LA PIGRIZIA

  • Fino a quando, pigro, te ne starai a dormine? Quando ti scuoterai dal sonno? (PR 6,9) e intanto arriva a te la povertà, come un vagabondo, e l’indigenza, come se tu fossi un accattone (11)
  • Come l’aceto ai denti e il fumo negli occhi, così è il pigro per chi gli affida una missione(PR 10,26)
  • Il pigro brama, ma non c’è nulla per il suo appetito, mentre l’appetito dei laboriosi sarà soddisfatto (PR 13,4)
  • In ogni fatica c’è un vantaggio, ma le chiacchiere portano solo misera (PR 14,23)
  • Il pigro immerge la mano nel piatto, ma non è capace riportarla alla bocca (PR 19,24)
  • Il pigro dice: << C’è un leone là fuori: potrei essere ucciso in mezzo alla strada >>. (PR 22,13)

Il libro dei proverbi esalta la laboriosità e l’uomo industrioso, quello che si dà da fare, che ha iniziativa: le ricchezze così guadagnate sono una benedizione. La pigrizia viene considerata come segno di stoltezza che è l’esatto contrario di saggezza o sapienza. L’uomo saggio è anche quello che sa che deve lavorare per guadagnare, e si dà da fare, ognuno ha il dovere di contribuire a far prosperare la società, così avrai diritto al tuo salario. Se non è il lavoro, può essere anche lo studio per prepararsi al lavoro. Chi è pigro e non studia e non lavora, o se lo fa, non lo fa con sufficiente impegno allora questo potrà portare ad avere un lavoro di basso livello e quindi di scarso guadagno e questo può essere conseguenza di povertà materiale che porta la persona ad essere depressa e frustrata per non avere un lavoro appagante. Questa frustrazione avrà ripercussioni nel rapporto con le altre persone; porterà a essere permalosi e poco solari e con poca reattività di fronte ai problemi. Ci sarebbe il desiderio di avere un lavoro interessante e sicuro, ma rimarrà solo un sogno fin quanto continuerà ad essere pigro. Una persona pigra vuole avere tutto ciò ma non è disposto a impegnarsi per raggiungere l’obiettivo. La pigrizia inoltre porta a inventarsi delle scuse per non fare il proprio dovere e non è in grado di finire ciò che ha iniziato, non per incapacità ma per mancanza di voglia. Non si dovrà lamentare se si troverà in condizione d’indigenza perché senza sforzi, sacrifici, impegno e dedizione non si riuscirà mai ad ottenere gli obiettivi prefissati, come quello di trovare un buon lavoro o possedere una bella casa. Se poi qualcuno pensa di guadagnare non lavorando ma facendo cose illecite è un illuso, perché porterà soltanto alla rovina. Una persona pigra ha uno stato d’animo che porta a fargli pensare che sforzarsi di svolgere il proprio dovere sia un sacrificio immane, è più comodo inseguire l’ozio e passare il tempo a fare cose futili e questa mentalità porterà a una predisposizione ad avere più vizi che renderà la persona schiava. Chi invece lavora o studia in maniera adeguata, porterà alla ricchezza e una vita soddisfatta in quel campo. Esiste anche una sorta di pigrizia spirituale, dove non si ha voglia di dedicare del tempo per il Signore, perché pensa magari, anche se dichiara di essere credente, ritiene che pregare sia una cosa noiosa, è molto meglio dedicare il tempo per il piacere. Evidentemente non è mai stato insegnato a passare del tempo con Dio, perché è tutt’altro che noioso e una perdita di tempo, anzi è invece quello che darà valore alla propria vita. La soluzione alla pigrizia passa proprio da Dio; bisogna prima di tutto pentirsi per questo peccato e chiedere perdono a Dio. Una volta pentito non pensare a tutto quello che avresti potuto fare e tutte lo soddisfazioni che ti sei perso, volta pagina un volta per tutte. Poniti degli obbiettivi, iniziando dalle piccole cose e non fermarti a metà. Se ci si sente stressati e con poca energia prega Dio perché spazzi via ogni stress. E se si inizia bene e con decisione, ponendoci un obiettivo ben preciso, riusciremo a completarla con successo. Se si ama il Signore e si pensa che ogni cosa lo faccia per lui, fosse anche solo a spazzare per terra, questo darà la forza e la voglia per impegnarsi in ogni cosa. Spesso succede che prima di svolgere qualsiasi attività non si ha nessuna voglia di farla, ma l’energia e la voglia di fare vengono non appena si inizia. Se riusciremo a portare a termine piccoli obbiettivi allora potremo iniziare ad avere delle ambizioni più grandi. Ricordarsi sempre che per ogni progetto non mettere da parte il Signore.

LASCIARSI TRASFORMARE DA DIO

  • Togli le scorie dall’argento e l’orafo ne farà un bel vaso (PR 25,4)

L’argento come tutti i metalli non si trova in natura allo stato puro, ma si può soltanto trovare nelle rocce insieme ad altri elementi. È necessario un lungo processo di raffinazione per estrarre l’argento dalle rocce e purificarlo dalle scorie. Dopo di che, si può fondere l’argento puro per ottenere un piatto o un vaso e finalmente potrà essere usato per metterci dentro o sopra qualcosa. Questa illustrazione può essere paragonata con il nostro rapporto con Dio. Finché una persona non è credente, non è minimamente interessata a Dio, ma quando si converte si passa da scappare a cercare Dio. Quando finalmente avviene la conversione dopo anni vissuti completamente nel peccato, tra vizi e cattive abitudini siamo solo all’inizio del percorso. La fase successiva è rinnovare la nostra mente, cambiando i nostri pensieri e i nostri schemi mentali, di conseguenza cambieranno anche le nostre parole e infine le nostro modo di agire e relazionarci con il prossimo. Il punto di partenza sono sempre i nostri pensieri; se sono buoni, allora parleremo e opereremo bene, se sono malvagi parleremo in modo malvagio e faremo opere empie o ipocrite. È anche da qui che satana ci attacca e vuole che pensiamo a cose malvagie in modo che influenzi anche il nostro comportamento, ad esempio se continuiamo a pensare a una persona che in passato ci ha offeso; il giorno in cui la incontreremo saremo indifferenti o scorbutici con quella persona. Se siamo in sovrappeso e continuiamo a pensare ai dolci ci compreremo una torta. Se siamo fidanzati o sposati e continuiamo a pensare a una bella ragazza che incontriamo sempre a scuola o al lavoro saremo portati al tradimento. Così i nostri pensieri fanno la differenza e rinnovando la nostra mente dobbiamo cacciare via i pensieri malvagi e accogliere quelli buoni e se riusciremo a fare ciò, compiere il bene sarà che facile.  Non tutti però sono disposti o sono consapevoli di fare questo cammino. Ci possono essere cristiani che credono e amano il Signore, ma non hanno rinnovato la loro mente, per questo fanno fatica a perdonare, ad amare e a compiere opere buone. La scrittura dice: Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (Romani 12,2). È necessario quindi lasciarsi trasformare da Dio senza opporre resistenza, perché avendo tutti noi il libero arbitrio possiamo impedire che Dio ci trasformi a Sua immagine a somiglianza. Se invece ci lasciamo trasformare da Dio non importa quanto sei peccatore, potrai anche essere violento o tossico dipendente, ma nulla è impossibile a Dio. Il Signore ha la potenza di cambiare il nostro cuore come è stato profetizzato riguardo il nuovo patto per mezzo del sacrificio di Cristo: Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi (Ezechiele 36,26-27). Un credente che non è ancora maturo spiritualmente prega in questo modo: Signore dammi questo! Signore voglio quest’altro! e così via … Pensando solo di dover chiedere qualcosa; ma quando si cresce spiritualmente si passa dal “Dammi” al “Fammi”. Come nella parabola del figliol prodigo in Luca 15,20 dove il figlio minore chiede a suo padre: “Dammi” la parte di eredità che mi spetta. In seguito dopo aver sperperato il denaro con una vita dissoluta, si ritrova a pascolare i porci e si rende conto di essere caduto davvero in basso. Torna dal padre e questa volta dice: “Fammi” Come uno dei tuoi garzoni. Bisogna quindi passare dal “Dammi” al “Fammi”. Per poter permette a Dio di cambiare il nostro cuore a sua immagine e somiglianza.  Se lasceremo che Dio tolga in noi le scorie, ovvero la natura malvagia allora ci preparerà ad essere usati da Lui in modo potente, come non è possibile usare l’argento finché non è puro, così non possiamo essere dei servitori efficienti se non ci siamo purificati dal peccato. È bene precisare che non saremo mai perfetti, saremo sempre peccatori ma saremo purificati sufficientemente per essere usati da lui. Questa purificazione non avviene rapidamente ma poco alla volta e in maniera quasi impercettibile, ma quando ci volteremo indietro vedremo quanta strada abbiamo fatto  diremo: <<Questa è opera dell’eterno>>. Una volta che saremo pronti ci potrà mettere nel nostro cuore dei doni spirituali, proprio come si appoggia un oggetto nel piatto d’argento. I santi hanno dovuto intraprendere questo percorso per arrivare al livello spirituale che erano. Come possiamo fare in modo che Dio cambi il nostro cuore? La cosa fondamentale è la preghiera. Pregate in questo modo: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo (Salmo 51,12) che Cristo possa dimorare presso di me eliminando tutti i pensieri malvagi e tutta la mia natura malvagia derivante dall’uomo carnale e aiutarmi a lasciarmi guidare dallo Spirito Santo. Questo è un modello di preghiera, ma non è da dire in maniera superficiale, ma va detta con il cuore e con il reale desiderio di cambiare e la consapevolezza che con le nostre sole forze non ce la possiamo fare, ma con Gesù e la sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie a colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria (2Pietro 1,3). Oltre la preghiera bisogna anche leggere la scrittura perché è il modo più semplice che ha Dio per parlarci e per educarci, infatti tutta la scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Timoteo 3,16). Per questo bisogna dedicare del tempo a Dio sia per pregare che per leggere la parola e per crescere spiritualmente le due cose devono andare di pari passo. Se un ragazzo vuole sviluppare i muscoli la prima cosa che può fare è andare in palestra e se avrà anche un personal trainer che lo segue gli dirà che se vuole aumentare la massa muscolare, oltre agli esercizi in palestra dovrà anche seguire una dieta. Questo perché se anche se si fanno tutti gli esercizi in palestra, ma si mangia in maniera sbagliata i muscoli non si possono sviluppare più di tanto perché essi hanno bisogno di assimilare una certa quantità di proteine per consentirne l’aumento della massa. Così anche mangiando bene ma avere una vita sedentaria non si ottengono grandi risultati perché è necessario anche l’allenamento. Crescere spiritualmente non è molto diverso: Gli esercizi fisici li si può paragonare alla preghiera giornaliera che è la palestra dell’anima e la dieta corretta con la parola di Dio che è il cibo dell’anima. Se una persona prega ma non legge la scrittura, manterrà sempre il suo livello spirituale ma non potrà cresce più di tanto. Se invece si legge la Bibbia ma non si prega, dei benefici ci saranno lo stesso perché è pur sempre la parola di Dio però si finirà per leggere in maniera meccanica e con poco fervore e talvolta capendo poco. Per questo motivo che vanno fatte entrambe le cose se si vuole crescere come cristiani o si vuole cercare Dio. Questo lo posso testimoniare in quanto ho avuto un periodo dove pregavo ma non leggevo la Bibbia e un altro dove leggevo la Bibbia ma pregavo poco. Personalmente posso consigliare di iniziare dal nuovo testamento, i quattro vangeli, meditandoli nel proprio cuore e non limitarsi a leggerli senza ragionaci su perché non conta quante pagine riesci a leggere, ma conta cosa riesci a capire e imparare da quello che leggi e tutto questo senza trascurare la preghiera, anzi pregare appena prima di leggere la scrittura. Se non si capisce qualcosa e non si ha una persona di riferimento che conosce le scritture, la risposta, nei giorni nostri la si può anche trovare su internet, è possibile anche trovare diversi commentari che spiegano in maniera dettagliata il nuovo testamento. Si può passare successivamente con l’antico testamento, dalla genesi fino a percorrere tutti i libri storici, profetici e sapienziali. Infine le epistole di Paolo e le altre lettere fino ad arrivare all’apocalisse. In questo modo avremo un quadro completo di tutte le scrittura. Anche la partecipazione alla SS Messa è importante per l’edificazione spirituale, essendo un’occasione per ascoltare la parola e pregare insieme ad altre persone, ed è il momento anche per prendere l’eucarestia. Pietro nella sua seconda lettera propone una sorta di percorso di crescita spirituale che un credente deve intraprendere per avvicinarsi sempre più a Dio:

Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. (2Pietro  1,5-7). 

