LE PARABOLE

A Gesù piaceva, da buon ebreo, usare un linguaggio figurato e per questo ricorreva alle parabole. Anche nell’antico testamento ci sono alcune delle parabole, ma essi sono molto più tipici nei vangeli. Esse sono un metodo d’insegnamento ebraico, quando si vuole dare un insegnamento, si racconta una storia che contengono degli insegnamenti. La sua comprensione deve essere capita non da un’analisi di ogni singolo elemento presente nella parabola, ma nel suo insieme.

CARATTERISTICHE DELLE PARABOLE

• È un racconto breve, ma completo, preso dalla vita comune.

• Con questo racconto di vita quotidiana si simbolizza un verità religiosa o morale.

 • Non si deve intenderla in modo analitico attribuendo un significato ad ogni elemento, ma, partendo dall’insieme degli elementi, concentrarsi sull’idea fondamentale.

 • Da questo pensiero fondamentale si trae una conseguenza pratica di facile e chiara applicazione nel campo religioso o morale.

• In molte parabole Gesù usa circostanze della vita quotidiana esagerandole artificialmente. Ad esempio, il seminatore che non sa seminare bene; il figlio prodigo trattato meglio del primogenito al suo rientro a casa; i lavoratori dell’ultima ora pagati in modo uguale a quelli delle prime ore, ecc. Ed è proprio questo elemento, esagerato, curioso e fuori posto, che fa pensare e apre una porta ad una realtà distinta e migliore, che ricalca la realtà di Dio

TIPOLOGIE DI PARABOLE

Le parabole più estese possiamo dire che sono 35 e quasi tutte si riferiscono al Regno di Dio. Tuttavia per il contenuto solitamente si dividono in vari gruppi:

Parabole del Regno di Dio

 Furono narrate durante il tempo del ministero in Galilea e solitamente cominciano nello stesso modo: “Il regno di Dio è simile a…” (“Il regno dei cieli si può paragonare a…”) Ad esempio la parabola del seminatore, della zizzania, del lievito, ecc. (cfr. Mt 13).

Parabole della misericordia

 In queste parabole si mette in rilievo la bontà e la misericordia di Dio verso il peccatore. Molte sono dirette ai farisei: un invito a gioire per la bontà di Dio. Ad esempio la parabola del figlio prodigo, della pecora perduta, ecc. (Lc 15).

Parabole di rimprovero

Si riferiscono al popolo giudeo che viene abbandonato da Dio per la sua ostinazione. Ad esempio la parabola del fico senza frutto (Lc 13,6-9), dei vignaioli (Mt 21,33-41), delle nozze (Mt 22,2-14).

Parabole morali

Esse contengono alcuni insegnamenti morali per la vita. A loro volta si possono suddividere a seconda del tema:

  1. l’amore al prossimo: il buon samaritano (cfr. Lc 10,25-37), parabola del convito – l’invito ai poveri (cfr. Lc 14,12-14), il perdono (cfr. Mt 18,23-35), il ricco e il povero Lazzaro (cfr. Lc 16,19-31), ecc.
  2. la vigilanza: il servo vigilante (cfr. Mc 13,34-37), il servo fedele e infedele (cfr. Mt 24,42-51), le dieci vergini (cfr. Mt 25,1-13), i talenti (cfr. Mt 25,14-30), ecc.
  3. atteggiamento verso Dio: l’amico inopportuno (cfr. Lc 11,5-8), la vedova perseverante (cfr. Lc 18,2-8), la scelta dei primi posti (cfr. Lc 14,7-11), il ricco stolto (cfr. Lc 12,13-21), il fariseo e il pubblicano (cfr. Lc 18,9-14), ecc.

