IL BULLISMO

  • Come un pazzo che scaglia tizzoni e frecce di morte, così è colui che inganna il prossimo e poi dice: << Ma si, è stato uno scherzo! >> (PR 26,18-19).

Il bullismo è  un fenomeno che è stato poco analizzato dal punto di vista cristiano. Si può definire come una forma di violenza verbale, fisica e psicologica ripetuta e nel tempo e perpetuata in modo intenzionale da una o più persone (i “bulli”) nei confronti di un’altra (la “vittima”), al fine di prevaricare e arrecare danno. Il termine bullismo viene utilizzato principalmente in ambito scolastico, e viene in genere utilizzato per descrivere forme di violenza e prevaricazione tra soggetti giovani. Cercherò brevemente di analizzare le caratteristiche più importanti, le sue cause e possibili rimedi.

CARATTERISTICHE DEL BULLO:

Bulli non i nasce, si diventa, quindi capire come una persona può diventare un bullo è importante. Sono 2 le strade che portano una persona a diventare un bullo:

  1. LA SUPERBIA

Le persone con il cuore superbo mettono le basi per avere uno spirito di competizione di fronte al mondo, e questo si manifesta anche nell’infliggere sofferenze contro chi vede, a suo parere inferiore a lui. Pensa che il rispetto non è dovuto a tutti ma va meritato, quindi se una persona si ritiene non meritevole di rispetto potrebbe iniziare ad essere preso di mira.

  • SOFFERENZE/TRAUMI

In altri casi l’aggressività contro il prossimo potrebbe derivare da una profonda sofferenza interiore derivata da problemi famigliari, violenze subite o un mancato affetto che porta a un senso di abbandono. Anche fuori da contesti famigliari, ogni sofferenza subita a causa di uno o più persone tramite bullismo o emarginazione sociale. Quindi la malvagità subita, se non trattata porta anch’essi a comportarsi in maniera aggressiva davanti al prossimo.

Alcune ricerche hanno evidenziato come i bulli, una volta adulti, diventino persone autoritarie, con un forte bisogno di controllo o di dominio. Questo sempre se non si ravvede e cambia strada.

Ora, una cristiano che ha raggiunto una buona maturità spirituale può essere un bullo? La risposta è certamente no! Prima cosa un credente non può  essere superbo, ma al contrario è umile, e chi è umile mai si sognerebbe di mancare di rispetto a qualcuno. In secondo luogo se ha avuto trascorsi sofferti, il vangelo, la preghiera o la vicinanza di un altro credente danno tutti gli strumenti per contrastare le sofferenze affinché non alterino il carattere per farlo diventare arrogante e irascibile.

CARATTERISTICHE DELLE VITTIME:

Capiamo perché un bullo inizia a prendere di mira una determinata persona:

  1. CARATTERISTICHE FISICHE ANOMALI

Attraggono i bulli chi si presenta fisicamente fragile e debole, oppure in sovrappeso o con qualche deformità fisica.

  • CARATTERE TIMIDO E TACITURNO

I bulli di solito sono molto espansivi e amano molto parlare e scherzare con chi gli sta attorno.  Perciò le persone timide e taciturne sono mal viste e potrebbero essere soggetti a bullismo

  • COMPORTAMENTI GIUDICATI “STRANI”

Se una persona ha comportamenti giudicati “strani” agli occhi di un bullo che non riesce a capirle o a interpretarle, allora si può arrivare alla conclusione che quella persona è stupida e quindi non meritevole di rispetto.

  • EPISODI SPIACEVOLI

Un altro motivo ancora perché una persona prende di mira un’altra può essere dovuto a qualche episodio o battibecco che porta a provare antipatia nei confronti di quella persona.

LA LOGICA DEL BRANCO:

Qual è l’obbiettivo di un bullo? Semplicemente divertirsi cinicamente a umiliare una persona in particolare. Per questo è necessaria la complicità di altre persone che vedono la vittima allo stesso modo: Come uno “sfigato” da prendere in giro. Il divertimento deriva da quanto riesce a ridere e a far ridere il gruppo complice degli attacchi di bullismo e più gente riesce a convincere a infierire e più lui si sentirà autorizzato nel farlo. Infatti di solito sono pochi i componenti che veramente vessano la vittima, gli altri si limitano solo a ridere, ma anche una risata può ferire e umiliare una persona e nemmeno quella è da sottovalutare, anzi sono le risate di altre persone che assistono che alimenta il fenomeno e incrementa il senso di umiliazione che percepisce la vittima. Quando invece il bullo non riesce a trovare complici, ma anzi ci sono persone che difendono la vittima. il bullo prima o poi si stufa e le vessazioni spariscono.

L’ATTACCO PROGRESSIVO:

Il bullo inizia a vessare la vittima con qualcosa di apparentemente innocente, come piccole provocazioni, battutine pungenti, ma col passare del tempo tendono a intensificarsi maggiormente se il bullo ritiene che la vittima non risponda in modo da farsi valere.  Se la vittima lamenta questo disagio, l’altra persona risponde che sta solo scherzando e che non c’è bisogno che si arrabbi. Chi è portato a provocare verbalmente qualcuno prende di mira sempre le stesse persone e non si può più parlare di “scherzo” altrimenti lo farebbe con tutti. Da come suggerisce il versetto dei proverbi, dire di scherzare è sempre un modo per nascondere un disprezzo nei confronti di una determinata persona e col passare del tempo la cosa diventa sempre più palese, per il fatto che le battute sono sempre più pesanti e vessatorie. Abbiamo di fronte un fenomeno che tende ad progredire con il tempo se non si prendono provvedimenti per fermare il bullo. Un credente davanti a un fenomeno di bullismo non dovrebbe mettersi a ridere o stare a guardare, dovremo invece cercare di difenderlo. La vittima ne sarà riconoscente e questa potrà essere un’occasione per dare a lui la propria testimonianza.

ESSERE VITTIMA DI BULLISMO:

Secondo studi di settore l’essere, o l’essere stati vittime di bullismo ha una varie serie di conseguenze psicologiche negative. Possono presentarsi disturbi dell’umore, tendenza all’isolamento, calo dell’autostima, disturbi nel sonno o addirittura la comparsa di una serie di disturbi psicosomatici (ad es. mal di testa etc.) L’essere stati oggetto di bullismo è inoltre un fattore di rischio per lo sviluppo di una serie di disturbi psichiatrici tra cui disturbi alimentari, disturbi d’ansia, disturbi dell’umore e dismorfofobia (malattia mentale caratterizzata da un’attenzione ossessiva su un difetto percepito nell’aspetto). Da ciò che può provocare questo fenomeno si può affermare che si tratta di un male dei nostri tempi che purtroppo viene sottovalutato dalla società che non mette in campo misure sufficienti da arginare il fenomeno, specialmente se questi fenomeni accadono in ambito scolastico. Questi studi sono sempre svolti da un punto di vista laico e non distingue se la vittima è un non credente in Cristo  o non lo è, come se fosse del tutto indifferente. Vedremo che invece le differenze ci sono eccome: Per “credente”, lo ribadisco, si intende una persona che ha raggiunto una piena maturità spirituale e continua a proseguire un percorso verso la santità che durerà tutta la vita. Anche vero che è difficile che un giovane possa essere già a un livello spirituale ben progredito, ma non è nemmeno impossibile. Vediamo ora quali attitudini spirituali ha un credente che è sotto attacco da bullismo:

  • I NEMICI

Il vangelo parla anche dei “nemici” (Matteo 6,46). Non bisogna odiarli e desiderare vendetta o la loro rovina. Il vangelo parla di amare i nemici e pregare per loro. Vedi art: https://teofilo.cw.center/i-nemici/

  • IL PERDONO

Una vita di rancori non fa altro che rovinare se stessi. Il vangelo Gesù insiste più volte nel valore del perdono nel caso cadiamo nella trappola di rimanere offesi. Vedi art: https://teofilo.cw.center/il-pentimento-e-il-perdono/

  • IL MALE RODE SESTESSO

Il credente, che vede il mondo dal punto di vista del vangelo, guarda chi commette bullismo non solo persone che fanno del male ad altre, ma soprattutto persone che fanno dal male a se stessi, distruggendosi da soli perché il peccato prima di tutto rovina chi lo commette infatti il salario del peccato è la morte (Romani 6,23). Questo permette di provare compassione verso i bulli e non rancore, evitando di offendersi di fronte alle prese in giro.

  • L’AUTOSTIMA

Per il cristiano l’autostima non deriva da quello che gli altri pensano o dicono di noi, specialmente se “gli altri” sono persone non credenti, privi di valori etici, ma deriva dalla consapevolezza di essere figli di Dio e appartenere alla chiesa di Cristo, quello che conta è quello che Dio pensa di noi, in base  al rapporto con Lui e alla nostra attitudine verso il mondo. Vedi art: AVERE SCARSA AUTOSTIMA – Amico di Dio e contro le fortezze del nemico (cw.center)

  • LA SAGGIA DIFESA

Se non ci si può difendere alla stessa maniera in cui il nemico ci attacca non significa che non ci si può difendere. Il cristiano dovrà rispondere con la sapienza che avrà imparato dalla scrittura o da ciò che ci suggerisce lo spirito santo nel nostro cuore. Prendendo Gesù come esempio: Davanti alle accuse dei farisei, rispose sempre a tono, in maniera chiara e decisa svergognando e zittendo i suoi avversarti.