In questo cammino di Dio, il punto di partenza è la fede. Senza la fede non ci si può avvicinare e piacere a Dio. Per passare di livello ci vuole impegno, dedizione, preghiera e studio della parola. Dalla fede nascono le virtù, i principi fondamentali che ti consentono di avere discernimento e capire ciò che buono e malvagio agli occhi di Dio. La fede e la virtù insieme ti dà quella fame e quella spinta di voler conoscere la parola di Dio in maniera più approfondita, in questo modo sarai anche più consapevole delle virtù che sono nate in te mediante la fede. Se si vuole trarre profitto dal leggere e studiare la Bibbia bisogna prima avere fede e virtù, infatti anche un ateo potrebbe leggere il Vangelo, ma a causa della sua cecità spirituale non può portarlo a una crescita spirituale, salvo forse a rare eccezioni. Non basta però sapere quello che dice la scrittura, ma bisogna anche saperla mettere in pratica e da qui avviene una dura lotta contro il maligno e contro la nostra natura carnale di cui dobbiamo prenderne il controllo e ridurla in schiavitù. Da qui possiamo passare alla temperanza, ovvero all’autocontrollo. Dobbiamo cercare di mantenere sempre il controllo di noi stessi; avere fissi in mente e nel cuore i principi fondamentali del Vangelo e vivere in maniera coerente con essa e non lasciare che lo stress o forti emozioni negative ci allontanano da Dio, ma rimanere sempre aggrappati alla sua parola. Perdere il controllo di noi stessi è come consegnare le chiavi a satana per farci fare quello che vuole lui. Per questo ci vuole un elemento in più che è la pazienza, infatti è in mancanza di pazienza che a volte possiamo perdere il controllo di noi stessi. Una volta che riusciremo a mantenere sempre il controllo saremo pronti spiritualmente perché Dio ci possa dare i suoi doni spirituali a partire dalla pietà, ovvero la compassione verso chi soffre. Inizieremo a comprendere meglio la sofferenza del prossimo e avremo il desiderio di aiutarle senza puntagli il dito e giudicarle, ma agendo con saggezza come Cristo ha insegnato. Dalla pietà il sentimento si può evolvere in amore fraterno, che sarebbe il provare affetto nei confronti delle persone adempiendo il comando “ama il prossimo tuo come te stesso” esteso quindi a tutte le persone che ci stanno attorno compresi i nemici. L’amore fraterno si mette in pratica nel fare agli altri quello che noi vorremmo fosse fatto a noi. Infine i può arrivare in fondo al percorso con la carità, ovvero l’amore “agape”. Il tipo di amore più sublime che c’è, solo chi è vicino a Dio può ricevere questa potente unzione d’amore. Chi non conosce Dio può anche provare dell’amore fraterno per qualcuno in particolare, ma non può arrivare al livello della carità perché solo Dio può dare questo nel cuore della persone e lo può solo dare nei cuori che si sono predisposti per riceverlo. In ogni caso si avrà amore “agape” solo per le persone che ci stanno più vicino nella nostra vita e nessuno potrà vantarsi di poter provare questo amore perché è comunque sempre un dono di Dio e la gloria va tutta a lui. Ogni dono di Dio, presente in voi e fatti crescere, non vi lasceranno inoperosi e senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo (2Pietro 1,8). Se riuscite a completare tutto il percorso di trasformazione illustrata nella lettera di Pietro vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro Gesù Cristo (11). 

IL VALORE DELL’UMILTÁ

  • Non darti arie davanti al re e non metterti al posto dei grandi, perché è meglio sentirsi dire: <<Sali quassù>>, piuttosto che essere umiliato davanti a uno importante (PR 25,6-7)
  • Mangiare troppo miele non è bene, né cercare onori eccessivi (PR 25,27)
  • Chi disprezza il prossimo pecca, beato chi ha pietà degli umili (PR 14,21)
  • Dove c’è insolenza c’è anche disonore, ma la sapienza sta con gli umili (PR 11,2)

L’umiltà è un valore fondamentale nella vita del credente, senza di essa non si può essere accettati da Dio, perché chi non è umile non è disposto a sottomettersi a Dio. L’umiltà per definizione è la consapevolezza dei propri limiti, che fa sì che non ci si inorgoglisca per le proprie qualità, virtù, meriti o successi e non si cerchi fama e ricchezza. In molte parti della Bibbia si parla dell’importanza dell’umiltà tra cui anche il libro dei proverbi. In particolare il concetto che esprime il primo versetto qui riportato è di avere sempre un atteggiamento umile di fronte agli altri, senza comportarsi da spavaldo e sentirsi superiori ambendo a una posizione sociale più elevata per poi vantarsi dei propri successi. Anche Gesù ne parla nel Vangelo: quando entrate in un’assemblea non mettetevi ai primi posti per evitare la possibilità che ti dicano di andare in fondo per fare posto a chi è più importante di te, e questo sarebbe un’umiliazione nei tuoi confronti. Mettiti invece all’ultimo posto in modo che se ti viene detto di mettersi al primo posto sia per te un onore davanti agli altri. Perché chi s’innalzerà, sarà abbassato, e chi si umilia, sarà innalzato (Matteo 23,12). Questo è il principio che sta dietro a tutto questo. Gesù, infatti, oltre a predicarlo lo ha anche messo in pratica, perché pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte a una morte di croce (Filippesi 2,6-8). Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio (Giovanni 1,1). Quindi, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, del tipo: “Ehi, questi non sanno chi sono io? Non sanno quanto sono importante? ma annichilì se stesso prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini ed è venuto in forma di servo uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente a Dio fino alla morte sulla croce, una delle più crudeli e dolorose che potevano esistere. Appeso lì sopra davanti allo scherno e all’ira della folla; disprezzato e rigettato dagli uomini. Gesù è stato disposto a farlo per te.  E così dalla gloria, dall’essere uguale a Dio, fino alla crudeltà della croce romana. Lui ha umiliato se stesso, per questo Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome. (9)  Cristo non si è umiliato invano perché umiliandosi alla croce, il Signore l’ha innalzato come re del regno di Dio, in modo che lui possa fare da intermediario tra noi e Dio, lavando i peccati con il suo sangue; e tutto questo per essere giusti e riconciliati con Dio se crediamo e obbediamo alla sua parola. Così anche i cristiani non si umiliano inutilmente perché il Signore li innalzerà nel regno di Dio. Il principio di non innalzarci lo possiamo applicare anche noi in vari contesti, prima di tutto nel rapporto con Dio, se ci umiliamo davanti a lui, ci innalzerà quando saremo in cielo, infatti Gesù ha anche detto: << chi mi vuole seguire rinneghi se stesso prenda la sua croce e mi segua perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà  >> (Matteo 10,38-39). Se ci sottomettiamo a Dio andando contro il nostro orgoglio e il nostro egoismo, avremo una vita terrena in pace e un posto speciale nel regno di Dio. Gesù poi disse ancora: << Chi è più grande, il padrone o il servo? Il padrone, ma io sono venuto sulla terra per servire non per essere servito >>. Infatti, rifiutò quando le genti vedendo i miracoli volevano farlo re, perché la sua missione era di guarire, scacciare demoni, predicare la parola; essere quindi uno che serve e non che viene servito. Anche se avrebbe avuto tutti i diritti per pretendere di farsi re, ma in questo modo non ci sarebbe stata la possibilità per l’uomo di ottenere la salvezza per mezzo del suo sacrificio. Questo però deve essere anche un esempio per noi, come un contesto nella vita reale può essere nel luogo di lavoro. Qualcuno potrebbe mettersi al primo posto ambendo a diventare un responsabile e comportarsi e atteggiarsi con spavalderia, dicendo a tutti che è lui il migliore e destinato a diventare il capo. Se poi a diventare responsabile viene scelto un altro allora sarà per lui un umiliazione davanti a tutti. Invece avere un atteggiamento umile è fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile con umiltà senza entrare in competizione con nessuno e se poi si viene scelti come responsabili allora sarà un onore davanti agli altri. Bisogna però non cedere all’orgoglio e tener presente che è Dio che ti ha messo in quella posizione, e anche li bisogna comportarsi sempre in maniera degna di un credente. L’errore di volersi mettere al primo posto lo avevano anche i discepoli di Gesù quando durante il cammino discutevano tra di loro chi sarebbe stato il più grande. Gesù appena saputo di questo, disse ai discepoli di sedersi attorno a lui. Tutte le volte che diceva così era un segnale per dire che stava per dire qualcosa di grosso. Gesù avrebbe dovuto avere una grande pazienza a sopportare certe cose proprio da parte dei suoi discepoli che lo conoscevano bene e si aspettava di più da loro. Disse dunque: << I re governano le nazioni con forza e si fanno chiamare benefattori, ma tra voi non siate così, chi vorrà essere il più grande si faccia servitori degli altri >> (Marco 10,42). In questo passo, Gesù al posto di rimproverare i discepoli per il loro orgoglio, dice semplicemente cosa devono face se vogliono essere i più grandi. Amare e servire gli altri. Il sentiero della grandezza passa per l’umiltà. Il Signore ci esorta ad essere sempre generosi e servizievoli l’uni verso gli altri, e più saremo così, maggiormente saremo vicini a Dio. Questo è anche un occasione di mettere i pratica il comandamento dell’amore verso il prossimo. Se si ha tempo e c’è la possibilità è sempre consigliato fare del volontariato, in questo modo metterai in pratica questo comandamento e ci potranno essere occasioni per testimoniare la propria fede, o condividerla con altri credenti. I frati francescani applicano alla lettera questo insegnamento con zelo: Il frate superiore è quello che serve gli altri nelle attività come la distribuzione dei pasti, appunto perché chi vuole essere il primo, sarà il più umile di tutti. Nel Vangelo di Giovanni 13,2-17 abbiamo anche un episodio dove Gesù, dopo l’ultima cena, lava i piedi a tutti i discepoli,  facendo ciò insegna il valore dell’umiltà. Nella cultura dell’epoca, quando qualcuno entrava in casa di altri, dopo un lungo viaggio, se il padrone di casa era ben accogliente gli faceva lavare i piedi da un servo a sua disposizione. Questo quindi era considerato un lavoro per persone molto umili. Gesù fece tutto questo per essere d’esempio agli altri. Purtroppo per il mondo questo concetto è estraneo e va in controcorrente con la mentalità comune; si pensa che per considerarsi grandi bisogna salire nella scala sociale con decisione e con competizione fino ad arrivare a una posizione di potere o di prestigio. Ma tra chi è giusto non deve essere così. Bisogna decidere chi vuoi che ti esalti? Dio o gli uomini?  La gloria che da l’uomo è sempre fallace e temporanea, ma la gloria che darà Dio, invece sarà per la vita eterna. L’umiltà dunque è un valore essenziale per il giusto, se una persona non ha un cuore umile, non può piacere a Dio, perché non potrà mai arrivare al pentimento dei propri peccati. Bisogna comprendere che noi tutti siamo peccatori e privi della gloria di Dio (Romani 3,23), se non ci rendiamo conto di questo, siamo simili a quelli che dicono che sono senza peccato perché non hanno mai ucciso, rubato, ecc … Ma questo non basta ad essere giusti, anche se non hai mai fatto quelle cose potresti aver desiderato la donna d’altri o non onorato i tuoi genitori, come dice l’antico testamento: Maledetto chi non mantiene in vigore le parole di questa legge, per metterle in pratica! (Deuteronomio 27,26). La legge di Mosè serviva proprio a quello; a far rendere conto che si è tutti peccatori, infatti, la legge di Mosè, era una miriade di precetti complessi da eseguire alla perfezione e nessuno riusciva a rispettarli tutti. Quindi la legge è servita perché le persone si rendessero conto che avevano peccato e che sarebbero state destinate all’inferno, in quanto il salario del peccato è la morte (Romani 6,23) perciò avrebbero avuto bisogno di qualcuno che gli togliesse i peccati e che pagasse la punizione al posto loro. È qui che viene Gesù, infatti, lui che non ha mai commesso peccato, era l’unico che poteva salvarci. Essere umili quindi è indispensabile per riconoscere che siamo peccatori e pentirci, altrimenti ogni cosa che faremo di buono tenderemo a vantarci e gloriaci di noi stessi. Inoltre chi è umile evita la superbia, che è la causa di tutti i mali. Pregare e dire il Padre nostro va bene ma non significa nulla se prima non si riconosce di essere peccatori e si chiede perdono a Dio, la prima preghiera che Dio accetta è: “Abbi pietà di me peccatore” da qui inizia la relazione con Dio. Riconoscere poi Gesù come personale salvatore e come Signore, e solo da qui Dio inizierà ad ascoltare le tue preghiere. In mancanza di umiltà tutti questi passaggi non si possono fare. Inoltre con il valore dell’umiltà impareremo cosa significhi stare sotto un’autorità perché solo chi è orgoglioso e superbo non vuole stare sotto nessuno, ma se non si ha il senso dell’autorità tra gli uomini difficilmente si rispetterà l’autorità della legge di Dio, per questo è così importare essere umili, se non siamo umili non potremo mai seguire i principi del Vangelo nella sua pienezza.

