TIPOLOGIE DI ATEISMI

L’ateismo è una posizione filosofica che nega l’esistenza di un Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, nega l’esistenza dell’anima e di una vita dopo la morte sostenendo invece che dopo lo morte ci sia “il nulla”. La conseguenza di questa filosofia è che nessuno dovrà rendere conto di quello che ha commesso durante la vita sulla terra. Le persone che non credono pensano che non esistendo nessun Dio, non esiste neanche un codice morale da seguire stabilito da qualche creatore ed è quindi l’uomo che può decidere da se un suo standard di giustizia che cambierà a seconda della cultura popolare. Questo pensiero porta l’individuo a condurre una vita secondo la carne e quindi a inseguire i valori dell’io: individualismo, edonismo, egoismo, autoreferenzialità e altro ancora. Per l’ateo al posto di Dio c’è l’io infatti senza Dio è l’uomo che si erge a dio di se stesso.

TIPI DI ATEISMI

 Ho classificato diversi tipi di ateisti: Gli atei razionalisti, gli atei non razionalisti e gli agnostici.

1) ATEI RAZIONALISTI

 Nei primi l’ateismo è basato sulla razionalità scientifica. Qualunque cosa che non può essere dimostrata in maniera scientifica, non esiste, pertanto non bisogna crederci. Quindi secondo loro Dio non esiste perché non ci sono prove scientifiche della sua esistenza come c’è anche la negazione di ogni fenomeno soprannaturale. Dio non può essere dimostrato con strumenti tecnologici perché con essi puoi solo studiare la materia e Dio non è fatto di atomi essendo puro Spirito, per questo può solo essere cercato spiritualmente. Molti infatti dicono: Ma dove è Dio? Non lo vedo e non lo sento. Beh, non lo vedi e non lo senti perché sei cieco e sordo, per il fatto che non vuoi vedere e non vuoi sentire. Una delle tante cose che gli atei dicono che non potendo percepire Dio con almeno uno dei 5 sensi, non ci sono prove della sua esistenza. È come se un nato cieco dicesse che visto che non posso vedere la luce, allora la luce non esiste. Lo scienziato ateo Steven Hawking in un colloquio con papa Francesco continuò a sostenere il suo ateismo, ma mettendo anche in dubbio la sua limitata percezione del reale come impedimento a comprendere una sua eventuale esistenza. Anche da ateo è arrivato a una importante verità: Dio non si può percepire con i nostri 5 sensi naturali, ma puoi sentire la sua presenza solo spiritualmente, ma se il tuo spirito è morto allora non hai la capacità di sentirlo, ma questo non significa che non esiste. Diventare atei però apre a molte domande senza risposta, che gli atei provano a rispondere ma senza avere prove: Il senso della vita? Perché esistiamo? Com’è nato l’universo? Cosa c’è dopo la morte? Ogni risposta non è molto rassicurante. Molti dicono il nulla, ma che senso ha? Come puoi immaginarti il nulla? È una teoria che non puoi dimostrare scientificamente che dopo la morte non c’è nulla e se devi aspettare di morire per saperlo sarà troppo tardi. Lo scienziato Einstein disse: Chi non ammette l’insondabile mistero non può essere neanche uno scienziato. La scienza non può spiegare e investigare tutto, quindi nessuno può pretendere una prova scientifica per credere in Dio, al limite studiando la natura si posso arrivare a riconoscere i segni che portano ragionevolmente a prendere in considerazione la presenza di Dio. Poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza lo avvicina. Le persone atee dicono che i credenti non hanno prova della vita dopo la morte, ma anche questo non è esatto, ci sono tante testimonianze di esperienze di “quasi morte”, ovvero persone che sono arrivate sul punto di morire, e sono di fatto morte per un certo tempo, qualcuno di minuti altri di ore, e dopo il risveglio raccontano cose analoghe: raccontano tutti che si sente l’anima uscire dal corpo come se fosse un abito usato, e continuano a vedere le cose che succedono intorno, tipo i medici che tentano di rianimare il corpo, poi si vede aprire un portare fatto di una luce bianca e si viene risucchiati da questo portale, si arriva nell’aldilà, e vengono accolte da Dio e dai propri cari defunti. Descrivono Dio come un’immensa luce gloriosa che non abbaglia gli occhi. A tutti viene detto che torneranno sulla terra e li viene lasciato un messaggio personale che cambia da persona a persona. Tutti dicono che chi arriva lì non vuole più andare via perché la pace che si prova è indescrivibile, poi dopo si fa ritorno al proprio corpo e si ricorda tutto. Ora, qualcuno può dire che si trattano solo di sogni, ma questo non è possibile perché in quel momento il cervello è morto e le attività celebrali sono completamente cessate, questo rende impossibile sognare. Un altro elemento è che in molti casi queste persone ricordano anche i dialoghi delle persone attorno a loro quando era morta, anche in altre stanze e questo sarebbe impossibile farlo da morto. Questo è quello che avviene in un’esperienza di quasi morte, nel linguaggio tecnico si chiama esperienza NDE. Sono quindi testimonianze che dimostrano una vita dopo la morte naturale. Gli atei  razionalisti sostengono che la fede è in antitesi con la scienza; pensano che se una persona crede è soltanto perché da bambini qualche prete gli ha fatto il lavaggio del cervello, ma se nel corso degli anni studiasse scienza e analizzasse la Bibbia arriverebbe alla conclusione di non esiste alcun Dio. C’è un piccolo problema in questo pensiero: la maggior parte delle conversioni avviene in età adulta, dopo anni di vita atea, cercando Dio e studiando la Bibbia si è arrivati alla conversione.

2) ATEI NON RAZIONALISTI

 I non razionalisti sono quella categoria di persone che pur non credendo in Dio sono comunque aperti nel credere in alcune cose che non hanno base scientifica, ad esempio l’astrologia, gli oggetti portafortuna o alcuni fenomeni paranormali. Alcuni cercano di immaginarsi una vita dopo la morte, tipo una sorta di paradiso o la reincarnazione, però nessuno si immagina l’inferno, perché questo fa paura, è più bello credere che anche se si è malvagi dopo la morte si va comunque in una sorta di paradiso o chissà. È qui che così come succede da secoli l’uomo s’inventa la sua religione e il suo proprio Dio a suo piacimento. Il giusto sa che fine veramente faranno dopo la morte. La maggior parte delle persone che vanno all’inferno non credevano neanche che esisteva. Gli atei non razionalisti  non credendo in Dio sono aperti a credere a qualsiasi cosa e si affidano ad essi per i propri problemi. Un esempio diffuso sono le persone dedite agli oroscopi, agli oggetti porta fortuna, alla lettura delle carte, si affidano a volte a maghi e presunti guaritori che sapendo i trucchi del mestiere spillano alle vittime molti soldi, rimanendo così truffati per nulla, dopo di che fanno le vittime; ma se avessero confidato nel Signore anziché a dei ciarlatani non sarebbero stati truffati. Altri invece è possibile che vengano attratti dall’occultismo e lo spiritismo. Pur rimanendo atei è possibile che credano negli spiriti e nella possibilità di parlare con le anime defunte che sono finite chissà dove. Il tentare di parlare con i morti oltre essere una cosa impossibile poiché scritto anche nel libro del Deuteronomio 18,11-12 è anche pericoloso. Quello è territorio demoniaco e se sembra che effettivamente ci sia l’anima del defunto che parla, in realtà sono demoni e chi va a contatto con essi, rischiano di avere delle influenze negative nella propria vita fino ad arrivare anche alle possessioni. La fede quindi offre uno scudo a ogni pensiero o ideologia che non sono conformi alla fede e portano a una vita di problemi e di schiavitù.

3)  L’AGNOSTICISMO

Contrariamente a quello che si può pensare Dio, preferisce uno che sia contro di Lui piuttosto che uno che sia indifferente. Perché se uno è contro Dio; qualcosa può fare per convertirlo, ma se invece è indifferente, difficilmente si potrà convertire. C’è da tener presente che anche una persona che si dichiara indifferente a Dio è pur sempre contro Dio perché se non se con Lui sei contro di Lui, non puoi essere neutrale a Dio. Questo è il caso delle persone agnostiche, loro non negano apertamente l’esistenza di Dio e a volte potrebbero anche essere d’accordo con qualche principio del Vangelo, ma di fatto non cercano il Signore e sono totalmente indifferenti ad esso; sono quindi fuori dallo stato di grazia. Immaginiamoci una persona in alto mare che sta per affogare, a un certo punto arrivano due navi, una da destra e l’altra da sinistra. Sa però che una di queste navi c’è una bomba e appena salirà esploderà. L’agnostico è colui che pur di evitare di salire sulla nave sbagliata, rimane in mare e muore affogato. Quindi l’agnosticismo porta  nella stessa strada dell’ateismo. La differenza è che l’agnostico non preclude la possibilità di convertirsi in futuro se dovesse arrivare in un modo o l’altro a comprendere davvero la Bibbia, quindi rispetto a un ateo non chiude completamente le porte a Dio.