  • LA GIUSTIZIA DI DIO

Il cristiano sa che se i bulli non dovessero pentirsi, il loro peccato rimane e dovranno rendere conto delle loro opere, quindi la giustizia di Dio prima o poi si abbatterà verso quelle persone perché chi tocca un figlio di Dio, tocca il suo occhio. Il cristiano quindi vive tranquillo perché ha fiducia nella giustizia divina. Il massimo auspicio rimane il pentimento dei bulli e non il desiderio di vederli puniti a meno che non possa essere un mezzo per farli arrivare al ravvedimento.

In base a questi punti è possibile affermare che essere credenti elimina tutti gli effetti psicologici negativi che normalmente una persona contrae per effetto degli atti di violenza da bullismo.

CONTRO UNA RELIGIOSITÁ FARISAICA

  • C’è gente che si crede pura, ma non si è lavata della sua lordura (PR 30,12)
  • Il sacrificio dei malvagi è un orrore per il Signore, la preghiera dei buoni gli è gradita( PR 15,8)
  • Molti proclamano la propria bontà, ma una persona fidata chi la trova? (PR 20,6)
  • Chi può dire: << Ho la coscienza pulita, sono puro dal mio peccato >> (PR 20,9)
  • Praticare la giustizia e l’equità per il Signore vale più di un sacrificio (PR 21,3)

Non tutti quelli che dicono di essere credenti e praticanti sono veramente giusti davanti al Signore. Facciamo un passo indietro a andiamo a vedere  nell’antico Israele come gli israeliti si rapportavano con Dio. Nell’antico patto c’erano due elementi fondamentali: La legge e i sacrifici animali. La legge erano tutte le norme che gli israeliti dovevano osservare per essere giusti davanti a Dio e i sacrifici servivano a coprire i peccati degli uomini. Erano stati pensati da Dio come modo per perdonare i peccati che le persone compivano per scarsa conoscenza della legge di Mosè, che era una legge con molti precetti e pochi la conoscevano tutta in maniera approfondita, quindi quando ci si rendeva conto di aver sbagliato si facevano dei sacrifici e i loro peccati rimanevano coperti, come per scaricare sull’animale la condanna che invece lui avrebbe meritato. In questo si basava il patto mosaico che Dio fece con il popolo di Israele.  Ora, la cosa più importante era l’obbedienza alla legge, non i sacrifici. I sacrifici erano per gli errori che si compivano pur rimanendo in un atteggiamento buono verso Dio e verso il prossimo, cercando di amare Dio e il prossimo ed evitare il più possibile di peccare. Invece molti davano maggiore enfasi sui sacrifici e abusavano della possibilità di sacrificare animali. Erano molto pignoli a rispettare la legge di Mosè nel suo aspetto rituale, esteriore, ma trascuravano completamente la cosa più importante, cioè amare il prossimo tuo come te stesso e amare Dio con tutto il cuore. Erano avidi di denaro, superbi e facevano di tutto farsi glorificare dagli altri per il loro culto esteriore, ogni cosa aveva come scopo il farli adulare dalle gente. Poi facevano molti sacrifici pensando che questo potesse coprire il loro atteggiamento malvagio nei confronti degli altri e per questo si sentivano superiori, guardavano tutti dall’alto verso il basso. Queste persone c’erano ai tempi dei profeti, infatti già nell’antico testamento si parla di questo tipo di persone: Poiché questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani (Isaia 29,13).Gesù ai farisei cita questo versetto dichiarando che come gli israeliti di qualche secolo prima avevano questo atteggiamento nei confronti di Dio, così anche per loro vale lo stesso. I farisei erano la setta più rigorosa dell’ebraismo. Ecco queste persone erano molto disprezzare da Gesù definendoli ipocriti perché si fingevano e si credevano buoni ma in realtà erano peggio degli altri, nessuno di loro si sentiva peccatore; i peccatori erano sempre solo gli altri per non parlare di chi non era neanche ebreo. Per loro i non ebrei erano inevitabilmente destinati all’inferno solamente per il fatto che non erano discendenti di Abramo. Contrariamente a come pensavano loro; per Gesù, come dice il Vangelo, essere discendenti di sangue di Abramo e del tutto irrilevante, quello che conta è la discendenza spirituale, ovvero chi ama Dio e lo teme come appunto Abramo fece. Le preghiere dei farisei erano disgustose agli occhi di Dio, non facevano altro che ringraziare di essere così buoni e non come gli altri che erano peccatori, quindi era solamente un vantarsi di se stessi, quando erano ben lontani ad essere giusti. Queste preghiere non venivano assolutamente ascoltate. Gesù riferendosi a loro diceva: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato… Se dunque diceste di essere peccatori e chiedeste perdono non avreste colpa; questo perché il sangue di Gesù purifica ogni peccato se ci si pente. … ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane (Giovanni 9,41). La preghiera di uno che dice abbi pietà di me peccatore, questa invece è ascoltata e la relazione con lui ha inizio. Lo scopo della legge di Mosè non era quella di far sentire giusto l’uomo, ma quello di farlo sentire peccatore e chiedere aiuto a Dio dicendo appunto “abbi pietà di me peccatore”. Ma i farisei per come interpretavano la legge, si sentivano giusti. Gesù però chiarisce il fatto che la legge non era solo un codice rituale, ma soprattutto attitudine spirituale. Il comandamento “non uccidere” non si limitava solo a non uccidere una persona fisicamente, ma chi odia il proprio fratello ha già violato la legge, perché è l’odio l’origine degli omicidi. Se qualcuno dice: quella persona non conta, non vale niente, è una nullità; Egli l’ha già uccisa nel proprio cuore, e questo costituisce peccato. Oppure il comandamento “non commettere adulterio” non era solo tradire la propria moglie tramite un rapporto sessuale con un’altra; ma se guardi un’altra donna e la desideri in cuor tuo, hai già commesso adulterio e quindi violato la legge. Ma i farisei pensavano che non avendo mai ucciso o tradito erano giusti davanti a Dio, quando però odiavano il prossimo e desideravano in cuor loro un’altra donna; questo generava orgoglio, superbia e spirito di giudizio nei confronti del prossimo. Tutto questo perché i farisei avevano stabilito una giustizia fatta di opere rituali e non di principi fondamentali. Paolo era stato un fariseo e per ciò li comprendeva bene. Ha sempre pregato per la loro salvezza. Paolo rende  testimonianza del fatto che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio. Ora, il termine della legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede (Romani 10,2-4). Per questo Gesù disse: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 5,20). Il concetto di giustizia che avevano i farisei era basata unicamente nel praticare la legge in maniera puramente esteriore senza amore e compassione nei confronti del prossimo ed era questo ciò che importa di più a Dio. Ora, la setta dei farisei non esiste più ai giorni nostri, i sacrifici animali non si fanno più,  non sono stati ereditati dai cristiani, perché il sacrificio di Gesù copre già ogni peccato, ora non siamo più sotto il patto mosaico, ma sotto il nuovo patto che si basa sulla grazia mediante la fede in Cristo e il servire Dio secondo lo Spirito Santo. Se abbiamo questa fede Dio fisserà la legge nei nostri cuori come è stato profetizzato nel vecchio testamento: Questa è l’alleanza che io stipulerò dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente e non mi ricorderò più dei loro peccati (Geremia 31,33-34). Però ci sono ancora persone che possono avere atteggiamenti che ricordano un po’ i farisei: avere un culto puramente esteriore senza amare il prossimo, tipico delle persone che vanno anche a messa tutte la domeniche, si confessano, recitano il rosario e fanno ogni pratica rituale e per questo si sentono giusti e perciò hanno un atteggiamento di giudizio nei confronti degli altri, non hanno un minimo senso di umiltà, disprezzano e trattano duramente gli altri chiamandoli peccatori, si vantano per ogni opera buona perché lo scopo non è quello di servire Dio, ma solamente di cercare i complimenti degli altri. È il cosiddetto spirito religioso che colpisce anche molte persone che hanno responsabilità nella chiesa, che predicano bene e razzolano male sfruttando la loro posizione di potere per vantaggi personali e non per glorificare Dio. Pensiamo a una noce che ha un bel guscio, ma quando la rompiamo dentro è marcia; questa noce non vale niente perché conta il contenuto e non il guscio, così vede Dio queste tipo di persone che pur dichiarandosi credenti, e pur sembrando devoti non sono gradite a Dio, anzi, subiranno una condanna più severa (Marco 12,40) rispetto ad un ateo che ha vissuto la sua vita nel peccato. Perché se un ateo che non conosce la parola di Dio pecca, in parte c’è l’attenuante del fatto che non ha mai conosciuto Dio, ma se una persona pur conoscendo la parola di Dio,  fa il contrario di essa, la responsabilità davanti a Dio è maggiore. Dio invece vuole che ci amiamo tutti a vicenda, anche i peccatori vanno amati e perdonati. praticare anche un culto esteriore va bene, ma viene dopo rispetto a seguire il comandamento dell’amore. Bisogna prima cambiare interiormente, nel proprio cuore e dopo dimostrarlo esteriormente. Quindi evitate di sentirvi giusti facendo ogni tanto delle buone opere o frequentando spesso la chiesa. Perché se si fanno tutte queste cose ma non si ha amore per Dio e per il prossimo non serve assolutamente a nulla. Dio guarderà il tuo cuore, la tua purezza d’anima, il rapporto personale che hai con Gesù Cristo. Lasciati dunque trasformare dalla sua parola tramite la sua potenza, Gesù cambierà progressivamente il tuo cuore facendoti diventare sempre più simile a lui. A questo punto le opere si faranno di conseguenza in maniera spontanea e non in maniera forzata. Le opere della carne non  sono accettate davanti a Dio. Se il tuo concetto di giustizia è basato su questo allora sarai nettamente superiore a quello degli scribi e dei farisei e Dio ti accoglierà nel suo regno.