IL TIMORE DEL SIGNORE

  • Il comando è una lampada e l’insegnamento una luce (PR 6,23)
  • Il timore di Dio è scuola di sapienza, prima della gloria c’è l’umiltà (PR 15,33)
  • Nel timore del Signore sta la fiducia del forte; anche per i suoi figli egli sarà un rifugio. Il timore del Signore è fonte di vita per sfuggire ai lacci della morte (PR 14, 27-28)
  • È meglio aver poco con il timore di Dio che un grande tesoro nell’inquietudine (PR 15,16). 
  • Il timore di Dio conduce alla vita e chi ne è pieno dorme tranquillo senza essere raggiunto dalla sventura (PR 19,23)
  • Beato l’uomo che sempre teme, ma chi indurisce il cuore cadrà nel male. (PR 28,14)

Uno dei doni che ha il credente per mezzo dello Spirito Santo è il timor di Dio, che non significa avere paura di Dio come se fosse un dittatore che è pronto a punirci quando sbagliamo. Il Signore è buono e quello che vuole è solo benedirti e renderti felice, ma per farlo è necessario che tu lo voglia seguirlo e non assecondare le menzogne del diavolo. Dio non vuole spaventare nessuno, vuole solo che noi ci assumiamo la nostra responsabilità, usiamo bene della nostra libertà aprendo a Lui il  nostro cuore. Non devi aver paura di avvicinarti a Dio per mezzo di Gesù Cristo, infatti Lui non venuto per condannarti, ma per salvarti. Timor di Dio significa aver paura di offendere Dio, e per arrivare a questo bisogna poterlo amare, rispettare e confidare in lui e riconoscerlo come salvatore. Infatti solo se ami veramente una persona hai paura di offenderla. Quante volte facciamo sempre attenzione a non dire parole o frasi che possono offendere i nostri cari e quando lo facciamo e ci rendiamo conto che abbiamo torto, ci pentiamo e chiediamo scusa. Così lo stesso quando si offende Dio, una volta resi conto dello sbaglio e ci pentiamo Lui ci perdonerà, ma è molto meglio evitare di sbagliare già in partenza perché siamo noi i primi a rimetterci, evitare di fare la volontà di Dio danneggia solo noi e Dio non vuole vederci distruggere. Aver il timor di Dio ci consente di avere un profonda comunione con il Signore che ci porterà a imparare la sapienza, senza timor di Dio infatti è impossibile iniziare il percorso per cercare Dio e diventare saggi. Deve esserci un sano timor di Dio fondato nell’amore. Se invece è un timor di Dio fondato nella paura di una possibile punizione di Dio come se fosse un vigile che è pronto a multarci appena sbagliamo oppure dalla paura di andare all’inferno questo non è un sano timor di Dio. Se si ha paura di Dio come se fosse un vigile o un dittatore, possiamo dire di crederci, ma non di amarlo, infatti nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore (1Giovanni 4,18). Ma perché dovremo amare Dio? Perché egli ci ha amati per primo (19) e ha mostrato questo amore mandando Gesù Cristo a morire al posto nostro per i nostri peccati, ma a parte questo ogni credente può testimoniare quanto Dio lo ha amato nella sua vita, i doni che ha ricevuto, le volte che lo ha salvato da una difficile situazione, per come gli ha dato la forza attraverso la preghiera per fare cose che non sarebbe mai riuscito a fare, e molto altro. Gli atei sostengono che se le persone non avessero paura di andare all’inferno nessuno crederebbe, ma questo non è esatto perché è l’amore di Dio che spinge il credente a dare la propria vita a Lui e avere un sano timor di Dio.  All’inizio il nostro rapporto con lui sarà più simile a quello di un servitore con il suo Re. Questo non è del tutto sbagliato perché i credenti come tali devono essere sottomessi a Lui, però si può andare oltre e avere un vero e proprio rapporto di amicizia con Dio. Gesù disse: Non vi chiamo più servi, perché il servo perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conosce a voi (Giovanni 15,15). La differenza è che il servo si limita ad eseguire in maniera meccanica e senza sapere cosa sta facendo, l’amico invece conosce Dio perché ha fatto esperienza di Lui e sa quanto è importante amare il prossimo e portare buon frutto; allora ci sentiremo in pace e protetti da ogni male, perché Dio è con noi; ma prima dobbiamo imparare ad essere servitori della parola Dio che non sono principi che limitano la nostra vita, sono principi che ci evitano di sbagliare. È come quando una mamma vede il proprio bimbo che si avvicina al  fuoco per la prima volta. Lo osserva, gli sembra bello e preso dalla curiosità vuole provare a toccarlo, ma quando la mamma dirà: << fermo non toccare! >>, non lo fa per cattiveria o per limitarlo, lo farà perché sa che se lo tocca si fa male.  Così anche Dio sa sempre quando facciamo le cose sbagliate e le brutte conseguenze che comportano e per questo c’è la parola di Dio che può farci evitare di metterci nei guai. Tuttavia avere timor di Dio non significa solo evitare di sbagliare, ma anche fare le opere giuste, secondo i comandamenti che Dio ha insegnato attraverso la sua parola. Allora sapremo cosa vuol dire avere il timore del Signore e la nostra qualità della vita migliorerà sensibilmente e la miglioreremo anche a che ci sta intorno. Secondo Deuteronomio 5:29 esiste una evidente correlazione tra il timore di Dio e la nostra felicità: Oh, se avessero sempre un tal cuore, da temermi e da osservare tutti i miei comandi, per essere felici loro e i loro figli per sempre!

TEMERE DIO PIUTTOSTO DEGLI UOMINI

  • Fontana torpida e sorgente inquinata, tale è il giusto che vacilla di fronte al malvagio. (PR 25,26)
  • Chi teme gli uomini si mette in una trappola, ma chi confida nel Signore è al sicuro (PR 29,25)
  • Chi ascolta me vivrà in pace e sarà sicuro senza temere alcun male (PR 1,33)

L’apostolo Paolo ci insegna che non bisogna temere gli uomini che possono solo toglierti la vita e basta. Temi il Signore che può uccidere sia il corpo che l’anima. Per morte dell’anima s’intende la totale separazione di Dio dopo la morte fisica che comporta l’inferno. Il giusto deve ubbidire sempre alla parola di Dio, anche se gli vengono poste delle minacce e subisce persecuzioni. Cedere alle minacce e peccare sarà considerato da Dio una mancanza di fede perché si dimostra di non avere fiducia nella potenza di Dio se si persevera nella giustizia. Come sta scritto: Non temere, perché io sono con te; ti rendo forte e ti vengo in aiuto e ti sostengo con la destra della mia giustizia (Isaia 41,10). Fare la volontà del Signore non è sempre facile e non significa non avere problemi e difficoltà ma Dio provvederà a un modo da poter compiere la sua volontà senza dover per forza peccare. Quando sai che è giusto fare una certa cosa ma non hai la forza per farla chiedi a Dio di darti la forza o toglierti quell’ostacolo spirituale che t’impedisce di farlo e Dio ti darà la forza di obbedire alla sua parola. In questi casi stare dalla parte della giustizia può essere pericoloso e il rischio persecuzioni è alto. Un esempio è chi si mette contro a dei criminali che minacciano di morte, se si fa o non fa una certa cosa. Le persecuzioni ci saranno ma il giusto non sarà mai senza speranza perché sa che il Signore è con lui, inoltre Gesù nel discorso della montagna disse: beati i perseguitati per la giustizia perché di essi è il regno dei cieli, Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi. (Matteo 5,10-12). Chi è perseguitato avrà una grande ricompensa e che sarà addirittura simile a quella di un profeta. Se andiamo a leggere nell’antico testamento, vedremo che al tempo del regno di Israele c’erano anche molti falsi profeti. E come si distinguevano da quelli veri? Semplice: Il falso profeta diceva cose che la gente voleva sentirsi dire, e sostenevano che il Signore aveva detto a loro che avrebbero sconfitto l’avanzata dei Babilonesi, e dicevano di predire solo cose buone, e facendo ciò erano onorati dalle folle. S’improvvisavano profeti per ottenere una posizione di prestigio nella società. Il vero profeta, quello mandato da Dio aveva come scopo principale quello di mettere in guardia dal peccato di Israele e se non lo abbandonavano, sarebbe avanzata la rovina. Questo messaggio però non piaceva alle genti per questo erano perseguitati, ma loro spinti da quella forza interiore donata da Dio, continuavano a proferire i messaggi del Signore, anche se non erano graditi alle folle, e i profeti non avevano alcun interesse nel farlo, visto che ci rimettevano soltanto, ma loro temevano più Dio che gli uomini e sempre le profezie si sono realizzate. Il profeta Geremia non si sarebbe mai aspettato una così grande persecuzione e arrivò sul punto di mollare; un giorno disse: <<Basta! Non penserò più a Lui, non parlerò più nel Suo nome!>>. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo (Geremia 20,9). Il Signore non ti abbandona mai, soprattutto nelle persecuzioni. I profeti ora hanno un posto speciale in cielo, così anche chi sarà perseguitato e non avrà mai mollato gli spetterà una grande ricompensa. Se dunque ti odiano e ti disprezzano per il fatto che sei credente e ti comporti secondo giustizia continua a sorridere sapendo che Dio ti ama e guarirà la tue ferite. Guai invece chi tocca quelle persone; sarà come toccare l’occhio di Dio. Egli renderà giustizia per ogni male che avranno subito e ogni persecuzione che riceveranno per il solo fatto di essere credenti e aver operato secondo giustizia. Se dunque qualcuno ti insulta o ti deride a causa del Vangelo, non amareggiarti, sappi che in realtà sta insultando e deridendo Dio e Lui agirà a loro secondo le loro opere, Infatti sta scritto: Gli insulti di chi insulta ricadranno su di me (Salmo 69,10). I persecutori attaccheranno in ogni maniera, potranno toglierti qualche bene materiale, ma non potranno fare nulla al tuo spirito e alla tua fede, o chi potrà mai far separare dall’amore di Dio? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. (Romani 8,37). In realtà chi perseguita, chi critica, chi ridicolizza o rifiuta un credente non sa che si sta mettendo contro Dio, e chi si mette contro di Lui non potrà spuntarla liscia e il rischio di una condanna eterna si avvicinerà a loro e tutte quelle risate e beffe contro Dio saranno trasformate in pianti eterni. Il Signore infatti dice di pregare per i persecutori e benedirli affinché si convertano e passino dalla parte di Dio in modo che non sia costretto a giudicarli per la loro malvagità, ma con la loro conversione sperimentano la misericordia di Dio. Gesù disse infatti che vi sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte, più che per 99 giusti i quelli non hanno bisogno di conversione (Luca 15,7), questo lo si vede nella famosa parabola della pecorella smarrita, indicando che ognuno di noi, compresi i malvagi sono un tesoro prezioso agli occhi di Dio, c’è quindi una grande gioia se un malvagio si ravvede e passa dalla sua parte. Così anche i giusti dovranno vedere così le persone che criticano e perseguitano i credenti. Un esempio invece nel Vangelo dove è messo in risalto il timore di Dio più grande che il timore degli uomini si trova nel libro degli atti dove Pietro e altri discepoli avendo già iniziato a predicare il Vangelo contro la volontà dei farisei e i dottori della legge. Furono arrestati e condotti nel sinedrio per essere processati. Qui i farisei gli dissero che erano già stati avvertiti del fatto che non dovevano predicare il Vangelo alle genti, e Pietro rispose che bisogna obbedire a Dio e non agli uomini e qualunque punizione avrebbero subito loro avrebbero continuato a farlo (Atti 5,29). Per arrivare a dire questo Pietro aveva sviluppato una fede eccezionale, sappiamo che in passato Gesù lo aveva rimproverato per mancanza di fede, ma qui è ormai arrivato a un livello di fede che non teme più nulla anche perché è rafforzato dalla presenza dello Spirito Santo. Questo ci insegna che l’unico modo di eliminare la paura è proprio la fede. E come lo fermi uno che risponde così? Semplice, non lo fermi. Ora, nel sinedrio c’era anche un fariseo di nome Gamaliele. Era considerato un fariseo pieno di conoscenza e di una condotta morale eccellente e per questo godeva di una certa autorità. Non aveva partecipato al processo contro Gesù, poiché fu condotto in maniera illegale, nelle ore notturne quando gran parte delle persone non erano presenti. C’erano solo i farisei ostili a Gesù in quel momento. Più avanti è detto che Gamaliele fu anche il maestro di Paolo durante la sua giovinezza. Questo fariseo fu usato da Dio per salvare Pietro e i suoi compagni temporaneamente. Disse ai presenti che se quello che predicano non proviene da Dio allora la cosa morirà da sola, facendo degli esempi di altri predicatori che anni addietro fecero un piccolo numero dei discepoli ma vennero dispersi una volta tolto di mezzo il loro leader. Ma se invece viene da Dio; Beh, forse è meglio non trovarsi a combattere contro Dio. Il fatto che dopo più di 2000 anni ci sono ancora persone che hanno dato il cuore a Cristo significa che quello che Pietro e i discepoli predicavano proveniva veramente da Dio. Così li liberarono, ma solo dopo aver ricevuto delle frustate. Tuttavia i discepoli non furono arrabbiati con Dio per il fatto che furono percossi per causa sua. Si rallegrarono ed esultarono perché sapevano che erano stati degni di essere percossi a causa di Gesù e per questo avrebbero ricevuto una grande ricompensa in cielo.

