenso ad accettare la correzione in modo che ti ascolterà e ti ringrazierà perché sarà per lui come sentire la voce di Dio.  Il non credente invece non accetta la correzione perché ha un carattere insolente e presuntuoso e non tollera che sia corretto in qualcosa, si ritiene giusto così, com’è. Anzi nella sua presunzione è lui che dal suo punto di vista vuole correggere e influenzare negativamente chi è nel giusto, in questo caso non bisogna ascoltare quel consiglio perché è una cosa che viene da male. A un peccatore è più efficace rendere testimonianza comportandosi da veri credenti, ed esser sempre gioiosi e felici, avere sempre buoni atteggiamenti, non cedere alle provocazioni, fare anche attenzione al linguaggio, risolvere le questioni passando dalle buone opere e non rispondendo male con male, infatti i giusti sono chiamati ad essere la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono sulla stanza (Matteo 5,14-15), allo stesso modo un credente deve poter dare una buona testimonianza al non credente affinché possa iniziare a porsi delle domande e osservarti, chissà se un giorno ti chiederà spiegazioni e a quel punto potrai dichiarare la tua fede in Dio che fa vivere in pace. Una pace molto superiore a quella che da il mondo, (Giovanni 14,27) perché quella che da il mondo è basata sulle circostanze mentre quella del credente è basata sulla fede in Cristo. Allora lì sì che sarà efficace e si potrà sperare a un ravvedimento di quella persona. Bisogna fare attenzione a non testimoniare vantandosi dei nostri successi, come se fosse stata la nostra bravura e non la potenza di Dio ad aver operato in noi. Se testimonieremo in questa maniera sbagliata, gonfiandoci di orgoglio, Dio che ci ama e ci vuole correggere, Dirà: Ahi, lezioncina!. La testimonianza va data al momento giusto, con umiltà e dando la gloria a Dio. In alcuni casi può essere anche per chi ha già fede. Tanti anni fa andai con un gruppo della parrocchia in un monastero di clausura a incontrare delle suore di clausura attraverso le grate. Ci aspettavamo di incontrare delle donne tristi e annoiate a causa della vita monotona che facevano. Fummo stupiti nel vedere invece la loro gioia e la grande pace che trasmettevano nel dedicare la vita al Signore con la preghiera, e scoprimmo che in realtà erano molto più felici di noi, nonostante tutta la comodità e la libertà che avevamo. Questo fu una grande testimonianza nei nostri confronti di come è la fede il vero indicatore della felicità e non il possedere cose materiali o condurre una vita carnale. Il credente infatti non è in cerca di queste cose; cerca invece le cose spirituali e si comporta da rappresentate di Dio sulla terra come è stato Gesù che ha rappresentato Dio alla perfezione. Attenzione però a non rappresentare Dio in maniera sbagliata, ma comportati sempre bene in ogni situazione, quando le persone sanno che sei credente allora osserveranno ogni cosa che farai, ad esempio se hai gli stessi vizi che hanno loro o se dici parolacce, come ti comporti davanti a una provocazione. Se sbaglierai qualcosa, ti riprenderanno dicendoti che un credente non dovrebbe comportarsi così; occhio dunque a non dare una cattiva testimonianza agli altri perché questo determinerà un loro giudizio. Se un credente si comporta in maniera sbagliata dando quindi una pessima testimonianza davanti a dei non credenti, c’è il rischio che penseranno e diffonderanno il fatto che essere cristiani non serve a nulla, tutto è inutile. Bisogna lasciarsi guidare da Dio per cambiare i nostri comportamenti sbagliati, abbandonare ogni schiavitù e compiere opere buone in modo da avere un rapporto di comunione e amicizia con Dio e ricevere le benedizioni da poterle anche testimoniare agli altri perché vedano le grandi cose che il Signore fa nella nostra vita e la gioia che si ha ad essere vicini a Dio. Un esempio di cattiva testimonianza la troviamo in un episodio nell’antico testamento quando gli israeliti iniziarono a lamentarsi e mormorare contro Mosè per mancanza di acqua quando erano nel deserto. (Numeri 20,1-13) Mosè stanco e irritato dal vedere la poca fede nel suo popolo pregò Dio ed essi rispose a Mosè di parlare a una grande roccia che era situata li vicino ed essa avrebbe fatto uscire dell’acqua da far bere a tutto il popolo. Così fece Mosè ma al posto di parlare alla roccia, la colpì con il bastone in maniera furiosa, per questo motivo fu ripreso da Dio per il fatto che non lo aveva rappresentato in maniera adeguata, come un Dio d’amore che pensa ai bisogni degli uomini, ma come un Dio severo e adirato. Da tenere presente che Mosè è stato uno dei più grandi profeti dell’antico patto, ma anche loro non erano perfetti, bisogna quindi imparare dai loro errori affinché noi possiamo rappresentare un Dio d’amore che si preoccupa di noi e non un Dio severo pronto a punirci. Ho letto una testimonianza di un ragazzino agnostico che iniziò a frequentare la sala giochi dell’oratorio del suo paese, ma quando il parroco lo vide, dal momento che non andava a Messa lo cacciò subito fuori. Questo è un esempio di una cattiva rappresentazione di Dio. Infatti qual ragazzino diventò ateo. In questi casi un parroco dovrebbe avvicinarsi a chi non frequenta la Chiesa e invitarlo ad entrare cercando di rappresentare un Dio che vuole salvare l’uomo e non condannarlo.