L’INVIDIA

  • Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mente la sua amicizia è per i giusti (PR 3,31-32)
  • Un cuore tranquillo è vita del corpo, l’invidia è la carie delle ossa (PR 14,30)
  • Non invidiare in cuor tuo i peccatori, ma resta sempre nel timore del Signore (PR 23,17)

L’invidia è identificata come uno dei frutti della carne. Il credente deve rifiutarla nel suo cuore affinché non pecchi davanti a Dio. Ora, vediamo i motivi e le conseguenze che provoca l’invidia. Le persone non credenti possono essere più predisposte a questo “vizio capitale”, che ha origine dal desiderio di possedere qualcosa che un’altra persona ha, essendo consapevoli di avere poche o nessuna possibilità di ottenerla. Per questo già in esodo Dio disse a Mosè: Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo (Esodo 20,17). Il desiderio dunque sta all’origine dell’invidia insieme anche alla superbia che rende l’uomo competitivo nei confronti del prossimo. Un esempio potrebbe essere una persona ha un amico o conoscente che ha sempre reputato più brutto e meno simpatico di lui, si fidanza con una ragazza bellissima, questo provoca certamente l’invidia. Da qui i commenti del tipo << che spreco, una ragazza così bella con uno così >>; tipica espressione generata dall’invidia. Oppure un’altra persona che ha un compagno di banco che ha sempre reputato meno intelligente, trova un lavoro più remunerativo del suo, anche in questo caso può scattare l’invidia con commenti del tipo << Ecco, chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane >> , per dire che era lui che si sarebbe meritato quel posto. Sono i successi degli altri che portano le persone ad essere invidiose e questo ne parla anche Qoèlet: Ho osservato anche che ogni fatica e ogni successo ottenuto non sono che invidia dell’uno verso l’altro. Anche questo è vanità, un correre dietro al vento. (Qoèlet 4,4). Quando una persona prova invidia verso un’altra, quest’ultima si trasforma in odio che sfocia in liti, contese e maldicenze e in casi estremi può portare ad azioni deplorevoli. Nell’antico testamento abbiamo l’esempio di Giuseppe, figlio più piccolo e più amato di Giacobbe e per questo era privilegiato rispetto agli altri 11 fratelli. Essi iniziarono a provare una grande invidia nei suoi confronti tanto da sbarazzarsene. Lo vendettero come schiavo a una carovana di ismaeliti che stava andando in Egitto e al padre Giacobbe dissero che era rimasto sbranato da un bestia. Nel nuovo testamento abbiamo invece Gesù invidiato dai farisei. Molte persone ascoltavano i suoi insegnamenti attirati anche dai miracoli che compiva e per questo i farisei avevano paura di perdere quel potere e quella reputazione che godevano tra il popolo approfittandosene di questo per fare i propri comodi; e come se non bastasse con i farisei ci andava giù pesante, alla folla ribadiva spesso il fatto erano degli ipocriti perché facevano di tutto per mostrarsi buoni in apparenza, ma dietro divoravano le case delle vedove. Persino Ponzio Pilato se ne accorse essendo un governatore di una certa esperienza, si può leggere in Matteo 27,18. A causa di questa invidia i farisei arrestarono Gesù per farlo morire. L’invidia oltre ad essere portatrice di odio è un sentimento che ti lacera l’anima e il corpo, non ti fa vivere in pace e in armonia e a lungo andare può portare a qualche disturbo della personalità. Chi è credente e ricco di sapienza sa che non c’è motivo di invidiare qualcuno, chiunque esso sia. Se si tratta di una persona empia che ha avuto un certo successo nella vita, diventando ricco e famoso, magari servendosi di affari loschi, il giusto non ha nessun motivo di invidiarlo perché sa che tutto quello che ha ottenuto passando dal male e non da Dio, gli sarà tolto prima o poi e la rovina sarà grande; dovrà pagare a caro prezzo il male che ha commesso perché il salario del peccato è la morte (Romani 6,23). Se il Signore permette che i malvagi prosperino è solo perché lui è lento all’ira e grande in amore (Giona 4,2); ma alla fine anche il malvagio avrà quello che merita se non avviene un ravvedimento. Non importa quante cose materiali possiede o quanto successo ha tra gli uomini, se non è in comunione con Dio tutte queste cose prima o poi spariranno. Un altro caso in cui si può provare invidia è quando abbiamo una certa passione, come il canto o lo sport e ci reputiamo bravi nel nostro campo, ma un giorno incontriamo qualcuno che è più bravo di noi. Se siamo abituati a ricevere sempre la gloria degli uomini e la passione è alimentata da quello allora l’invidia sarà inevitabile. Se noi invece facciamo tutto alla gloria di Dio, anche se incontriamo qualcuno più bravo di  noi non sarà motivo di gelosia o contesa perché è solamente qualcuno che ha ricevuto un dono maggiore del nostro, tutto qui, nulla impedisce nemmeno di essere amico con quella persona. Esiste anche la gelosia possessiva: una cosa che la reputiamo nostra, non siamo disposti a prestarla agli altri. Non è saggio essere gelosi dei propri oggetti; è giusto poter prestare o condividere quando è possibile. Tutto quello che possediamo in realtà è di Dio, spetta noi amministrare quel bene che ci ha affidato secondo la sua parola. Purtroppo anche tra i credenti ci possono essere dei casi di invidia. Questi sono i casi dove i credenti non hanno ancora rinnovato la propria mente per renderla conforme a Cristo. Se un nostro amico sempre credente riceve una grande benedizione ed è la stessa benedizione di cui continuiamo a pregare da tempo e non la otteniamo, questo potrebbe essere un motivo d’invidia. In questo caso essendo credenti l’invidia non si trasforma in odio, ma può diventare risentimento verso Dio per il fatto ha benedetto lui invece che me, oppure si potrebbe rifiutare di pregare per lui, del tipo: << A me sembra che è già stato abbastanza benedetto! >>. Non bisogna essere invidiosi di un altro credente perché tutti i credenti fanno parte del corpo di Cristo, la Chiesa. Infatti noi tutti siamo battezzati mediante un solo spirito in un solo corpo (1Corinzi 12,13) Il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra (14). Ogni credente è un membro di un corpo. La si potrebbe paragonare a una grande famiglia dove tutti si amano e tutti solo fratelli e se un membro soffre, soffrono tutti, così anche se un membro viene benedetto, tutti gioiscono per lui. Quindi se un credente riceve quella benedizione che tanto desideravi tu, come potrebbe essere trovare una fidanzata o un buon lavoro non bisogna invidiarlo, ma gioire insieme a lui e pregare affinché come questo fratello è stato benedetto possa arrivare il giorno che anche tu possa essere benedetto allo stesso modo.

I NEMICI

  • Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, se ha sete, dagli da bere, perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo e il Signore ti ricompenserà (PR 25,21-22)
  • Non dire: << Come ha fatto a me così io farò a lui, renderò a ciascuno come si merita >>. (PR 24,29)
  • Non ti rallegrare per la caduta del tuo nemico e non gioisca il tuo cuore, quando egli soccombe (PR 24,17)
  • Non ci sarà un avvenire per il cattivo e la lampada dei malvagi si spegnerà (PR 24,20)
  • Se il Signore si compiace della condotta di un uomo, lo riconcilia anche con i suoi nemici (PR 16,7)
  • Non dire: <<Renderò male per male>>; confida nel Signore ed egli ti libererà. (PR 20,22)