GENESI 14

In genesi 14 ci sono due versetti che Biglino usa per avvalorare la sua teoria; si tratta di genesi 14,18-19. A differenza delle altre volte dove compare ELION nella Bibbia riferito a YHWH, questo brano è piuttosto famoso per la teologia e non poteva ignorarlo. Solo in Genesi 14 compare questo misterioso personaggio di nome Melchisedek. Abramo arrivato nella terra di Caanan viene coinvolto nella guerre scoppiate in quel epoca e uscito vincitore incontra Melchisedek (Vuol dire “mio re di giustizia”), re di Salem, ovvero quella città che sarà in futuro Gerusalemme. In questo brano Biglino contesta la traduzione di due parole: COHEN tradotto comunemente con ”sacerdote”  e QANAH tradotto in questo caso con “creatore”. Riporto qui sotto i due versetti con le rispettive traduzioni interlineari e analizzeremo tutte le parole.

Troviamo che a differenza di quanto Biglino afferma, la parola COHEN significa sacerdote infatti è la stessa parola che ricorre frequentemente in levitico e numeri per indicare il sacerdozio levitico. Chi ha letto questi libri sa che il sacerdote non aveva una posizione di comando, ma si occupava esclusivamente di organizzare le liturgie. Il caso di Melchisedek è particolare perché oltre ad essere sacerdote era anche il re di quella che sarebbe divenuta la Gerusalemme ebraica. Il salmo 110 parla di Melchisedek rilevando caratteristiche che ne fanno una figura profetica,  una figura del Messia: Il Signore ha giurato e non si pente: <<Tu sei sacerdote per sempre al modo di  Melchisedek>>. Questo passo è ampiamente commentato nel nuovo testamento in Ebrei capitoli 5 e 7 che invito a leggere. Gesù infatti era sia il re dei giudei (Matteo 27,11) e sia sacerdote, non secondo l’ordine levitico ma secondo l’ordine di Melchisedek. In conclusione questo personaggio era sia re che sacerdote e non un governatore locale che curava e gestiva interessi territoriali per conto di qualcuno.

QANAH:  קֹנֵה

La seconda parola che andremo a esaminare è QANAH, tradotta in questo caso con “creatore”, nel versetto compare  come QONEH che corrisponde alla forma del participio presente. Secondo Biglino questo vocabolo non significa assolutamente “creare” ma  vuol dire “acquistare”. ELION dunque non ha creato la terra, ma la solo comprata presumimene da un altro generale alieno. Andiamo a controllare questa parola nel dizionario:

Troviamo che effettivamente vuol dire “acquistare”, ma essendo anche una parola polisemica, ovvero con molti significati, tra le varie definizioni è presente anche creare. Questo però per ovvi interessi viene omesso da Biglino. QANAH si traduce creare in diversi versetti tra cui abbiamo anche il versetto che stiamo analizzando: Esodo 15,13;  Salmo 74,2; 78,54 e 139,13, Proverbi 8,22. Deuteronomio 32,6 e Genesi 14,19-22. La traduzione acquisire in questi versetti non coincide con il contesto delle frasi. Inoltre Biglino parla solo di terra e non menziona che nel versetto 19 parla anche di cielo (SHAMAIM). Questa parola è un duale, secondo la grammatica ebraica si tratta di un plurale limitato a 2 entità anche se in italiano è tradotto al singolare. Secondo gli esegeti i 2 cieli sono il cielo atmosferico della terra e il cielo siderale dello spazio.[1] Quindi se la parola QANAH, nel brano in genesi 14 significasse “acquistare” bisognerebbe pensare che qualcuno si è comprato non solo la terra ma l’intero universo, cosa che renderebbe questa narrazione assolutamente infattibile. In altre traduzioni al posto di “creare” troviamo “padrone”, cosa che renderebbe comunque sensato il versetto.

 In genesi 14,22 troviamo scritto:

Abramo replicò al re di Sodoma: << Giuro per il Signore (YHWH) Dio altissimo (ELION), padrone del cielo e della terra

Questo è un esempio dove si può vedere chiaramente che ELION non è altro che un titolo di YHWH e non sono 2 entità diverse. Questo versetto è talmente evidente che Biglino non ha potuto non citarlo, nel suo libro “la Bibbia non parla di Dio” scrive che effettivamente nella Bibbia è scritto così, ma è avvenuta una manipolazione perché nei rotoli del mar morto, allo stesso versetto non è presente la parola ELION. Non entra però in profondità nel tema, non dice cosa è scritto e non indica il codice del frammento. David Adamovich, uno dei massimi esperti dei rotoli del mar morto ha alcune volte ripreso le citazioni di Biglino riguardo i rotoli e ne ha fatto emergere un uso non improprio di queste fonti. Oltre a questo Biglino va contro la sua normale metodologia. Si mostra sicuro di sé nel leggere e commentare la scrittura partendo dalla Bibbia masoretica, ma quando essa palesemente va nettamente contro in qualche sua tesi, allora in quel passo deve esserci sicuramente una manipolazione artificiosa. La versione che più si avvicina la sua tesi, per lui è sempre quella esatta. In ogni caso tutti gli altri versetti citati precedentemente dove c’è un chiara accostamento tra YHWH ed ELION sono completamente ignorate.

DOMANDE E RISPOSTE:

Come nello stile di Biglino e dei suoi sostenitori per convincere le persone che le loro tesi sono vere, fanno una lista di domande senza dare nessuna risposta, perché in realtà hanno lo scopo di far apparire ridicole le interpretazioni bibliche, di conseguenza l’ipotesi degli antichi astronauti agli occhi di un eventuale lettore diventa più fattibile. Davanti a una persona che ha poca dimestichezza sull’antico testamento e ha poca fede rischia di rimanere ingannato. Le domande che si fanno sono:

Se YHWH è il Dio descritto dalla teologia allora come mai manda il suo popolo ad occupare la terra di Canaan? Non poteva auto assegnarsi anche la terra di Canaan come sua terra allo stesso modo come aveva fatto precedentemente con il popolo di Israele?[1]

Dio non ha scelto un popolo a caso per eleggerlo come popolo eletto, ma ha di fatto creato un popolo nuovo partendo da Abramo, che era un caldeo. Egli ha trovato grazia presso Dio per la sua fede:

Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle” e soggiunse: “Tale sarà la tua discendenza”. Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. (Genesi 15,6)

La terra di Canaan fu promessa ad Abramo e alla sua discendenza:

 La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan. La darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te. (Genesi 17,8)

Dio mantiene sempre le sue promesse, non cambia idea solo perché è difficile realizzarle; è l’uomo che ragiona in quel modo. Dio invece mantiene sempre i patti. Pertanto gli israeliti sono legittimati ad occupare la terra promessa. Da come vedremo nei capitoli successivi gli abitanti della terra di Caanan avevano nel loro cuore una malvagità intrinseca nella loro cultura, professando di fatto religioni basati sull’adorazione di demoni. All’epoca da Abramo la loro malvagità non aveva ancora toccato il culmine (Genesi 15,16), prima di arrivare a quel livello il Signore è paziente, lento all’ira e grande in amore, ma all’epoca di Mosè si era arrivato a una tale malvagità che risultava impossibile una pacifica convivenza, e per la legge del libero arbitrio non può obbligarli a seguire la torà, anzi è costretto a causa della loro malvagità di combatterli e vincerli. Se invece i cananei avessero avuto un cuore predisposto ad accogliere i valori biblici non ci sarebbe stato bisogno di nessuna guerra. Avvenne infatti così nel caso dei Gabaoniti, uno dei popoli nella terra di Caanan, che vedendo la potenza del popolo d’Israele e i prodigi che Dio fece in mezzo a loro si arresero e vennero annessi e integrati nel popolo d’Israele (Giosuè 9).

Le domande che invece bisognerebbe porsi sono:

Se ELION ed YHWH sono rispettivamente generale e sottoposto, perché non c’è nessuna descrizione dei rapporti tra questi due soggetti e perché non ci sono dialoghi tra loro o messaggi; dove è situato il quartier generale di ELION? E perché quando YHWH ha invaso le terre di altri ELOHIM senza autorizzazione, ELION  non lo ha fermato e rimesso in riga?

Per queste domande non ci sono risposte.

YHWH NON POTEVA ANDARCI, NON ERA TERRITORIO SUO:

Per rendere maggiormente coerente la narrazione ufologica nonostante le numerose lacune ed le enormi contraddizioni, si è arrivato anche a modificare di sana pianta il contenuto biblico. Biglino nel suo discorso sul plurale di astrazione ha affermato che Abramo durante la sua permanenza in Egitto si era messo a servire gli ELOHIM egizi, in quanto YHWH non poteva andare, non era suo territorio. Per affermare una cosa del genere, assolutamente non presente nel testo biblico denota la sua malafede. Anzi, in Genesi 12, 10-20 si afferma l’esatto contrario. Abramo si reca in Egitto con sua moglie Sara per via di una carestia. Abramo fa credere agli egiziani che Sara è sua sorella per paura che qualcuno lo voglia uccidere per avere Sara come moglie. L’inganno viene scoperto. Nel versetto 17 troviamo:

Ma il Signore (YHWH) colpì il faraone e la sua casa con grandi calamità,

Non solo YHWH poteva andare in Egitto, ma aveva facoltà di compiere qualunque azione contro qualcuno o nel caso di Giuseppe a favore. In Esodo 19 si ricorderà al popolo di Israele ciò che ha compiuto Dio in Egitto in loro favore, proseguendo con un versetto interessante:

“Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me.

L’USO DI YHWH E ELION

Sulla base di quanto abbiamo spiegato, possiamo affermare che ELION (l’Altissimo) sia certamente da identificare con YHWH. L’impiego di due nomi divini differenti in un unico brano rientra nell’uso comune del linguaggio biblico, ma può avere anche un significato ben preciso. ELION è infatti un titolo divino universale che risulta idoneo ad essere utilizzato nel contesto della relazione tra Dio e l’intera umanità. Il Tetragramma sacro, cioè il Nome di Dio vero e proprio, compare invece in rapporto al popolo ebraico, l’unico popolo che custodisce la rivelazione di questo nome.


[1] La Bibbia non parla di Dio pag. 40

[1] Due destini? Pagina 6 FORUM BIBLICO

DEUTERONOMIO 32

Questa parte della Bibbia è molto importante per i sostenitori di questa teoria perché la ritengono la prova schiacciante del fatto che ELION e YHWW non sono la stessa entità. Partendo da questo si arriva ad altre conclusioni fondamentali quindi smontando questi versetti buona parte della teoria cade. Riporto qui i versetti dal 7 al 10 e analizzeremo l’interpretazione di Biglino e in seguito il mio commento:

[7]Ricorda i giorni del tempo antico, medita gli anni lontani. 
Interroga tuo padre e te lo farà sapere, i tuoi vecchi e te lo diranno. 
[8]Quando l’Altissimo divideva i popoli, quando separava i figli dell’uomo, 
egli stabilì i confini dei popoli secondo il numero dei figli Israeliti. 
[9]Perché porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe sua parte di eredità.                      [10]Egli lo trovò in terra deserta, in una landa di ululati solitari.
 

INTERPRETAZIONE DI BIGLINO:

Secondo la teoria in questa parte della Bibbia si vuole evocare un importante evento avvenuto in un lontano passato: In quel tempo  gli alieni già presenti in quel momento in medio oriente capitanati dal generale ELION decisero di organizzarsi per suddividere ulteriormente le terre e i popoli che vi abitarono e fu proprio il generale alieno che organizzò il tutto per dare le terre in potere ai sui sudditi. Quindi alcuni ELOHIM vennero ad esempio assegnati paesi importanti come l’Egitto e altri meno importanti come appunto YHWH  che ebbe in eredità la famiglia di Giacobbe che come dice il versetto 10 abitava nel deserto, un assegnazione piuttosto scadente che YHWH non accettò di buon grado e da qui la promessa di conquistare militarmente la Palestina che era una terra assai più fertile. Questa è il movente che spinse YHWH a organizzare un esercito da cui derivano tutte le guerre descritte nella Bibbia.


