IL BATTESIMO DI GESÚ

Dopo un periodo di vita nascosta a Nazareth, con il battesimo inizia una nuova fase della vita di Gesù: una vita pubblica, che conduce direttamente al centro dell’evento pasquale. In Atti 1,22 e 10,37-38 si vede chiaramente che nella comunità primitiva il battesimo di Gesù è considerato il punto di partenza della sua vita pubblica. Ciò che successe dopo il battesimo, gli evangelisti lo presentano come una scena di rivelazione. Marco lo descrive nel seguente modo:

In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Mc 1,9-11).

I brani evangelici che descrivono il battesimo di Gesù identificano 3 fasi del battesimo:

  1. APERTURA DAL CIELO
  • DISCESA DLLO SPIRITO
  • VOCE DAL CIELO
  1. APERTURA DAL CIELO

Il cielo sta ad indicare sia il luogo della presenza divina, sia la realtà divina stessa; parlare di cielo significa parlare di Dio. In questo caso il battesimo di Gesù è opera divina e frutto di iniziativa divina. Nell’Antico Testamento si parla più volte dell’apertura o chiusura dei cieli. Quando un grande profeta riceve la chiamata per iniziare il suo ministero troviamo “l’apertura dei cieli” vediamo 2 esempi:

Il cinque del quarto mese dell’anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine (Ezechiele 1,1).

Guarda dal cielo e osserva dalla tua dimora santa e gloriosa… Se tu squarciassi i cieli e scendessi ! Davanti a te sussulterebbero i monti (Isaia 63,15.19).

Anche nel battesimo di Gesù non poteva mancare l’apertura del cielo che sta a significare l’inizio dell’attività pubblica di Gesù. È l’esperienza della presenza e dell’intervento di Dio. Gesù appare come un nuovo Mosè che porta a compimento le aspirazioni e le speranze dell’Antico Testamento.

Nell’Antico Testamento, quando lo Spirito scendeva su una persona (o ne prendeva possesso), lo faceva per comunicarle la forza divina, affinché potesse compiere la missione liberatrice a favore del popolo di Dio. Ad esempio il giudice Gedeone (Gdc 6,34), il re Saul (1Sam 10,6), il profeta Eliseo (2Re 2,9). Si sapeva che il Messia avrebbe ricevuto più di tutti gli altri la pienezza dello Spirito di Dio. Nel libro di Isaia ciò viene affermato più volte:

  • Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore (Is 11,2)
  • Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio Spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni (Is 42,1)
  • Lo spirito del Signore Dio è su di me perché mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione ai prigionieri (Is 61,1).

Scendendo su Gesù, lo Spirito lo rivela come pieno del potere di Dio (At 10,38), come il Messia, annunciato dai profeti, che inizia la sua missione liberatrice.

  • VOCE DAL CIELO

Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto (Lc 3,22): così parlò la voce del cielo. Queste parole dicono chiaramente che Gesù non è solo un semplice profeta, ma bensì il Figlio di Dio.  Agli occhi degli apostoli e dei primi cristiani, questo ricorda dei passaggi dell’Antico Testamento, molto importanti e che chiariscono il mistero di Gesù, andiamo per ordine:

In 2Samele 7,14 troviamo la profezia di Natan quando Dio promise a Davide un regno senza fine per un suo discendente

Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio.

In questa parte sottolineata troviamo una metafora si indica la strettissima relazione che si costituisce tra Dio e il re al momento dell’ascesa al trono. Troviamo per la prima volta che questo sovrano che regnerà per sempre sarà il figlio di Dio, si sta parlando proprio del Messia Gesù.

L’espressione: “Figlio di Dio” la troviamo anche nel Salmo 2. In questo salmo regale si esprime la certezza che il Signore sosterrà sempre il suo consacrato, nonostante i mutamenti e le alterne vicende della storia. Tutto ciò in Israele si rendeva visibile nella dinastia davidica, depositaria delle promesse e delle benedizioni messianiche.

Io stesso ho stabilito il mio sovrano sul Sion, mia santa montagna”. Voglio annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. (Salmo 2,6-7)

Dopo la resurrezione gli apostoli scoprirono che queste parole si applicavano molto bene a Gesù: At 13,33 e Eb 1,5.

Gesù in Matteo 22,41-45 sfida i farisei con una domanda. Cita il salmo 110,1 che si ricollega al salmo 2

Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi (Salmo110,1)

Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?”. Nessuno era in grado di rispondergli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo. (Matteo 22,45-46)

Secondo la cultura ebraica un padre non chiamava mai “Signore” un figlio, ma in questo caso il messia è discendente di Davide (vedi 1,19,27); ma Gesù è anche superiore a Davide: che è il suo Signore. I farisei sono in difficoltà perché non credono che il Messia sarebbe stato il figlio di Dio.

SIGNIFICATO DEL BATTESIMO DI GESÚ

Riassumiamo tutto quanto nei seguenti punti:

  • Gesù con il battesimo si manifesta come il Messia atteso.
  • Gesù, con il suo battesimo, dà inizio ad una tappa speciale nella storia della salvezza.
  • Gesù-Messia ha la pienezza dello Spirito di Dio perché è proprio il Figlio di Dio
  • Gesù è inviato da Dio, sarà un Messia con le caratteristiche del Servo di Dio, solidale con i peccatori. Viene mediata l’idea della sottomissione: il servo non agisce in nome proprio, ma in nome di Colui che lo ha mandato. Il figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire… ( Mc 10,45)

Vengono presentate 3 idee:

  • la dignità regale di Gesù   ( Sal 2,7)
  • La natura di figlio di Dio, unico e diletto (Gen 22,2)
  • La missione che deve compiere per Dio e per l’umanità (Is 42,1)

L’episodio del battesimo già contiene in germe l’annuncio della passione di Gesù (Lc 12,50) e della sua resurrezione (Eb 1,13). È il riassunto di tutto il vangelo, della buona notizia della nostra salvezza. È anche una scena dove viene presentata la trinità nella sua interezza, Gesù che viene battezzato, lo Spirito Santo che scende su di lui per rivestirlo di potenza e la voce di Dio che presenta Gesù come Messia. La Santa trinità da inizio alla missione di Cristo che sarà una svolta per la storia della salvezza dell’umanità.

IL MESSAGGIO DI GIOVANNI BATTISTA

In questa parte approfondiremo il messaggio e gli insegnamenti di Giovanni battista per preparare il popolo alla imminente venuta del Messia. L’idea centrale della sua predicazione era la venuta del Messia e la necessità di cambiare vita, un cambio profondo e totale Riporto qui sotto i versetti sulla predicazione di Giovanni, successivamente i relativi commenti:

Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”. (Matteo 3,5-12)

Le folle lo interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto”. Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. (Luca  3,10-14)

vedendo Gesù venire verso di lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele”.
Giovanni testimoniò dicendo: “Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”.
(Giovanni 1,29-34)

Andarono da Giovanni e gli dissero: “Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui”. Giovanni rispose: “Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire”. (Giovanni 3,26-30)


  1. VENUTA DEL MESSIA 

Giovanni insiste nel sottolineare il suo ruolo di testimone: “Dietro di me viene uno che è più forte di me…” (Mc 1,7). Giovanni deve presentare e rendere presente il Messia (Gv 1,15). Giovanni è solamente una voce (Gv 1,23), una lampada che arde (Gv 5,35), che però si spegne quando viene il sole (Lc 1,78), è l’amico dello sposo che gioisce alla voce dello sposo (Gv 3,29). Per questo lui stesso dirà riguardo a Gesù: “Egli deve crescere e io diminuire” (Gv 3,30).  

  • CAMBIO INTERIORE

Nella Bibbia la parola conversione significa cambiare direzione, cioè una decisione profonda e totale. Ogni vero cambio nasce quando c’è una disponibilità ad un cambio interiore. Solo così è possibile un cambio di struttura, cioè quando esiste un cambio di pensare, di sentire e di agire. La conversione è legata alla penitenza, cioè fare passi concreti verso la liberazione.