Il nemico è colui che per un motivo o l’altro prova odio nei tuoi confronti e lo manifesta con l’attacco verbale o la diffamazione, nei casi più estremi anche con la violenza fisica. Esso non è da confondere con il semplice provocatore, perché non è detto che chi ti provoca provi veramente odio nei tuoi confronti. Ora, chi compie opere malvagie può essere naturale creare attorno a lui delle persone che lo odiano, ma chi crede nel Signore e compie opere buone perché dovrebbe avere dei nemici? Purtroppo ci sono dei casi dove nonostante non fai del male a nessuno ci può essere qualcuno che prova odio nei tuoi confronti, forse è proprio per il fatto che sei cristiano che qualcuno ti può odiare oppure può essere per invidia o per un contenzioso. Nel Vangelo Gesù è chiaro riguardo il comportamento che deve avere un credente davanti ai nemici: Bisogna amare il proprio nemico, pregare per lui, e non negargli dei favori, poi aggiunge dicendo: se amate solo chi vi ama che merito ne avrete, infatti anche chi non conosce Dio fa lo stesso (Matteo 6,46), quindi non farete niente di più di quanto fa una persona atea. Infatti, anche gli atei amano chi gli ama, questo non è difficile, c’è anche da dire che qualcuno non riesce nemmeno fare questo, ma normalmente finché c’è da amare una persona che ti è simpatica non c’è nessun problema, è quando ci è antipatica che siamo portati a odiare la persona, con tutti i comportamenti che ne derivano. La parola di Dio dice invece che anche i nemici bisogna amare. Ma come si fa? È troppo difficile? Quando qualcuno ci fa del male, odiare è la cosa più naturale, fargliela pagare con la stessa moneta e vendicarsi, quello è il comportamento che siamo portati a fare. Odiarlo però non porta mai benefici, s’inizia solo una guerra di odio e litigi dove ognuno fa a gara a chi infigge più del male all’altro, finché uno da un colpo così secco all’altra persona che non oserà più far niente per un certo tempo, ma il clima di odio rimarrà sempre. Quindi odiare anche se è la cosa più istintiva, non porta a nessun beneficio, anzi, l’odio porta altro odio, ma non lasciarti vincere dal male; vinci il male con il bene (Romani 12,21). Valutare prima qual è l’origine di quel odio che porta con se il tuo nemico, pregare per lui affinché ci sia pace. Prima di tutto come ho già detto se qualcuno ti ha fatto del male, è stato satana in realtà ad averlo fatto, usando quella persona come schiavetto per compierla, quindi bisogna combattere satana non la persona che ha commesso il male, perché anche lui è una vittima dal punto di vista biblico. Infatti per il credente il nemico è il diavolo che è come un leone ruggente va in giro cercando di divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo (Pietro 5,8-9). Quindi agire con metodi carnali non serve per sconfiggere satana, quello che bisogna fare prima di tutto è perdonare quella persona, poi pregare per essa e benedirla, parlare sempre con dolcezza e mansuetudine e se ha bisogno di qualche aiuto non rifiutarlo. Questo è l’atteggiamento giusto da fare; non è un segno di debolezza, anzi è un segno di fortezza in realtà, in questo modo non ti fai piegare dalle provocazioni, e non ti fai manipolare delle sue azioni; è un segno di forte autocontrollo. È vero che può sembrare molto difficile farlo, è molto più istintivo attaccarlo con fa lui; bisogna però fidarsi di Dio e non sempre del nostro discernimento e scoprirai che facendo queste cose si creerà un’atmosfera spirituale, dove Dio può agire su quella persona e avrà modo di portarlo al ravvedimento. Non può fare nulla però senza la nostra collaborazione perché finché si rimane in territorio di satana, spiritualmente parlando, può agire solo satana, ma se crei il contesto giusto allora sarà Dio ad agire e il diavolo non potrà fare nulla. Inizierà quindi a pensare: Beh; io sto facendo del male a quella persona ma lui mi fa del bene, forse non se lo meritava il male che gli ho fatto. Inizierà ad avere un ripensamento e cambiare atteggiamento nei tuoi confronti, e da nemico avrai in realtà guadagnato un amico, è qui che il diavolo sarà sconfitto, e se diventando amici si converte sarà stato sconfitto doppiamente, e ogni volta che lo sconfiggerai, sarai sempre più forte nei suoi confronti. Ogni bene che farai, soprattutto a un nemico riceverai sempre una ricompensa in cielo; nei momenti opportuni non bisogna neanche mancare di rimproverarlo con decisione e fargli capire che a compiere il male non ci guadagnerà niente  e gli obiettivi che insegue non gli porterà alla felicità, anzi odiare contribuirà solo a rovinare se stesso. Bisogna amare i nemici, ma anche l’amore ha un lato duro, potrebbe anche essere opportuno dire: <<Non ti permetto più di trattarmi in questo modo>>; perché quella persona facendo male a te, sta facendo anche male a se stessa e impedire che si faccia male da sola è segno di amore. È sempre opportuno suggerire la via alternativa a quella sbagliata, ovvero una relazione con Dio che porta di conseguenza avere un buon rapporto con il prossimo. Se nonostante tutto non si pentirà e continuerà nella sua condotta sbagliata, allora avrà fatto la sua scelta e ne pagherà le conseguenze; ma in ogni caso non fargli alcun male, non farti giustizia da solo, ma lascia che sia Dio a giudicare quella persona nel momento opportuno. Infatti sta scritto: Spetta a me fare giustizia, darò a ciascuno il suo (Deuteronomio 32,35). Non lasciare che il tuo cuore nutri dei sentimenti di vendetta; segui l’esempio di Cristo che durante la passione ha subito ogni sorta di sofferenza e derisione, ma Lui anche se era Insultato, non rispondeva agli insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. (1Pietro 2,23).  Se poi cade in disgrazia non rallegrarti, anzi prega per lui perché da questa esperienza negativa il Signore ne tragga qualcosa di buono, e arrivi al ravvedimento; come nella parabola del figliol prodigo (Luca 15,11-32) che deve arrivare a toccare il fondo prima di capire che la vita che stava conducendo era sbagliata e addirittura i servi di suo padre stavano meglio di lui. Per chi ci si ravvede la porta di Dio, è sempre aperta e lo accoglierà con gioia, così anche per i credenti che in passato hanno fatto del male, ma si sono convertiti è importante non portare rancori e andare avanti. Chi invece muore nel peccato senza essersi mai ravveduto e accettato Cristo nel suo cuore è un’anima che va all’inferno e anche in questo caso non c’è nulla da rallegrarsi. Infatti come Dio piange per il fallimento dell’uomo, così anche noi non dobbiamo rallegrarci se il nostro nemico va all’inferno.

L’ARROGANZA DÌ CREDERE DÌ ESSERE SUPERIORI

  • Prima della rovina viene l’orgoglio e prima della caduta c’è l’arroganza (PR 16,18)
  • L’orgoglio dell’uomo ne provoca l’umiliazione, l’umile di cuore ottiene onori. (PR 29,23)

Dopo aver in chiaro cosa sia la superbia, facciamo un’ulteriore approfondimento su un frutto della superbia che è l’arroganza. Essa è figlia di una cultura che non vive secondo la parola di Dio, sono le persone che pensano di essere superiori e di saper gestire determinate situazioni meglio di altre, come può essere gestire un negozio o qualsiasi attività commerciale, queste persone si fanno beffe degli altri, si vantano e pensano che se decidessero tutto loro allora le cose andrebbero bene. Un giorno però è possibile che abbiano veramente la possibilità di gestire una situazione autonomamente e senza vincoli e qui che saranno messi alla prova le loro presunte qualità, ma aimè non sempre sono così bravi come pensavano e un volta che prendono il controllo, la situazione precipita e arriva il fallimento. Avranno quindi una vergogna che peserà come un macinio perché tutti si ricorderanno del loro orgoglio e del loro tono di superiorità, la loro totale mancanza di umiltà e il non confidare in Dio ma soltanto in se stesse, la rovina per loro sarà grande. Chi trova una persona di quel tipo non vale neanche la pena arrabbiarsi, bisogna solo compatirlo perché c’è la possibilità che un giorno dovrà smentire tutto quello che dirà, magari avrà talmente orgoglio da scaricare la colpa su altri e non assumersi le proprie responsabilità. Gesù disse: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Matteo 5,3). I poveri in spirito sono le persone umili che sanno di non essere superiori agli altri e che valgono per il fatto che sono figli di Dio e non perché pensano di avere qualità straordinarie che gli altri non hanno. Già agli arbori del cristianesimo in alcune persone c’era questa tentazione di credersi superiori agli altri, per questo donde evitarlo Paolo in una sua epistola suggerisce questo: Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. (Filippesi 2,3-4). Abbiate quindi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù. Quello di essere pronti a mettere da parte quello che siete, per diventare servi degli altri. Non stimando te stesso più di quanto dovresti, ma considerandoti  privilegiato ad essere un servo di Gesù Cristo. Umiliatevi davanti al Signore, ed Egli vi innalzerà (Giacomo 4,10). La persona che teme il Signore e si trova ad affrontare una certa situazione, non deve avere paura, anche se pensa di non riuscire ad affrontarla, con Dio nel cuore, se ti trovi in certe situazioni è possibile che è stato Dio a metterti in quella situazione per compiere una missione e se preghi, e confidi in Lui, tutto quello che farai andrà bene. Tenere sempre in mente la parola di Dio e continuare a cercare la sapienza, solo così si potrà affrontare ogni situazione.