CONTESTO:

Prima di tutto dobbiamo partire dal contesto cronologico in cui questo brano è ambientato: Siamo verso la fine del libro del deuteronomio, ma per avere un quadro della situazione più completo farò un breve riassunto da Abramo fino ad arrivare a Deuteronomio 32. Dio si rivelò ad Abramo che dopo aver superato una dura prova stabilì l’alleanza con lui, passata poi anche ai discendenti Isacco e Giacobbe che ebbe 12 figli. Uno di loro, Giuseppe a causa della gelosia dei suoi fratelli venne venduto di nascosto da Giacobbe in Egitto come schiavo. Ma Dio era con lui e dopo varie peripezie divenne la seconda carica d’Egitto. A causa di una carestia protratta 7 anni i fratelli di Giacobbe furono costretti ad andare in Egitto per non morire di fame, da qui incontrarono Giuseppe che li invitò a venire tutti in Egitto e a motivo del buon rapporto che Giuseppe ebbe nei confronti con il faraone stabili tutti loro in una zona dell’Egitto distaccata agli altri egiziani. Dopo 400 anni il Faraone di quel tempo osservando come gli israeliti ebbero prosperato in gran numero, ebbe timore di loro e decise di sottometterli a lavori pesanti. In questo contesto nasce Mosè che a 80 anni fece uscire il popolo dall’Egitto con grande potenza e prodigi. Arrivarono nei pressi della terra promessa in circa 40 giorni e decisero di inviare 12 spie per fare un sopralluogo nella terra che stavano per entrare ed effettivamente videro una terra bella e fertile ma abitata anche da popolazioni molto potenti e ben armate. 10 di loro decisero che non c’era possibilità di vittoria contro quelle popolazioni e rinunciarono ad entrare, così anche il resto di Israele la pensò così. Tutto questo per mancanza di fede in Dio.  Rimasero per 40 anni nel deserto fino alla generazione successiva, ovvero di quei israeliti nati nel deserto che non assistettero all’esodo e alla schiavitù in Egitto. Ora, i 40 anni sono passati e il popolo di Israele è in procinto di entrare nella terra promessa e Mosè scrive un cantico e lo legge davanti a tutti. Il cantico denominato Shirat Ha’azinu (Cantico dell’ascolto), contenuta nel capitolo 32 del Deuteronomio, è il componimento poetico che Mosè scrisse per trasmettere un ultimo messaggio di ammonimento a tutte le generazioni future del popolo d’Israele.



LA DIVISIONE DELLA TERRA:

Proprio in questo cantico, nel versetto 8 compare la parola ELION. Inizio con l’esporre la traduzione interlineare per analizzare in dettaglio il versetto:

Il passo di Deuteronomio 32,8 fa riferimento al racconto della divisione dei popoli dopo il diluvio di Genesi 10,32 che infatti riprende anche alcuni termini. Se leggiamo il testo della genesi vedremo che parla della genealogia dei figli di Noè dopo il diluvio che suddividono la terra in  70 nazioni. Da qui l’umanità ha un nuovo inizio e sono composte da persone migliori rispetto alle generazioni precedenti. Il numero 70 non è casuale, è ricorrente in una determinata situazione: Quando Dio vuole avviare qualcosa di nuovo, migliore rispetto al precedente salta sempre fuori il numero 70. Da qui si spiega il versetto 8: Secondo il numero dei figli d’Israele. Secondo l’interpretazione rabbinica (Rabbi Shmuel ben Meir) spiega che il “numero dei figli di Israele” si riferisce alle 70 persone della famiglia di Giacobbe che discesero in Egitto (vedi Esodo 1,5), e che poi costituirono il nucleo da cui ebbe origine il popolo d’Israele. In questo caso il nucleo di un popolo più vicino a Dio rispetto al resto dell’umanità, in quanto la missione del popolo di Israele era di essere un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Esodo 19,6). “Essi compongono un piccolo mondo in parallelo con il mondo più grande, un microcosmo che corrisponde al macrocosmo”.[1] Anche in questo caso, analogamente a genesi 10, con la nascita di Israele un nuovo inizio dell’umanità dal punto di vista spirituale. Questa è la corrispondenza numerica che il Deuteronomio sembra indicare, seppure in maniera criptica. Ma il numero 70 lo troviamo anche nel nuovo testamento in (Luca 10,1-24) dove Gesù invia 70 discepoli a predicare e a compiere prodigi in mezzo al popolo. In questo caso questi 70 insieme ai 12 apostoli danno origine al culto cristiano, anche in questo caso abbiamo un altro nuovo inizio di persone più vicini a Dio rispetto agli altri ebrei e al resto dell’umanità. Il nuovo testamento conferma questa interpretazione. In conclusione il versetto 8  fa intendere che, come da 70 nazioni si formò l’intera civiltà per portare avanti un’umanità chiamata ad essere migliore della precedente, così anche 70 Israeliti diedero vita a un popolo chiamato ad essere più vicino a Dio rispetto agli altri popoli; un popolo di sacerdoti, rappresentanti di Dio sulla terra. Dal punto di vista grammaticale la parola MISPAR tradotta con “numero” esprime anche il concetto di proporzione, mettere a confronto due o più numeri, per questo viene tradotto “Secondo il numero dei figli d’Israele”. Questa parte del versetto è anche una spina nel fianco per la teoria ufologica in quanto larende completamente insensata, secondo essa infatti ELION ha stabilito i confini delle nazioni in base al numero dei suoi sudditi e non in base al numero degli Israeliti. Il testo dunque non parla che la terra viene suddivisa da un generale alieno secondo i suoi sudditi, e che YHWY è rimasto deluso dalla sua assegnazione così povera e poco onorevole. Tutto questo è solo speculazione non presente nel testo biblico.


[1] U. Cassuto, A Commentary on the Book of Exodus

Ora analizziamo il versetto 9:

Perché porzione del Signore è il suo popolo, Giacobbe sua parte di eredità 

Abbiamo due frasi:  Nella prima frase abbiamo una chiara dichiarazione che il popolo di Israele appartiene al Signore, Egli lo considera come il pupillo del suo occhio, perché Lui è il padre della nazione. La parola CHELEQ può significare: Parte, porzione e proprietà. Nella seconda frase Biglino sostiene che  parla di YHWH che eredita la famiglia di Giacobbe dal capo alieno ELION. Quando dice “Giacobbe sua parte” quel sua a che cosa si riferisce? Se facciamo un analisi logica della prima frase: Perché porzione del Signore è il suo popolo. Vedremo che il soggetto di questa frase è il popolo e non il Signore. Quindi quel “sua” è riferita al popolo e non al Signore, la conclusione sarà che è il popolo che eredita da Giacobbe; Che cosa? Il patto con Dio e le promesse, ma andando più nello specifico troviamo che la parola CHEVEL significa regione o territorio e questo è un chiaro riferimento alla terra promessa che da lì a poco entreranno per prendevi dimora dopo 40 anni nel deserto. La parola NACHALAH può significare: Eredità, retaggio, patrimonio, proprietà, possedimenti, beni. Il Dizionario aggiunge: In particolare, per il popolo, la terra promessa, gli appezzamenti di tribù e famiglie, il popolo come proprietà del Signore. In altre citazioni (Salmo 16,6; 28,9; 33,12) in maniera esplicita viene scritto che il popolo d’Israele è l’eredità di Dio. Nel Salmo 68,10 invece viene detto che l’eredità di Dio è la terra promessa. Da questi elementi possiamo stare certi che in questa parte del versetto si parla di come gli Israeliti hanno ereditato la terra promessa da Dio a motivo del patto che Dio fece con Giacobbe e gli altri patriarchi. Dal punto di vista del contesto, un elemento totalmente ignorato da Biglino, Mosè vuole spronare il popolo ad avere fede in Dio e diversamente dai suoi padri, non avere paura di entrare nella terra promessa, in quanto davanti a Dio ne hanno tutti i diritti. Più avanti dirà che la stabilità avverrà solo se anche Israele mantiene il patto con Dio. Per quanto riguarda il versetto 10, l’autore descrive partendo dal presente dove sono ora nel deserto, cosa succederà in futuro e cosa  potrebbe succedere, ovvero che Dio è fedele a mantenere il patto e a occuparsi del suo popolo ma se Israele non fa altrettanto, Dio farà in modo di correggerli. Come avrebbe dovuto essere il testo ebraico in modo tale da essere compatibile con la teoria ufologica? La parola “eredità” non va certo a favore perché anche interpretandola letteralmente si intenderebbe come una successione di padre in figlio e non un assegnazione tra generale e sottoposto. Avrebbe dovuto esserci scritto che il popolo d’Israele “fu scelto” (NIVCHAR) come proprietà di YHWH da parte di ELION. Questo caso sarebbe andata perfettamente incontro la narrazione alternativa, ma aimè nella Bibbia è scritto tutt’altro!

L’INTERPRETAZIONE ALTERNATIVA:

Dal testo ebraico risulta una notevole incongruenza con le tesi ufologica, allora da dove deriva questa interpretazione alternativa? Il versetto che abbiamo letto deriva dalla versione ebraica masoretica,  se però consultiamo la traduzione greca dei LXX, scopriamo che, al posto di “figli di Israele”, tale versione ha invece “angeli di Dio” (ἀγγέλων θεοῦ). Tuttavia si è sempre ritenuta la versione ebraica più attendibile in questo punto. Alcuni studiosi nel mondo accademico hanno cambiato idea in seguito alla scoperta di un antico frammento appartenente ai celebri “manoscritti di Qumran“, in cui la frase enigmatica appare nella forma:  “secondo il numero dei figli di ELOHIM”. Questa versione si avvicinerebbe di più alla versione greca. Sulla base di questa scoperta, molti critici hanno adottato un’interpretazione alternativa: l’Altissimo (ELION) sarebbe una divinità suprema che divise l’umanità e affidò ciascuna nazione a uno dei suoi figli, divinità minori già presenti nel pantheon cananeo. Il popolo di Israele sarebbe stato assegnato ad YHWH, il quale avrebbe anch’egli ricevuto la sua eredità da ELION. Biglino non ha fatto altro che abbracciare questa interpretazione alternativa in contrasto con l’esegesi teologica che prevedrebbe un politeismo, elaborata infatti da studiosi laici non credenti, adattandola alla teoria ufologica dove al posto di ELION come divinità suprema, ci sarebbe un generale alieno e al posto delle divinità minori suoi figli, gli alieni di grado gerarchicamente inferiore. Questa interpretazione politeistica, presenta  però alcuni grandi problemi, vediamo quali:

  1. NESSUN FONDAMENTO BIBLICO

Non tiene conto che Il passo di Deuteronomio 32:8-9 fa riferimento al racconto della divisione dei popoli dopo il Diluvio; Inoltre nella Genesi non troviamo alcuna traccia dei “figli di Dio” a cui ELION assegnò le nazioni. L’interpretazione dei critici appare quindi priva di un fondamento biblico su cui appoggiarsi.

  1. TUTTA LA TERRA APPARTIENE AL SIGNORE

Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. (Esodo 19 4-6)

Se Israele accetterà di ascoltare la voce del Signore e di osservare la sua legge, apparterrà a Dio in qualità di proprietà particolare, regno di sacerdoti, nazione santa. Il suo pupillo del suoi occhi in mezzo alle altre nazioni. Anch’esse appartengono a Dio perché è sua tutta la terra. Da notare che non specifica solo la terra di Caanan dove gli israeliti stanno per entrare, ma tutta la terra appartiene al Signore.

  1. MONOTEISMO ESPLICITO

Il contesto della Shirat Ha’azinu è chiaramente monoteistico. Al versetto 39 dello stesso capitolo, Dio dichiara infatti: “Ora vedete che io, io sono Egli, e che non vi è altro Dio all’infuori di me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e risano, e non vi è nessuno che possa liberare dalla mia mano”. Questo è solo uno dei tanti versetti dove si esprime chiaramente un monoteismo duro e puro Quando il cantico menziona “altri dèi”, questi sono definiti “idoli vani” (versetto 21), ovvero false divinità e oggetti privi di potere.

  1. YHWH, COLUI CHE STABILISCE I CONFINI

I versetti che seguono dimostrano che è YHWH a stabilire i confini dei popoli e non un fantomatico capo alieno.