I CARRI VOLANTI NELLE FONTI ROMANE

Quando Biglino commenta a modo suo l’episodio del rapimento di Elia, precedentemente analizzato; per avvalorare la correlazione tra carri volanti e astronavi aliene cita anche delle fonti romane ritenuti da tutti gli storici come attendibili, per esempio Tacito o Giuseppe Flavio. In queste fonti gli autori narrano a un certo punto di aver visto “cose straordinarie”, lampi nel cielo, carri nel cielo, di improvvise entità che si manifestano sulla terra. I sostenitori della teoria dell’antico astronauta fanno utilizzo di queste fonti dando per scontato che si trattano di avvistamenti di astronavi aliene alimentando la solita retorica che le civiltà antiche ci raccontano tutti la stessa storia, della presenza aliena sulla terra, come accadeva nell’antico Israele, così accadeva nell’antica Roma. In realtà queste fonti storiche sono completamente travisate e utilizzate arbitrariamente per sostenere le loro teorie. A smentire queste interpretazioni ci ha pensato il divulgatore storico Roberto Trizio con la consulenza di Lucio Troiani, Professore emerito all’Università di Pavia e Membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. C’è una spiegazione storica, circostanziata di questo aspetto delle fonti. In alcuni articoli degli appassionati della paleastronautica amano citare queste fonti facendoli passare come qualcosa di occultato dal pubblico per nascondere la antica presenza aliena sulla terra. Ma non è così. Non c’è niente di occultato e tutto si può spiegare in maniera storica e accademica. Vediamo due esempi:

  1. S’eran verificati dei prodigi; prodigi che quel popolo, schiavo della superstizione ma avverso alle pratiche religiose, non ha il potere di scongiurare, con sacrifici e preghiere. Si videro in cielo scontri di eserciti e sfolgorio di armi e, per improvviso ardere di nubi, illuminarsi il tempio. S’aprirono di colpo le porte del santuario e fu udita una voce sovrumana annunciare: “Gli dèi se ne vanno!” e intanto s’avvertì un gran movimento, come di esseri che partono. (Tacito, libro V delle storie paragrafo 13)
  • Non molti giorni dopo la festa, il ventuno del mese di Artemisio, apparve una visione miracolosa cui si stenterebbe a prestar fede; e in realtà, io credo che ciò che sto per raccontare potrebbe apparire una favola, se non avesse da una parte il sostegno dei testimoni oculari, dall’altra la conferma delle sventure che seguirono. Prima che il sole tramontasse, si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città. Inoltre, alla festa che si chiama la Pentecoste, i sacerdoti che erano entrati di notte nel tempio interno per celebrarvi i soliti riti riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo, e poi un insieme di voci che dicevano: “Da questo luogo noi ce ne andiamo”. (Giuseppe Flavio, Guerre Giudaiche Paragrafo 296-299)

Come prima cosa dobbiamo introdurre la mentalità dell’epoca. Le religioni pagane si aspettavano quotidianamente dei segni particolari dove gli dèi esprimevano il loro volere. Potevano essere segni dal cielo, dalle stelle o dalle viscere degli animali. Il cristianesimo non ricerca in continuazione segnali misteriosi per interpretare la volontà di Dio, questa è un peculiarità delle religioni antiche. Detto questo, bisogna sapere che nell’antica Roma esisteva un genere letterario chiamato “paradossografia”. Si trattava di un genere che ai nostri giorni si potrebbe paragonare al genere fantasy. Consisteva nell’introduzione di “paradossi” cose straordinarie, elementi inventati, studiato per essere letti davanti a un pubblico poco colto che serviva a suggestionare, ad emozionare, a fare sognare, o addirittura spaventarsi, a dare maggiore pathos in certi momenti salienti dei racconti, come in questi casi, i momenti più decisi delle battaglie. Come potrebbe essere la presa della città di Gerusalemme nel 70 DC a opera di Tito. Un evento di proporzioni titaniche, si pensava che Gerusalemme fosse una città imprendibile a motivo delle sue imponenti fortificazioni. Proprio nel momento in cui durante la guerra finiscono gli animali per i sacrifici, lo storico Giuseppe Flavio mise un elemento paradossografico per dire che il Dio degli ebrei aveva lasciato il suo popolo. C’erano diversi autori che si fanno interpreti di questo genere, come Palefato, Callimaco o Antigono di Caristo che sistematicamente scrivevano solo in genere paradossografico. Troviamo ad esempio, all’interno di questi generi “la Manticora”, un animale con testa umana e altre parti del corpo di diversi animali, troviamo anche ambientazioni da sogno, segnali soprannaturali del cielo e altri elementi che sono evidentemente delle invenzioni fantasy. In un certo senso potrebbe anche essere simili alla nostra fantascienza, dove vengono presi elementi o concetti scientifici reali e ci si aggiunge anche molti elementi di fantasia anche se completamente irrealistici. Anche in questo caso non è rivolto agli scienziati, ma a un pubblico che vuole emozionarsi e sognare. Così anche la paradossografica funzionava all’epoca allo stesso modo. Un fan della paleastronautica potrebbe pensare che i romani non sapendo come descrivere un astronave l’hanno chiamato “carro di guerra”. Questa teoria non regge: Gli autori in altri scritti descrivono dei carri da guerra trainati da cavalli e guidati da uomini con spade sfolgoranti; tutte descrizioni molte dettagliate che non possono essere confuse con un astronave aliena. Se i romani avessero veramente visto una navicella volante l’avrebbe chiamata “CLIPEO” ovvero scudi, aggiungendo caratteristiche tipiche di un eventuale navicella spaziale. I carri da guerra nel cielo non sono assolutamente la prova di avvistamenti UFO, ma sono elementi usati nel mondo del genere letterario paradossografico.

LE VISIONI DI ZACCARIA

Di Zaccaria si parla nel libro della Bibbia che porta il suo nome. Fu profeta nell’epoca post esiliale (Circa 520 a.c.). Gli esuli, tornati fiduciosi da Babilonia, vivono un momento di scoraggiamento, dovuto ad alcune difficoltà di integrazione nella comunità giudaica e nel senso di delusione che ne consegue. In questo contesto difficile Zaccaria interviene per garantire che Dio realizzerà i desideri messianici, a condizione che tutti si diano da fare nel condurre una vita fondata sull’integrità morale, la ricostruzione del tempio per il ripristino delle liturgie religiose, segno della presenza di Dio e infine una giustizia sociale etica, nel prendersi cura dei poveri e gli indifesi. Zaccaria di cui il nome significa ”YHWH si è ricordato” svela queste intuizioni di Dio attraverso otto visioni. Saranno proprio alcune di queste visioni ad essere al centro delle nostre analisi. Le visioni di Zaccaria, differentemente dalle visioni di Ezechiele che descrivono la scena celeste, sono visioni profetiche molto più brevi, ricolmi di un linguaggio apocalittico denso di simboli e figure da interpretare. Non vanno mai intese come qualcosa di concreto che Zaccaria ha visto. Come potremo vedere in seguito, una chiave di lettura materialistica risulta insensata. Dio può servirsi anche di sogni o visioni per parlare con i suoi profeti. Il motivo per cui non usa sempre un linguaggio chiaro e preciso è quello di stimolarci a cercarlo maggiormente, meditando sulla visione e pregare per comprendere la giusta interpretazione. Nel caso di Zaccaria durante le visioni era anche presente un angelo del Signore come ausilio per comprendere la visione. Biglino prende tre di queste visioni e senza citarle per intero, costruisce una sua parafrasi dando ad esse una chiave di lettura ufologica. Ora, citando per intero le visioni, dimostreremo che queste interpretazioni sono completamente fuori luogo.

IL CILINDRO VOLANTE:

Siamo al capitolo 5 di Zaccaria. Biglino spiega nel suo libro che a un certo punto Zaccaria vede arrivare un MEGHILLAH, che Biglino lo interpreta come cilindro. Zaccaria nota le sue grandi dimensioni: lungo 10 metri e largo 5. Che cosa era questo oggetto a forma cilindrica di quelle dimensioni, se non una relativamente piccola navicella aliena! Ora vediamo il testo Biblico per intero considerando il grassetto le parti citate da Biglino e in sottolineato le parole in cui ci soffermeremo per un commento.