IL REGNO DI DIO

CHE COS’È IL REGNO DI DIO

Il Regno di Dio costituisce senza dubbio il messaggio centrale della predicazione di Gesù e la proclamazione della sua venuta è la buona notizia, il vangelo in senso proprio: Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo. (Mc 1,14-15). L’espressione “Regno di Dio” o “Regno dei Cieli” come dice Matteo (seguendo la consuetudine giudaica di evitare di nominare, per rispetto, il nome di Dio) era sulla bocca di tutti e il popolo rapidamente la fece propria quando Gesù la usò nella sua predicazione. Si tratta di qualcosa che era stato annunciato nell’Antico Testamento e che, nella pienezza dei tempi, è arrivato. Per tanto non era una realtà geografica ma è composto da tutte quelle persone che realizzano la sua volontà di Dio.  Era l’espressione della regalità di Dio, di un nuovo rapporto tra Dio e il suo popolo, una nuova presenza dello stesso Dio nelle vicende umane. Potremmo definire il Regno di Dio come l’esercizio della regalità di Dio: è la presenza o manifestazione salvifica di Dio attraverso la venuta del Messia.

LE ASPETTATIVE DEI GIUDEI

Quando Gesù comincia la sua predicazione il prestigio del popolo giudeo, dominato dai romani, era molto basso. Esso desiderava ardentemente la venuta del Regno di Dio. Però, per i più, l’attesa riguardava una liberazione politico militare dal potere romano segnata da un nuovo benessere materiale per il popolo giudaico. Alla luce di questo si può capire la richiesta della madre dei figli di Zebedeo (Mt 20,21) e la domanda degli apostoli nel momento stesso dell’ascensione (At 1,6): “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?”.

L’ANNUNCIO DI GESÚ

Per questo Gesù, fin dall’inizio, cerca di modificare la mentalità del popolo riguardo al concetto e alle aspettative della venuta del Regno di Dio. Egli semplicemente propone il Regno come qualcosa di nuovo rispetto agli annunci dei profeti. Nel messaggio di Gesù scompare l’imminenza della venuta del Regno, perché esso è già presente: agli accenni di ira della predicazione di Giovanni Battista subentrano quelli di grazia. Vi è un’escatologia dell’amore e del perdono in cui la grazia precede l’impegno. In altre parole è un invito a convertirsi, perché il Regno viene e non affinché venga. Nell’annuncio che il Regno Dio si è fatto vicino, compare il volto trinitario di Dio. Gesù mostra il volto di Dio! È un Dio non monolitico, ma relazionale nella sua stessa natura. La salvezza offerta da Gesù avviene attraverso il dono della vita (vita nel senso teologico della parola) che precede il perdono dei peccati. Il perdono stesso è iniziativa di Dio: il peccato è superato dall’azione di grazia. I segni che accompagnano l’annuncio del Regno sono la rivelazione e la presenza di Dio. È il messaggio che trasforma. Infatti un messaggio che non cambi la realtà non è credibile. Gesù non intercede per i miracoli, ma li compie: con essi mostra la sua identità. Regno e miracoli vanno insieme. Il messaggio di Gesù è una verità pratica che cambia le realtà e va al cuore dell’uomo. Per questo i segni sono indicatori dell’autorità del messaggio che cambia la realtà; cioè è Dio che parla e la sua parola è efficace, realizza ciò che dice. La stessa comunità dei discepoli, la Chiesa, è segno e strumento del Regno, il cui fine consiste nel predicare il Regno stesso. Essa, la Chiesa, è segno del “già e non ancora”. Nell’Antico Testamento la persona che annunciava era secondaria rispetto al messaggio, ma con Gesù essa non lo è più: c’è perfetta identità tra messaggio e Gesù. l’annuncio del Regno si trasforma in annuncio di Gesù , essendo il Regno la persona stessa di Gesù. Lui è il re del Regno di Dio che parla con autorità rivelando e auto testimoniando per se stesso. I segni e le profezie avverate testimoniano che Gesù è proprio quello che dice di essere. Mentre i giudei pongono il compimento della volontà di Dio nell’osservanza letterale della legge, Gesù proclama che l’uomo deve aprirsi all’azione di Dio, accogliere l’iniziativa divina che chiama ad un cambio radicale, a cambiare modo di pensare e di agire (da cui deriva la “conversione”): la salvezza non si merita, ma si riceve gratuitamente. È l’accoglienza della buona notizia: un invito ad iniziare un cammino nella fede. “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15).