Non muovete loro guerra, perché della loro terra io (YHWH) non vi darò neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede; infatti ho dato la montagna di Seir in proprietà a Esaù. (Deuteronomio 2,5)

Il Signore (YHWH) mi disse: «Non attaccare Moab e non gli muovere guerra, perché io non ti darò nulla da possedere nella sua terra; infatti ho dato Ar ai figli di Lot, come loro proprietà». (Deuteronomio 2,9)

e ti avvicinerai agli Ammoniti. Non li attaccare e non muover loro guerra, perché io non ti darò nessun possesso nella terra degli Ammoniti; infatti l’ho  (YHWH) data in proprietà ai figli di Lot». (Deuteronomio 2,19)

Il popolo di Israele verso la fine del suo periodo nel deserto per raggiungere la terra promessa si ritrova vicino alla piccola nazione di Moab e Ammon. Ordina a loro di non avere un atteggiamo di ostilità nei loro confronti in quanto territori che non faranno parte della terra promessa. Dio YHWH e non ELION ha dato queste terre ai discendenti di Esaù e Lot. Vediamo che non c’è nessun generale che distribuisce le terre secondo i suoi sottoposti, è Dio YHWH di Israele a dare in possesso terre di altri popoli, non è dunque l’ultimo dei sottoposti di ELION. Nel libro: “La Bibbia non parla di dio” a Pag  . Biglino sostiene che a dare la terra agli ammoniti sia stato l’ELOHIM Kemosh. Questo deriverebbe da una sua fantasiosa interpretazione di Giudici 11,24. Il versetto appena citato smentisce anche questa assurda interpretazione ufologica. Così da far crollare tutto il castello di carta messo in piedi da Biglino e company.

A fronte di questi elementi questa “interpretazione alternativa” di cui Biglino ha usato per sostenere la sua tesi è da rigettare. Se anche volessimo preferire la versione “figli di ELOHIM”, in realtà non cambierebbe l’interpretazione teologica perché nel versetto 6 troviamo: “Così ripaghi il Signore, o popolo stolto e insipiente? Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito?” Quindi se il Signore si definisce padre del popolo, in senso poetico di conseguenza sempre in senso poetico il popolo di Israele sono “figli di Dio”. Quindi i figli di ELOHIM!

LA   PAROLA ELYON

La parola “Elion” compare nelle nostre Bibbie tradotta come l’altissimo ovvero uno dei titoli di Dio usati come avverbio al posto di ELOHIM. I cosiddetti “liberi pensatori” contestano questa traduzione, specialmente Biglino che in ogni suo libro con vari ragionamenti arriva alla solita conclusione che la traduzione come superlativo assoluto il quale esplicita una delle caratteristiche attribuibili a Dio non trova giustificazione nel testo Biblico, perché non attinente al contesto. Questi sono gli esempi per comprendere l’utilizzo che la Bibbia ne fa e dimostra che quel termine non è riservato a Dio come dice la teologia:[1] Ezechiele 41,7 compare ELIONAH הָעֶלְיוֹנָה che è il femminile di ELION che indica una stanza superiore; In Giosuè 16,5 ELION  il quartiere superiore dell’abitato di Bet-Choron; Nel salmo 89,28 ELION indica il re che regnerà sopra ogni sovrano. Il superlativo assoluto non ha quindi altra giustificazione che quella di essere esclusivamente una scelta teologica, conformemente con la loro fede e non motivata da regole grammaticali e neppure dal contesto in cui il vocabolo si incontra di volta in volta. Secondo la sua “verità”, ELION significa colui che sta sopra è quindi un individuo differente da YHWH, il Dio d’Israele. Lo identifica come un capo alieno mentre invece YHWH è solo uno dei tanti subalterni, addirittura di infimo livello. Ora, un passo alla volta cercheremo di capire come ha fatto a convincere tante persone di questa assurdità e poco alla volta smonteremo questa tesi. Da considerare che questo piccolo punto di tutta la teoria dell’antico astronauta è basilare per la formulazione di ulteriori spiegazioni alternative e senza di questa parte della teoria inizia a scricchiolare. Ora, consultando il dizionario ebraico biblico – italiano sulla parola ELION viene fuori questo:

Prima di tutto constatiamo che si tratta di un aggettivo, di conseguenza cambia di significato a seconda del sostantivo di riferimento. Dalla definizione si potrà notare che ha principalmente 2 significati: Il significato A) Superiore, elevato, eminente ecc.. Indica quindi qualcosa che sta in alto, non per forza fisicamente in alto, ma anche in senso figurato e metaforico e si può riferire a qualunque cosa. Troviamo infatti alcuni versetti che Biglino indica negli esempi. Nel significato B) Quello che ci interessa di più troviamo il TITOLO DIVINO: L’ALTISSIMO perché quando il soggetto della frase è Dio che sia ELOHIM o YHWH assume il ruolo di avverbio e giustamente è tradotto con un superlativo assoluto perché in questo caso il testo indica che Dio è superiore agli altri, colui che sta in alto, che siano angeli o demoni e a qualunque cosa che esista nell’universo, da qui si conclude che Dio è onnipotente. Il dizionario, come anche la teologia non dice che la parola ELION si riferisce esclusivamente a Dio quindi scriverlo per screditare la traduzione è del tutto sbagliato. Si può riferire a qualsiasi cosa, ma quando è riferito a Dio significa L’ALTISSIMO e assume la funzione di avverbio. Nel dizionario troviamo tutti gli esempi dove ELION è riferito Dio. Riporto qui i versetti più significativi dove si dimostra che ELION e YHWH sono la stessa persona.

Salmo: 7,18.

Loderò il Signore (YHWH) per la sua giustizia e canterò il nome di Dio (YHWH), l’Altissimo

Salmo 92,1

 È bello rendere grazie al Signore(YHWH) e cantare al tuo nome, o Altissimo,

In questi versetti molto simili tra di loro si può notare come nella prima parte dei versetti compare il nome di Dio scritto con il famoso tetragramma, quindi siamo certi che in entrambi i testi si sta parlando del Dio supremo di Israele, nella seconda parte, sempre riferito a Dio esorta a cantare al suo nome, in fondo al versetto il termine ELION e questo è un chiaro riferimento a come Dio può essere chiamato anche ELION a motivo della sua onnipotenza. Tipici esempi di come la parola ELION è usato come avverbio per indicare il Dio d’Israele. Sono dunque le entrambi la stessa entità, di cui Elion è un titolo di YHWH.

Salmo 9,2-3

Loderò il Signore (YHWH)  con tutto il cuore e annunzierò tutte le tue meraviglie. Gioisco in te ed esulto, canto inni al tuo nome, o Altissimo(ELION)

Questo è un salmo dove Dio nel suo complesso rende giustizia ai poveri. Il soggetto dei versetti è Dio (YHWH). Viene usato il termine ELION per evitare una ripetizione con  (YHWH), ma si sta parlando sempre di Lui. Anche qui un altro esempio di ELION usato come avverbio ed è chiaro che  sono la stessa entità.

Salmo 21,8.

Perché il re confida nel Signore (YHWH): per la fedeltà dell’Altissimo (ELION) non sarà mai scosso. 

Questo è considerato un salmo regale, ovvero uno di quei salmi che veniva recitato dal sacerdote durante l’incoronazione di un re. Anche in questo caso abbiamo Dio YHWH come soggetto e la parola ELION usata come avverbio per evitare una ripetizione ma è chiaro che si sta parlando della stessa entità.

Salmo 46,5.

Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio (ELOHIM), la santa dimora dell’Altissimo(ELION)

In questo salmo si parla della città di Gerusalemme che è considerata la città più santa, infatti verrà costruito lì il tempio, punto di riferimento di tutti gli ebrei per lo svolgimento delle festività religiose. Il tempio sarà considerata simbolicamente la casa di Dio anche se un edificio fatto dall’uomo non può contenere un entità onnipresente e onnipotente come è scritto in Isaia 66,1: Cosí parla il Signore (YHWH): «Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi; quale casa potreste costruirmi? Quale potrebbe essere il luogo del mio riposo? Anche se Dio non può essere contenuto in un edificio fatto dall’uomo permette lo stesso che gli uomini costruissero per Lui un tempio al tempo di Salomone. Nel salmo in questione vediamo anche che sarà la dimora di ELION, questo un altro elemento che dimostra come YHWH ed ELION siamo la stessa entità. Se dovessimo vederla dal punto di vista della teorie dell’antico astronauta risulterebbe che un generale alieno convive con uno dei suoi sudditi tra i più irrilevanti e questo non è molto fattibile. Biglino non ha mai detto che ELION stava a Gerusalemme, eppure il salmo dice questo.

 Salmo 50,14.

Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all’Altissimo (ELION) i tuoi voti; 

Colui che si adoperano i sacrifici animali e si sciolgono i voto è noto che sono la stessa entità

Salmo 73,11.

Dicono: “Come può saperlo Dio? (EL) C’è forse conoscenza nell’Altissimo?” (ELION)

In questo salmo si ammonisce la stoltezza di una parte del popolo che apparentemente prospera nella malvagità. Non bisogna essere invidiosi perché il giudizio di Dio verrà su di loro. Il soggetto “EL” si riferisce sempre a “ADONAI YHWH” ovvero Signore Dio come è specificato  nel versetto 28 dello stesso salmo. Il versetto del salmo preso in esame viene scritto come esempio di una tipica frase che dice lo stolto quando commette peccato e si illude che Dio non lo sappia, ma allo stesso tempo indica come considera EL ed ELION la stessa entità.

Salmo 78

Eppure continuarono a peccare contro di lui, a ribellarsi all’Altissimo (ELION) nel deserto. (17)

ricordavano che Dio (ELOHIM)  è loro rupe, e Dio (EL), l’Altissimo, (ELION) il loro salvatore; (35)

Ma ancora lo tentarono, si ribellarono a Dio(ELOHIM), l’Altissimo(ELION) non obbedirono ai suoi comandi. (56)

Magnifico esempio di salmo sapienziale con una lunga riflessione sulla storia d’Israele, tra le vicende dell’esodo e l’istituzione della monarchia. È la celebrazione dell’amore e della fedeltà di Dio, nonostante le infedeltà dell’uomo. Dal contesto senza dubbio si riferisca ad YHWH  e per ben tre volte compare la parola ELION usata anche qua come titolo di Dio.

Questi sono solo alcuni esempi dell’uso della parola ELION in riferimento a YHWH, si potrebbero citarne molti altri ma per dimostrare la tesi teologica è sufficiente. I “liberi pensatori” ignorano completamente questi versetti in quanto smentirebbero e invaliderebbe il loro lavoro.


[1] La Bibbia non parla di Dio a pag. 38

L’ASPETTO DEGLI ELOHIM

Negli articoli precedenti abbiamo analizzato la parola ELOHIM dal punto di vista grammaticale. In questo capitolo vedremo secondo la teorie ufologiche come potevano apparire fisicamente questa razza aliene degli ELOHIM. I liberi pensatori hanno raccolto diversi elementi spasi in svariate fonti per poter dare una descrizione più accurata possibile di questi esseri venuti dallo spazio. Un grosso problema per chi vuole fare ipotesi su un possibile aspetto di questi alieni è che nella Bibbia non è possibile trovare nessun elemento, non c’è nessuna descrizione fisica del Dio degli Ebrei come in nessun altro ELOHIM. Questo è un bel problema perché chi conosce la Bibbia sa che quando un personaggio possiede delle caratteristiche fisiche particolari c’è sempre una descrizione. Possiamo far l’esempio del filisteo Golia, descritto come un uomo grande e possente e con un armatura degna della sua stazza. Allo stesso modo anche gli ELOHIM se fossero veramente esseri in carne e ossa gli autori li avrebbero descritti accuratamente. Biglino nel suo blog scrisse un articolo per dare una spiegazione della mancanza di una descrizione di YHWH. l’ELOHIM di Israele si faceva vedere solo da Mosè perché se si fosse mostrato davanti a tutto il popolo, esso sarebbe rimasto turbato nel vedere un volto non umano e forse avrebbero smesso di seguirlo, da questo deriva il divieto di scolpire una raffigurazione delle sue fattezze. Il divieto di produrre statue ha in realtà tutto un altro significato il resto sono solo un tentativo per dare una spiegazione che concili con le teorie ufologiche, ma non ci sono altri versetti che possa confermare questa teoria, rimane di fatto pura fantasia. Non è nemmeno chiaro il perché il popolo si sarebbe turbato nel vedere il volto di YHWH mentre invece Mosè sarebbe dovuto rimanere indifferente. Inoltre si contraddice da solo: Nel suo commento di Deuteronomio 23,15 sostiene che YHWH è presente fisicamente nell’accampamento e passeggia in mezzo al popolo. Inizieremo a elencare tutte le caratteristiche fisiche degli ELOHIM secondo i fautori della teoria e tutte le fonti che hanno attinto, analizzeremo se le prove sono effettivamente fondate o sono solo campate per aria:

MOLTO SIMILI ALL’UOMO

I liberi pensatori deducono che dal momento che l’uomo è una creazione degli ELOHIM mediante l’uso del loro DNA, gli ELOHIM avrebbe avuto fattezze simili all’uomo, ma facilmente riconoscibili da tutti. Nulla di più sbagliato! Nel capito su MALAKIM vedremo diversi episodi biblici dove avvengono un tipo di apparizione angelica  in forma umana. Il protagonista vede un semplice uomo senza ulteriori descrizioni di particolari insolite in un uomo. Solo successivamente si rende conto che era un angelo, ma in nessun caso il protagonista pensa di vedere un ELOHIM. Si parla sempre semplicemente di un uomo;  questo smentisce la teoria in maniera netta.