TESTO BIBBLICO:

Poi alzai gli occhi e vidi un rotolo (MEGHILLAH) che volava. L’angelo mi domandò: “Che cosa vedi?”. E io: “Vedo un rotolo che vola: è lungo venti cubiti e largo dieci”. Egli soggiunse: “Questa è la maledizione che si diffonde su tutta la terra: ogni ladro sarà scacciato via di qui come quel rotolo; ogni spergiuro sarà scacciato via di qui come quel rotolo. Io scatenerò la maledizione, dice il Signore degli eserciti, in modo che essa penetri nella casa del ladro e nella casa di chi giura il falso nel mio nome; rimarrà in quella casa e la consumerà insieme con le sue travi e le sue pietre”. (Zaccaria 5,1-4).

COMMENTO:

Questa chiave di lettura è basata su fatto che il termine MEGHILLAH  מְגִלָּה, tra i suoi significati compare l’idea di oggetto a forma cilindrica. Consultiamo il dizionario e vediamo se è così.

Da come si può vedere il termine MEGHILLAH si riferisce al rotolo di un libro. La radice GLL richiama a un oggetto di  forma sferica, rotonda, che ruota, gira o si avvolge, come il caso di MEGHILLAH, un rotolo che si avvolge. Specificamente questo termine non indica affatto un oggetto generico di forma cilindrica. La parola ebraica più vicina a un oggetto di forma cilindrica è GALIL che è appunto il termine che è stato scelto nell’ebraico moderno per indicare un cilindro. Nella visione il rotolo indica il testo dell’alleanza scritto su un foglio arrotolato come era nell’usanza ebraica di circa 10×5 metri; misure non casuali, ma corrispondenti a quelle dell’atrio del tempio di Salomone (1Re 6,3). La seconda parte del testo, completamente ignorata da Biglino mostra il significato di questo rotolo. Le parole scritte sul rotolo eliminano coloro che, a causa delle trasgressioni verso Dio e gli uomini, non possono accedere al santuario.

L’EFAH VOLANTE:

Subito dopo la visione del cilindro, ecco comparire un efah volante. L’efah sarebbe un unità di misura corrispondente a 45 litri.  A un certo punto si apre il coperchio, o meglio la botola di questo efah e dentro c’è una donna. Poi altre due donne arrivano in volo e sollevano in aria questo “oggetto”. Zaccaria chiede dove lo stanno portando e gli viene risposto che questo oggetto viene portato nella terra di Scinar ovvero la Mesopotamia, proprio la terra dove secondo i primi studiosi di paleastronautica indicano come luogo dove sono atterrati per la prima volta gli Annunaki; termine usato per indicare gli ELOHIM per i sumeri. Una coincidenza davvero straordinaria tra macchine volanti, esseri che le guidano e la terra da cui provenivano!

TESTO BIBBLICO:

Poi l’angelo che parlava con me si avvicinò e mi disse: “Alza gli occhi e osserva ciò che appare”. E io: “Che cos’è quella?”. Mi rispose: “È un’ efa! che avanza“. Poi soggiunse: “Non hanno occhi che per essa in tutta la terra“. Fu quindi alzato un coperchio di piombo; ecco, dentro all’ efa! vi era una donna. Disse: “Questa è l’empietà!”. Poi la ricacciò dentro l’ efa! e ricoprì l’apertura con il coperchio di piombo. Alzai di nuovo gli occhi per osservare e vidi venire due donne: il vento agitava le loro ali, poiché avevano ali come quelle delle cicogne, e sollevarono l’ efa! fra la terra e il cielo. Domandai all’angelo che parlava con me: “Dove portano l’ efa! costoro?“. Mi rispose: “Vanno nella terra di Sinar, per costruirle una casa. Appena costruita, l’ efa! sarà posta sopra il suo piedistallo”. (Zaccaria 5,5-11).

COMMENTO:

Leggendo il testo completo notiamo che la chiave di lettura che da Biglino presenta delle falle: Fin dall’inizio del testo biblico si parla di efah, un contenitore che veniva usato per il grano, ma dal momento che non può volare autonomamente, Biglino lo chiama semplicemente “oggetto” facendo intendere che Zaccaria anche se parla di efah in realtà vede qualcos’altro. In questo modo però va contro lo stesso testo biblico e suppone qualcosa che non può minimamente provare. Il volume di 45 litri è troppo piccolo per farci passare una donna adulta, quindi non può materialmente avere visto una donna li dentro. Nelle due donne che volano, Biglino omette di dire che hanno ali come quelle delle cicogne, cose che in natura non possono esistere e non può avere visto materialmente. Tenendo conto del testo integrale, comprese tutte le parti che vengono omesse da Biglino si può ricostruire l’interpretazione profetica. La terra di Sinar, ovvero la bassa Mesopotamia, è la terra simbolo dei grandi imperi e della potenza del paganesimo (Genesi 10,10), tra cui spiccava il centro del culto della dea pagana Ishtar. Precedentemente abbiamo analizzato la correlazione tra paganesimo e satanismo, il culto di questa dea, che gran parte del mondo pagano adorava, era basato sull’empietà. La donna dentro l’efah nella visione rappresenta questa dea pagana. Le altre due donne con le ali da cicogna rappresentano entità demoniache gerarchicamente inferiori rispetto al demone scambiato per dio pagano che collaborano con esso. Questa visione è un monito per il popolo d’Israele di allontanarsi dai culti pagani e adorare solo il Signore, Dio d’Israele.

I CARRI VOLANTI:

In Ezechiele 6 troviamo una visione di 4 carri volanti che escono da uno spazio che si trova tra 2 montagne di bronzo, presumibilmente delle torri o rampe di lancio. Escono in direzione dei quattro punti cardinali e fanno un giro di ricognizione per il paese circostante. È curioso che i quattro “oggetti” vengono definiti  “rossastri”, un particolare che ha colpito Zaccaria, forse in riferimento ai riflessi metallici delle astronavi oppure al sistema di propulsione. Per questo punto purtroppo non abbiamo certezze.

TESTO BIBBLICO:

Alzai ancora gli occhi per osservare, ed ecco quattro carri uscire in mezzo a due montagne e le montagne erano di bronzo. Il primo carro aveva cavalli rossi, il secondo cavalli neri, il terzo cavalli bianchi e il quarto cavalli pezzati, screziati. Domandai all’angelo che parlava con me: “Che cosa significano quelli, mio signore?”. E l’angelo: “Sono i quattro venti del cielo che partono dopo essersi presentati al Signore di tutta la terra. I cavalli neri vanno verso la terra del settentrione, seguiti da quelli bianchi; i pezzati invece si dirigono verso la terra del mezzogiorno, quelli screziati escono e fremono di percorrere la terra”. Egli disse loro: “Andate, percorrete la terra”. Essi partirono per percorrere la terra.  Poi mi chiamò e mi disse: “Ecco, quelli che vanno verso la terra del settentrione calmano il mio spirito  quella terra”.(Zaccaria 6,1-8).

COMMENTO:

Da come si può leggere dal testo completo si evince che il significato della visione dei quatto carri sono i quattro venti del cielo che si sono presentati al Signore di tutta la terra (YHWH); Tornando al Salmo 104, un versetto dice: fai dei venti i tuoi messaggeri. Quindi secondo la corrente sapienziale, i venti possono essere usati da Dio come messaggeri e possono presentarsi davanti a Lui. Nonostante questo dettaglio chiarissimo, Biglino continua imperterrito a sostenere che si trattano di quattro navicelle aliene. Non è vero che fanno una  “ricognizione per il paese “, uno va nella terra di settentrione che nel linguaggio biblico corrisponde a Babilonia, e un altro nella terra di mezzogiorno che corrisponde alla terra d’Egitto. Rappresentano le due potenze geopolitiche dell’epoca che spesso hanno incrociato i destini della nazione di Israele. Il fatto che quelli che vanno verso la terra di settentrione “calmano il mio spirito” significa che Babilonia sta per essere distrutta diventando così lo strumento di un’azione duratura dello Spirito di Dio per il rientro degli esuli. L’immagine delle montagne di bronzo si rifà alla cultura mesopotamica, dove i popoli di quella terra immaginavano queste montagne, l’accesso al luogo dove dimoravano i loro dei pagani. Tutte le varie supposizioni che da Biglino sono completamente fantasiose e non hanno nulla che vedere con ciò che compare nel testo biblico, basti pensare il fatto che i cavalli non sono tutti rossi come invece vuole far intendere Biglino nel suo libro.