IL REGNO DESCRITTO IN PARABOLE

Attraverso le parabole Gesù non definisce il Regno di Dio, ma lo descrive come una realtà esperienziale totalizzante in cui siamo pienamente coinvolti. Il Regno di Dio è sempre un processo incontenibile che fa nuova la realtà. Possiamo dire che è una realtà di successo. Attraverso le parabole Gesù ci da delle preziose informazioni per capire le caratteristiche del regno e come funziona:

  • Cresce come un seme, seminato nella terra, senza fine, fino a portare frutto (Mc 4,26-29).
    • Agisce come un fermento incontenibile dentro la massa (Mt 13,33).
    • Nonostante la piccolezza dell’inizio, contiene una forza segreta che lo porterà fino alla sua piena realizzazione (Mc 4,30-32).
    • Richiede la collaborazione e lo sforzo di tutti i figli del Regno di Dio, che, più che essere semplici destinatari dei doni divini, sono agenti attivi attraverso i quali Dio stesso agisce (Mt 25,1-13; 25,14-30).
    • È sempre comunque un dono gratuito di Dio fatto per amore (Mt 20,1-16).
    • Incontra difficoltà e ostacoli; è una lotta (Mt 13,24-30).
    • Giungerà alla sua pienezza quando il Figlio dell’Uomo ritornerà nella sua gloria(Mt 25,31-46)

VERSETTI EVANGELICI

In seguito alcuni versetti dove Gesù parla del regno di Dio e il relativo commento

  1. Ma, se io scaccio i demòni per mezzo dello Spirito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. MT12,28

Il regno di Dio è la presenza di Gesù che sradica il male nel mondo

  •  a voi (autorità giudaiche) sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. MT 21,43

Il regno di Dio non è limitato a un popolo, ma può essere chiunque accetti Gesù come Messia

  • Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. MC 1,15

La presenza di Gesù è il regno di Dio

  • Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore;  amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”. Lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui;  amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. Mc 12,28-24

Appartiene al regno chi rispetta questi 2 comandamenti

  • li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. LC 9,2

Il regno di Dio porta guarigione agli ammalati

  • Ed egli rispose: “In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio,  che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà”. LC 18,29-30

Tutte le persone del mondo che accettano di seguire Gesù appartengono al regno e formano un grande famiglia

  • perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio. LC 22,18

Quando Gesù era in vita il regno di Dio era vicino, nel senso che solo Gesù era la presenza del regno. Dopo la sua morte, resurrezione e pentecoste il regno sono coloro che seguono Gesù

PRIME AZIONI PUBBLICHE DI GESÙ 2/2

DISCORSO INAUGURALE DI GESÚ A NAZARETH                                                                                   LUCA 4,16-30 

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore .

Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è costui il figlio di Giuseppe?”. Ma egli rispose loro: “Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!””. Poi aggiunse: “In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro”. All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

GESÚ IN SINAGOGA

Come era in uso tra il popolo ebraico, tutti i sabati, gli ebrei si recano in sinagoga dove alcune persone ritenute degne amministrano il culto con un canone di preghiere in ebraicoformalizzato e fissato insieme a letture dei testi sacri con i relativi commenti. Per le letture le sinagoghe custodivano i SEFER, ovvero i rotoli della scrittura. Gesù per i suoi compaesani era considerato una degno di presiedere il culto e di certo al momento di questo episodio non era la prima volta che svolgeva questo compito. Da come sembra nei vangeli, aveva già iniziato a predicare a fare miracoli (Lc 4,23),  e gli abitanti di Nazareth questo lo sapevano. Ma nessuno poteva immaginare che quel l’uomo che hanno conosciuto fin da bambino, insieme alla sua famiglia era proprio il Messia, il figlio di Dio e nessuno si aspettava quello che stava per dire.

LA LETTURA

Quello che Gesù legge è Isaia 61, si tratta di un capitolo dove si presenta la missione di un profeta, pur essendo state scritte da Isaia, appartengono a Gesù Cristo. Fu lo spirito di Cristo stesso che guidò Isaia a scrivere queste parole. Gesù legge solo i primi versetti, perché per il momento solo quelli si realizzano, gli altri riguarda la seconda venuta di Cristo. Infatti il versetto appena seguente sarebbe stato: il giorno di vendetta del nostro Dio  (2): Gesù è venuto per salvane non per condannare.  Troviamo anche questo: il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti. (11) Questo versetto riguarda il futuro, per ora nel mondo non c’è ancora giustizia. Gesù legge e applica a se stesso solo quello che concerne la sua prima venuta. Farò un breve commento per ogni frase di ciò che lesse Gesù:

Lo Spirito del Signore è sopra di me …

Quando Gesù era in terra, Lo Spirito Santo era su Lui. Questo è un riferimento al battesimo di cui è stato analizzato precedentemente. Lo Spirito Santo venne su varie persone nella Bibbia, permettendo loro di compiere certi atti. Però, venne sempre in un modo limitato. Invece, lo Spirito Santo venne su Gesù senza limiti, come leggiamo in Giovanni 3,34.