ESADATTILISMO

Biglino ipotizza che gli ELOHIM potevano avere 6 dita per mani e piedi. Questo lo fa derivare da un versetto in 2Samuele 21,20 dove viene descritto un individuo con questa caratteristica. In 2Samuele 21,15-22 vengono citate e descritte brevemente delle piccole battaglie tra l’Israele del re Davide e i filistei. In una di queste battaglie viene citano un soldato filisteo con 6 dita per mano e piede, ma non viene detto che è un ELOHIM, ma è pur sempre un uomo. Anzi, è la prova che quando un personaggio ha caratteristiche particolari, queste vengono descritte. Non si tratta dunque di un ELOHIM ma di un uomo con una patologia nota nei manuali medici, seppur rara.


CON PELLE BIANCA

Un’altra caratteristica che questi ELOHIM dovrebbero avere secondo i “liberi pensatori” è la carnagione bianca. Questa convinzione deriverebbe da due fonti, andiamole ad analizzare per verificare che siano fondate: Nella prima si afferma che i messaggeri degli Anunnaki sumeri venivano chiamati nella loro scrittura: GAL.GA. dove GAL significherebbe “essere vivente, creatura” e GA “latte”. Questa sarebbe una chiara prova di come i sumeri definirono gli ELOHIM, esseri di latte, quindi con la pelle bianca. Come si può fare per verificare se la traduzione di questi termini è esatta? Online si possono trovare diversi dizionari per la traduzione di alcune parole di sumerico cuneiforme.  Consultando il sito “sumer.grazhdani.eu” possiamo trovare la parola GAL e scopriamo che come significato di base “grande”; può essere usato anche come superlativo, quindi la traduzione “creatura” è sbagliata! La parola GA significa effettivamente “latte”. Ma in realtà il termine GAL.GA non sarebbe da intendere come due termini da tradurre indistintamente, ma una parola sola che significa: Consulenza, saggio. riflessione, considerazione. Non c’è nemmeno l’ombra di presunte creature di pelle color latte. La seconda prova che portano i “liberi pensatori” per sostenere che gli antichi astronauti fossero di pelle bianca la troviamo nel libro di Enoch. Un libro considerato dai cristiani come apocrifo e di fatto escluso dalla Bibbia. Nel brano in questione si narra della nascita di Noè. Il padre Lamech rimane sconvolto nel vedere suo figlio Noè nascere con la pelle bianchissima e pensa che in realtà sia figlio degli ELOHIM. Riporto qui sotto il brano in questione:

Dopo del tempo, mio figlio Matusalemme prese una moglie per suo figlio Lamek e costei rimase incinta da lui e generò un figlio. Ed era, la sua carne, bianca come neve e rossa come rosa e i capelli del suo capo e la sua chioma erano come bianca lana e belli erano i suoi occhi e, quando li apriva, illuminava tutta la casa, come il sole, e tutta la casa risplendeva assai. E quando fu preso dalle mani delle levatrice, aprì la bocca e parlò al Signore di giustizia. Suo padre, Lamek, ebbe paura di lui e fuggì. (19,1-4)

Leggendo il testo originale possiamo notare come i “liberi pensatori” abbiano estrapolato solamente la parola “bianca” e ignorando altri elementi importanti che metterebbe seriamente in dubbio il modo usato per interpretare il brano. Troviamo la carne rossa come una rosa, degli occhi che emettono una luce molto potente e la capacità di parlare fin da subito. Se si vuole usare una lettura letterale e razionale questi elementi tutti insieme appaiono molto poco plausibili, se invece si cita solamente il colore “bianco” allora si può far credere la storia degli alieni bianchi, ma non sarebbe onesto dal punto di vista intellettuale.


PRIVI DI PELI

Secondo i sostenitori della tesi aliena, gli ELOHIM avrebbero avuto la caratteristica della  totale mancanza di peluria. Questo spiegherebbe come l’uomo rispetto alle scimmie ha una consistente diminuzione di peli sulla cute a accezione dei capelli, l’aggiunta del DNA alieno ha modificato questa caratteristica. Non si potrebbe certamente considerare una prova, ma solo pura speculazione. Per affermare con più certezza questo punto servono delle prove più consistenti. Secondo i sostenitori della tesi aliena ci sarebbero due prove a riguardo: La prima si tratta di racconti di miti sumerici letti con la solita metodologia del “facciamo finta che” dove la dea NIN.TA insieme a EA creano il primo uomo chiamato LU.LU che significa “il mescolato”: in riferimento all’unione del DNA di un primate con il DNA alieno. Viene detto che da questa creatura per la prima volta si  ottiene una pelle simile a quella di un dio. Questa “prova” che circola nei siti che sostengono la paleastronautica deriva dalle traduzioni dei miti sumerici di Sitchin, che da come detto in precedenza, non era un grande esperto di sumerico come voleva far credere, anzi le sue traduzioni sono più che altro scritti fantasiosi, non presenti realmente nei testi sumerici e questo ne è un esempio. Nelle vere traduzioni elaborate da veri sumerologi come Seminara e Pettinato troviamo un’altra storia: Il dio ELKI crea una serie di individui umani tramite l’argilla, ma hanno tutti nelle menomazioni. Nonostante questo li nutre e trova un modo di come possono essere utili. Nessuna traccia di individui con una pelle simile a un dio. Anche la traduzione di LU.LU in “mescolato” è alquanto forzata dall’ideologia che sta alla base della teoria. Il vocabolo LU può voler dire anche “mescolare” tra i tanti significati, ma solo all’interno del contesto giusto, e non è questo il caso.

Nella seconda “prova” viene detto che YHWH avrebbe richiesto che una squadra di servitori, ovvero i leviti dovettero essere completamente depilati e puliti. Il motivo è semplice: Dal momento che gli ELOHIM erano privi di peluria, provavano repulsione ad avere a che fare direttamente con uomini non completamente depilati. Questo è il versetto preso come dimostrazione:

Prendi i leviti tra gli Israeliti e purificali. Per purificarli farai così: li aspergerai con l’acqua lustrale; faranno passare il rasoio su tutto il loro corpo, laveranno le loro vesti e si purificheranno. (Numeri 8,6-7)

In questa parte del libro dei numeri sono presenti le norme per la purificazione dei leviti. Essi erano una delle 12 tribù di Israele dedita al servizio al culto e alla liturgia. Lavoravano subordinati ai sacerdoti come loro assistenti nel servizio del santuario. Non erano affatto una squadra dedita a servire YHWH per i suoi bisogni fisici, come dichiara Biglino. Questo è il primo errore che riscontriamo. I Leviti per svolgere il ruolo da loro fissato dovevano essere purificati spiritualmente mediante sacrifici e fisicamente con un lavaggio completo: Dovevano lavare i loro vestiti, e non solo lavarsi, ma radersi tutta la loro carne, come doveva fare il lebbroso quando fu purificato, Levitico 14,8 . Devono far passare un rasoio su tutta la loro carne, per liberarsi da quella contaminazione che non si laverebbe via. I “liberi pensatori” hanno aggiunto un motivo per il quale i leviti avrebbero dovuto depilarsi. L’intenzione è spingere a ipotizzare una mancanza di peluria degli ELOHIM, ma questa motivazione non è presente nel testo biblico, è una speculazione che non sta in piedi, pura fantasia. Non viene detto che questa pratica non era prescritta per i sacerdoti o per i nazirei, il quale se YHWH fosse stato in carne e ossa avrebbero dovuto avere a che fare anche con loro, ma per loro non ci sono norme che prevedano la depilazione, anzi l’esatto contrario (Levitico 19,27).


STATURA MOLTO ALTA

Veniamo ora a un’altra caratteristica che agli appassionati della teoria credono riguardo all’aspetto degli ELOHIM. Erano di alta statura; questo è quello che è venuto fuori dallo “studio” di Sitchin. Dagli antichi reperti sumerici si possono vedere disegnati un gruppo di individui, tra cui il potente di turno raffigurato con un’altezza decisamente più grande rispetto agli altri. Questi capi dei popoli non erano umani, ma bensì ELOHIM per questo sono diversi dagli altri. Secondo i calcoli di Sitchin gli ELOHIM erano alti circa 3 metri. Questo modo di raffigurare i propri ELOHIM coincideva con tutti gli altri popoli della terra. Se è così allora non bisogna altro che andare alla ricerca di raffigurazioni di questo tipo e constatare se è effettivamente così. Anche questa volta le osservazioni di Sitchin non corrispondono alla realtà:

  1. In alcuni casi i capi dei popoli venivano rappresentati più piccoli dell’uomo.
  2. Tutto ciò che è attorno all’individuo con l’altezza maggiore è proporzionato, che siano oggetti, piante, cavalli…
  3. Viene spesso detto che gli ELOHIM avevano a disposizione di mezzi volanti fantascientifiche, ma non vengono mai rappresentati con un mezzo che può far pensare a qualcosa di tecnologico, ma bensì un semplice carro trainato da cavalli.
  4. Quelli che dovrebbero essere gli ELOHIM alieni presentano caratteristiche identiche agli altri uomini. Non hanno la pelle bianca, non sono privi di peluria, ma hanno invece la barba e non possiedono sei dita per mano. Vengono smentiti in un solo colpo tutti gli altri punti precedenti.

Alla luce di queste osservazioni possiamo pensare che le raffigurazioni di un comandante più grande rispetto agli altri non indicava una statura superiore, ma al fatto di sottolineare l’importanza di quel soggetto rispetto agli altri all’interno di un particolare contesto scenografico. Questo modo di presentare una scena lo possiamo paragonare ad alcune ricostruzioni del presepe dove Maria, Giuseppe e la stalla sono proporzionalmente più grandi rispetto al resto della scena per sottolineare l’importanza fondamentale da rivolgersi e il resto è solo un contorno. La stessa logica era usata anche da alcune antiche popolazioni, per questo sono raffiguranti più grandi.

Questa è la rappresentazione della battaglia di Kadesh. Il faraone Ramses è disegnato più grande per sottolineare il suo coraggio e l’invincibilità in battaglia. Questo è uno dei tanti esempi.


UN GROSSO CRANIO ALLUNGATO

Arriviamo così all’ultimo punto; gli ELOHIM avrebbe avuto un grosso cranio che si estendeva in lunghezza. Come fanno a saperlo gli studiosi della teoria? Ci sarebbero numerosi reperti archeologici come i bassorilievi e statue egizie o le statuine votive della cultura preistorica di Ubaid. Non dobbiamo farci mancare la solita frase a effetto che serve come chiave per convincere molti sulla verità della teoria: “Tutti i popoli rappresentavano i loro dèi con la testa allungata e provenienti dal cielo.” Quest’ultima frase risulta totalmente falsa! Di culti pagani precolombiani, i maya, gli Inca e gli azteki, dai culti africani e mesopotamici nessuno raffigurava i loro dèi con la testa allungata. Molto spesso non venivano disegnati nemmeno con una testa umanoide ma metà uomini e metà animali. Secondo le varie mitologie non erano nemmeno provenienti dal cielo, ma dal mare o dalla terra, spesso le varie culture non avevano neppure una cosmologia che prevedesse lo spazio come lo conosciamo noi, quindi figuriamoci se potevano immaginare degli dèi provenienti dal cielo. Le reali raffigurazioni dove sono veramente presenti dei soggetti con la testa allungata solo pochissimi. Di quei pochi troviamo la famiglia del celebre faraone egizio Tutankamon poiché essi praticavano un’antica usanza di deformazione cranica. Alcune antiche popolazioni praticavano un usanza che noi definiremo barbara secondo il nostro punto di vista: Alle persone destinate al comando di un popolo venivano applicati fin dalla nascita dei supporti di legno o delle fasce che impedivano alla scatola cranica di crescere in una direzione; in questo modo con gli anni si ovalizzava fino a risultare perennemente allungata da adulto. Per questo si spiegano le poche statuette o raffigurazioni di soggetti con la testa allungata, così anche gli scheletri trovati in alcune necropoli che presentavano un cranio con questa forma. Secondo gli amanti della teoria ufologia, queste popolazioni avevano questa usanza per assomigliare ai loro dèi colonizzatori che avevano la testa di quella forma. Non ci sono prove a riguardo, rimangono solo teorie e semplici speculazioni a loro favore.