IL RAPIMENTO DI ELIA

Siamo nel capitolo 2 del secondo libro dei re e troviamo un brano che viene intitolato “il rapimento di Elia”, vedremo che in realtà non si tratta proprio di un rapimento in quanto Elia sapeva bene quello che stava per accadere da lì a poco. Per Biglino gli altri “liberi pensatori” questa scena parla di un rapimento alieno da parte degli ELOHIM nei confronti di Elia, o come amano dire gli ufologi, un episodio di “abdution”. Elia in quel momento si trova in compagnia di Eliseo ed altri 50 discepoli quando all’improvviso mentre parlarono accade qualcosa:

ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. (2re 2,11)

A questo punto chi cerca in tutti i modi di applicare alla Bibbia una lettura in chiave ufologica, in questo versetto trova pane per i suoi denti. Che cosa è questo “carro” se non un astronave aliena che con la sua tecnologia avanzata fa salire Elia tramite un “turbine”. L’autore del testo essendo un uomo proveniente da una cultura arcaica e dunque avendo a disposizione un numero limitato di vocaboli, descrive questa scena come meglio può. Ora con una attenta analisi vedremo di comprendere cosa sia questo carro con i suoi cavalli di fuoco e vedremo che non hanno nulla a che vedere con una fantomatica astronave aliena. Chi applica una lettura della Bibbia in chiave ufologica legge in maniera meccanica le parole e le interpreta secondo il suo modo di vedere, senza tener conto della cultura che ha generato questi versetti. Un filone importante del pensiero sapienziale biblico è costituito dalla riflessione sulla natura e sull’ordine del creato. Alcune composizioni poetiche vedono Dio che usa i grandi elementi della natura a suo piacimento. Un esempio emblematico lo troviamo nel salmo 104, intitolato Inno a Dio Creatore:

Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto, tu che distendi i cieli come una tenda, costruisci sulle acque le tue alte dimore, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri e dei fulmini i tuoi ministri.(V1-V5)

In questo salmo si può notare come l’autore identifichi il carro con le nubi. Per l’autore del salmo Dio usa le nubi come cocchio. Troviamo questo concetto nel primo versetto di Isaia 19, sempre stando in un genere letterario poetico vede il Signore cavalcare una nube.

Ecco, il Signore cavalca una nube leggera ed entra in Egitto.( Isaia19,1)


analogamente le troviamo anche in Salmo 68,34


a colui che cavalca nei cieli, nei cieli eterni.
Ecco, fa sentire la sua voce, una voce potente!

Se si tiene conto del genere letterale sapienziale si può constatare come sia inefficace una traduzione puramente letterale e meccanica. Espongo qui sotto le traduzione interlineare di (2re 2,11).

Quello che si presentò davanti ad Elia ed Eliseo, che poeticamente viene definito “carro”, era una tempesta a forma di uragano, infatti il termine S’ARAH סְעָרָה che troviamo in 2re 2,11 tradotto come “turbine” (Elia salì nel turbine verso il cielo) deriva da una radice che indica “vento di tempesta” o “vento che spazza via”. Nel dizionario alla parola S’ARAH troviamo:

Alla luce dei vari significati di questa parola possiamo affermare che Elia ha avuto a che fare fisicamente con una sorta di tempesta. I cavalli di fuoco corrispondono ai fulmini, infatti in ebraico fuoco e fulmini sono la stessa parola (ESC), i cavalli non si riferiscono alla forma equina, infatti non troviamo un’associazione con il termine DEMUT che indica la forma o l’aspetto, ma si riferisce alla sua velocità, una caratteristica simboleggiata dal cavallo. Non si trattava però di una tempesta naturale passata da lì per caso, ma di una teofania, una manifestazione della presenza di Dio nella forma degli elementi naturali poiché nessuno può vedere la gloria di Dio. Il Dio creatore ha il totale controllo della sua creazione e se vuole può generale un uragano, come viene ribadito in Ezechiele 13,13.

Perciò dice il Signore Dio: Con ira scatenerò un uragano, per la mia collera cadrà una pioggia torrenziale

Il termine tradotto come uragano è: RUACH-S’ARUT רוּחַ-סְעָרוֹת ovvero “vento di tempesta”. È la medesima parola che in 2re 2,11 viene tradotta come turbine, la differenza è che si trova in una struttura grammaticale costrutta insieme alla parola vento (RUACH) e perciò cambia leggermente di sintassi, ma la parola è la stessa. Parola che compare anche a inizio capitolo per indicare quale fine avrebbe fatto Elia:

Quando il Signore stava per far salire  al cielo in un turbine Elia

Il termine tradotto come “far salire” בְּהַעֲלוֹת  più precisamente significa “trascinare su” proprio come farebbe una forte tempesta. Nella teofania sotto forma di tempesta c’era la presenza di Dio, quindi le nubi sono simbolicamente una sorta di mezzo di trasporto, per questo motivo viene definito carro nei generi letterali poetici. Quindi il carro di fuoco (REKEV-ESC ) e il turbine (S’ARAH) sono la stessa cosa, la differenza è che il carro è in forma simbolica poetica e il turbine è più letterale. Questo parallelismo tra letterale e poetico lo ritroviamo nel libro del Siracide capitolo 48 dove in 12 versetti riassume la vita di Elia; nel versetto 9 troviamo:

Tu sei stato assunto in un turbine, su un carro di cavalli di fuoco

Un’altro versetto interessante lo troviamo in Isaia 66, 15


Poiché, ecco, il Signore viene con il fuoco,
i suoi carri sono come un turbine
(SUFAH)

In questo caso troviamo “turbine” tradotto con SUFAH סּוּפָה che significa uragano. Il fatto che Isaia dice che il carro di Dio sia come un uragano sta a significare che non si tratta di un uragano naturale, ma a una manifestazione di Dio nelle sembianze di un uragano, ma era ben distinguibile da un uragano naturale. Con il brano del rapimento di Elia avviene la sua uscita dalla scena terrena; verrà citato ancora nel libro di Malachìa per profetizzare il suo ritorno in chiave figurativa che si realizzerà nel nuovo testamento con Giovanni Battista. La morte nell’immaginario collettivo è visto sempre con una connotazione negativa, ma questo vale per una persona che ha vissuto una vita di peccato senza pentimento, ma per chi come Elia ha fatto la volontà di Dio, ha compiuto la sua missione sulla terra, ha corso la sua corsa, la morte non è nient’altro che un ritorno a casa e non è per nulla negativo. Elia in questa scena muore e torna alla casa del padre. Biglino per rafforzare la sua tesi mette in evidenza la scena successiva al carro di fuoco, che è il tentativo dei 50 discepoli di Elia di andare a cercare il suo corpo e il fatto che non lo trovino è per l’ovvio motivo che è stato rapito dagli ELOHIM. In realtà, da questa scena si conclude tutt’altro. Se avessero tutti assistito a un rapimento di un uomo in un astronave, nessuno avrebbe pensato di avviare le ricerche del suo corpo, se invece vediamo il carro come forte tempesta è comprensibile che abbiano pensato di cercare il suo corpo sbattuto da qualche parte dalla forza del vento (V16-V17).

ELISEO E I CARRI DI FUOCO

I carri di fuoco compaiono una seconda volta sempre nel secondo libro dei re 6,8-23  in un episodio che non compare nei libri di Biglino e vedremo più avanti il perché. In questo avvincente brano il re di Aram, una piccola nazione situata nell’attuale Siria, nei pressi di Damasco cerca in tutti i modi di battere militarmente Israele per impadronirsi dei suoi beni, ma Israele riesce sempre ad anticipare le sue mosse in modo da eludere le sue tattiche militari. A questo punto il re di Aram inizia a pensare che tra i suoi ufficiali dell’esercito si nasconda una spia che fa io doppiogioco con Israele. Convocò quindi tutti i suoi ufficiali ed espose la sua preoccupazione. Uno degli ufficiali rispose: “No, mio signore, nessuno di noi sta facendo la spia, ma Eliseo, profeta d’Israele, riferisce al re d’Israele le parole che tu dici nella tua camera da letto”. Quegli disse: “Andate a scoprire dov’è costui; lo manderò a prendere”. Eliseo ricordo che è l’erede spirituale di Elia. Quante persone ci vogliono per andare a catturale una sola persona, mansueta e disarmata? Basterebbe anche solo una persona, ma il re di Aram vuole andare sul sicuro e manda una moltitudine di uomini. Circonda la cittadina di Doran, dove abitava Eliseo. Il servo di Eliseo è molto turbato dalla vista di questo esercito perché è venuto apposta per catturare Eliseo. Ma Egli rimane tranquillo e dice al suo servo:

Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro”. Eliseo pregò così: “Signore, apri i suoi occhi perché veda”. Il Signore aprì gli occhi del servo, che vide. Ecco, il monte era pieno di cavalli di carri di fuoco intorno a Eliseo.