… per questo mi ha consacrato con l’unzione …

L’“essere unto” nella Bibbia descrive l’essere scelto da Dio per un ministero. Nell’Antico Testamento, tre categorie di uomini furono unti: chi serviva come re, chi come profeta, e chi come sacerdote. Gesù Cristo è il vero re, il vero profeta, e il vero sacerdote. L’unzione di Gesù non fu fisica ma spirituale, fu lo Spirito Santo a ungere Gesù.

… e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio…

Il vangelo è annunciato ai poveri, in questo caso si intente poveri nel senso spirituale, cioè a coloro che sono disposti ad ascoltare la parola e pongono tutte le sue sicurezze in Dio solo, contrariamente a coloro che hanno il cuore indurito e ostinato: gli abitanti di Nazareth, suoi concittadini. I poveri diventano una categoria non più sociale, ma teologica. Gesù parla dei  poveri in spirito nelle beatitudini (Matteo 5,3) Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

… a proclamare ai prigionieri la liberazione …

Questo versetto va letto in chiave cristologica, Gesù non è andato nelle carceri a liberare i prigionieri, ma è venuto a liberare gli uomini che sono prigionieri e schiavi del peccato (Gv 8,31-42). Un esempio è Zaccheo (Lc 19,1-10) liberato dalla schiavitù del materialismo ritrova la libertà in Cristo.

… e ai ciechi la vista …

Questa parte non è presente in Isaia 61, ma è presente in altri capitoli sempre di Isaia (29,18; 35,5-6; 42,7). Luca lo aggiunge per rendere più completa la missione del Messia, in questo caso riguarda i miracoli di guarigioni operati da Gesù.

… a rimettere in libertà gli oppressi …

Al tempo di Gesù c’erano delle categoria sociali che rimanevano emarginate dalla vita religiosa e quindi socialmente oppressi. Il messaggio di Cristo non esclude nessuno, anzi sono spesso gli emarginati ad accogliere per primi Gesù nella loro vita, infatti accogliere Gesù significa lasciarsi investire dalla benevolenza e dalla misericordia di Dio.

… a proclamare l’anno di grazia del Signore .

L’anno di grazia si riferisce all’anno del giubileo. Secondo la legge di Mosè (Lv25) in quell’anno lo schiavo poteva ritornare nella sua proprietà di origine, anch’essa resa libera nella stessa circostanza. Il Nuovo Testamento accettò di fatto la schiavitù perché la società non era ancora pronta per abolirla ( Ef 6,8; Col 3,22; Fm 16), ma enunciò i fondamenti dottrinali, che, alla fine, avrebbero portato all’abolizione della schiavitù ( Gal 3,28).

LA REAZIONE DEGLI ABITANTI DI NAZARETH

l’automanifestazione di Gesù viene rifiutata con una gradazione crescente: Inizialmente lo stupore,  segue la risposta polemica, poi l’ira e infine la cacciata violenta. Gli uomini di Dio non vengono accolti in patria, loro lo hanno visto crescere e vivere insieme per tanti anni, sanno che è un buon ebreo, ma pare troppo strano che è proprio lui l‘unto di Dio, il Messia. Gesù vedendo una reazione molto diffidente cita due episodi dell’antico testamento, dove Dio manifesta la sua misericordia a degli stranieri, anziché al suo popolo. Questo a causa della lontananza del popolo ebraico nei confronti di Dio. Per un ebreo orgoglioso questi episodi sono un’umiliazione e averli citati gli fa andare su tutte le furie. In quanto Gesù paragona loro, con quei antichi ebrei che non accogliendo i profeti del tempo non ricevono le benedizioni di Dio, allo stesso modo  la cui incredulità nei confronti di Gesù si manifesta come una chiusura, che impedisce di operare miracoli. Vediamo quali sono questi due episodi:

  1. LA VEDOVA DI SEREPTA (1 RE 17,9-16)

In questo brano la terra è colpito da una lunga carestia. C’arano tante vedove nella terra d’Israele, ma il Signore in nessuna di loro ha trovato fede, per questo manda Elia da questa vedono in una città della Fenicia. Lei nonostante le scarse risorse, condivide quel poco con Elia facendo una focaccia anche per lui con la promessa che nessuno morirà di fame. La vedova si fida e il Signore può benedirla. In seguito Elia resusciterà anche il figlio della vedova.

  • NAAMAN IL SIRO (2 RE 5)

Naamàn era il comandante dell’esercito di Aram, considerato un eroe, ma malato di lebbra. Venne a conoscenza della grandezza del Dio d’Israele, che poteva liberarlo da questa malattia. Si recò da Eliseo che gli disse di bagnarsi sette volte nel Giordano e sarebbe guarito. Inizialmente non volle andare, ma dopo varie insistenze fece ciò che Eliseo aveva detto e guarì.

PRIME AZIONI PUBBLICHE DI GESÙ 1/2

LE NOZZE DI CANA                                                                                                                     GIOVANNI 2,1-11

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le anfore”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”. Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

UN PRIMO SEGNO DI UNA NUOVA ERA

Nel racconto delle nozze di Cana di Galilea, Gesù diede inizio ai suoi miracoli. Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui  (Gv 2,11). Questo versetto conclusivo della narrazione del miracolo, ne mostra il vero significato: Una rivelazione messianica. Molti i tratti messianici presenti: il contesto del banchetto e delle nozze (Gesù è lo sposo messianico), l’abbondanza del vino e la sua qualità, l’acqua preparata per le abluzioni rituali trasformata in vino (l’antica legge cede il posto alla nuova). Il miracolo è un segno attraverso il quale Gesù si manifesta. Per Giovanni il segno è l’azione di Gesù, in questo caso l’acqua trasformata in vino. I segni, nel linguaggio biblico, si intente qualcosa di straordinario che compie Dio, e l’uomo non avrebbe mai potuto compiere, o non si sarebbe potuto compiere per puro caso. Si tratta di un modo che Dio comunica con l’uomo, anche in forma enigmatica. Questo è il primo segno che Gesù compie in pubblico manifestando qualcosa di se stesso, non con parole, ma con fatti. È un invito a credere nella sua persona. Gesù manifestò la sua gloria, cioè si manifestò come il salvatore e l’inviato di Dio. Con il miracolo a Cana Gesù inaugura un tempo nuovo, simboleggiando il passaggio a una nuova economia salvifica: Non più l’acqua che purifica, come per le usanze ebraiche, ma la fede in Gesù. È giunta l’ora del nuovo, della vita nuova. L’Antico Testamento cede il posto al Nuovo Testamento. Sta nascendo l’uomo nuovo. È un segno che mostra la generosità di Gesù: come il vino fu abbondante, così donò se stesso senza risparmio, fino in fondo e totalmente. Il vino nuovo viene dato dal vero sposo, che è Gesù. È lui che dona il buon vino! Il significato di questo segno presagisce la sua missione sulla terra, ma quel giorno il significato non fu colto per le persone presenti a eccezione dei discepoli che credettero in lui. Durante la vita di Gesù ci furono molti altri segni, quello definitivo fu la vita donata sulla croce. E lì che Gesù manifesterà la sua gloria in pienezza, l’ora della glorificazione definitiva. Gli altri segni non fanno altro che preparare questo momento del grande segno, il passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dall’acqua al vino nuovo. Giovanni non parla dell’istituzione dell’eucaristia, ma ci parla del segno del vino (cap. 2) e del pane (cap. 6). Lungo il suo vangelo, Giovanni parla dell’eucaristia, di Gesù stesso vero pane e vero vino, la Parola che si fa carne. Chi crede e mangerà questa carne, avrà la vita.