  • RICONOSCERE CHE SI CAMMINA IN SENTIERI SBAGLIATI

Non ci si può convertire se crediamo che non abbiamo nulla da cambiare. Una delle prime condizioni è l’umiltà, cioè riconoscere la nostra debolezza, i nostri sbagli, cioè la nostra incapacità di salvarci. Questo atteggiamento di superbia, la Bibbia lo chiama peccato. Peccare è smarrire il cammino. È il peccato stesso che si rivolta contro di noi, esso stesso ci condanna

  • PRATICARE LA GIUSTIZIA

“Cosa dobbiamo fare?” domandavano a Giovanni i suoi interlocutori (Lc 3,10). Una domanda intelligente. Non si deve imparare o studiare qualcosa, ma fare qualcosa. Le nostre opere sono la dimostrazione concreta della sincerità della nostra conversione. La risposta di Giovanni era chiara e sintetica: praticare l’amore al prossimo e la giustizia. Egli non invita la gente a lasciare il mondo, ma a ristabilire un ordine giusto. La venuta del Signore richiede un popolo ben disposto.

IL BATTESIMO DI GIOVANNI

Giovanni annunciava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Giovanni eredita il rito del battesimo, ma gli dona un significato nuovo: per la conversione e il perdono dei peccati. Non è solo una purificazione rituale e cultuale, ma era un essere immersi nell’acqua come segno di un cambio interiore e di un cammino di penitenza. Lo stesso Gesù si sottometterà a questo rito, ma con una caratteristica nuova: il dono dello Spirito Santo. Alcuni passaggi dell’Antico Testamento fanno menzione del simbolismo del bagno dell’acqua per significare una purificazione del cuore: Is 1,16; Ez 36,25; Zc 13,1. Dal II secolo a.C. fino all’inizio del IV secolo d.C., in Israele vi era un movimento di battesimo di penitenza appartenente a diverse correnti. Gli esseni erano un gruppo di queste correnti giudaiche. Da questo movimento si distingue la figura di Giovanni a cui i suoi contemporanei diedero il nome di Battista. Per Giovanni si amministrava una sola volta, mentre gli esseni moltiplicavano le abluzioni o bagni con un significato cultuale. Per Giovanni questo battesimo doveva riguardare tutto il popolo e non solo un determinato gruppo. Esso è segno che gli ultimi tempi sono giunti e preannuncia colui che battezza in Spirito Santo e fuoco e compie il giudizio di Dio. Il battesimo di Giovanni era “un battesimo di conversione per la remissione dei peccati” (Mc 1,4). Esso era solo un segno di quello che avrebbe inaugurato Gesù, l’effettiva rinascita a vita nuova.


CONFRONTO SCRITTURE

La predicazione di Giovanni Battista è in continuità con gli insegnamenti dell’antico testamento e del nuovo testamento? Certo che si! Qui sotto il confronto tre scritture con Giovanni Battista e il relativo commento:

Luca 3,8

Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo.

Geremia 7,8-10

Ma voi confidate in parole false, che non giovano: rubare, uccidere, commettere adulterio, giurare il falso, bruciare incenso a Baal, seguire altri dèi che non conoscevate. Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi abomini.

COMMENTO:

Quello che dicono queste scritture, applicato ai giorni nostri è un avvertimento a tutte quelle persone che non si comportano in maniera coerente con le fede che sostengono di professare. Se dunque una persona ha uno stile di vita empio, non rispettando i 10 comandamenti, non sarà certo la sua appartenenza religiosa e la frequentazione delle liturgie a far sì che sia giusto e salvo davanti a Dio.

Luca 3,11

Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto”.

1Giovanni 3,17

Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?

COMMENTO:

Per essere dei cristiani con una condotta coerente è necessario anche compiere opere di misericordia corporali, condividendo così i propri beni il prossimo in difficoltà utilizzando le tue risorse in eccesso. L’amore di Dio stimola la compassione che si traduce in fatti concreti. Chi non compie queste opere non può dire di amare Dio.

Luca 3,13-14

Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”.

Isaia 5,8

Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nella terra.

COMMENTO:

Queste scritture sono un monito contro la corruzione e la bramosia delle cose materiali. Chi è giusto davanti a Dio deve pensare spiritualmente e l’avidità non deve aver spazio nel cuore del credente.

GIOVANNI BATTISTA

La figura di Giovanni Battista, che ci viene presentata dai vangeli, ha lo scopo di introdurre la persona di Gesù e il suo ministero. Giovanni Battista presenta Gesù, di cui ne è il precursore. Il confronto tra i due fa vedere la superiorità di Gesù. Interessante è il parallelo tra le due vicende, soprattutto nel vangelo di Luca: paradossalmente Giovanni Battista, che dovrebbe risultare più grande, lascia il posto a colui che Dio ha inviato, Gesù.

L’ATTESA DEI TEMPI MESSIANICI

Giovanni viene quindi a trovarsi al limite dell’Antico Testamento come profeta che chiude il tempo dell’attesa e introduce il tempo del compimento. La figura di Giovanni è da inserirsi nel contesto dell’attesa messianica e dell’ambiente profetico. I Giudei sapevano che Dio non avrebbe tardato nell’adempiere le sue promesse. Gesù nasce in un periodo storico carico di attese messianiche. I Giudei erano governati da Erode, un re idumeo, quindi straniero, che regnava in accordo con Roma. Molti attendevano un’insurrezione politica guidata da un uomo mandato da Dio. Giovanni, il cui nome significa “Dio è favorevole”, dona una nuova interpretazione della liberazione: un cammino di penitenza. Il suo annuncio, anche se carico di elementi apocalittici e della visione di un Messia segno dell’ira divina, prepara la strada per l’annuncio evangelico: credere e convertirsi al Regno. Nel cantico di Zaccaria sono espresse tutte le attese del popolo giudeo: vi si mescolano le speranze di una liberazione politica e di una salvezza interiore, del cuore. La salvezza, che l’inno di Zaccaria annuncia e che Gesù attuerà, è una salvezza totale

 Giovanni doveva rendere testimonianza e preparare i cuori per l’accoglienza di Gesù attraverso un battesimo/cammino di penitenza. Luca mostra il legame di parentela tra Giovanni e Gesù e come la loro nascita rispondeva allo stesso progetto di Dio in favore degli uomini. Incontriamo fin dall’inizio del vangelo di Luca la figura delle due coppie: Zaccaria-Elisabetta e Giuseppe-Maria.

LA FAMIGLIA DI GIOVANNI BATTISTA:

Giovanni nasce in una famiglia sacerdotale. Il padre Zaccaria e la madre Elisabetta sono considerate delle persone pie e conosciute e come tutte le famiglie sacerdotale hanno la possibilità di amministrare il culto del tempio di Gerusalemme, il centro principale della religiosità ebraica. Proprio in occasione del turno della famiglia di Giovanni, Zaccaria riceve l’annuncio dell’angelo Gabriele. Egli profetizza che sua moglie darà alla luce un bambino che chiameranno Giovanni. Da un punto di vista umano diremo che è la famiglia perfetta per far nascere il Messia, ma le vie di Dio non sono come le vie dell’uomo. Dio non segue i nostri canoni. La reazione di Zaccaria all’annuncio dell’angelo è molto diversa da quella di Maria. Lui dubita pensando che ormai è troppo anziano ed Elisabetta è sterile. Zaccaria per quanto pio non ha una fede così solida da credere anche nelle circostanze avverse. Dio guarda sempre alla fede delle persone e non al ruolo che ricoprono nella società.

GIOVANNI BATTISTA, UN PROFETA ATTESO

Giovanni fu il profeta con il ruolo più importante, da avere l’onore di nascere nello stesso tempo del Messia. Egli assunse lo stile dei profeti dell’Antico Testamento; uno stile già interrotto da più di 350 anni. La Bibbia esalta la suo ruolo annunciando delle profezie per la sua venuta:

Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate (ML 3,1)

Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri (ML 3,23-24)

Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore (IS 40,3-5)

In queste scritture si parla di un messaggero, grande come il profeta Elia e di un tempo di preparazione alla venuta del Messia. Quando Giovanni iniziò a predicare nel nome del Signore, molti si domandarono se lui fosse Elia. C’erano molti motivi per credere che Giovanni Battista fosse Elia, in quanto aveva molti tratti simili, vediamo quali:

  • Ambedue apparirono nella storia come inviati da Dio senza spiegazione previa ( Mc 1,4 e 1Re 17).
  • Il vestito di Giovanni ricordava quello di Elia: vestito di peli e una fascia di pelle (Mt 3,4.11,8 e 2Re 1,8)
  • • Entrambi denunciarono abusi commessi dalle autorità: Per Elia l’ingiustizia di Acab (1Re 21) e per questo fu perseguitato dalla moglie di Acab, Gezabele. Per Giovanni l’adulterio di Erode (Mc 6,18), stava infatti convivendo con la moglie di suo fratello, a causa di ciò, fu perseguitato dalla convivente: Erodiade che lo fece uccidere.
  • Entrambi sottolineavano il giudizio di fuoco di Dio, la sua ira e il bisogno di conversione.