In questo brano possiamo notare che in questo caso i carri e i cavalli di fuoco, sono sempre delle manifestazioni divine, ma in questo caso a differenza dell’episodio del rapimento di Elia, sono in forma mistica e invisibile agli uomini eccetto Eliseo che ha i doni mistici per vedere anche nello spirito. Il servo di Eliseo riesce a vederli solo dopo che Eliseo aveva pregato Dio affinché gli aprisse gli occhi spirituali. Ma per tutto l’esercito di Aram, rimane invisibile. A questo punto si può comprende il motivo per cui questo brano non compare nei libri di Biglino, i carri di fuoco in questo brano non possono essere ricondotti a un entità concreta e materialistica. Se fosse un astronave non ha senso che solo Eliseo può vederla e il suo servo dopo una preghiera. Chi vuole sapere come va a finire la vicenda può leggersi 2Re,18 in poi.

IL RAZZO EGIZIO:

Biglino nel suo libro “Il libro che cambierà per sempre le vostre idee sulla Bibbia edizione 2012, riporta addirittura un’immagine, a suo dire ritrovata in Sudan, che rappresenterebbe un’astronave aliena 


A tal proposito, scrive un commentatore del forum:

– Biglino scrive: «2150 a.C. Nel Medio Regno egizio (2160-1785 a.C.) viene edificato in Nubia (Sudan) il tempio minerario di Kush, che contiene una raffigurazione di una probabile navicella in volo e quella di un missile a terra con due individui rappresentati di fronte e non vestiti come gli Egizi (paiono avere un abito composto da un solo elemento che ricopre tutto il corpo).

In realtà questo tempio non è situato in Sudan ma in Egitto a Saqqara nella tomba di Nefer. Si tratta di una foto modificata con Photoshop, quindi una vera e propria bufala. Osservando l’immagine originale e quella alterata si può notare come il contorno è identico, ma dove avrebbe dovuto esserci il razzo in realtà è presente tutt’altro.

IMMAGINE MODIFICATA:

IMMAGINE ORIGINALE:

È stato chiesto a Biglino come mai avesse deciso di pubblicare quell’immagine visto che è evidente che era una bufala, egli rispose:

«L’illustrazione da lei citata è riportata in varie pubblicazione e da molti ritenuta vera: in ogni caso nel libro non la accredito, la pubblico citando una delle fonti.

Ma perché citare una fonte per poi non accreditarla? E’ ovvio che a Biglino non interessa l’affidabilità delle fonti, l’importante è che esse tirano acqua al suo mulino. Se si tratta di convincere la gente che i KERUVIM sono astronavi e non esseri celesti anche una immagine modificata al computer può andare bene, sempre confidando che il suoi lettori non andranno mai a fare ricerche per capire se una prova può essere vera o falsa.

L’ASTRONAUTA DI PALENQUE:

Palenque fu una delle città Maya più importanti della storia della civiltà mesoamericana, situato nello stato del Chiapas a sud del Messico, a 3000 metri d’altezza, fu abitata tra il 100 ed il 900 d.C. Al centro di Palenque sorge il Tempio delle Iscrizioni. Sulle pareti esterne del palazzo troviamo grosse lastre di pietra bianca, con decorazioni e geroglifici. All’interno del Tempio delle Iscrizioni è stata rinvenuta dall’archeologo Alberto Ruz Lhuillier, una camera nella quale è conservata la tomba del re. Il coperchio del sarcofago è una lastra funebre spessa 25 centimetri decorata con incisioni raffiguranti del re Pacal. Questa reperto indubbiamente autentico è entrata nella narrazione paleastonautica secondo cui questa immagine rappresenta un uomo che sta guidando un astronave monoposto. Secondo questa narrazione data dai “liberi pensatori” (malgrado non abbiano competenze di archeologia) la struttura a croce sarebbe la fusoliera di un velivolo spaziale, dietro vi sarebbero le fiamme di un reattore acceso e l’ala di deviazione dei gas di propulsione. Pacal avrebbe nelle narici un respiratore, la sua mano destra sarebbe sull’asse di comando e il piede sinistro sull’acceleratore. In realtà i sostenitori di questa tesi osservano la lastra funebre del re Pacal nel verso sbagliato: quello orizzontale. Basta orientare la lastra nel corretto senso verticale per fare chiarezza. Come ha spiegato anche il bravo e preparato archeologo e scrittore italiano Valerio Massimo Manfredi, re Pacal, è a metà strada tra la vita e la morte, in quanto sta cadendo dall’albero della vita verso il mondo dei morti. Sta per essere fagocitato dalle fauci di un serpente, e sotto (e non dietro) di lui c’è la raffigurazione del dio della terra e della morte. La terra che dà la vita e che la toglie è, quindi, una metafora per raffigurare l’ingresso di Pacal al mondo dei morti. In cima all’albero della vita c’è il serpente piumato che rappresenta Itzamnà, il dio creatore, e vicino una pianta di mais, ancora oggi alimento base della cucina centroamericana e Pacal è raffigurato proprio con indosso il gonnellino tipico del dio maya del mais. Sul bordo della lastra funebre è narrata la storia personale di Pacal e del suo regno e non è presente nessun riferimento a mezzi di trasporto volanti. Tutto questo lo trovate nel libro “I Maya”, di Peter Schmidt, Mercedes de la Garza e Enrique Nalda, edito da Bompiani col patrocinio dell’ Instituto Nacional de Antropología e Historia (I.N.A.H.). L’I.N.A.H. è la più qualificata istituzione che si occupa del recupero e conservazione del patrimonio archeologico del Messico e del Mesoamerica in generale. A Palenque non è assolutamente raffigurato alcun astronauta. E’ solo una questione di fonti, che sono quelle a far la differenza fra una pseudoscienza e la scienza autentica.

LA NAVICELLA DI TOPRAKKALE

Questo oggetto è stato scovato al museo di archeologia di Istanbul da Zaccaria Sitchin che fu sicuramente uno dei primi ad affermare che questa statuetta rappresentava un modulo spaziale e che doveva avere all’incirca tremila anni, a suo dire l’oggetto era realizzato in un materiale poroso, probabilmente una pietra fatta di cenere vulcanica. Biglino ha quindi preso per buona questa prova e inserita nei sui libri commentando che questa statuetta risulta a suo dire una rappresentazione molto fedele dei KERUVIM descritti dalla Bibbia. Due riviste agli inizi degli anni 90, più precisamente l’inglese Fortean Times Magazine nel 1993 e la rivista tedesca Magazine 2000 nel 1994 fecero alcune foto a questo artefatto e dichiarando che questa raffigurazione, conservata al Museo Archeologico di Istanbul, era stata trovata nel 1975 nel sito di Tuspa Toprakkale, la sua datazione, confermata dagli scavi (a detta loro), era tra 830-612 AC e sarebbe riconducibile alla civiltà Urartu nel nord-est del lago di Van. Questa affermazione in realtà è errata infatti non risulta assolutamente che sia stato trovato un artefatto simile durante degli scavi archeologici, ma bensì si è propensi a credere che tale oggetto sia stato recuperato da un commerciante d’arte che ha voluto donarlo al museo. Ma arriviamo al punto della questione: Questa è una prova valida che confermerebbe le tesi di Biglino e Sitchin? La risposta è assolutamente no! Fu sottoposto, nel 2003,  per conto del Ministero per i Beni e della Cultura turco,  ad analisi dal Dipartimento di chimica, dalle analisi chimiche e petrografiche risultò essere un manufatto fatto di gesso e polvere di marmo risalente a soli 25 anni prima! La cosa curiosa fu che il Direttore Generale del Museo Ph. D. Alpay Pasinli disse che egli capì subito che il manufatto non poteva avere 3000 anni e che era un falso ma la stampa occidentale convinse loro e il pubblico del museo che la navicella aveva 3000 anni, e poteva essere una valida prova delle teorie di Zaccaria Sitchin.  Peccato che forse il direttore non si ricordi che quando i giornalisti e gli pseudoscienziati chiesero di vedere l’artefatto il museo non solo mostrò a loro l’artefatto ma dopo l’uscita degli articoli e del libro lo espose al pubblico come uno dei suoi migliori “pezzi” ben felice della pubblicità ricevuta. Questo è il motivo per cui questo artefatto è ancora presente e non è stato eliminato nonostante sia un falso; è utile per farsi pubblicità.