IL RUOLO DI MARIA

Nel vangelo di Giovanni, Maria appare solamente due volte: nel primo segno e nell’ultimo, quando Gesù muore in croce. È lei che è presente alla prima e all’ultima ora: è il modello del discepolo attento e fedele. In questo racconto troviamo anche Maria madre di Gesù protagonista della vicenda. Lei incoraggia Gesù a compiere un miracolo per risolvere una problematica. Nei banchetti il vino era importante. Gesù risponde in maniera che a noi potrebbe sembrarci sgarbata: Donna, che vuoi da me? Ma in realtà si tratta di un modo dire ebraico, usato da chi intende mantenere una certa distanza rispetto al proprio interlocutore. Non è una espressione sgarbata, che infatti Gesù accetta l’incoraggiamento e compie il miracolo. I protestanti usano invano questa risposta di Gesù per mettere in discussioni i dogmi cattolici su Maria.

LE TENTAZIONI DI GESÚ

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo (Lc 4,1-2). Nel battesimo nel Giordano, Gesù ricevette un segno, che gli donò una nuova e maggiore consapevolezza di se stesso e della sua vocazione. Questo non significa che ciò gli fosse nascosto anteriormente. Già dalla sua infanzia egli sapeva chi era e aveva un’idea della sua missione (Lc 2,49). Però come uomo sperimentò la legge della crescita in tutte le sue dimensioni, anche di conoscenza e consapevolezza: “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.” ( Lc 2,52). La voce del cielo udita sulle sponde del Giordano gli confermò che la sua missione di Messia assomigliava a quella del Servo di Dio, descritto nel libro del profeta Isaia. Fu un’esperienza forte e non stupisce che abbia sentito la necessità di ritirarsi nel deserto, sospinto dallo Spirito stesso, “per essere tentato dal diavolo” ( Mt 4,1) Tutta l’umanità inclusa la chiesa è esposta alle tentazioni, Gesù non può essere da meno. Anche lui si sottopone a questa dura, nel deserto dopo 40 giorni di digiuno, nel momento in cui è più debole, arrivano le tentazioni. Di fronte alle difficoltà, al dolore, al sacrificio, alla morte sorge la tentazione di scegliere altre strade più comode. Saranno queste che il tentatore proporrà a Gesù. Superando le tentazioni prima di iniziare pubblicamente il ministero dimostra aver aderito completamente alla volontà del Padre e di conseguenza di essere degno di compiere la missione. Questa non sarà l’ultima volta in cui Gesù subisce tentazioni, per tutta la vita sarà sempre sottoposto a tentazioni. Luca e Matteo ci presentano un quadro simbolico dei tre tipi di tentazione. Sono tre tentazioni che si possono riassumere in una sola: abbandonare o modificare la strada indicata da suo Padre.  Quelle nel deserto erano collegate con la sua vocazione. Su ognuna di esse egli trionfò. Qui possiamo vedere un parallelo: Dove Israele non aveva retto alla tentazione, Gesù dimostra invece assoluta fedeltà a Dio. Questo  è un esempio per tutti, che le tentazioni si possono superare e vedremo anche come superarle. durante tutta la sua vita.

IL DESERTO

Per comprendere meglio l’andata di Gesù nel deserto, dobbiamo sapere ciò che questo significava per i giudei. Nel deserto i loro padri passarono 40 anni prima di entrare nella terra promessa ed è lì dove Mosè ed Elia ebbero esperienze di preghiera e di digiuno di 40 giorni in vista delle loro rispettive missioni (Es 24,18 e 1Re 19,8). Il deserto era prima di tutto il luogo dell’incontro con Dio e della preparazione per le grandi missioni. È nel deserto che Mosè ed Elia conobbero il Signore. Anche Gesù andò nel deserto prima di iniziare la sua missione. Aveva bisogno di conoscere la volontà del Padre e stare in preghiera con Lui. Così durante la vita pubblica sarà sua abitudine ritirarsi in luoghi solitari per ascoltare e parlare con il Padre e cercare come rimanere nella linea che gli era stata indicata nel battesimo.