LA SUPERBIA

  • Occhi alteri e cuore superbo, lucerna dei malvagi è il peccato (PR 21,4)
  • Il superbo arrogante si chiama spavaldo, egli agisce nell’eccesso di insolenza (PR 21,24)
  • Non vantarti del domani, perché non sai neppure cosa genera l’oggi (PR 27,1)

La superbia è una delle peggiori condizioni spirituali che un non credente possa avere. Secondo Tommaso d’Aquino il superbo è colui che nutre un amore disordinato per il proprio bene al di sopra di altri beni superiori. Questo amore disordinato provoca un desiderio di voler essere superiore al prossimo e basa la sua propria felicità nel voler pensare che gli altri sono un gradino sotto di lui, perciò ha una visione di se stesso distorta: Invece di vedersi come egli è, si vede come vorrebbe che fosse. Ora analizzeremo quali sono i “frutti” della superbia. Per frutti si intende le conseguenze che porta una persona con un cuore superbo a comportarsi in relazione con il prossimo. I “frutti” della superbia nel linguaggio biblico fanno parte della categoria dei “frutti acerbi” che Dio non gradisce e sono la conseguenza di un cuore malvagio. L’atteggiamento superbo porta ad essere molto competitivo di fronte al prossimo, ad esempio, chi pensa: io devo possedere la macchina più bella, la ragazza più bella, devo avere più degli altri specialmente i beni materiali, ma anche in abilità o capacità intellettive; e quando il superbo vede chi ha meno di lui si sente come una sensazione di forte autostima che si manifesta con l’arroganza e la spavalderia. Se invece incontra qualcuno che ha più qualità o beni materiali rispetto a lui, incomincia a provare un invidia che si può sfociare in violenza o maldicenze e rancore perché pensa che se uno ha più qualità o beni materiali allora è più felice, e questo rode pensare che qualcuno può essere più felice di lui. Il superbo ama vantarsi e ricevere gloria dal mondo, in alcuni casi tende ad attribuirsi qualità che non possiede o le esalta in maniera esagerata, in concreto si manifesta con il pavoneggiare risultati positivi nel rendimento scolastico o lavorativo ben superiori alla realtà oppure inventarsi un presunto successo con il rapporto dell’altro sesso per provocare le invidie o farsi stimare davanti al prossimo.  La superbia porta a un senso di ribellione e trasgressione, avranno dei problemi a prendere gli ordini da qualcuno, specie nel mondo del lavoro (Ved. Pag. 109), porta a un tale egoismo che mette solo lui al centro del mondo e gli altri al suo servizio; per questo sono anche permalosi anche per cose di poco conto, che sono contrarie la sua volontà. La superbia  è anche commettere chiare ingiustizie nei confronti del prossimo senza porvi rimedio o chiedere perdono. Quando è il superbo ad essere danneggiato, serba un rancore permanente nei confronti dell’aggressore. Un’altra caratteristica è il disprezzo nei confronti del prossimo: Considerandosi superiore e gli altri, non rispetta le opinioni altrui e le denigra, così anche per i consigli anche se saggi. Promuove l’ingiuria, perché tende a dare etichette agli altri in base ai propri pregiudizi. Ci sono comunque diversi livelli di superbia, ai livelli massimi avviene quanto appena descritto. La superbia è il peccato che ha commesso satana, il pretendere di essere superiore o come Dio anche se era solo una sua creatura e vediamo le tragiche conseguenze. Ora proviamo ad analizzare come si rapporta una persona superba davanti a Dio. Generalmente la superbia porta all’ateismo per il fatto che la sua vita è basata sull’egoismo e l’egocentrismo e questo non da nessuno spazio a Dio e sceglie di sua volontà di non credere. Per Sant’Agostino, la superbia non è altro che una perversa imitazione di Dio, l’unico al quale si devono la gloria e la riconoscenza per tutto. La superbia infatti porta le persone molto lontane da Dio. Se ad esempio una persona è lontana da Dio perché ha molti vizi ma non è superba, ha comunque più possibilità di pentirsi dei propri peccati e andare a Dio rispetto ad una persona con pochi vizi ma superba. Perché nel primo caso si è lontani da Dio per debolezza carnale e per ignoranza, ma se venisse a conoscenza della verità non è escluso che accetti di seguire il Signore. Mentre nel secondo caso il rifiuto si verifica per il fatto che non si vogliono accettare né Lui né i suoi comandamenti, quindi anche davanti a una predicazione è molto difficile che ne rimane toccato e voglia interessarsi a Dio. Ci sono poi altri casi più rari dove un superbo non si dichiara ateo, ma ammette di credere in Dio. Contrariamente a un vero credente dove concepisce Dio come un padre amorevole, il superbo lo vede come una nonna cieca nei confronti degli errori del nipote; in fondo è un abusatore della misericordia divina che non ha intenzione di sottomettersi a Dio e pretende quindi di fare la sua propria volontà invece della volontà di Dio. Le sue preghiere dunque saranno incentrate nel chiedere qualcosa per soddisfare il suo egoismo, invece di chiedere di avere la forza per fare opere buone per dare gloria a lui. Anche dalla superbia si può guarire, nessun peccato è più grande dell’amore di Dio, dove c’è molto peccato anche la grazia di Dio abbonda; il Signore infatti può perdonare ogni peccato, anche quelli gravi. Solo la bestemmia contro lo Spirito Santo non è possibile perdonare, ovvero il non accettare Gesù come salvatore e non voler ascoltare la sua parola. Solo in quel caso il Signore non può fare nulla, perché Dio ha previsto che c’è una sola via per il quale noi possiamo essere salvati e questa passa per il sacrificio di Gesù in croce. Una persona per guarire dal male spirituale della superbia dovrà passare attraverso una forte esperienza dove lo porterà ad essere costretto a dover abbassare la cresta tramite  qualche episodio che lo porti a sentirsi umiliato in tale maniera da arrivare a capire che lui non è superiore agli altri, e che non è al centro del mondo e gli altri non devono essere sempre al suo sevizio, anzi scoprirà che è lui che ha bisogno del prossimo. Dovrà però anche trovare persone credenti gioiose e felici, con una gran pace nel cuore e una loro testimonianza di fede. Se lui riuscirà a percepire quella gioia che non deriva dall’avere cose materiali, ma da qualcosa che lui non conosce e anche lui vorrebbe, allora c’è la possibilità che si possa avvicinare alla fede. Anche i credenti purtroppo non sono immuni alla superbia; ci sono dei casi dove una persona che ama molto il Signore e ha iniziato a compiere opere grandiose per lui, sia tentato dalla superbia da satana. Il diavolo è sempre dietro l’angolo pronto ad attaccarci, e può avvenire che questa persona inizi a montarsi un po’ la testa e si insuperbisca, vantandosi e glorificandosi di fronte agli altri dicendo: << Guardate cosa riesco a fare, quante opere buone compio, e voi invece siete una nullità e non siete di grado di fare nulla >>. Avendo questo atteggiamento perde il cuore che il Signore vuole che abbiamo, riducendosi solo più a un religioso e non potrà più essere usato dal Signore per il regno di Dio. Anche in quei casi è possibile che torni sulla retta via, ma dovrà passare per delle sofferenze e fallimenti prima di tornare ad essere un credente giusto. Nel Vangelo abbiamo l’esempio di Paolo che il Signore lo ha usato in maniera molto potente per evangelizzare al mondo, riusciva a compiere gli stessi miracoli di guarigione di Gesù, ma con tutta quella potenza che il Signore gli aveva concesso iniziò a nutrire sentimenti di superbia, così il Signore permise che satana gli infliggesse, quello che lui stesso chiama, “una spina nella carne” per far in modo che mantenesse sempre un cuore umile davanti a Dio e che potesse sempre essere usato da lui per glorificarlo. Alcuni studiosi credono che la spina nella carne fosse stata una parziale cecità, ma in ogni caso Paolo pregò più volte di guarire, il Signore però gli mostrò quale scopo aveva questo e gli diede la grazia di sopportare questo male.

EVITARE DÌ ESSERE LA PIETRA DÌ SCANDALO

  • Il Signore ha fatto ogni cosa per il suo fine e anche il malvagio per il giorno della sventura (PR 16,4)

II Signore ha un preciso disegno per l’umanità; un disegno fatto per noi, per la nostra salvezza, la nostra pace, in modo si compiano i buoni propositi per il regno di Dio. Ma per realizzarlo è necessario passare per alcuni scandali, perciò Dio usa anche chi è contro di lui affinché si compi la sua volontà. Lo vediamo nel Vangelo quando arrestano e mettono a morte Gesù. Era necessario che morisse per mano d’uomo perché si compissero le profezie del vecchio testamento ma guai essere tra quelle persone le quali lo scandalo si compia. Giuda non era obbligato a tradirlo, avrebbe potuto anche ripensarci e tornare indietro, la volontà di Dio sarebbe stata compiuta tramite un’altra persona. Gesù a Giuda gli da la possibilità di ripensarci all’ultima cena quando lo imbocca un pezzo di cibo e a quel tempo era considerato un gesto di amicizia; come per dire che anche se aveva già preso accordi con i farisei aveva ancora la possibilità di tirarsi indietro ed evitare di tradirlo. Quando Giuda prese il boccone, confermò la sua scelta e Satana entrò in lui. Gesù disse che se voleva farlo; di farlo ora, e così Giuda scelse di tradirlo e se ne andò dalla stanza. Gli altri discepoli non avevano capito cosa succedeva, pensavano che Gesù gli avesse detto di uscire per un banale motivo e non per tradirlo. Nonostante questo Giuda non era destinato per forza all’inferno, come anche i farisei che hanno ucciso Gesù, infatti li perdonò sulla croce. Dio è buono e misericordioso, le sue compassioni si rinnovano ogni mattina (Lamentazioni 3,22-23) e per quanto male possiamo fare finché siamo in vita abbiamo sempre la possibilità di salvarci. Alcuni farisei si convertirono dopo la resurrezione di Gesù, ma Giuda suicidandosi poco dopo la crocifissione, si è condannato definitivamente all’inferno. È da precisare che Dio non manda nessuno all’inferno, perché esso è stato fatto per satana e i suoi angeli; siamo noi che ci possiamo andarci per nostra libera scelta; scegliendo quindi di sottostare a satana anziché a Dio il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1Timoteo 2,4). Fate quindi attenzione che non siate voi l’oggetto dello scandalo. Come sta scritto:  È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono.  È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli (Luca 17,1-2). Scandalo significa “essere d’inciampo”; Qui Gesù sottolinea la gravità di essere d’inciampo a qualcuno. I piccoli di cui parla possono essere i bambini o chiunque ha una fede debole. Se qualcuno scandalizza una persona che ha una fede debole e cerca deliberatamente di distruggere anche quel poco di fede che ha, dovrà rendere conto a Dio di questo. È considerato uno dei peccati più gravi, persino peggio del suicidio, è meglio andare all’inferno per essersi suicidati che passare la propria vita a cercare di distruggere la fede alle persone più deboli. Dire: Se non lo avessi fatto io, l’ho avrebbe fatto qualcun altro; non sarà una giustificazione. Il giusto segue il Signore e non sarà una pedina nelle mani di satana per compiere opere malvagie. 