LA VISIONE DI EZECHIELE 4/4

Completiamo la lettura del capitolo …

Al di sopra delle teste degli esseri viventi era disteso una specie di firmamento8), simile a un cristallo splendente, e sotto il firmamento erano le loro ali distese, l’una verso l’altra; ciascuno ne aveva due che gli coprivano il corpo9). Quando essi si muovevano, io udivo il rombo delle ali, simile al rumore di grandi acque, come il tuono dell’Onnipotente, come il fragore della tempesta, come il tumulto d’un accampamento. Quando poi si fermavano, ripiegavano le ali. Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste. Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve qualcosa come una pietra di zaffìro in forma di trono10) e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembravano i suoi fianchi in su, mi apparve splendido come metallo incandescente e, dai suoi fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore simile a quello dell’arcobaleno fra le nubi in un giorno di pioggia. Così percepii in visione la gloria del Signore. 11)  Quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava. V.22 – V.28

In questa parte vediamo comparire altri elementi interessanti: Sopra i quattro KERUVIM troviamo la RAQIA רָקִיעַ che in italiano viene reso “firmamento”. Viene descritto come una enorme piattaforma trasparente e sopra di essa qualcosa che ricorda la forma di un trono e una figura con una sembianza umana che irradia una luce fortissima. Questa è la presenza di Dio ripieno della sua gloria (KAVOD). Questa è la visione della gloria di Dio al completo che esprime tutta la sua regalità davanti al mondo. Da qui nasce l’espressione “che siedi sui cherubini”, molto usata nella Bibbia all’interno delle invocazioni o nei salmi regali.

Un esempio di invocazione la troviamo del Salmo 18,11

Signore, Dio d’Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra.

Questa espressione non si riferisce al fatto che Dio si siede sui KERUVIM come ci si siede su un cavallo,  come vuole far credere Biglino. Dalla visione si può notare il distacco tra Dio e i KERUVIM, si riferisce al fatto che i KERUVIM, che già loro sono creature potenti e gloriose stanno sotto Dio. Questa espressione quindi serve per enfatizzare la regalità di Dio non solo limitato alla terra e al popolo di Israele, ma in tutto l’universo e per indicare che chi tocca Israele, tocca l’occhio di Dio. Biglino insiste sulla tesi che i KERUVIM sono mezzi di trasporto citando anche In 2Samuele 22,11

Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento.

Prendendo questo versetto alla lettera dice che YHWH cavalca un Cherubino e questo indica come la Bibbia lo descriva come un mezzo di trasporto. Quello che non tiene conto è che il Salmo 22 è un cantico scritto da Davide per esultare una vittoria contro i filistei. Essendo un cantico, quindi una poesia non va preso assolutamente alla lettera, ma va analizzato tenendo conto del genere letterario e all’interno del contesto storico e culturale. Infatti sempre nello stesso cantico troviamo altri versetti che non avrebbero senso presi alla lettera: Allora la terra fu scossa e tremò, le fondamenta dei cieli furono smosse e scrollate, perché egli era colmo di sdegno. (V.8). Il Versetto 11 indica che Dio è l’Essere Supremo. Gli son sottoposte tutte le cose, ed egli dunque le “cavalca” nel senso che le domina e le impiega secondo il suo proposito. Infatti l’atto di cavalcare indica il fatto che sottometti al tuo volere, appunto come un cavaliere sottomette un cavallo per portarlo dove vuole lui. In conclusione Dio, l’onnipotente è intervenuto rapidamente grazie ad un angelo cherubino. Un altro versetto simile lo troviamo nel Salmo 68,5:

Appianate la strada a colui che cavalca le nubi

Anche qua troviamo un versetto poetico e nessuno può dire che le nuvole siano le astronavi. In questo caso si esalta Dio come Signore degli elementi naturali. In conclusione se la Bibbia scrive che YHWH cavalca qualcosa, dire che guida un mezzo di trasporto è di una banalità frutto di una ignoranza della cultura ebraica.

8) Biglino traduce il termine che in Ezechiele viene reso con “firmamento”  (RAQIA) con “cupola”, in riferimento al parabrezza trasparente dell’astronave. Ora andiamo a vedere cosa dice il dizionario riguarda il termine RAQIA:

Da come si può vedere questo termine è usato anche in Genesi per definire la volta celeste e in Ezechiele si po’ tradurre anche “piattaforma”. Non ci sono elementi che fanno pensare a un oggetto a forma di cupola, infatti tutte le rappresentazioni  grafiche della RAQIA è costituita da una sorta di grande pavimento piatto trasparente. Qualcosa di veramente immenso. Dove possiamo trovare un’ulteriore conferma? Nell’ebraico moderno, attualmente in uso in Israele il termine “cupola” si traduce KIPA כִפָּה nell’ebraico biblico corrisponde all’albero della palma, questo perchè l’insieme delle foglie, dei rami ricorda vagamente la forma di una cupola.a  Possiamo constatare che nel tradurre “cupola” in ebraico modero, la parola RAQIA non è stata presa minimamente in considerazione, questo perchè  gli ebrei sapevano che non aveva niente a che vedere con la forma di una cupola. Le teste che sono sotto la RAQIA non sono i piloti dell’astronave come vorrebbe far credere Biglino, ma si riferisce sempre alle teste degli esseri viventi ovvero i KERUVM. Anche se è scontato come cosa, Ezechiele lo precisa nel versetto 22: Al di sopra delle teste degli esseri viventi … Ma Biglino pur di non attribuire una forma antropomorfa ai KERUVIM si è dovuto inventare la storia dei piloti. La visione della RAQIA come una relativamente piccola cupola trasparente è una speculazione molto lontana dal testo ebraico; che la descrive come qualcosa di immenso, piatto e non trasparente.  Se Ezechiele avesse visto una cupola trasparente che termine avrebbe usato per descriverlo? In ebraico biblico non esiste un vocabolo per indicare la forma geometrica di una cupola o semisfera, ma possiamo stare certi che non può essere la RAQIA. Quello che più probabile se fosse stato qualcosa paragonabile a un parabrezza trasparente, Ezechiele avrebbe riconosciuta o comunque scambiata per vetro, un materiale conosciuto all’epoca. Quindi avrebbe detto che è fatta di ZEKOKIT זְכוֹכִית ,il termine che si traduce “vetro” o il suo sinonimo GAVISH גָּבׅישׁ che può indicare anche un materiale di struttura cristallina.

La scena celeste di Ezechiele la troviamo anche nell’Apocalisse di San Giovanni apostolo  capitolo 4-6,9. Vediamo il confronto:

Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro. Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola.  I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: “Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!” E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli.

San Giovanni, come Ezechiele ha anch’esso avuto delle visioni al tempo della sua vecchiaia in esilio all’isola di Patmos, in Grecia. Una di queste sembra coincidere con la visione di Ezechiele. Troviamo che anche San Giovanni vede un “trono” e il firmamento che lo descrive come un mare trasparente simile a cristallo. È interessante notare che lo descrive in maniera leggermente diversa ma si tratta della stessa cosa, questo è il punto di vista di Giovanni; il fatto che non ha usato le stesse parole indica che non ha copiato da Ezechiele ma ha visto la stessa cosa e lo descrive a parole sue. In entrambi i casi una distesa piana immensa. Sono presenti anche qui, i quattro esseri viventi e li descrive in maniera simile rispetto ad Ezechiele con la differenza che ogni essere vivente ha un solo volto. A differenza di Ezechiele, Giovanni scrive che questi esseri viventi non smettono mai di lodare e glorificare il Signore e dal momento che siamo nel contesto della scena celeste, la stessa di Ezechiele possiamo intuire che questi esseri viventi sono proprio i KERUVIM e il fatto che parlano indica che non possono essere delle navicelle spaziali. Questa scrittura infatti non compare in nessun libro di Biglino perché qui è troppo evidente che si trattano di esseri senzienti e la sua teoria crollerebbe.

9) La parola GHEWIAH גְּוִיָּה significa “corpo” e non struttura. Un’ulteriore prova che attesta che i KERUVIM hanno una forma antropomorfa, dunque si sta parlando di corpi di esseri viventi e non strutture di congegni meccanici.

10) Per Biglino la parola ”trono” (CHISSE כִּסֵּא) corrisponde al sedile della cabina di pilotaggio. È presente anche una figura con sembianze umane, ma non da nessuna spiegazione del perché questa figura emana una forte luce.