Gesù in Matto 11,14 dice apertamente alla folla che Giovanni Battista era Elia, nel senso che aveva lo zelo coraggioso dell’antico profeta. Non si sta parlando di reincarnazione, di cui la Bibbia lo ritiene una eresia.

In GV 1,12 viene chiesto a Giovanni se lui era “il profeta”, Giovanni risponde di no! Per “profeta” si intende quello annunciato in Deuteronomio 18,15 dove si profetizzata un profeta simile a Mosè che tutti avrebbero dovuto seguire. Questo profeta non è Giovani ma bensì Gesù (AT 3,22)

LA GIOVINEZZA DI GESÚ

LA CIRCONCISIONE:

Il rito della circoncisione è tra i più antichi, risale addirittura nel primo libro della Bibbia (Genesi, 17,10-11). Questo rito di svolge nell’ottavo giorno dopo la nascita dei figli maschi, consisteva nell’asportazione del prepuzio. Gesù fu circonciso come ogni israelita. La circoncisione aveva un triplice significato:

  1. incorporava l’israelita nel popolo di Dio;
    1. conferiva la capacità di dare culto a Dio;
    1. rendeva l’israelita partecipe delle promesse.

Già dall’Antico Testamento alla circoncisione fisica doveva seguire quella del cuore. Il segno nella carne stava a significare la vocazione dell’israelita e la sua alleanza con Dio. Gesù si sottopose a questo rito per sottolineare che lui si fece uguale in tutto all’uomo e che era legato a Dio da un patto di alleanza. In occasione della circoncisione veniva dato il nome al bambino. Il nome indicava la sua identità. “Gesù” ovvero “YESHUA” in ebraico significa “YHWH (Dio) SHUA (salva)”. È il nome dato dall’angelo e sta ad indicare la sua identità e la sua missione di Salvatore.

GESÚ TRA I DOTTORI DELLA LEGGE

Nel vangelo di Luca 2,41-50 troviamo un breve racconto di quando Gesù aveva 12 anni. In occasione della Pasqua la famiglia di Gesù andarono a Gerusalemme per la festa. Durante quei giorni o persero di vista e lo ritrovarono dopo 3 giorni nel tempio che discuteva con i dottori della legge, e nonostante la giovane età tuti si stupiscono delle risposte brillanti che dà. Da cosa apprendiamo da questo brano? Gesù come tutti non ha dovuto imparare tutto da zero, ma non ha frequentato una scuola rabbinica specifica, il suo maestro è stato lo Spirito Santo. Gesù era sempre in comunione con Dio, dal punto che già in giovane età era perfettamente consapevole della sua identità e della sua missione.

GESÚ VERO DIO, VERO UOMO

Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (cfr. Lc 2,52). Questo significa che la vita di Gesù non ebbe assolutamente nulla di speciale durante questo ampio periodo di tempo. Per immaginarci come fu dobbiamo conoscere l’ambiente sociale e culturale di Nazareth di quel tempo, i costumi degli abitanti del posto, ecc. Tutto ciò che si può dire sarà approssimativo, ma sicuramente egli visse come i suoi coetanei. Per indicare la normalità della vita di Gesù, Luca dice che durante questi anni il bambino “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Come tutti gli uomini anche Gesù si sviluppò fisicamente, intellettualmente e spiritualmente con il passar del tempo. Imparò a camminare, parlare, pregare, leggere, volere e lavorare. Imparò anche lui; non nacque sapendo già tutto prima. Anche lui ebbe l’esperienza di scoprire cose nuove. Così come fisicamente cresceva, la sua conoscenza di Dio cresceva. Crebbe in grazia: comprese cosa Dio voleva da lui e qual era la sua vocazione. Gesù essendo vero uomo e vero Dio (unica persona divina con due nature, divina e umana) ebbe sempre la coscienza del suo essere Figlio di Dio e nello stesso tempo maturò progressivamente la sua coscienza umana di ciò che significava e comportava questa figliolanza. La sua vita rimase sottomessa ad un processo di crescita: crebbe il suo corpo, la sua intelligenza, la sua volontà, la sua fede, la sua speranza, ecc. Imparò la dura realtà della vita, la bontà di Dio attraverso l’amore dei suoi e attraverso le Scritture lette nella sinagoga. Gesù visse in un ambiente di povertà e di duro lavoro. In questo ambiente Gesù assimilò le preoccupazioni e le speranze del suo popolo, maturò la sua fede e formò la sua personalità. Gesù era un carpentiere (Mc 6,3) e figlio di un carpentiere (Mt 13,55). In quel tempo le professioni erano ereditarie. I vangeli raccontano alcuni episodi in cui possiamo notare l’entroterra culturale di lavoratore (Mt 7,3-5.26-27 e Lc 14,28) come la trave e la pagliuzza, costruire con fondamenta e fare piani con giusti calcoli. In Gv 5,19-20 Gesù afferma come non può far nulla se non ciò che vede fare dal Padre suo (con molta probabilità è una comparazione presa dalla sua esperienza di artigiano con suo padre Giuseppe) per indicarci il mistero della sua relazione personale con Dio Padre.

I FRATELLI DI GESÚ

Il Nuovo Testamento parla spesso dei fratelli e delle sorelle di Gesù (Mt 12,46-50; 13,55-56; Mc 3,31-35; Lc 8,19-21; Gv 2,12; 7,35; 9-10; At 1,14; 1Cor 9,5; Gal 1,19). Vengono nominati per nome quattro dei suoi fratelli: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda (Mt 13,55; Mc 6,3; 15,40), Di cui Giacomo scrisse una lettera che è stata inserita nel nuovo testamento. Però non si conoscono il numero e i nomi delle sorelle. Secondo il racconto dell’annunciazione Maria non ebbe altri figli prima di Gesù (Lc 1,27) e in quanto si parla di Gesù figlio primogenito. I protestanti fanno largo uso di queste scritture per negare la perpetua verginità di Maria. In realtà, queste scritture non indicano necessariamente che siano nati altri figli in seguito, ma sottolinea la dignità e i diritti del fanciullo. Secondo i dati dei vangeli, essi risultano essere dei parenti. Parlare di fratelli, secondo l’uso nella Bibbia, indica il grado di parentela, non necessariamente fratelli di sangue: quindi si tratta di cugini di Gesù, anche se non si può determinare il grado di parentela. La stessa tradizione ha sempre così creduto: tale è la grandezza del mistero dell’incarnazione che lo stesso buon senso suggerisce tale interpretazione.

I PRIMI ADORATORI DEL MESSIA

Luca mette sulla bocca degli angeli un annuncio che è l’inno tradizionale dei cristiani: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini, che egli ama”. Questo è in sintesi ciò che significa la nascita di Gesù per l’umanità. La “Gloria” di Dio nella Bibbia è la manifestazione della sua autorità, della sua santità. In questo povero bambino, nato povero come molti altri e attorniato da semplici pastori, c’è tutta la gloria di Dio, la sua definitiva rivelazione. Così Dio ha voluto rivelarsi. “Pace” è l’altro significato della nascita di Gesù. Questa parola, in ebraico “shalom”, è ricca di significato, che in greco si può tradurre in 25 modi. Ad esempio essa significa salute, salvezza, allegria, vita felice, armonia con gli altri, vita integra e piena, benessere, prosperità materiale e spirituale per ciascuno e per la comunità. Tutto questo viene ad annunciare il bambino nato in una mangiatoia di Betlemme. Nei vangeli si parla dei primi adoratori del Messia, coloro che sono venuti ad accoglierlo e adorarlo nella mangiatoia. Ossia i pastori e i magi.

I PASTORI

Nel vangelo di Luca (Lc 2,8-20) vengono presentati i pastori come i primi che furono a conoscenza della nascita di Gesù. Oltre a un dato storico, il vangelo vuole trasmetterci un elemento teologico: Nella società dell’epoca i pastori erano considerati poveri e malvisti dalla gente comune e di fatto poco inclusi nella vita religiosa comunitaria. Gesù venne proprio per le persone come loro, per i poveri e per coloro che erano esclusi dalla vita religiosa e pubblica. Per loro sarà il liberatore e il salvatore. Essi rappresentano il popolo disprezzato e povero a cui Gesù annunzierà la buona notizia. Sono i poveri di Dio, che non avevano nulla, se non la speranza che Dio li avrebbe liberati dalla condizione di schiavitù. I poveri accolgono Gesù perché si identifica con loro e a differenza della cultura popolare, Gesù li vede come i primi a ricevere il messaggio di salvezza. Gli angeli sottolineano questo fatto annunciando proprio ai pastori la lieta notizia della nascita del Salvatore.