LA FEDELTÁ

  • (la sapienza ti proteggerà) dalla donna altrui, dalle parole seducenti della donna sconosciuta. Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza, non lasciarti adescare dai suoi sguardi (PR 6,24-25)
  • Tieni lontano da lei (la fornicatrice) il tuo cammino e non avvicinarti alla porta della sua casa (PR 5,8)
  • Il tuo cuore non si volga verso le sue vie, (la fornicatrice)  non vagare per i suoi sentieri, perché molti ne ha fatto cadere trafitti ed erano vigorose tutte le sue vittime (PR 7,25-26)

La fedeltà è un pilastro fondamentale per la stabilità in un rapporto tra marito e moglie o tra fidanzati. Senza di esso la fiducia viene meno e il rapporto risulta compromesso. Anche il libro dei proverbi ci sono versetti che parlano di questo argomento focalizzato nell’attenzione di tenersi lontano dalle tentazioni e sulla gravità di caderci dentro. In particolare nel capitolo 7, troviamo un breve racconto di un giovane che esce di casa verso sera e incontra una bella fanciulla vestita in maniera decisamente provocante che lo afferra per il braccio e con insistenza cerca di convincerlo ad avere un rapporto con lei, dicendo che suo marito è partito per un lungo viaggio e ha la casa libera, con il letto comodo e profumato e lo invita a passare la notte con lei. Il giovane senza pensarci troppo accetta. Tutto questo è raccontato come un esempio da non seguire. Quali sono i motivi per cui avviene un tradimento? Ci sono diversi studi psicologici a riguardo, ma quanto mi riguarda, pur tenendo conto di questi studi, farò un analisi dal punto di vista cristiano.

LA FEDELTÁ COME PRINCIPIO

Per essere fedeli al proprio partner prima di tutto bisogna volerlo. Bisogna avere veramente a cuore l’importanza della fedeltà come principio forte non negoziabile. Non tutti riconosco a pieno questo principio quindi si sentono “liberi” di tradire, forse perché si ha paura di impegnarsi fino in fondo in una relazione e ci si sente ancora dei bambini immaturi, oppure per una scarsa autostima e deve dimostrare a se stesso che può piacere a molte donne. In ogni caso non hanno mai imparato l’importanza della fedeltà in una relazione. Spesso quando si inizia a tradire, si rombe il vetro di cristallo e non ci si ferma più, chi ha tradito è facile che lo rifaccia. Bisogna essere non solo fedeli nella gioia e nella prosperità, ma anche nei momenti più difficili. In questi casi che molte persone trovano delle scuse: Il mio partner mi trascura, non sono amato/a, non mi soddisfa, ho il sospetto che mi stia tradendo, quindi lo tradisco prima io… La verità è che sono solo scappatoie per non assumersi le proprie responsabilità e si pensa solo al proprio egoismo e non a far funzionare veramente un rapporto. Non bisogna lasciare spazio alle scuse, non esistono motivi validi per tradire, non si tradisce punto e basta! In Galati 5,25 Paolo inserisce la fedeltà tra i frutti dello spirito, che è il risultato di una piena e completa maturità spirituale di un Cristiano. Chi è credente perciò ha la fedeltà come forte valore da portare avanti se si vuole ritenere credente in Gesù Cristo, la mancanza di essa non sarebbe solo un peccato verso il partner, ma anche verso Dio. Il principio di fedeltà per un cristiano è qualcosa di più rigoroso per come la può intendere il mondo. Lo standard morale di un cristiano dovrebbe essere come dice il Vangelo: Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore (Matteo 5,27). Quindi anche tradire con il pensiero è già tradimento davanti a Dio. Questo standard morale è molto alto e chi non è credente è difficile che lo possa avere anche nei momenti difficili. infatti, chi non è credente infatti punta sempre di abbassare il proprio standard morale.

MANCANZA DI AUTOCONTROLLO

Alcune persone non credenti dicono di amare il proprio partner e voler rimanere fedeli , ma sono prive di autocontrollo, schiave dalle passioni della carne che non hanno mai imparato a dominarle di conseguenza hanno un’indole a tradire il proprio partner. La maggior parte di uomini che vanno a prostitute sono sposati, ma poiché sono dominati dalle passioni carnali, sono sempre in cerca di qualche donna che possa soddisfarlo meglio di come farebbe sua moglie. L’infedeltà si verifica anche perché si è lasciato spazio al diavolo nel nostro cuore. Questo potrebbe essere anche il caso della pornografia. Gli uomini pensando di non fare nulla di male passando molto tempo nel visualizzare queste cose; ma con il tempo è possibile che ci si affeziona a una certa fisicità femminile o un certo colore di capelli, ma non è detto che l’uomo in questione si fidanzi o si sposi con quel tipo di ragazza di cui ci si concentrava nel guardare materiale pornografico e c’è il rischio di incontrare in futuro proprio una donna simile a quei gusti. In quel caso l’uomo perderà la testa è il tradimento sarà molto probabile. Oppure si possono sviluppare fantasie sessuali di cui il proprio partner non è disposto a venire in contro. La pornografia certamente rende le persone più deboli carnalmente e aumenta la probabilità di un possibile tradimento Non bisogna quindi lasciare entrare satana nella nostra mente e sviluppare cattive abitudini perché possono produrre solo guai. La fedeltà di un credente sarà sempre presente e costante, in quanto il suo essere timorato di Dio sarà come uno scudo spirituale contro tutte correnti di pensiero malvagie che arrivano dal mondo; chi è un vero credente, infatti ha gli stessi sentimenti di Gesù Cristo (Filippesi 2,5). Una fede profonda è garanzia di fedeltà, anche nei momenti più difficili non si farà tentare da un’altra/o ragazza/o e non ne desidera nessuna/o in cuor suo. Ha uno scudo davanti a queste cose perché la persona di Dio agisce e pensa secondo lo Spirito Santo e non secondo la carne. Se si ha una vita di preghiera e di fede, non si cederà alle lusinghe, alla persuasione o alla seduzione di qualcun’altra/o. Dio non permette che siamo tentati più di quanto non possiamo resistere e il Signore ci darà tutte le armi per resistere al male. Per evitare ogni tentazione di tradimento bisogna evitare di entrare in un terreno pericoloso. Se ad esempio siete fidanzati e una ragazza/o  vi chiede il numero e intuite che non è per amicizia è meglio evitare di darle il numero; come anche se vi chiede un passaggio in macchina e intuite che non ha veramente bisogno di un passaggio, ma è soltanto una scusa per passare del tempo da solo con te, oppure se si riceve la proposta di ballare insieme … Tutte questi esempi non sono tradimenti, ma può portare ad avere una tentazione ed è sempre meglio evitarle. Questo vale per tutti i tipi di tentazioni, se riusciamo a non avvicinarci neanche è meglio. Nel Vangelo Pietro ha rinnegato tre volte Gesù perché in quel momento si trovava nel cortile del sommo sacerdote, pieno di persone ostili a Gesù, e per sua scelta è andato li; in un terreno molto pericoloso. Se fosse stato da solo non avrebbe potuto rinnegare Gesù. Così anche noi dobbiamo evitare di entrare in un terreno pericoloso. Se si vuole entrare è possibile che una parte di te desidera quella persona. Ci potranno essere anche dei casi dove nonostante si cerca di evitare in ogni modo di entrare in un terreno pericoloso per non cadere in nessuna tentazione; ci si troverà ad essere tentati in maniera forzata e involontaria. Un esempio lo troviamo nell’antico testamento dove Giuseppe, figlio di Giacobbe si trova in Egitto al servizio di Potifàr. Questo egiziano, che era il comandante delle guardie del faraone ha una giovane moglie molto avvenente che nei momenti che il marito è assente prova in continuazione a sedurre Giuseppe, dando sempre del suo meglio, ma nonostante tutto lui non cede di un millimetro. Un giorno si trovarono da soli in casa e lei lo afferrò per la veste per forzarlo ad andare a letto con lei. Giuseppe però piuttosto di cedere preferì slacciarsi la veste e scappare via nudo, lasciando così la moglie di Potifàr con la veste di Giuseppe in mano. Successivamente lei si arrabbiò molto per il fatto che vedendosi rifiutata in questo modo ha minato del suo orgoglio e questo ha generato odio nei suoi confronti. Chi volesse sapere come va a finire potrà leggersi da Genesi 39,11 in poi. Questo episodio viene sempre ripreso come dimostrazione che anche in questi casi non è impossibile cedere alle tentazioni anche di fronte a pressioni.