11) Biglino nel suo libro “non c’è creazione nella Bibbia” inserisce un commento su una frase del versetto 28: Così percepii in visione la gloria (KAVOD) del Signore. Questa frase contiene la parola KAVOD e non poteva ignorarla: Ciò che fino a ora era stato definito RUACH improvvisamente viene definito come il KAVOD. Sono dunque la stessa cosa? Sono due modi per definire caratteristiche compresenti nello stesso oggetto volante non meglio identificato. Nel capitolo 1 di Ezechiele i protagonisti sono gli esseri viventi, ovvero i KERUVIM e gli OFANIM, non è certamente la RUACH che è presente solo in maniera sporadica e ogni volta che compare questa parola in Ezechiele 1, Biglino la traduce con “vento”. Ma arrivanti a questo punto si <<dimentica> si aver sempre tradotto questa parola come vento e d’un tratto e inspiegabilmente diventa un astronave aliena. Tutto questo per mostrare falsamente una comparazione con KAVOD per poi collegarlo a un brano già analizzato precedentemente. Questo è un esempio come le spiegazioni di Biglino si contraddicono da sole e presentano numerose falle.

ULTIME OSSERVAZIONI:

  • Se volessimo vedere la visione di Ezechiele come un navicella volante dovremo prendere atto della carenza di molti particolari: Che cosa sostiene quella “cupola” piattaforma al di sopra delle ruote? E come fanno a girare le ruote senza un asse che le colleghi? Vediamo che non ci sono elementi sufficienti per vedere in questa visione quello che Biglino vorrebbe vedere. Persino anche l’ebraista laico Cuscito è convinto che leggendo il testo è impossibile vederci un astronave aliena, solamente forzando la traduzione di alcune parole e lavorando molto di fantasia puoi vedere qualcosa del genere, ma non è assolutamente niente di tutto ciò.
  • Nella visione Ezechiele descrive non solo quello che vede, ma anche quello che sente, come il rumore delle ali dei KERUVIM. Secondo Biglino e gli altri “liberi pensatori” il fatto che si sentono dei rumori indica che non si tratta di fenomeni soprannaturali, ma di fatti concreti. Come se loro fossero esperti di fenomeni soprannaturali. È ovvio che delle visioni è presente sicuramente una parte visiva, ma è presente eventualmente anche la parte uditiva; non ci sono mai visione mute. Quindi accreditare questa come prova per confutare la teologia è alquanto ridicolo.
  • Ezechiele descrive nella visione lo strano movimento degli OFANIM e  i KERUVIM. Anche in Ezechiele 10 dove si ripropone una visione simile ad Ezechiele 1 vengono descritti vari movimenti. In quella scena la presenza di Dio, rappresentata dalla nube, esce dal tempio di Gerusalemme a causa dei peccati degli Israeliti. Il fatto che le visioni presentano movimenti significa che la gloria di Dio si muove liberamente e non da nessuna prova che si tratta di un astronave aliena.
  • Descrivendo la sua visione, Ezechiele usa spesso espressioni come “avere l’aspetto”, “sembrare” e “qualcosa di simile”. Ma in questi versetti lo fa ancora più spesso, come se cercasse le parole per descrivere qualcosa di praticamente indescrivibile. Descrivere le cose celesti con il limitato linguaggio umano, in particolare in una lingua antica come l’ebraico, povera di vocaboli in confronto con le lingue moderne è un’impresa assai ardua. Nel nuovo testamento Paolo dichiara di aver avuto un’esperienza mistica, ma si rifiutò di descrivere ciò che vide perché ritenne un crimine anche solo provarci a descrivere con linguaggio umano le cose straordinarie che vide. Ezechiele invece ci provò, ma dal suo modo poco preciso di descrivere indica che non è possibile che la visione sia un qualcosa di inventato. Altrimenti non ci sarebbe avuto bisogno di usare tutte queste similitudini.
  • La famosa arca dell’alleanza costruita dagli israeliti durante l’esodo dall’Egitto sotto le dettagliate indicazioni di Dio tramite Mosè, è un modellino della scena celeste di Ezechiele. Anche nell’arca erano presenti i KERUVIM. Nelle varie ricostruzioni grafiche dell’arca i KERUVIM anche se molto diversi da una versione all’altra sono comunque tutte ricostruite in modo antropomorfo. Il propiziatorio, la  lastra d’oro che copriva l’arca era considerata il luogo della presenza di Dio. Il termine dà rilievo al fatto che tale presenza si realizza come gratuita benevolenza di Dio verso il suo popolo. Nella visione, corrisponde al firmamento e il trono. Gli OFANIM corrispondono alle ruote del carro costruito appositamente per il trasporto.
  • Alla fine della visione Ezechiele vede sul trono un esempio di teofania, un’apparizione di Gesù Cristo nel vecchio testamento. Mettiamo a confronto altre due teofanie descritte da personaggi diversi vissuti in tempi diversi e noteremo che stanno descrivendo la stessa cosa pur utilizzando parole differenti. Queste sono le comparazioni:

una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembravano i suoi fianchi in su, mi apparve splendido come metallo incandescente e, dai suoi fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. (Ezechiele 1,26-27)

uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro.  I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco.  I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque … e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza. (Apocalisse 1,13-16)

ed ecco un uomo vestito di lino, con ai fianchi una cintura d’oro di Ufaz; il suo corpo somigliava a topazio, la sua faccia aveva l’aspetto della folgore, i suoi occhi erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le sue gambe somigliavano a bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una moltitudine. (Daniele 10,5-6)

FINE

LA VISIONE DI EZECHIELE 3/4

Continuiamo la lettura del capitolo …

Io guardavo quegli esseri, ed ecco sul terreno una ruota al fianco di tutti e quattro. Le ruote avevano l’aspetto e la struttura come di topazio e tutte e quattro la medesima forma; il loro aspetto e la loro struttura erano come 6) di ruota in mezzo a un’altra ruota. Potevano muoversi in quattro direzioni; procedendo non si voltavano. Avevano dei cerchioni7) (VEGABEHEM וְגַבֵּיהֶן) molto grandi e i cerchioni di tutt’e quattro erano pieni di occhi. Quando quegli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e, quando gli esseri si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano. Dovunque lo spirito le avesse sospinte, le ruote andavano e ugualmente si alzavano, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote. Quando essi si muovevano, anch’esse si muovevano; quando essi si fermavano, si fermavano anch’esse e, quando essi si alzavano da terra, anch’esse ugualmente si alzavano, perché nelle ruote vi era lo spirito degli esseri viventi. (V.15 – V.21)

A questo punto compaiono gli OFANIM di cui abbiamo precedentemente analizzato. In questa parte della visione vengono descritti i movimenti dei KERUVIM e degli OFANIM in modo da rievocare l’immagine di uno stormo di uccelli quando, in maniera del tutto sincronizzata, varia direzione in volo, cambiando rotta drasticamente senza che ognuno i loro perda il proprio posto. Questa, probabilmente, fu la visione che ebbe Ezechiele riguardo i KERUVIM e gli OFANIM in movimento. Il testo è chiaro sul fatto che i KERUVIM  e  gli OFANIM sono due elementi ben distinti e non un’unica entità e questo è un altro elemento che esclude a priori la possibilità che sia una navicella aliena.

6)   e   7)  Secondo Biglino l’espressione:  ruota in mezzo a un’altra ruota, combinato con la parola VEGABECHEM (e i loro cerchioni) tradotta con il termine “curvatura” è un chiaro riferimento alla descrizione di una navicella a forma di disco volante, così come appare nell’immaginario collettivo. Iniziamo con l’esaminare la parola VEGABECHEM di cui deriva la radice GAV גַּב: Secondo il dizionario significa: Un oggetto curvo, sporgente, prominente, concavo, convesso. A seconda del sostantivo di riferimento può assumere diversi significati: Se riferito al corpo umano significa “spalla” (Salmo 129,3), se riferito allo scudo significa “bombatura” (Giobbe 15,26), se riferito agli occhi corrisponde alle “sopracciglia” (Levitico 19,4). Nel brano ora in esame il termine GAV è riferito agli OFANIM, che vengono tradotte come “ruote”. in questo caso la traduzione adeguata corrisponde a “cerchioni” e non a un semplice “curvatura”. Come detto in precedenza gli OFANIM da come sono descritti nel libro di Enoch non sono gli oggetti meccanici; approfondendo il versetto 16 troviamo:

Il loro aspetto e la loro struttura erano come di ruota in mezzo a un’altra ruota.