I MAGI

In Matteo (Mt 2,1-12), invece, si vuole sottolineare l’universalità del messaggio di Gesù, il rifiuto di Israele e l’accoglienza dei pagani con la presenza dei magi, che rappresentano il mondo pagano. I magi provenivano dalle terre lontane d’oriente, probabilmente dall’attuale Iraq o Iran di religione zoroastra. Gesù non è venuto a salvare solo Israele, ma tutti i popoli della terra. Per questo Matteo si ispira alle profezie di Isaia (Is 49,12.22-23 e 60,3-6). Parlando della stella Matteo ricorda un’antica profezia di un pagano, Balaam, figlio di Beor, che annunciava il sorgere di una stella, che avrebbe indicato la venuta di un re (cfr. Nm 24,15-19). Matteo proclama così che Gesù è venuto per tutti, per i vicini e per i lontani (Is 57,19 e Ef 2,14-17).

IL VANGELO DELL’INFANZIA

LUCA – MATTEO

Nascita, infanzia e giovinezza di Gesù sono narrate schematicamente nei vangeli di Matteo e di Luca, mentre Marco e Giovanni non dicono nulla. Entrambi i vangeli fanno riferimento a fonti proprie, rispettivamente la fonte M per Matteo e la fonte L per Luca. Luca e Matteo ci offrono nei primi capitoli dei loro rispettivi vangeli i fatti riguardanti l’infanzia di Gesù. Questo è chiamato il “vangelo dell’infanzia”. Pur essendo narrazioni ricostruite più tardi e secondo degli schemi e intenzioni particolari, anch’esse sono Parola di Dio, Rivelazione. Infatti i vangeli non sono storia biografica, ma storia rivelata. Per questo pur non potendo parlare di resoconti biografici, possiamo parlare di fatti storici. È storia scritta in un genere letterario particolare: genere dell’infanzia. Il vangelo dell’infanzia è un preludio in cui si annunciano e si vedono i segni di colui che è Gesù e della sua missione partendo dalla fede pasquale delle comunità. È da questo punto di partenza che si ricostruisce l’infanzia: gli eventi pasquali fanno luce sull’infanzia di Gesù. Quindi tutto si deve leggere in chiave cristologica e non mariologica. Tutto è in funzione di Cristo. Anche se quello che sappiamo della sua infanzia probabilmente lo dobbiamo a Maria, che è stata la fonte principale, solo le avrebbe potuto raccontare l’episodio l’annunciazione e altri episodio dell’infanzia di Gesù. L’infanzia di Gesù mostra pienamente che cos’è il mistero dell’incarnazione, il fatto che Dio si sia fatto uomo in tutto simile a noi, tranne che nel peccato. Gesù fu un bambino sconosciuto, un giovane normale, cresciuto in un villaggio senza importanza e governato dall’impero romano, come tanti altri suoi coetanei.

PERCHÉ SONO STATI SCRITTI?

Ciò che i vangeli volevano offrire non erano notizie per soddisfare la curiosità, ma rendere esplicito il significato dell’incarnazione e del compimento delle profezie. Gesù fin dall’inizio è il Messia atteso e promesso ed è fin dal concepimento il Figlio di Dio. Alla luce della resurrezione si vede la nascita di Gesù necessariamente come miracolosa: una vergine concepisce per opera dello Spirito Santo. Maria è piena della grazia-benevolenza divina e Giuseppe diventa colui che garantisce la linea davidica. Matteo e Luca rispondono alla domanda “chi è Gesù” e non “cosa fece Gesù da piccolo”: il loro interesse non è biografico, ma di fede. Dai vangeli quindi non possiamo risalire alla vita del bambino Gesù, ma solo a ciò che tocca la vita di fede. I autori evangelici hanno pensato di scrivere riguardo l’infanzia di Gesù in funzione a quello che sarebbe stata la sua missione e la sua identità, facendo capire al lettore che non è una persona come gli altri. L’annunciazione, la nascita verginale di Maria, l’adorazione dei magi sono tutti fatti reali che riconducano alla messianicità di Gesù. Abbiamo solo gli elementi utili a questo, il resto della sua infanzia non ha importanza.

GLI APOCRIFI

Fin dall’inizio la fantasia popolare cercò di riempire il vuoto lasciato dai vangeli. Nacquero così i vangeli apocrifi. Questi vangeli ci parlano di un Gesù come di un bambino prodigio che compiva miracoli per gioco. Queste opere sono considerate apocrife (= nascoste; scritti non riconosciuti dalla Chiesa come canonici, cioè non sono da credere in modo vincolante), cioè non considerate autentiche circa la tradizione della fede delle chiese, pur contenendo anche fatti storici assieme a interpretazioni fantastiche.

NATIVITÀ DI LUCA E MATTEO A CONFRONTO

L’annuncio della nascita di Gesù LC 1,26-38
Nascita di Gesù LC 2,1-21
La visita di Maria ad Elisabetta LC 1,39-56
La presentazione di Gesù al tempio LC 2,22-40
Gesù tra i dottori del tempio LC 2,41-52
LUCA
Nascita di Gesù MT 1,18-25
La visita dei Magi  MT 2,1-12
Fuga in Egitto MT 2,13-15
La strage degli innocenti MT 2,16-18
Il ritorno a Nazareth MT 2,19-23
MATTEO

                                                                                                                              

SITUAZIONE SOCIALE

Gesù nacque e visse in una situazione sociale caratterizzata dalla divisione della popolazione in gruppi sociali. La società del punto di vista economico era suddivisa in: Ricchi, ceto medio e poveri.

  • Ricchi

Un primo gruppo dei ricchi era composto da coloro che governavano. Un secondo dai grandi proprietari terrieri, dai commercianti, dagli uomini politici e d’affari e dagli esattori delle tasse. Un terzo gruppo era formato dall’aristocrazia sacerdotale. Tutti costoro godevano di un trattamento speciale tanto nella vita sociale come in quella cultuale. Erano loro che decidevano le sorti del popolo.

  • Ceto medio

Era costituito da un piccolo gruppo di piccoli proprietari, piccoli commercianti, artigiani specializzati e tutti coloro che vivevano grazie all’accoglienza dei pellegrini e dei commercianti stranieri. Di questo gruppo facevano parte anche i sacerdoti che non appartenevano all’alto clero. Questi vivevano del culto, delle decime e delle offerte del popolo. Anche coloro che erano a capo dei vari settori dei lavori pubblici statali facevano parte di questo ceto medio.

  • I poveri

La maggior parte del popolo giudeo faceva parte del gruppo dei poveri. Di questi erano parte i lavoratori a giornata e gli artigiani delle campagne. Essi conducevano una vita di sussistenza tale che causava denutrizione e malattie. Accanto vi erano anche i lavoratori cittadini dediti alle costruzioni e così pure i piccoli commercianti rurali. È comprensibile quindi come, a causa del continuo impoverimento, abbondavano coloro che chiedevano e vivevano delle elemosine. I leviti e il basso clero poteva essere incluso anche in questa categoria.

COMPORTAMENTI SOCIALI:

Ora vedremo i comportamenti sociali di ogni categoria di cittadino a prescindere dalla condizione economica, come veniva considerata ogni categoria da tutti gli altri:

  • Le donne

La donna era considerata in tutti gli aspetti inferiore all’uomo. Essa era considerata a tutti gli effetti come proprietà dell’uomo. Solitamente essa era tenuta lontana dalla vita pubblica. Anche se nelle campagne essa aveva più libertà, rimaneva sempre sottoposta all’uomo. La mentalità comune era che la donna doveva rimanere in casa e dedicarsi ai compiti casalinghi. La donna sposata chiamava suo marito padrone o signore, cioè lo stesso titolo che lo schiavo dava al suo padrone o il suddito al suo sovrano. Aumentava la sua stima nel caso fosse diventata madre, specialmente madre di figli maschi. Nel matrimonio spettava quasi esclusivamente al marito rompere il legame matrimoniale quando la sposa non incontrava più il suo favore, perché riscontrava in essa qualcosa di vergognoso. In quel caso il marito le dava un documento di separazione e la rimandava a casa dei genitori. Questa emarginazione si riscontrava anche nell’ambiente religioso. Le donne potevano accedere al Tempio solo nel cortile ad esse riservato. Nei loro doveri religiosi erano equiparate agli schiavi: non erano tenute a tutte le obbligazioni della preghiera. A volte la povertà era tale che per pagare i debiti il povero si vedeva costretto a vendere come schiava la propria figlia. Anche se la schiavitù tra i giudei non era frequente, si riscontravano questi casi, favoriti anche dalla poca considerazione per la donna.