LA PRIMA TENTAZIONE

Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio“. (Matteo 4,3-4)

Gesù sapeva che, come ogni uomo, doveva lottare, sopportare privazioni, stanchezza, calunnia, persecuzione e abbandono. La risposta non è stata nella fuga, ma nella volontà del Padre: questo è il vero cibo (Gv 4,34). La vera motivazione profonda è amare Dio e fare la sua volontà, a qualunque prezzo. Infatti l’uomo vive della parola che esce dalla bocca di Dio, della Parola, della risposta di Dio e della comunione con lui. È un atteggiamento di fiducia: è scegliere le sue soluzioni. Gesù dipende totalmente da suo Padre. Gesù antepone il servizio di Dio alle necessità materiali.  Gesù risponde con la Citazione di Dt 8,3: la vita del Figlio di Dio è caratterizzata dall’ascolto del Padre, dall’obbedienza ai suoi disegni. La tentazione qui è usare i miracoli per il proprio beneficio. Il compiere un miracolo a proprio beneficio lo avrebbe fatto deviare dalla sua missione, essere uomo tra gli uomini, necessaria per la salvezza dell’umanità. Perciò la volontà di Dio ha priorità sulle necessità materiali. Un altro esempio per questo tipo di tentazione lo troviamo in Marco 8,11, quando i farisei chiedono un miracolo per metterlo alla prova.

LA SECONDA TENTAZIONE

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. Gesù gli rispose: “Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”. (Matteo 4,5-7)

Sarà una tentazione frequente. In varie occasioni il popolo ha voluto proclamarlo re (ad es Gv 6,15). Era la tentazione del potere, del dominio sul popolo, del credere che la felicità consiste nell’avere e che il regno di Dio si realizza in questa via. La tentazione dell’esibizionismo, usare la potenza di Dio, non per fare del bene al prossimo, ma per attrarre l’attenzione concentrando la gloria su se stesso. La stesse tentazione arriverà quando i farisei  incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova” (Mc 8,11). Gesù venne a servire gli uomini, non a essere servito. Il suo servizio consiste nel dare la vita (Mt 20,28). Solo Dio deve essere adorato e la vera adorazione consiste nell’adempiere fedelmente la volontà del Padre e la missione ricevuta da Lui. Il nostro culto è offrire noi stessi a Dio come offerta sacra e gradita (Rm 12,1). Il vero culto è la sottomissione a Dio. Da notare come il diavolo per ingannarlo usa la scrittura (Salmo 91,11-12), Ma Gesù ha l’abilità di confrontare scrittura con scrittura (Dt 6,16) per comprendere la vera volontà di Dio. la fede non mette Dio alla prova, ma si affida alla sua bontà.

LA TERZA TENTAZIONE

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Allora Gesù gli rispose: “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. (Matteo 4,8,-11)

Quello che il diavolo propone è raggiungere l’obbiettivo di regnare sulla terra segna passare dalla croce e quindi senza aderire al piano di Dio. Tutto questo violando il primo comandamento (Dt 6,13). Dio è l’unico punto di riferimento, l’unica sicurezza. Rinunciare a camminare nella fede per piegare il piano di Dio a nostro vantaggio è peccato. È la tentazione di chi ha paura di affidarsi totalmente a Dio. È anteporre la nostra volontà a quella di Dio. Gesù sa che non è Dio che deve convertirsi a lui, ma è lui che deve aderire al Padre. Gesù vuole essere l’umile servo: per questo è nato. La stesse tentazione si ripeterà con Pietro quando cercò di trattenerlo dal cammino della passione e della croce, oppure quando inchiodato alla croce, la gente gli griderà: “…Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!… È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo” (Mt 27,40.42). Ma Gesù aveva già scelto quando nell’Orto degli ulivi disse al Padre di fronte alla morte: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42)

RIASSUMENDO

Per queste tentazioni prese da Marco sono ambientate durante i 40 giorni di Gesù nel deserto. La soluzione è sempre la medesima: la volontà perfetta del Padre sopra ogni cosa, questa è la vera felicità e la nostra missione. È segno di fede e di amore. Da notare che in tutte le tentazione, Gesù non perde tempo a discutere con il diavolo, ma va direttamente alle scritture, dicendo “sta scritto”. Il diavolo davanti alla parola di Dio e alla fede non può nulla, rimane sempre sconfitto. Questo è anche un esempio per noi per come si sconfiggono le tentazioni.