La parola tradotta nella Bibbia come “aspetto” più precisamente significa “le loro apparenze” e la parola tradotta come “struttura” significa “la loro azione”. Dunque Ezechiele non ha visto delle ruote, ma ha visto un qualcosa che dall’aspetto e dal movimento ricorda vagamente delle ruote. Se volessimo avere una rappresentazione grafica per come vengono descritti da Ezechiele in maniera letterale vedremo due ruote intersecate a 90 gradi. Niente a che vedere rispetto a una visione di un disco volante. Se invece Ezechiele avesse veramente visto, con i proprio occhi delle navicelle a forma di dischi volanti come gli avrebbe potuti descrivere? In ebraico biblico non esiste una vocabolo che corrisponde alle descrizione di un disco. Avrebbe potuto usare la parola GAV ma in maniera diversa da come appare nel testo ebraico in quando con questo vocabolo si intende un oggetto con una bombatura unidirezionale quando invece la forma di un disco non è propriamente curvo in questo modo ma ha una doppia bombatura disposta in maniera simmetrica. Si sarebbe anche potuto usare il duale applicato alla parola GAV per indicare un plurale limitato a due elementi: Quindi per descrivere una forma di una disco in ebraico biblico avrebbe dovuto essere:

Da precisare che anche in questo caso, parlare di dischi volanti alieni sarebbe stato comunque una fantasiosa speculazione, ma almeno dal punto di vista lessicale sarebbe stato coincidente. Per ultima cosa Biglino identifica nella parola “occhi” nel versetto 18: i cerchioni di tutt’e quattro erano pieni di occhi, gli oblò dei dischi volanti partendo sempre dalla errata traduzione di “occhi” come luminescenza smentita in precedenza.

CONTINUA…

LA VISIONE DI EZECHIELE 2/4

Continuiamo la lettura del capitolo …

Al centro, una figura composta di quattro esseri viventi, di sembianza umana con quattro volti e quattro ali ciascuno. Le loro gambe erano diritte e i loro piedi come gli zoccoli d’un vitello, splendenti come lucido bronzo. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d’uomo; tutti e quattro avevano le proprie sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l’una all’altra. Quando avanzavano, ciascuno andava (YELEKU) 2) diritto davanti a sé, senza voltarsi indietro. (V.5  –  V.9).

A un certo punto il profeta vede comparire i quattro “esseri  viventi” con il termine HAYOT analizzata precedentemente e precisa che hanno l’aspetto d’uomo, citando diversi elementi quali volti, mani, gambe e piedi che richiamano una forma antropomorfa anche se diversa dall’uomo. Questi vocaboli non avrebbero dovuto esserci se avesse voluto descrivere un mezzo di trasporto volante.

2) La parola YELEKU יֵלֵכוּ grammaticalmente l’imperfetto del verbo HALAK הָלַךְ la troviamo tradotta nella Bibbia come “andarono”; il significato più comune è “camminare”. Questo vocabolo può riferirsi unicamente a un essere animano come appunto i KERUVIM effettivamente sono. Può essere usato anche riferito a entità inanimate, ma solo se utilizzate come metafore in generi letterali poetici, ma nel brano in esame non è questo il caso. Questo verbo sicuramente non potrebbe mai riferirsi a una navicella volante e questo è un altro elemento che confuta la tesi di Biglino.

Continuiamo la lettura del capitolo …

Quanto alle loro fattezze (DEMUT) 3), avevano facce d’uomo; poi tutti e quattro facce di leone a destra, tutti e quattro facce di toro a sinistra e tutti e quattro facce d’aquila. Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Ciascuno andava diritto davanti a sé; andavano là dove lo spirito (RUACH)4) li sospingeva e, avanzando, non si voltavano indietro. Tra quegli esseri si vedevano come dei carboni ardenti simili a torce, che si muovevano in mezzo a loro. Il fuoco risplendeva e dal fuoco si sprigionavano bagliori. Gli esseri andavano e venivano (RATSO)5) come una saetta. (V.10 – V.14).

Quindi ciascuno di loro aveva quattro facce. La faccia frontale aveva l’aspetto di uomo, il lato destro aveva l’aspetto di un leone, il lato sinistro aveva l’aspetto di bue e dietro di aquila. La teologia cristiana ha visto in questa parte della visione di Ezechiele un’immagine profetica riguardo i quattro vangeli: Nel vangelo di Luca, Cristo viene presentato come il Figlio dell’uomo; nel vangelo di Marco, come il Leone della tribù di Giuda, nel vangelo di Matteo, è il servo, il bue, l’animale del servizio, e nel vangelo di Giovanni, la deità, l’aquila. In particolare il leone di san marco è il simbolo della città di Venezia dove raffigura un leone con le ali. Un altro punto di vista altrettanto valido è la visione dei quattro volti nelle fasi della vita di Gesù:  È venuto sulla terra come uomo; è stato sacrificato come un bue, animale usato anche nei sacrifici rituali; e risorto con potenza, come un leone; è asceso al cielo come un aquila. Gesù compare in tutto l’antico testamento in forma velata e questo caso è solo uno dei tanti esempi.

Secondo Biglino invece Ezechiele ha assegnato i nomi di questi quattro volti o come gli chiama lui, “i quattro lati” non in base alla forma, ma in base alla funzionalità: La faccia d’uomo doveva essere la parte dove era posizionata la cabina di pilotaggio; l’aquila le ali dei mezzo volante; il leone, la  sua aggressività, il lato dove c’erano le armi; i bue, animale simbolo della sua potenza composta. Precisa che si tratta solo di un’ipotesi assolutamente privo di ulteriori prove che possano confermare questa chiave di lettura. Questa interpretazione oltre a non avere prove fa un po’ acqua da tutte le parti: La cabina di pilotaggio di un veicolo è sempre nello stesso lato delle ali perché chi pilota deve poter vedere dove va, se invece si trova a 90 gradi non è nella direzione giusta, nessuna intelligenza progetterebbe un veicolo del genere. In secondo luogo da nessuna parte si dice che i KERUVIM sparino e vengano usate come armi quindi è completamente fuori luogo un “lato dove sono presenti delle armi” che qualora ci fosse sarebbe sempre lo stesso lato della cabina di pilotaggio e delle ali perché che pilota il veicolo deve poter vedere dove sta sparando, da tener presente che all’epoca le uniche armi conosciute erano la spada e l’arco, se quindi anche avesse visto dei lancia missili o cannoni laser non li avrebbe riconosciute come armi in quanto erano elementi completamente sconosciuti. Il leone infine nella cultura ebraica non ha una connotazione negativa, come aggressività, ma esprime potenza, l’aggressività come animale è più dato dal serpente. Non si comprende il ruolo del lato del bue, in un contesto di navicella spaziale. Oltre a questi ragionamenti c’è un elemento che più di tutti confuta questa interpretazione; si tratta della parola DEMUT דְמוּת. Dal dizionario si comprende che significa aspetto, fisionomia, forma, somiglianza, immagine, copia, modello, può essere tradotto con espressioni tipo: una sorta di, una specie di … Fa sempre riferimento a una somiglianza fisica e mai a una somiglianza funzionale. In questo caso Biglino sconfina nel suo metodo di tradurre tutto alla lettera e altera il significato del termine per cercare di farlo rientrare nel contesto di un astronave aliena. In ebraico ci sono diversi termini che indicano il concetto di funzionalità, azione, agire. Ezechiele avrebbe potuto usare uno di questi riferito a quello che Biglino chiama “lati”:

Quindi prendendo solo il primo termine come esempio, il testo biblico perché coincida con l’interpretazione ufologica avrebbe dovuto essere:

Al posto di:                                                                       Avrebbe dovuto essere:

Nella Bibbia avrebbe potuto essere tradotto: Le loro facce operavano similmente a … Questa espressione indica inequivocabilmente il concetto di operabilità e funzionalità, in questo caso applicato alle facce dei KERUVIM.

4) In questo caso Biglino traduce il termine RUACH come vento. In conclusione ritiene che questi “oggetti” sarebbero spinti dal vento in base alla sua direzione, come se non avessero nemmeno la possibilità di essere autonomi. Che non sia il vento a spingerli lo vede nel versetto 14 dove dice che questi esseri viaggiano avanti e indietro veloci come fulmini e il semplice vento non potrebbe mai dare questo effetto. Se invece lo traduciamo come spirito, dandogli una caratteristica senziente tutto quadra.

5) La parola RATSO רָצוֹא, voce del verbo RAZA רָצָא, la troviamo tradotta nella Bibbia come “andarono”,  più precisamente significa “correvano”

Anche questo vocabolo può riferirsi unicamente a un essere vivente dotato di gambe e non a una navicella volante.

CONTINUA….