  • I bambini

I bambini avevano poca importanza e fino a quando non erano nell’età di comprendere la Legge non avevano parte alla vita sociale. Questo avveniva all’età di tredici anni quando, durante una cerimonia (chiamata Bar mitzvah), il bambino di sesso maschile poteva leggere pubblicamente le Scritture nella sinagoga. Allora diventava adulto

  • I peccatori

I peccatori non erano solo coloro che pubblicamente disobbedivano alla Legge o infrangevano volontariamente o no comandamenti di Dio,  spesso erano persone che esercitavano certe professioni che secondo l’opinione generale, mancavano di dignità come i giocatori d’azzardo, gli usurai, i cambiavalute, gli esattori delle tasse ed i pastori. Di quest’ultimi si sospettava che, per le condizioni del loro lavoro, non rispettassero tutte le prescrizioni rituali. Un lavoro disprezzato era quello di allevare maiali, dato che questi animali erano considerati impuri. Per questo si concentrava nella Transgiordania (ad es. Gadara – Mt 8,28). Questa categoria di persone erano disprezzate ed emarginate dagli altri.

  • I pubblicani

Avevano di una cattiva fama e anch’essi erano emarginati dagli altri. Erano persone del posto che avevano in appalto la riscossione delle tasse per Roma. Esposti alla tentazione di imbrogli e ruberie, sovente riscuotevano più del dovuto sfruttando senza scrupoli l’ignoranza del popolo. Per questo erano considerati disonesti e imbroglioni per eccellenza. Il disprezzo popolare si estendeva anche ai loro familiari. Ad essi si negavano i diritti civili e non era loro consentito di svolgere la funzione di testimoni nei tribunali. Assumere questa professione implicava l’espulsione dal gruppo dei farisei, qualora un pubblicano ne fosse stato membro.

  • I malati

Anche i malati erano considerati con un certo disprezzo. Si pensava che la malattia fosse frutto di un peccato personale o della famiglia. I malati, specialmente coloro che avevano malattie che procuravano impurità, venivano tenuti in disparte. Alcuni, come i lebbrosi, venivano tenuti lontani dalle città e dagli insediamenti umani (cfr. Mt 20,29-34; Lc 17,11-14; Gv 9,1-4).

  • I samaritani

I Samaritani erano considerati eretici e i giudei si mantenevano completamente separati da loro. La separazione cominciò con la divisione del regno di Israele alla morte del re Salomone nel 931 a.C. tra il regno di Israele al Nord con Samaria come capitale, e il regno della Giudea a Sud con capitale Gerusalemme. Tra i due regni c’era una forte rivalità. Quando Samaria cadde in potere degli Assiri (721 a.C.), molti Israeliti furono deportati e al loro posto vennero messi degli stranieri. Ciò contribuì ad un mescolamento etnico e religioso e alla nascita di una religione sincretista. Tuttavia la separazione religiosa tra Giudei e Samaritani si verificò solo dopo l’esilio. I Samaritani avevano il loro tempio sul monte Garizim in opposizione al tempio di Gerusalemme. Quel tempio fu distrutto dai giudei nell’anno 128 a.C. Al tempo di Gesù i Samaritani occupavano una specie di zona intermedia tra il giudaismo e il paganesimo. Essi conservarono la loro fede monoteista, osservavano il sabato e la circoncisione, e accoglievano come libro sacro solo il Pentateuco, nella loro variante samaritana. Il loro unico luogo di culto era il monte Garizim e rifiutavano Gerusalemme quale città sacra. La Samaria era la regione tra la Giudea e la Galilea, perciò poteva succede spesso che un  ebreo galileo dovesse attraversare la Samaria per andare a Gerusalemme per le feste e data la loro inimicizia non volevano avere rapporti e si sceglievano itinerari da evitare di entrare in qualche città samaritana. (cfr. Lc 9,51-56; Lc 10,30-37; Gv 4,4-10).  Era molto inusuale ogni tipo di relazione con i Samaritani, per questo quando Gesù parla alla donna samaritana, lei rimane stranita (Gv 4,9). Anche i samaritani attendevano un Messia che risollevasse la condizione del popolo.

  • Gli schiavi

In tempi di stabilità le famiglie più ricche potevano avere degli schiavi, molti dei quali catturati in guerra. Essi erano trattati bene e la legge ebraica li proteggeva da ogni abuso. Il Nuovo Testamento accettò di fatto la schiavitù perché la società non era ancora pronta per abolirla ( Ef 6,8; Col 3,22; Fm 16), ma enunciò i fondamenti dottrinali, che, alla fine, avrebbero portato all’abolizione della schiavitù ( Gal 3,28). Un ebreo poteva essere ridotto in schiavitù a causa di debiti (Mt 18,25) o per il reato di furto fino a quando avesse saldato il dovuto o anche perché riteneva di godere maggior sicurezza nella casa di un altro che non nella sua. Nell’anno del giubileo lo schiavo poteva ritornare nella sua proprietà di origine, anch’essa resa libera nella stessa circostanza. Solo le fanciulle vendute come schiave rimanevano tali per tutta la vita.

RIFLESSIONI PERSONALI:

Io ho provato a rispondere a queste domande, ma si tratta di opinioni personali, quindi invito tutti a pensarci su e trarre la proprie conclusioni.

Chi sono oggi nella nostra società i malati, i pubblicani e i Samaritani?

  1. I malati: Sono le pesone affette da malettie croniche e debilitanti e possono essere un problema alla partecipazione della vita sociale
  2. I pubblicani: Possono essere tutte quelle persone benestanti che tolgono risorse alla società. Ad esempio un imprenditore che delocalizza licenziando gli operai, oppure il colletto bianco corrotto che prende tangenti ecc…
  3. I samaritani: Sono quelli persone ai margini della società, i senza tetto, i gli stranieri irregolari, ecc..

In che cosa oggi è diverso il nostro comportamento nei confronti della donna, dei bambini e degli schiavi?

  1. La donna: Nel nostro tempo la donna ha pari dignità di fronte alla legge e pari diritti e doveri. Chi è lontano da Dio vede la donna solo come un mezzo per soddisfare il proprio egoismo.
  2. I bambini: Sono educati dalle famiglie, ma in caso di mancanza di idoneità intervengono i servizi sociali.  Vige l’obbligo scolastico.
  3. Gli schiavi: Non esistono più nel nostro tempo come in antichità, esistono delle forme di schiavitù fuorilegge come il caporalato o altre forme di lavoro senza tutele e con miseri stipendi a fronte di molte ore.

SITUAZIONE ECONOMICA

L’economia non è estranea alla comprensione del messaggio di Gesù. Egli infatti visse e operò in una determinata situazione economica a causa della quale avveniva un impoverimento continuo del popolo e un arricchimento di pochi. L’economia di Israele era prevalentemente basata sull’agricoltura e sull’allevamento e, in minor misura, sull’artigianato, l’edilizia e il commercio.

  • Agricoltura

Durante il periodo nomade del popolo israelita vigeva un sistema di proprietà comunitaria tribale. Quando divenne un popolo sedentario, lo stesso tipo di proprietà si applicò alle terre coltivate. Le terre erano divise tra le famiglie in modo proporzionale e venivano trasmesse agli eredi. Però improvvisamente si assistette ad un concentramento delle terre nelle mani di poche persone a causa di debiti e di una cattiva amministrazione. Al tempo di Gesù la terra d’Israele era organizzata secondo il sistema del latifondo. Tuttavia vi erano ancora piccole proprietà, legate a gruppi familiari, che non furono assorbite dal sistema latifondista. L’agricoltura era rudimentale e gli strumenti di lavoro erano semplici. I prodotti principali erano: frumento, olio di oliva, cereali, frutta, vino e legname.