I TESCHI ALLUNGATI DI PARACAS 

In Perù, precisamente a Paracas, sono stati trovati nel 1928 dei teschi allungati molto particolari conservati nel museo di storia di Paracas. La particolarità risiede dal fatto che sembrerebbe che i teschi non siano stati deformati con sistemi artificiali, ma siano così naturalmente. Questo ha acceso i cuori degli amanti della ufologia e la paleastronautica e finalmente sono stati trovati dei teschi alieni o degli ibridi. Il direttore del museo Brien Foester fece analizzare i reperti e il risultato fu che il DNA non apparteneva all’uomo Sapiens e a nessun altro ominide conosciuto. Peccato che le famose analisi non furono esaminate da un team di esperti accademicamente certificati, ma a un misterioso genetista che non rivelò il nome. Per questo si creò molto scetticismo a eccezione degli ufologi che colsero l’occasione per alimentare ancora di più la loro propaganda. Ancora oggi si possono trovare degli articoli datati circi il 2014 dove vengono presentati i teschi come una prova di una visitazione aliena in passato. Successivamente sono stati ripetuti altre analisi in due diversi laboratori: quello dell’Università di Lakehead in Canada e quello dell’ UCLA, l’Università di Los Angeles, in California. Sono emersi dati piuttosto bizzarri. Perché bizzarri? Perché gli aplogruppi del DNA mitocondriale, quello che si eredita per via materna, non sono quelli previsti. Nulla di alieno, capiamoci, tutto rientra nelle varianti umane possibili, ma pur tuttavia essi risultano fuori posto nello spazio e nel tempo. Sentiamo cosa dice Brien Foerster: “Tutti i Nativi Americani al 100% appartenevano agli aplogruppi A, B, C e D. Quattro di questi teschi allungati presentavano l’aplogruppo B, a dimostrazione che avevano antenati nativi americani, ma gli altri no. Gli aplogruppi emersi più di frequente sono U2e, H1a e H2. E se guardiamo dove questi aplogruppi sono prevalenti a livello percentuale, essi si trovano tra il mar Caspio e il Mar Nero, vale a dire tre le montagne del Caucaso”. Piuttosto distante delle Ande, senza dubbio.

LE CONSEGUENZE DEL PECCATO

  • Chi scava una fossa vi cadrà dentro e chi rotola una pietra, gli ricadrà addosso (PR 26,27)
  • Il Signore corregge chi ama, come un padre un figlio prediletto ( PR 3,12)
  • Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte (PR 8,35-36)
  • … perché egli non ti maledica e tu non venga punito (PR 30,10)

Un cuore privo di sapienza ama il male, professa cose perverse, è schiavo delle concupiscenze, suscita liti, parla male del prossimo, fa in modo che uno si metta contro l’altro e si compiace del risultato che ottiene. Perseverando in queste malvagità, infatti, ci si mette nei guai da solo perché inizierà ad avere nemici che lo malediranno e la protezione di Dio non sarà su di lui. Capita sovente che il male che noi facciamo agli altri poi ci si ritorce contro. Qualunque tipo di male che una persona empia compie avrà delle conseguenze e cadrà nello stesso tranello che lui ha pensato. Questo succede anche quando si vuole ottenere un obiettivo compiendo peccati invece che chiedere a Dio. Il Signore ama tutti compresi i peccatori e vorrebbe solo benedirli ma permette che ci possa capitare anche cose spiacevoli affinché ci carichiamo del peso e delle conseguenze dei nostri sbagli, e questo possa portarci al ravvedimento, smettendo inoltre di compiere il male. Se ad esempio una persona viaggia sempre in treno senza pagare il biglietto e non prende mai multe, quest’ultimo continuerà sempre a viaggiare senza biglietto, perché finché non ci saranno conseguenze negative, non si è portati a cambiare modo di fare. “Be, mi conviene fare così! Me la posso cavare”. E inganniamo noi stessi pensando che in qualche modo ce la caveremo anche se facciamo il male. Non sarà notato dagli altri e non subiremo conseguenze. Sembra che possiamo prosperare nella nostra empietà. Ma come dice un vecchio detto: “Le ruote della giustizia forse girano lentamente ma sono molto precise”. E verrà  fuori. Quando accadrà subiremo il peso del nostro peccato. Il Signore permetterà questo, non per vendetta da parte sua, ma per correggerci ed educarci nella via del bene, si comporta dunque come un padre amorevole correggendo i propri figli che sbagliano; questo è perché li ama, e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? (Ebrei 12,7). Cercherà di correggere ogni nostro sbaglio al momento giusto e non ci farà vedere tutto quello che non va in noi tutto e subito, altrimenti vedendo come siamo peccatori e lontani da Dio saremo pervasi da uno spirito di scoraggiamento, ma se ci corregge poco alla volta sarà più facile allineare i suoi pensieri ai nostri mettendoci nel cammino verso la santità. Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.
(Ebrei 12,11). Non è piacevole essere corretti da Dio, ma se lo fa, sappi che ti ama e ti considera già suo figlio, degno di misericordia. In genere veniamo corretti per il nostro atteggiamento nei confronti del prossimo, se abbiamo iniziato a camminare con il Signore, ma siamo finiti ad essere  gonfi d’orgoglio, guardando il prossimo come inferiore a noi e trattando e giudicando duramente le persone che pensiamo siano più peccatori di noi . Questo è un caso dove Dio ti corregge, per riportarti all’umiltà perché se comportandoti in questo modo ti stai allontanando troppo da Dio, senza amore nel cuore ogni cosa è vana. Chi invece rifiuta la correzione oppure darà la colpa a qualcun altro senza prendersi le proprie responsabilità, allora finirà di imparare battendo il naso, ad esempio se qualcuno si sente molto attratto da una ragazza già fidanzata e fa di tutto perché lasci il ragazzo per lui, capiterà che anche lui sarà tradito o lasciato in malo modo. Non bisogna mai accettare quello che satana ti offre, perché se lo accetti allora satana, avrà il diritto di toglierti qualcosa che Dio ti ha donato, perché il Signore è giusto anche nei confronti di satana che è un abile avvocato contro di noi e lui usa le leggi spirituali al contrario. Anche un cristiano può cadere in questa trappola, la motivazione che spinge una persona ad accettare le proposte di satana può essere che ha pregato per qualcosa, ma Dio non gliela ancora data perché non è arrivato il momento giusto per riceverla, allora è portata a forzare i tempi e ottenendo quello che si vuole peccando.  Quindi se non si vogliono le conseguenze dirette e indirette delle nostre azioni non dobbiamo accettare le proposte di satana ma prendere con gioia i doni di Dio, che sono facilmente riconoscibili se conosci la scrittura. Il Signore ci può anche perdonare il peccato ma non toglie le conseguenze del peccato, è come lanciare un sasso nello stagno. Anche se recuperi il sasso, non puoi evitare che le onde che si propagano. Ho conosciuto persone che pur essendo non credenti riconoscevano che quando si fa del male, anche di nascosto, in un modo o nell’altro ci sono sempre delle conseguenze, essendo però atei non sapevano però dare una spiegazione a questo fenomeno, ma anche loro lo avevano sperimentato nella loro vita. Un esempio nell’antico testamento si può trovare in un racconto nel periodo del Re Davide. Egli fu un uomo retto di fronte a Dio, ma un giorno cadde in un grave peccato. Vide un giorno una donna di nome Betsabea e iniziò a desiderarla ardentemente nonostante lei fosse già sposata e lui possedesse già diverse mogli. Pensò di fare in modo che suo marito fosse in prima linea in battaglia e fosse lasciato solo a combattere, in modo che morisse facilmente sotto colpi degli eserciti nemici. Così avvenne che il marito di questa donna morì e Davide la sposò. Il profeta Natan tramite un oracolo del Signore raccontò questo a Davide: Due uomini erano nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco possedeva un gran numero di bestiame, mentre il povero possedeva solo una pecorella, di cui però amava molto, come fosse suo figlio. Un giorno però un viandante passando per la casa del ricco chiese di essere ospitato. Il ricco accettò ma per evitare di offrigli uno dei suoi capi di bestiame, rubò la pecorella del povero per farla macellare e mangiarla insieme al suo ospite. Davide rispose che quell’uomo avrebbe dovuto meritare la morte. Natan gli disse che quel l’uomo ricco è proprio lui, così gli spiegò il peccato commesso e aggiunse che avrebbe perso tutte le mogli in favore di un altro e poiché il suo peccato lo aveva fatto di nascosto, la punizione sarebbe stata sotto gli occhi di tutti. Davide pentito di quello che aveva fatto chiese perdono a Dio che nella sua immensa misericordia lo perdonò e non gli inflisse più la punizione che avrebbe meritato. A questo punto, qualcuno potrebbe pensare; poiché il Signore lo perdonò, il suo peccato non avrebbe causato conseguenze negative. Ma il suo consigliere sapeva del suo peccato e iniziò ad odiare Davide in cuor suo così nella sua vecchiaia Davide invece di riposare fu costretto a fuggire dalla grinfie di Assalonne, uno dei suoi figli che voleva usurpare il trono ed era appoggiato proprio da quel consigliere. Questa è stata la conseguenza del suo peccato. Quindi non bisogna farsi tentare nel pensare che è possibile peccare con leggerezza, tanto il Signore che è buono ci perdona sempre. Questo non è saggio, perché Dio perdona se c’è un pentimento e l’impegno di non commetterlo più. Pensando così si parte già con il piede sbagliato e non si tengono conto delle conseguenze del peccato che commettiamo. Le sofferenze che proviamo sono dovute alle conseguenze delle nostre azioni o anche dovuti agli attacchi di satana. Lui, però, non ci può attaccare se non siamo nel suo territorio. È possibile entrare in territorio demoniaco quando ad esempio si è coinvolti nel peccato, come l’adulterio, la truffa, l’odio verso qualcuno, dubbio, la paura o la mancanza di preghiera ci mette esposti agli attacchi del demonio; perché in questo modo essendo spiritualmente nel suo territorio, lui avrà l’autorità legale di agire contro di noi. Le persone possono agire in maniera molto diversa quando soffrono come conseguenza del peccato: Per un ateo per esempio ci può essere l’autocommiserazione che non porta al pentimento delle proprie azione, ma è solamente un lamentarsi di continuo di quanto è brutta la vita. Per una persona che è credente, ma ha una scarsa conoscenza di Dio e della scrittura potrebbe tendere a dare la colpa a Dio, anziché essere consapevoli che è il diavolo che lo sta attaccando usando proprio le sue cattive azioni. Questo atteggiamento è causa di un maggiore allontanamento da Dio. Se invece è consapevole che è il diavolo ad attaccare allora potrebbe sgridare e insultare satana, o pronunciare  preghiere di liberazione. Tutto questo però non ha efficacia finché non ci si mette a posto con Dio, rendendo il diavolo incapace di agire legalmente contro di noi. Nella parabola del giudice iniquo in Luca 1,18, la vedova non va a prendersela con il suo avversario, ma va dal giudice per far valere i suoi diritti; così anche noi dobbiamo andare a Dio non solo come padre, ma anche come giudice. Nella parabola si può notare un contrasto: Se questo giudice malvagio che non temeva Dio ha fatto giustizia alla vedova a seguito delle pressioni che subiva, quanto più Dio farà giustizia, che è buono e giusto e il suo aiuto non tarderà. Quello che dobbiamo fare è ribaltare le cose passando nel territorio spirituale del regno di Dio, dove il nemico non ha nessun potere su di esso. potrà continuare ad attaccarci ma solo come usurpatore e può essere scacciato via quando si vuole. Per far ciò bisogna fare un esame di coscienza, pentirsi seriamente dei propri peccati e chiedere perdono a Dio. Nella chiesa cattolica c’è il sacramento della confessione ed è possibile usufruire di questo per chiedere perdono a Dio e impegnarsi a non commettere più quel peccato. A quel punto il prezioso sangue di Cristo cancellerà ogni peccato da noi in modo che risulteremo giusti davanti a Dio.  È importante anche avere fede, pregare, amare il prossimo e fare la volontà di Dio, in questo modo satana non avrà più alcun potere su di te. Le uniche sofferenze che potresti avere sono quelle derivate dall’essere perseguitati a causa della propria fede, ma per fortuna questa eventualità è molto limitata in Italia, ma in ogni caso quel tipo di sofferenza lascia la nostra coscienza pulita. Quindi chi è saggio questo lo sa e fa di tutto per evitare il peccato. Anche il giusto può peccare, ma Il Signore ci ama immensamente ed è beato l’uomo che viene corretto ed educato da Dio, per insegnarli la sapienza (Salmo 94,12).