CONSIGLIARE UN AMICO

Come dovremo però comportarci se un nostro amico che abbiamo sempre ritenuto una brava persona venisse a dirci: Guarda, non avrei mai pensato che succedesse a me; ma ho una relazione extraconiugale e non so cosa fare. Che cosa bisognerebbe rispondergli in un caso come questo? Sappiamo che nel Vangelo Gesù dice: Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te. Ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il corpo vada a finire nella geenna.  (Matteo 5,30).Quello che intende non è ovviamente un invito a mutilarci, ma a tagliare le cose che fanno parte della nostra vita e ci portano a compiere peccato. Quindi bisognerebbe rispondere: << taglia tutto! >>. Lui ribatterà dicendo: ma non so …<< No, taglia tutto! >>. Se andassimo dal medico perché sentiamo che da qualche parte del nostro corpo c’è un nodulo; e lui rispondesse: <<Beh, ci potrebbe essere un tumore; bisognerebbe fare una biopsia; però tutto ciò è doloroso, così anche l’operazione per toglierlo, se ci fosse farebbe male dopo; forse è meglio che prendi un antidolorifico così non lo senti più e ti dimentichi di averlo>>. Davanti a questa risposta penseremo che il medico che abbiamo davanti sia incompetente. Ora, il tumore è un male carnale, ma l’infedeltà, un male spirituale, ma va trattata allo stesso modo. Troncare il rapporto con questa persona con cui si tradisce, può far male all’inizio ma se si rimane in quella condizione, è molto peggio e le conseguenze si faranno sentire nel tempo.

SUBIRE UN TRADIMENTO

Come ci si deve comportare se invece subiamo una infedeltà? Bisogna distinguere due scenari: Se il partner che ha tradito si dimostra addolorato e pentito bisogna aprire le porte al perdono, anche se può sembrare difficile con l’aiuto di Dio ogni cosa è possibile. Se invece non mostra alcun pentimento, ma al contrario ha intenzione di continuare a frequentare un’altra persona, allora il partner che ha subito il tradimento ne prenderà atto e finché la situazione è questa la relazione viene interrotta.

LA DONNA

  • Un anello d’oro al naso di un maiale, tale è la donna bella ma senza cervello (PR 11,22)
  • Illusorio è il fascino e fugace della bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare (PR 31,30)
  • Una donna forte è la corona del marito, ma quella svergognata è come carie per le sua ossa (PR 12,4)
  • Chi trova un moglie trova una fortuna ottiene il favore del Signore (PR 18,22)
  • La casa e il patrimonio si ereditano dal padre, ma una moglie assennata è un dono di Dio (PR 19,14)

Della donna si parla già nel libro della Genesi, dove sta scritto che ella fu creata per vivere con l’uomo e tra loro sarebbero stati una sola carne. Se un’unione tra l’uomo e la donna è fondata sull’amore ed è consacrata al Signore, questo è cosa buona è giusta e la complementarietà sessuale con l’uomo, rende la coppia più simile a Dio (Genesi 1,26), rispetto che rimanere persone singole. La donna viene celebrata nei libri sapienziali come tesoro prezioso, ma anche rimproverata se è viziosa. L’uomo la deve rispettare e amare in maniera sublime, ma tener presente che può essere pericolosa se incita al peccato, per questo è consigliabile avere un donna saggia al fianco dell’uomo in quanto essa può avere una certa influenza sull’uomo, può incantarlo con un sorriso, ma distruggerlo con una parola. L’uomo deve trattare la donna come un dono di Dio, proteggendola come un vaso prezioso e dedicarsi al rapporto reciproco e trattandosi sempre con bontà e tolleranza. Le qualità della donna che la Bibbia esalta di più sono proprio la sapienza, la bontà, il senso di giustizia, e queste sono le qualità da tener conto maggiormente; anche la bellezza fisica può avere la sua importanza, infatti, anche quella è un dono di Dio che la donna non deve usare per compiere peccati. Nei personaggi biblici femminili viene sempre esaltata la bellezza in particolare Rebecca (moglie di Isacco), Ester e Giuditta (di cui sono dedicati dei libri nella Bibbia che portano il loro nome), ma è da tener conto che una donna per quanto bella è una qualità che non può durare per sempre e prima o poi svanisce e se vengono scelte donne solo con quella qualità si rimarrà molto delusi, frustrati e insoddisfatti con le conseguenze che questo può comportare. La saggezza invece è una qualità che rimane per tutta la vita e se si è al fianco una donna così porta gioia e felicità nella coppia, al contrario una donna empia crea solo problemi nella vita e il matrimonio diventa una tortura. Trovare moglie è considerata una benedizione. Il matrimonio costituisce un impegno e un vincolo notevole e l’uomo stolto preferisce fuggirlo, credendo così di essere libero (Matteo 19,10). Poi magari ci finisce dentro perché costretto dagli eventi  come l’età o la necessità e spesso non riesce a farlo funzionare perché non ha mai creduto nell’importanza di questo legame. L’uomo saggio, invece, cerca la donna che diventerà sua moglie, perché con essa sa di essere benedetto da Dio. Gesù durante la sua vita esalta la fede delle donne (La donna con le perdite di sangue MT 9,20-22) le accoglie e ne accetta i servizi, e per sua volontà sono le prime testimoni della sua resurrezione. Da notare anche che Gesù esalta la fede di una donna a cananea quando ai suoi discepoli fino a quel momento aveva sempre rimproverato la loro scarsa fede. Gesù esalta l’amore profondo che una donna ha per Lui nel passo dove viene rotto un vaso profumato costoso per ungerli i piedi (MT 26,6-16). Dio consacra la dignità della donna facendo nascere Gesù da Maria, che viene proposta come esempio di ubbidienza a Dio. Le donne dovrebbero essere grate al cristianesimo per aver elevato il loro livello nella società. Prima dell’avvento del cristianesimo le donne venivano considerate inferiori all’uomo e messe in un livello sociale molto basso; ma già nel primo secolo dopo Cristo c’erano già molte donne che predicavano la parola, avevano carismi come la profezia e avevano anche un ruolo chiave nella chiesa. Da questo periodo che lentamente la donna acquista la dignità che meritava al pari dell’uomo e anche oggi dove si è diffuso il Vangelo le donne, anche se non credenti godono di questa parità di dignità, infatti noi tutti siamo uno con Cristo. Nelle società dove invece il cristianesimo non si è diffuso ci sono dei problemi dal punto di vista del diritti delle donne. In molti paesi islamici la donna è ancora sottomessa all’uomo, in India le donne sono considerate un costo; quando nasce un figlio maschio festeggiano, diversamente da come accade se nasce una bambina, in quel caso non festeggiano per nulla. Nell’ateismo occidentale c’è di nuovo una perdita parziale della dignità della donna, dove spesso viene vista come un mezzo per soddisfare i propri piaceri carnali e alimentare il proprio egoismo a differenza del credente che vede la donna come una persona da amare e rendere felice.

I RAPPORTI FAMILIARI

  • Chi risparmia il bastone odia suo figlio, chi lo ama è pronto a correggerlo (PR 13,24)
  • Meglio un tozzo di pane secco con tranquillità che una casa piena di banchetti di discordia. (PR 17,1)
  • Chi genera uno stolto ne avrà afflizione; non gioirà il padre dello sciocco. (PR 17,21)
  • Un figlio stolto è una disgrazia per il padre e i litigi della moglie sono come stillicidio incessante (PR 19,13)
  • Chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lampada nel cuore delle tenebre (PR 20,20)
  • Correggi tuo figlio, perché c’è speranza, ma non lasciarti andare fino a farlo morire (PR 19,18)
  • Ascolta tuo padre che ti ha generato, non disprezzare tua madre quando è anziana. (PR 23,22)
  • Indirizza il giovane sulla via da seguire; neppure da vecchio se ne allontanerà (PR 22,6)