  • Allevamento e pesca

Le condizioni del terreno di Israele permettevano l’allevamento degli animali di grossa e di piccola taglia. Sui monti della Giudea si sviluppò l’allevamento degli ovini, mentre nelle pianure della costa e nella Transgiordania quello di animali di grossa taglia. I maiali, considerati animali impuri, non si allevavano in Israele, ma nelle regioni vicine. Nel mare di Galilea era abbondante la pesca per la quale si usavano svariate tecniche, talune delle quali comportavo la collaborazione di più barche di 6/8 pescatori ciascuna.

  • Edilizia

Nelle opere edilizie, il popolo trovava una fonte considerevole di sostentamento economico. – 10 – La famiglia erodiana realizzò grandi e sontuose costruzioni (ricostruzione del Tempio, palazzo, muraglia, ecc.). Si calcola che in ogni opera pubblica lavoravano circa 18.000 operai totalmente dedicati a questo lavoro.

  • Commercio

La posizione geografica della terra d’Israele favoriva il commercio internazionale tra il Nord e l’Oriente. Esso raggiunse un buon sviluppo ed era una voce importante per l’economia del paese. Da Israele si esportavano prodotti agricoli e si importavano articoli di lusso. I prodotti che si vendevano nei mercati cittadini, specialmente in Gerusalemme, provenivano sia dalle regioni locali che da altri paesi. Le grandi carovane trasportavano questi prodotti fino ai mercati delle città. Per proteggere tali carovane si organizzò un sistema di sicurezza contro i briganti. Gerusalemme, oltre al commercio agricolo e del vestiario, era caratterizzata dalla vendita di animali e di schiavi. Quest’ultimi venivano comprati dagli stranieri e dalle famiglie ricche della città per il loro proprio uso ed i servizi vari.

  • Artigianato

Lo sviluppo delle città moltiplicò il numero degli artigiani. Questi vivevano specialmente nelle città e la loro produzione artigianale era a livello familiare. Diedero vita a vie e quartieri propri e persino ad aree geografiche specializzate in determinati lavori artigianali. Dopo l’esilio si organizzarono in corporazioni. Generalmente erano piccoli artigiani, che avevano un proprio laboratorio. Esercitare, insegnare e imparare un mestiere era tenuto in grande considerazione. L’artigianato più frequente era costituito dal settore del vestiario, degli articoli casalinghi e del materiale per le costruzioni. In secondo posto vi era quello che si occupava della lavorazione delle materie prime provenienti dalla regione. Grande importanza aveva anche la produzione dei materiali per il culto che si usavano nelle feste a Gerusalemme e nel servizio al Tempio.

  • Il sistema monetario

Esistevano monete giudee (siclo e spicciolo) assieme a quelle romane (denari, sesterzi, asse), greche (dramme, mine, obolo) e fenice. Questo dà una indicazione di come il commercio avesse raggiunto un livello internazionale così come l’affluenza dei pellegrini a Gerusalemme. Un ruolo importante per l’economia era costituito dal sistema tributario esistente in Israele. Vi era la tassa personale e quella territoriale, il contributo annuale in alimenti e prestazioni sociali per il sostentamento delle truppe romane, le tasse doganali e quelle indirette, che generalmente erano affidate agli esattori. Accanto a questi tributi vi erano quelli per il Tempio ( Mt 17,24-27; Lc 20,20-25).

  • Il tempio

Il Tempio di Gerusalemme aveva una grande importanza per l’economia del paese. Oltre ad essere la sede del potere religioso, c’era anche il Sinedrio, la sede del potere amministrativo e del governo.  Attorno ad asso, girava una vasta economia: Il denaro dei tributi, dei voti, del commercio delle vittime sacrificali, i cambiavalute, (Mc 11,15) valori particolari depositati, come in una cassa di sicurezza, così come altre entrate. Infatti quando nel vangelo si parla del tesoro del Tempio, si intende non solo gli oggetti sacri del culto, ma i numerosi capitali depositati. Nel Tempio si svolgevano anche attività educative per il popolo.

  • L’economia della campagna

vi era un sistema economico latifondista in cui i proprietari affittavano le terre a famiglie o a persone singole. Nelle grandi fattorie lavoravano contadini a giornata che vivevano nei villaggi o nelle stesse terre. Il loro lavoro era retribuito con bassi salari. Nella stagione secca aumentava la disoccupazione. I piccoli proprietari coltivavano le proprie terre, ma i tributi dello stato e i continui abusi degli esattori delle tasse soffocavano la loro piccola economia. Questo comportava un progressivo e continuo impoverimento ed indebitamento. Alcuni si dedicavano anche all’allevamento di animali. I grandi proprietari assumevano pastori per i loro greggi. Gli artigiani dei villaggi appena potevano vivere del loro lavoro. Il commercio, molte volte, avveniva sotto forma di scambio.

  • L’economia della città

Nella città c’erano gli operai dediti alle costruzioni edili, generalmente, avevano un lavoro stabile e un salario regolare. Il loro lavoro seguiva uno schema “schiavista”, cioè senza nessuna sicurezza e diritto. Gli artigiani della città, a differenza di quelli delle campagne, godevano di una maggior ricchezza.

SITUAZIONE RELIGIOSA

Gesù nacque e visse in una nazione la cui fede era la base della propria esistenza. L’esperienza religiosa era profondamente radicata nel popolo. Tutto era scandito, vissuto e interpretato alla luce della fede. Grande importanza avevano le feste religiose, la legge, il Tempio e le varie credenze ebraiche. La fede in un Dio unico era il punto centrale che gli distinguevano dagli altri popoli politeisti perciò ritennero questo il punto centrale della loro identità religiosa. Inoltre in tempi più recenti si pensava che Dio permane avvolto nel mistero e i cui piani superano tutto ciò che l’uomo può immaginare. Esistevano diverse correnti religiose riguardo la fede a secondo della tradizione biblica. Vediamo quali:

  • Il Dio della tradizione profetica

Viene visto come un Dio protettore del povero e dell’oppresso che vuole instaurare la giustizia nel mondo. È un Dio che cerca l’incontro personale e interiore con l’uomo per portarlo ad un comportamento profetico-mistico.

  • Il Dio delle tradizioni apocalittiche

Questa corrente si presenta come il Dio che realizzerà un rinnovamento mondiale tramite un cataclisma finale in cui saranno creati cieli e terra nuova.

  • Il Dio delle tradizioni sapienziali

Questa corrente è caratterizzata dall’aspetto creativo e provvidente che permette che nella storia crescano insieme giustizia e ingiustizia, lasciando al giudizio finale il castigo o il premio. È anche il Dio buono nel quale si può confidare in quanto provvede all’uomo, incluse le necessità materiali di ogni giorno.

UNA VITA DOPO LA MORTE:

Un ruolo fondamentale era costituito dalle credenze circa la vita e le ricompensa finale dopo la morte. Questa convinzione era comunemente accolta, ma era ostacolata dai sadducei. La forma concreta di comprendere la vita futura e la ricompensa finale variava a seconda dei differenti gruppi.

L’ATTESA DEL MESSIA

Grande importanza nella fede del popolo aveva la speranza della venuta del Regno di Dio. Per qualcuno questa venuta sarebbe stata possibile grazie all’azione di un Messia o per lo meno il Messia avrebbe preparato la venuta di questo Regno. Ciò significava la restaurazione nazionale, l’egemonia di Israele nel scena mondiale con la conseguente la liberazione dal governo straniero, il giudizio di Dio sulle nazioni e la vendetta di Dio contro coloro che avevano agito contro il popolo eletto. Anche se ciò era un’aspettativa comune, vi era una gran diversità nel considerare la figura del Messia e delle sue caratteristiche e in definitiva della stessa venuta del Regno di Dio.

LA LEGGE

Un posto fondamentale nella fede del popolo aveva la Legge (Torah). La Torah era per il giudeo l’espressione della volontà divina e, nello stesso tempo, la fonte di vita per chi la conosceva e la praticava. Nella Torah il giudeo vedeva il segno tangibile dell’amore di Dio per il popolo di Israele. Il popolo giudeo viveva della Torah, con la Torah e per la Torah. Unita alla Torah c’era la “tradizione”. Infatti, per santa e perfetta che fosse la Legge, essa doveva essere interpretata, commentata e applicata alle necessità concrete della vita religiosa e sociale del popolo giudeo.

LA VITA RELIGIOSA DEL POPOLO GIUDEO

La forte osservanza delle pratiche religiose era una caratteristica del popolo giudeo. Tutto era compreso a partire dal significato religioso.

IL TEMPIO

La vita religiosa del popolo giudeo aveva il suo centro nel Tempio. Esso era unico, non ne esistevano altri ed era a Gerusalemme. Nel Tempio si offrivano i sacrifici e il culto era continuo. Al tempo di Gesù esisteva il tempio ricostruito da Zorobabele al ritorno dall’esilio e ingrandito da Erode il Grande. Ne facevano parte il santuario e i cortili. Il santuario, o tempio (propriamente detto), era costituito da due parti: il Santo e il Santo dei Santi. Nel Santo c’era l’altare dei profumi che serviva per bruciare l’incenso, il candelabro a sette bracci e il tavolo delle offerte (o dei pani della proposizione). Il Santo dei Santi era un’abitazione oscura, separata dal Santo da un velo, nella quale entrava solamente il Sommo Sacerdote una volta all’anno durante la festa dell’espiazione. Mt 27,51 si riferisce a questo velo quando dice che il velo del Tempio di strappò da sopra a sotto per indicare che con la morte di Gesù veniva abolita l’antica legge e l’antico culto ed era stata fatta una volta per sempre la pace con Dio. Il Santo dei Santi conteneva l’arca dell’alleanza, in cui c’erano le tavole della legge, la manna e la verga di Aronne. Però al tempo di Gesù esso era vuoto a causa della distruzione del tempio avvenuta per opera dei Babilonesi nel 587 a.C. Esso era la dimora di Dio. Davanti al santuario e ai suoi lati c’erano dei cortili scoperti. Il più grande era il cortile dei gentili che occupava la grande spianata del tempio nel quale tutti potevano entrare, inclusi i non giudei. Era circondato da quattro grandi portici, di cui uno detto “di Salomone”, sul lato orientale. Gli altri cortili erano più piccoli e posti più in alto man mano ci si avvicinava al santuario: quello delle donne, degli Israeliti e dei sacerdoti. In quest’ultimo c’era l’altare dei sacrifici in cui si sacrificavano gli animali e la conca di rame per le abluzioni dei sacerdoti.

I SACERDOTI

Il sacerdozio tra i giudei era di tre gradi: il Sommo Sacerdote, i sacerdoti e i leviti. Tutti provenivano dalla tribù di Levi, una tribù consacrata a Dio che, secondo la legge, viveva delle decime e delle primizie del popolo.

  • Il Sommo Sacerdote

Era la suprema autorità religiosa e, una volta all’anno, poteva entrare nel Santo dei Santi per offrire il sangue della vittima espiatoria per i peccati del popolo. Egli presiedeva il Sinedrio. Suo vicario era il comandante del tempio che sovrintendeva al culto e svolgeva funzioni di polizia in tutta l’area sacra. Sotto di lui stavano i gran sacerdoti, cioè coloro che discendevano dalle più eminenti famiglie sadducee di Gerusalemme o che erano stati sommi sacerdoti.

  • I sacerdoti

Era la suprema autorità religiosa e, una volta all’anno, poteva entrare nel Santo dei Santi per offrire il sangue della vittima espiatoria per i peccati del popolo. Egli presiedeva il Sinedrio. Suo vicario era il comandante del tempio che sovrintendeva al culto e svolgeva funzioni di polizia in tutta l’area sacra. Sotto di lui stavano i gran sacerdoti, cioè coloro che discendevano dalle più eminenti famiglie sadducee di Gerusalemme o che erano stati sommi sacerdoti.

  • I leviti

I leviti erano una delle 12 tribù di Israele che secondo la torah avevano il compito di occuparsi dei servizi inferiori del tempio: erano aiutanti dei sacerdoti. Il loro compito principale era quello di custodire il tempio e quello della preghiera come musicisti e cantori. Anch’essi seguivano turni di servizio come i sacerdoti.

LE FESTE

  • La pasqua

Era la festa principale del popolo giudeo in cui si ricordava la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Era detta anche la festa degli azzimi in quanto, assieme all’agnello pasquale, si mangiava il pane senza lievito. Si celebrava in primavera (marzo/aprile) e durava otto giorni.

  • La pentecoste

Si celebrava cinquanta giorni dopo la Pasqua (maggio/giugno) in ricordo della legge data sul monte Sinai. In questa festa si offrivano i primi frutti del raccolto: le primizie.

  • La festa delle Capanne o dei Tabernacoli

Si celebrava in autunno (settembre/ottobre). Per otto giorni i giudei vivevano in tende fatte di rami in ricordo dei quarant’anni vissuti nel deserto.

  • La festa delle trombe o del nuovo anno

Il primo giorno del settimo mese (settembre/ottobre) venivano suonati gli shofar, le tipiche trombe ebraiche,  per ricordare a Dio la sua alleanza, per far fuggire il diavolo e per risvegliare la penitenza nel popolo addormentato dal peccato.

  • Il Giorno dell’Espiazione

Era la festa in cui il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi con il sangue degli animali per il perdono dei peccati del popolo. Si celebrava in autunno (settembre/ottobre), il 10 di Tishri.

  • La festa delle luci o della dedicazione (Hanukka)

Commemorava la purificazione del secondo tempio, che era stato contaminato da Antioco Epifane durante il periodo dei Maccabei. Ogni sera, per otto giorni, venivano accese le luci nelle case e nelle sinagoghe. Si celebrava in dicembre.

  • La festa dei purim

Era una festa chiassosa in cui si ricordava la vicenda della regina Ester, che aveva salvato il popolo giudeo dal massacro. Si celebrava in febbraio/marzo.

  • Il sabato (Shabbat)

A differenza delle altre feste, lo shabbat (riposo) era una festa settimanale e non annuale. Era considerato il giorno del riposo e della preghiera. Esso iniziava la sera del venerdì e durava fino al tramonto del sabato. Tutte le attività erano proibite e la non osservanza del riposo sabbatico era punita. Si ricordava la creazione in cui Dio al settimo giorno si riposò dalle fatiche. In questo giorno si indossavano i vestiti più belli e si andava alla sinagoga alla sera del venerdì per poi ritornare e consumare il miglior pasto della settimana. Il sabato doveva essere una gioia per l’uomo, ma ai tempi di Gesù era diventato un pesante fardello legalistico. Per questo Gesù andò contro un tale modo giuridico e ipocrita di vivere il sabato (cfr. Mt 12,1-4; Mc 2,23-3,6; Lc 13,10-16; Gv 9,13-16).

LE SINAGOGHE

Dato che i sacrifici si potevano compiere solo nel tempio a Gerusalemme, il popolo si ritrovava a pregare nelle sinagoghe. La sinagoga (dal greco synagogé = assemblea, luogo in cui ci si raduna insieme) si sviluppò durante l’esilio babilonese (VI sec. a.C.). Il popolo esiliato e lontano dalla sua terra si mantenne unito attorno alla legge e allo studio di essa. Così nacque la sinagoga e questi edifici si moltiplicarono a tal punto che in ogni luogo dove c’era una comunità giudaica di almeno dieci uomini, c’era una sinagoga. Tutte avevano la stessa forma in modo che ogni ebreo si fosse sentito come a casa propria dovunque si trovasse. Era una sala rettangolare, orientata verso Gerusalemme, e all’opposto dell’entrata vi era un baldacchino sotto il quale c’era un mobile, in cui si tenevano i rotoli della Scrittura (sefer). Al centro c’era un pulpito dove veniva letta la Parola e veniva commentata. A lato del baldacchino c’erano i seggi su cui erano seduti gli anziani del popolo. Le donne potevano assistere al culto da due corridoi laterali e per esse vi erano porte distinte da quella principale degli uomini. Accanto all’edificio vi erano altre sale che servivano come scuola o accoglienza. Il culto era presieduto dal capo della sinagoga: era il decano degli anziani del popolo del luogo. Il culto corrispondeva ad un’odierna liturgia della parola: lettura delle Scritture, commento, preghiere e conclusione. La responsabilità della sinagoga era a carico dei laici, non dei sacerdoti. La frequenza era obbligatoria il sabato e negli altri giorni di festa, libera durante gli altri giorni.

I GRUPPI POLITICO-RELIGIOSI NELLA TERRA DI ISRAELE

Al tempo di Gesù esistevano vari gruppi religiosi-politici a seconda delle loro tradizioni religiose e convinzioni politiche.