Il libro dei proverbi parla sovente delle tematiche sulla famiglia, incentrata soprattutto sul rapporto che i genitori devono avere con i propri figli. Per educarli in maniera corretta insegnando a loro la parola di Dio è necessario che ci sia l’ambiente adatto: Bisogna sempre fare in modo che ci sia pace in famiglia e un clima dove la serenità, la fiducia e l’amore siano sempre presenti, per far questo entrambi i coniugi devono amarsi a vicenda in ogni circostanza della vita; nei momenti belli e meno belli, e che ognuno possa dare tutto l’amore che l’altro partner ha bisogno. Quello che la donna vuole è un uomo sicuro di se, che la protegga sempre; che la ami e lo manifesti con gesti pratici di affetto; poi che abbia una comunicazione aperta e sincera, che gli confidi tutto e che non ci siano segreti tra lui e lei. Infine che abbia l’iniziativa per questi tre aspetti. L’uomo invece vuole una donna che lo onori e lo rispetti, che abbia un buon feeling di dialogo come se fosse la sua migliore amica e poi sono importanti dei buoni momenti in intimità. Le donne poi hanno un dono nel sistemare e organizzare la casa e gli uomini amano vivere negli ambienti casalinghi che le donne preparano. Se ogni coniuge sa amare e soddisfare le esigenze dell’altro e si rispetta la parola di Dio, compreso il tempo per pregare, allora tutto andrà per il meglio e la benedizione scenderà sulla casa. Questo è il presupposto perché i figli crescano in un ambiente sano e possano diventare dei buoni cristiani. I litigi continui invece sono una tortura incessante e non fa certo bene nell’educazione del proprio figlio e se questo presupposto viene a mancare le conseguenze per la psiche del bambino potrebbero essere devastanti. I figli da grandi tratteranno le donne a seconda di come il padre ha trattato la propria moglie. Avevo sentito una volta un episodio, dove un bambino all’asilo insultava e diceva parole volgari alle sue compagne. Il bambino quando venne ripreso dalle maestre con severità, rispose a loro che quelle erano le parole che suo padre diceva in continuazione a sua madre. I bambini quando sono ancora piccoli hanno solo i genitori come punto di riferimento e se anche loro non sono maturi e favoriscono un clima di tensione e di violenza allora anche il bambino ne subirà le conseguenze e inizierà a imitare il linguaggio e i modi di fare dei propri genitori. È importante che i figli crescano maturi nella fede e venga a loro insegnato che possano affrontare qualsiasi cosa con essa, con l’aiuto anche dei genitori che prima di tutti devono avere la sapienza di consigliare in ogni momento e in ogni circostanza. I problemi avvengono quando non si segue la parola di Dio, le tante separazioni e i vari fallimenti deriva appunto da questo.

L’EDUCAZIONE DEI FIGLI

Ora, farò un analisi su quali sono gli errori più comuni riguardo l’educazione di un bambino: un errore grave che uno dei genitori commette può essere quello avere come maggiore priorità la carriera per raggiungere una buona posizione nell’azienda in cui si lavora o comunque per altri motivi anziché mettere la famiglia in cima alle priorità dopo il Signore. Il trascurare la famiglia è conseguenza di forti liti, e il rischio di una rottura è molto forte. Anche quando si trascurano i figli, può portare a brutte conseguenze, i figli perderanno la figura paterna e non avranno fiducia in lui. Sentiranno la mancanza di affetto da parte del padre e non potrà essere sostituita dai soldi. Tenderanno a coprire questo vuoto altrove come ad esempio gli amici diventeranno più importanti della famiglia. Questo di conseguenza sarà anche un ostacolo per un’eventuale conversione, faranno fatica vedere Dio come padre, dal  momento che sono stati trascurati dal suo padre terreno. Un’altra conseguenza è durante la vecchiaia, anche il padre sarà trascurato dai figli proprio come lui fece a loro da bambini. Se non si riceve amore, non si può neanche dare amore, tranne se si ha una conversione, in quel caso si può sempre amare, perché nell’amore di Dio c’è tutto. Nelle mie ricerche ho riscontrato il caso di una ragazza che si concedeva a tutti i ragazzi che la corteggiava e questo derivava dal fatto che era stata trascurata dal padre e quindi nel subconscio cercava nei ragazzi la figura maschile che in famiglia era mancante. I figli quindi possono avere svariate conseguenze dal rapporto che si hanno con i genitori. Un’altra cosa da evitare è quella dei padri troppo severi e violenti con i propri figli. La violenza in famiglia comporta avere a sua volta figlio che è violento con il prossimo. Infatti, in molti casi, le persone prepotenti hanno padri violenti che non danno al figlio un briciolo di amore, perché chi è ferito a sua volta ferisce. I valori che i genitori devono trasmettere ai propri figli sono: l’onestà, la fiducia, la compassione, l’amicizia, la lealtà, il sacrificio, il coraggio, la fede e per ultimo la responsabilità, che non deve andare in conflitto con il dovere dei genitori di proteggere i propri figli. I genitori dovrebbero evitare che il proprio figlio faccia brutte esperienze e non prenda una brutta strada frequentando brutte compagnie. Ma allo stesso tempo che insegni a loro il senso di responsabilità. Se ad esempio un figlio adolescente prende la macchina di suo padre e senza patente, va in giro per il paese in maniera spavalda e poi perde il controllo e va fuori strada e colpisce una macchina in sosta; e il genitore dichiara che era lui alla guida in modo da coprire la colpa del figlio; non fa una cosa buona. È necessario correggere i figli se fanno soprattutto cose gravi, e la correzione passa per la punizione.  Evitare che subiscano una punizione farebbe passare il messaggio che il figlio in questione si sentirà più propenso in azioni del genere perché tanto qualcun’altro sarà sempre punito al posto suo. E questo non è per nulla educativo. Proteggere il proprio figlio è sacrosanto, ma non quando è lui a sbagliare. Se è lui a sbagliare contro qualcuno, soprattutto nella fase dell’adolescenza, il genitore non deve mettersi dalla sua parte a tutti i costi, altrimenti sarà portato a pensare che va sempre bene quello che fa, sono gli altri a sbagliare. Un genitore che corregge il proprio figlio è perché lo ama e vuole che sia una persona matura e soddisfatta della vita, ma che non dimentichi mai di onorare il Signore. La correzione comprende anche il suo modo di parlare; se dice parolacce e non viene rimproverato per nulla o peggio ancora si ride quando si dicono, farebbe passare il messaggio che la mancanza di rispetto è un divertimento e che non esistono regole nella società. Il senso di responsabilità lo si può insegnare già da piccoli dandogli delle piccole responsabilità come ad esempio tenere in ordine la camera. Un’altra cosa è di evitare di caricare ai figli pesi che non possono portare, e non pretendere troppo da loro. Ci sono genitori che essendo ad esempio dottori o architetti, pretendono che il proprio figlio continui su quella strada e dovrà poi essere anche il migliore di tutti, prendere sempre il massimo dei voti su tutto e punirlo severamente quando questo non accade. A volte non lo fanno tanto perché vogliono bene a loro, ma più che altro per una forma di vanto personale, così faccio bella figura io che ho allevato un figlio che è un piccolo genio, mettendo da parte l’affetto che dovrebbe dagli, così avrà un figlio colto ma che non ammira il padre che ha. I genitori dovrebbero far sì che s’impegni nel caso sia pigro e svogliato e che ottenga dei risultati, anche facendosi aiutare da qualcuno, ma senza che abbia sempre il fiato sul collo. Un altro errore è quello di dare a loro tutto ciò che chiedono compresi i capricci. Fare così crederà di avere diritto di ottenere tutto ciò che desidera. Le cose necessarie bisogna darle, ma le cose superflue dovranno essere guadagnate; così anche per i soldi, se gli si da tutti i soldi che vuole crescerà pensando che ottenere denaro è facile e non esiterà a rubarlo per averlo. È importante anche comunicargli che il loro affetto non dipenda da quello che fanno, ma da quello che sono. Riuscire ad educare un figlio nella maniera giusta è fonte di gioia e soddisfazione per la famiglia e i valori trasmessi rimarranno fino alla vecchiaia. Un figlio maleducato e disobbediente è un problema e una disgrazia, fonte di dolori e amarezze, ma anche qui la situazione può sempre cambiare e se almeno è stato piantato un seme di fede, è possibile che con il tempo nasca qualcosa di buono nel suo cuore.

IL DOVERE DEI FIGLI

Dall’altra parte il figlio deve essere obbediente ai genitori e onorarli sempre come dice il quinto comandamento, questo comprende anche curarsi di loro durante la vecchiaia. Chi maledice i propri genitori commette un grave peccato e fa solo male a se stesso, anche se uno o più genitori ha commesso azioni spregevoli, sono sempre i nostri genitori e per nessun motivo bisogna maledirli. Come si può amare o perdonare un cattivo genitore? La testimonianza di Joyce Meyer lo insegna; è una donna americana che da giovane ha subito violenze fisiche e sessuali dal padre ma grazie alla grande fede, insieme alla volontà di seguire i comandamenti di Dio è riuscita superare i traumi subiti, a perdonare il padre perverso e anche a fare in modo che anche lui si convertisse a Cristo. La sua testimonianza si può trovare facilmente su internet. Il comandamento dell’obbedienza ai genitori presuppone il fatto che siano credenti o per lo meno amino i figli e gli vogliano bene, ma nel caso che un genitore chieda al proprio figlio di fare qualcosa di malvagio allora non lo deve fare. Bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini. Non dimenticarsi anche della parte spirituale, ovvero pregare per la benedizione della famiglia e della casa che camminino sempre con il Signore.

DIO, PADRE DI TUTTI

Se a qualcuno è venuta a mancare la figura paterna in famiglia, in ogni caso da tenere presente che in cielo c’è un padre che ti offre di più di quello che il tuo padre terreno potrebbe mai offrirti, (Matteo 7,11) Perché lui è il padre perfetto (5,48); e se accetta di avere Dio come padre allora lui avrà una relazione molto più intima rispetto ad altri cristiani. Una delle cose che distinguevano i primi cristiani a Roma non era tanto i discorsi che facevano, ma come si occupavano dei genitori anziani, della loro pazienza e di come si amavano a vicenda.