  • I sadducei

Era uno dei gruppi più influenti, discendenti da Zadok, Sommo Sacerdote al tempo di Davide e Salomone. Al tempo di Gesù questo gruppo era formato soprattutto dalle famiglie sacerdotali rappresentanti dell’aristocrazia sacerdotale. Essi non formavano solo un gruppo religioso, ma erano anche un autentico gruppo politico. Politicamente collaboravano con il potere romano consolidando e appoggiando la sua permanenza. Controllavano così il territorio giudeo e il Tempio. Come aristocratici, i sadducei avevano una vita mondana e libera per i frequenti contatti che avevano con le famiglie e i costumi dei paesi vicini nei quali alcuni si recavano a studiare. Grazie a ciò avevano adottato costumi, stile di vita, moda, ecc. di questi paesi. Da un lato apparivano “progressisti” circa i costumi, lo stile di vita, le idee, dall’altro erano molto conservatori in materia legale, politica e religiosa. Accettavano unicamente la Torah come norma dottrinale, la cui interpretazione era letterale e legalista. Non ammettevano nessuna tradizione orale, specialmente quella legata alla speranza in una liberazione popolare. Negavano la resurrezione dei morti e la ricompensa ultraterrena, in quanto queste realtà erano intimamente collegate con la speranza messianica della venuta del Regno di Dio (Lc 20,27-39). Applicavano alla lettera la legge del taglione (occhio per occhio, dente per dente). Nel vangeli c’è un episodio dove i sadducei discutono con Gesù riguardo la vita ultraterrena, tentano di mettere in difficoltà Gesù raccontando una storia e ponendo un quesito. Gesù risponde citando la Torah, togliendo a loro ogni modo di replicare ( MT 22,23-34  MC 12,18-27  LC 20,27-40).

  • I farisei

A partire dal II secolo a.C. si organizzò in Israele una forza politico-religiosa che praticava una stretta osservanza della Legge: sono i Farisei. Il loro nome significa coloro che sono separati, cioè separati da tutto ciò che contamina. Era puro chi obbediva alla legge; era impuro chi disubbidiva alla legge. Essi nacquero probabilmente da gente pia, gli Asidei, che durante il tempo delle guerre maccabee difesero tenacemente e a mano armata la legge e il Tempio. Posteriormente abbandonarono gli interessi politici a favore di quelli religiosi. Essi erano preoccupati sopra ogni cosa della loro fede. Diedero vita a una serie di regole per aiutare la gente ad applicare la legge alle nuove situazioni di vita. Al loro interno vi erano diverse scuole, tra cui quella di Shammai più rigida e quella di Hillel più accomodante e vicina al popolo (ambedue le scuole portavano i nomi dei rispettivi rabbini, loro fondatori). Le differenze di interpretazione della Legge e la sua applicazione tra le diverse scuole divenivano argomenti vivi, a tal punto che anche a Gesù fu chiesto di esprimere la sua opinione a riguardo delle discusse leggi, per esempio sul divorzio (cfr. Mt 19,3-12). Al tempo di Gesù erano 6000. La loro relazione con il potere romano era di coesistenza pacifica, di convenienza. Per la maggior parte i farisei erano laici, anche se tra loro vi erano dei sacerdoti. Essi appartenevano a tutte le classi e ai settori sociali. Oltre alla Scrittura, accoglievano la tradizione orale. Credevano nell’immortalità dell’anima, il giudizio dopo la morte, la resurrezione e l’esistenza degli angeli. Aspettavano la venuta del Regno di Dio e del Messia. Circa la legge del taglione avevano un’interpretazione meno rigida. Tra le scritture, maggior importanza era data alla Legge. La loro stretta osservanza si concentrava specialmente nell’osservanza del sabato, nella purezza rituale e nei sacri tributi. Per tutto questo elaborarono una complicata casistica (cioè cercarono di definire le regole della legge partendo dagli elenchi dei singoli casi e la loro analisi). Gesù criticò aspramente la condotta morale dei farisei, che si riduceva a un puro formalismo legale sfociando in un atteggiamento di autosufficienza e di ipocrisia, dimenticando il cuore della legge, che è quella di amare Dio e il prossimo come se stesso. Gesù contestava i farisei anche sulle tradizioni, in quanto gli venivano attribuite un’importanza inappropriata, fino ad andare in contrasto con la legge stessa, in questo modo delle leggi umane potevano avere delle priorità sulle leggi di Dio.

  • Gli scribi

Più che un partito, essi costituivano una classe professionale, dedicata all’interpretazione della legge. Hanno lo scopo di conservare, di interpretare e di applicare la legge tenendo presente i numerosi casi non previsti da quella. Questi studiosi, molto stimati dal popolo, che ad essi ricorre per consiglio, sono chiamati “i maestri” (rabbi). Di qui la meraviglia e l’opposizione a Gesù, il rabbi che non aveva frequentato la loro scuola. In Giovanni 3 Gesù ha un dialogo con Nicodemo, un maestro della legge, che rimane molto affascinato da Gesù.

  • Gli zeloti

Gli zeloti o nazionalisti erano uno degli ultimi gruppi di nazionalisti clandestini che sorsero negli ultimi anni del giudaismo. Il fondatore degli zeloti sembra che fosse stato Giuda il Galileo, il quale si oppose al pagamento delle tasse all’imperatore romano in quanto contrario al primo comandamento. Egli organizzò una ribellione, che venne soffocata dai Romani. Gli zeloti predicavano la monarchia unica di Dio e in nome di essa si opponevano ad ogni potere straniero. Il nome zelota indicava il loro zelo per Dio (der. dal greco ζηλος «zelo») e ciò era per loro motivo di vanto. I Romani invece li consideravano dei banditi. All’interno di questo gruppo esisteva un settore più attivo, armato di pugnali, chiamati sicari (der. dal lat. sica «sica, coltello»), cioè uomini del coltello. L’opposizione ai tributi guadagnò loro la simpatia dei contadini e dei piccoli proprietari, mentre i grandi proprietari favorivano il potere romano. Essi si caratterizzarono per il loro zelo inflessibile alla Legge e per l’attesa nella venuta del Regno di Dio. Il Regno di Dio era inteso come un potere terreno e si identificava con il potere del popolo. Per affrettarne la realizzazione essi avevano adottato la lotta contro il potere straniero. Questa visione era caratterizzata da un dualismo: la lotta tra i figli di Dio e i figli del Male, nella quale i secondi sarebbero stati sterminati. Gesù scelse un discepolo tra gli zeloti: Simone lo Zelota (in Mt 10,4 e Mc 3,18 viene chiamato Simone il Cananeo; in Lc 6,15 e At 1,13 Simone soprannominato Zelota).

  • Gli esseni

Questo gruppo nacque come un movimento sacerdotale di riforma dentro il Tempio di Gerusalemme. Stanchi della condotta degenerata dei sadducei e della ipocrisia dei farisei si ritirarono nel deserto per prepararsi alla lotta finale e definitiva contro il regno delle tenebre. Essi si consideravano l’autentica comunità di Dio e contestavano la legittimità dei sommi sacerdoti. La loro interpretazione delle Scritture rispecchiava uno schema dualista (Dio e Beliar), inserito in un monoteismo coerente e rigoroso. Dio è il creatore di due spiriti: quello buono e quello cattivo; lo spirito buono porta a compiere le opere buone; quello cattivo, le opere cattive. La dimensione escatologica (ultimi tempi) era vista alla luce del trionfo definitivo di Dio, mentre la vita presente era vista come un periodo di prova caratterizzata dalla lotta contro il male. Questa prospettiva li portò ad un atteggiamento passivo nei confronti del potere romano. Il loro impegno si concentrava sulla preparazione interiore in vista della vittoria finale, quando sarebbe giunto il Messia. Molto forte era quindi l’attesa messianica e per questo si preparavano attraverso una vita di purificazione, attraverso bagni rituali e una vita di penitenza. Si pensa che da ciò derivi l’uso del battesimo usato da Giovanni Battista. Una caratteristica importante di questo gruppo era la loro forma di vita comunitaria: tutto era in comune e nessuno aveva proprietà private. Per gli esseni valeva il comando assoluto e incondizionato di conservare la purità cultuale dell’intera comunità e di ogni suo membro.

  • Gli erodiani

Erano coloro che sostenevano la politica della famiglia di Erode. Essi si mostravano ligi al potere di Roma e si opponevano a qualsiasi atteggiamento che potesse suscitare la reazione del dominatore. Guarderanno perciò con sospetto il favore popolare suscitato da Gesù e si faranno suoi accusatori.